Menu principale

Gli occhi

Aperto da doxa, 07 Febbraio 2022, 16:14:42 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

doxa

Il filosofo e gesuita spagnolo Baltasar Gracián y Morales (1601 – 1658) in una delle sue trecento massime contenute  nel libro titolato "Oráculo manual y arte de prudencia", pubblicato nel 1647, afferma che


"Le cose non si percepiscono per quello che sono, ma per come appaiono. Pochi sono coloro che guardano in profondità, molti quelli che si appagano delle apparenze".


Simulare e dissimulare, mascherare e smascherare, velare e svelare: sono questi i due estremi che spesso mantengono le relazioni sociali.


Essere ipocrita e correre il rischio di essere contestato, in tal caso, come nella fiaba "I vestiti nuovo dell'imperatore", di Hans Christian Andersen, il "re rimane nudo".


Ci vuole prudenza, nella consapevolezza che, alla maniera evangelica, in questo mondo bisogna muoversi con la semplicità della colomba ma anche con la prudenza del serpente.


Baltasar Graciàn continua dicendo  che "La nostra vita si svolge come in una commedia e solo nel finale avverrà lo svelamento".


Prima di questo filosofo spagnolo, già Machiavelli nel "Principe" non esitava ad affermare che "ognun vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei".


Gli occhi sono organi di conoscenza, ovvio...


Il pittore e scultore Amedeo Modigliani (1884 – 1920) a chi gli chiedeva il perché in alcuni ritratti di quegli occhi bianchi senza iride, l'artista rispondeva: "Quando conoscerò  la tua anima dipingerò i tuoi occhi".

Amedeo Modigliani: "Ritratto di Jeanne Hebuterne", 1917, olio su tela, collezione privata


Nel quadro è  raffigurata Jeanne, fidanzata di Modigliani che all' epoca aveva diciannove anni. E' più giovane di lui di  quattordici anni quando si incontrano a Parigi. Jeanne è una dotata pittrice dalla forte personalità, affascinata dall'artista livornese.



doxa

 


Per Luigi Pirandello  nelle relazioni sociali indossiamo delle metaforiche maschere da usare nelle diverse circostanze che ci vengono imposte dalle convenzioni e dalle norme di comportamento.

Per questo drammaturgo siciliano la vita non è nient'altro che "un'enorme pupazzata", uno spettacolo all'interno del quale ognuno di noi è ridotto a marionetta, costretto a compiere atti e gesti che non gli appartengono, impossibilitato a fare scelte e a realizzare i propri desideri e le proprie aspirazioni, così scrisse in una lettera alla sorella.

Pirandello mi evoca il sociologo Erving Goffman, il quale sosteneva che nella vita quotidiana ognuno di noi è chiamato a recitare una serie di "ruoli", all'interno dei quali deve assumere determinati comportamenti: come  se fossimo attori, recitiamo una parte. Secondo Goffman  sono normali strategie dell'interazione sociale.

Per Pirandello, invece, le diverse "maschere" che usiamo nelle relazioni sociali sono un pesante fardello, come nei  "Sei personaggi in cerca d'autore".

iano

#2
Dunque per Goffman la maschera come interfaccia, mentre per Pirandello un peso da portare.
Un peso però è reso pesante dalla consapevolezza di portarlo e leggero dall'abitudine a portarlo.
Le convenzioni sociali sono consuetudini che non comportano fatica se le applichi senza pensare, ma acquisiscono una insostenibile inerzia quando inizi a pensarle., perché è più facile applicare ciò di cui non conosci il motivo o che, peggio, potrebbe apparirti  insensato.

Pirandello vive un epoca di ridefinizione delle convenzioni, e per far ciò le si deve pesare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Discussioni simili (1)