Esiste il paesaggio o solo le prospettive?

Aperto da Jean, 22 Febbraio 2017, 22:21:19 PM

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Jean

"Nel  mio giardino in California, accanto alla porta della cucina, c'è un arancio.
Lo guardo e ne aspiro l'aroma. È tutto fiorito.

Non posso vedere un arancio in fiore senza pensare a Cagnes: e il pensiero di Cagnes evoca immediatamente in me l'immagine di mio padre.

È la che egli trascorse la parte migliore dei suoi ultimi anni: è là che morì.

Nella sua casa, ai Collettes, il profumo degli aranci è sempre lo stesso e i vecchi ulivi non si sono mai mossi.

Ci ravvicina a lui soprattutto l'erba. È un'erba povera ma alta e fitta, grigia salvo in pieno inverno, composta dalle specie più varie e frammista ai più bei fiori selvatici che si possano immaginare.

È qualcosa di secco e di rigoglioso, di grigio e di colorato insieme come lo sono spesso le cose nel Mezzogiorno della Francia.

Il suo profumo non vi sale con violenza alle narici come l'erba nei dintorni di Aix-en-Provence, è di una qualità più fine ma indimenticabile.

Se mi portassero ai Collettes con gli occhi bendati, mi basterebbe sentire quel profumo per riconoscere il luogo.

L'ombra degli ulivi spesso è color malva: è sempre mobile, luminosa, piena di gaiezza e di vita.

Se ci lascia andare, si ha l'impressione che Renoir sia ancora lì e che a un tratto lo si possa udir canticchiare mentre strizza l'occhio alla tela.

Egli fa parte del paesaggio."
 

Dalla presentazione di Jean Renoir



 
A volte, frequentando questo forum, mi viene la sensazione di potermi inserire in qualche discussione e talora anche di rispondere a qualche questione sul tappeto.

A volte lo faccio, ma più spesso la cosa si ferma a quella sensazione, sì che non biasimo i nuovi iscritti che si trattengono anche da un semplice saluto... ma li invito a provare ad inserirsi, a portare il loro contributo, qual che sia è il viatico della loro presenza, quello che conta davvero: l'esserci (e l'esserci stati).

La ragione, la verità, non la possiede alcuno... al più disponiamo di qualche frammento di quello specchio... i vostri non son da meno dei miei, di quelli di tutti.

Il titolo del topic è la domanda che Apeiron mi ha rivolto in filosofia il 15 febbraio  (post 174 in : Perché c'è qualcosa anziché il nulla?) e penso l'abbia riconosciuta.

Mi andava di rispondere e avevo cominciato a scriver qualcosa... senza riuscir a procedere... forse perché non era la strada giusta o gli argomenti che avrei portato mal si collocavano in quel contesto.
Inutile insistere, se non viene non viene...  

Stamane avevo una mezzora libera e in una piazzetta ho dato un'occhiata ad una bancarella di libri (scontati), pagando tre euro all'anziano venditore (un soggetto da dipinto... corposo, indossava abiti un po' consunti ed un cappellino sformato, barba non curata e mozzicone di toscano spento tra le labbra) per un libro d'arte di molto illustrato, su Renoir, il mio pittore d'elezione per via di qualche episodio che vi racconterò.

Quella trascritta è l'ultima di copertina e l'interno, a cui ho solo dato una scorsa non disponendo di tempo e tranquillità, promette bene, molto bene...

Mi ha permesso d'iniziare a rispondere ad una domanda diretta (che mi sarei sentito in colpa l'avessi ignorata, pur se per mia incapacità a trattarla) quasi si fosse materializzata una porta... in filosofia si parla tanto, a ragione, di metafisica e trascendenza ma per qualche ragione che mi sfugge ho riscontrato una certa reticenza a considerare la metafisica e trascendenza in atto, se così si può dire.

Nel senso  che vi son fenomeni, eventi, circostanze ecc.  segnati e a volte marchiati da un'impronta che lascia una traccia al piú sino ad una certa soglia, dove pure aprendone la porta non continuano.

O magari sì, ma in un altro ambito, quella che mi vien da chiamare una differente realtà, se non son più d'una, e ognuno può raffigurarsela secondo le proprie disposizioni, quasi una sorta di porta della trascendenza, dalla quale i fenomeni metafisici "entrano" nella nostra ordinaria realtà  materiale.

La piccola coincidenza dell'essermi ritrovato in mano (l'inizio del)la risposta che cercavo per il giovane, talentuoso e simpatico Apeiron, va in quella direzione e nel proseguire, mescolando arte e vita reale... nonché tutto il resto, mi auguro possa (con i tempi dell'ispirazione e non della logica, mi si conceda) avvicinarci ad una prospettiva che almeno indichi una strada se proprio non può condurre a un punto d'osservazione del paesaggio.
 

Un cordiale saluto


Jean

maral

Il paesaggio esiste sempre e solo nelle prospettive, ma ogni prospettiva è del paesaggio in cui sempre e solo siamo.
La nostra conoscenza è sempre prospettica, ma il suo senso prospettico lo decide il paesaggio che non conosciamo se non in quel senso che la prospettiva ci manifesta.

Jean

Maral, colgo l'occasione per ringraziarti per le tue risposte nelle mie discussioni e rinnovarti  la mia stima.

Ci sono utenti che domandano e/o rispondono in maniera per così dire "lineare", nel senso che in una discussione domande e risposte, a volte intervallate da contributi diversi, si snodano in fila indiana al pari delle righe di formiche, come sovente anch'io faccio.

Ma, purtroppo o meno, la componente anarco-artistica che m'abita, tenacemente difendendo la sua peculiarità, esige quando ne colga l'occasione di valutar le circostanze, gli eventi e quel che accade secondo la sua precipua modalità.

Così mi ritrovo a veder là un collegamento e altrove il pezzo di puzzle che continua la sequenza... cosa che forse accade solo nella mia mente, difatti il destinatario della presente discussione per il quale è stata iniziata, al momento o per sempre non l'ha notata o non l'ha considerata coerente con l'impostazione della sua indagine, considerato che, in un modo o nell'altro, siam tutti qui a ricercar qualcosa che può grandemente differire per ognuno di noi... 
Potrebbe essere un argomento interessante e magari col tempo vedrò di proporlo.

Comunque e qual che sia l'indagine e il modo di compierla, non v'è nessun obbligo nel nostro Hotel Logos, tutto il procedere e le sue forme è lasciato alla sensibilità individuale... mi ritengo fortunato ad esserci e nel tempo aver intessuto con alcuni (e mi auguro con più in futuro) dei rapporti di stima vicendevole, per me la cosa più importante.


 
Ho da poco postato un intervento nella discussione in filosofia "al di là dell'al di là" e poi mi son accorto che la tua risposta in questo topic, secondo il mio sentir non-lineare, ci si ricollega...

 
... osserva il quadro di Gauguin...

 
... la grande tela, realizzata da Gauguin negli ultimi anni della sua attività, costituisce quasi un testamento spirituale della sua arte. 
La sua pittura, pur di grande qualità decorativa, non si limita all'apparenza delle cose, ma cerca di scavare nel profondo, soprattutto della dimensione umana, per cercare il confronto (le risposte sarebbe un po' troppo) con i grandi interrogativi esistenziali citati dal titolo.

La tela si presenta a sviluppo orizzontale con un percorso di lettura che va destra a sinistra. Lungo questa direzione, Gauguin dispone una serie di figure che ripropongono in sostanza le "Allegorie delle età della vita". Dal neonato nell'angolo a destra si giunge alla donna scura a sinistra passando attraverso le varie stagioni della vita. 

La donna al centro, che quasi divide il quadro in due, simboleggia il momento della vita in cui si raccolgono i frutti, ovvia allegoria del momento della procreazione. La vecchia in fondo a sinistra, già presente in altre composizione di Gauguin, nella sua posizione fetale con le mani accanto al volto, in realtà non simboleggia solo la vecchiaia ma soprattutto la paura della morte.

Ma straordinaria in questo quadro è soprattutto l'ambientazione. 
Il percorso della vita si svolge in un giardino che sa proprio di Eden. Come dire che, secondo Gauguin, in fondo la vita e la realtà non sono poi male, se non fosse per l'angoscia di non sapere con certezza a cosa serve tutto ciò.

Con questo quadro il senso di inquietudine e di instabilità, tipico dell'artista e uomo Gauguin, ci appare alla fine come un percorso senza fine, perché volto a traguardi che non sono di questo mondo. 
E così il suo fuggire dall'Occidente verso i paradisi dei mari del Sud, in fondo, altro non è che la metafora, non figurata ma reale, della ricerca perenne ma inesauribile dell'approdo ultimo della nostra serenità.

http://www.francescomorante.it/pag_3/305bf.htm


 
... e adesso immagina che quanto leggerai qui sotto sia stato scritto da un'altra persona dopo aver visionato la stessa opera...

 
... il paesaggio esiste sempre e solo nelle prospettive, ma ogni prospettiva è del paesaggio in cui sempre e solo siamo.
La nostra conoscenza è sempre prospettica, ma il suo senso prospettico lo decide il paesaggio che non conosciamo se non in quel senso che la prospettiva ci manifesta.


 
... interessante, non trovi?

La prospettiva, la direzione di lettura è quella dell'arco dell'esistenza e il fulcro è fissato, centralmente, sul presente... sul dove siamo in questo momento... mentre il chi siamo viene deciso dal paesaggio che ospita il nostro transito e che determinerà la nostra collocazione sociale e financo i possibili contenuti intellettivi che ci troveremo ad elaborare.

Se il chi siamo è lo sviluppo di una linea di conoscenza che si diparte dal momento in cui la nostra identità si cristallizza, possiamo davvero dire dove siamo senza il riferimento al paesaggio che ci contiene?

Ed è importante, ha un senso, un'utilità... conoscere dove siamo?

Beh, è dalla nostra collocazione che si dipartono le prospettive del paesaggio (almeno io lo percepisco così)... e il paesaggio... che sarà mai?

 

Un saluto


Jean  

Lou

"E il paesaggio che sará mai?"

Per me tutto ciò che accade all' interno all'orizzonte aperto dalle linee prospettiche e quello che non conosciamo ancora oltre l'orizzonte.

"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Jean

Citazione di: Lou il 21 Marzo 2017, 08:57:38 AM
"E il paesaggio che sará mai?"

Per me tutto ciò che accade all' interno all'orizzonte aperto dalle linee prospettiche e quello che non conosciamo ancora oltre l'orizzonte.

Grazie per la risposta, Lou.
 
Intanto, essendo la prima volta che ci incrociamo, son andato a legger i tuoi post (non molti per mia fortuna e pochi, per sfortuna del forum... vista la competenza che traspare) risalendoli sinché ho trovato il genere... onorato d'aver ospite una signora!

La tua concisa risposta affrettatamente potrebbe esser addirittura condensata in una sola parola: tutto...

Infatti dici che il paesaggio è ciò che accade all'interno dell'orizzonte (degli eventi) e oltre (al di là di) quello che noi, come osservatori, al momento non possiamo conoscere (forse in seguito...).

Ma è possibile tal semplificazione solo escludendo un pezzetto della tua frase ... aperto dalle linee prospettiche...

Così i due (paesaggio e prospettive) si riuniscono fornendo l'immagine dell'esperienza conoscitiva che procede secondo una direzione per acquisire la meta.

Una descrizione (anche) della realizzazione artistica e forse d'ogni ambito. 

Nel caso dell'artista in costui si manifesta qualcosa che, poiché citi Nietzsche che definisce l'arte una forza sovrastorica eternizzante, potrebbe aver dei punti in comune con la volontà di potenza di cui si discute nell'appropriata sezione filosofica (mi scuso per averla allungata con i miei interventi non conformi... passavo di là e non ho resistito di salutar l'amico Garbino e gli altri... ma qualcosa dovevo pur dire, accidenti a me...) e forse con antiche credenze.... nella religione egizia Upuaut, il cui nome significa "Colui che apre le strade" (colui che apre le prospettive? mia aggiunta...), figlio di Iside, è il dio lupo della morte e della guerra...

.

Comunque sia, salvo che qualcuno ne possa e voglia discutere, quel tal qualcosa spinge per venir preso in considerazione... di più, per prender l'artista entro la sua prospettiva (dentro il suo orizzonte) e condurlo al paesaggio... già perfetto e definito ma non manifestato, necessitando per ciò l'opera dell'uomo...


Beh, fermiamoci qui e vediamo se interessa...

 

Un caro saluto

Jean

Apeiron

Uno dei miei più grandi rammarichi è quello di apprezzare moltissimo l'arte e ciononostante non essere capace di fare l'artista, se non a livello di "esperienza soggettiva". Invidio coloro che sono in grado di esprimersi con belle parole e riescono a trasmettere la bellezza con esse (oppure con il marmo, con il disegno ecc). Questo per dire, che su questa questione vorrei esprimermi con una poesia o con una bel testo di prosa, ma i risulatati sarebbero orrendi  ;D 

Messa da parte questa inutile e inadeguata (cit.  ;D ) premessa dirò la mia, nel mio modo "meccanico".

A mio giudizio le prospettive sono parte del paesaggio. Mi spiego meglio: consideriamo ad esempio uno specchio d'acqua. A seconda della luminosità, degli oggetti che stanno attorno, della mia posizione, della mia condizione psico-fisica ecc sullo specchio d'acqua osserverò un'immagine: tale immagine non è il paesaggio, ma è una prospettiva. E tale prospettiva non si può dire essere semplicemente illusoria, ma nemmeno si può dire che è "il paesaggio", ossia la Realtà Completa. Infatti se mi sposto, il riflesso cambia e la nuova prospettiva sarà di nuovo una parte del paesaggio. La vera illusione, il gioco magico che ci auto-inganna - ossia per dirla con certe scuole Vedanta Maya - è non riconoscere che questa prospettiva non è né completamente reale, né completamente irreale. L'illusione della ricerca poi ci suggerisce che conoscendo più prospettive riusciamo a cogliere la Realtà ma anche questo è impossibile: infatti se cogliessimo la Realtà, essa sarebbe una Prospettiva e non una realtà - forse un Dio può cogliere la Realtà e noi NO. Il Paesaggio in sostanza è quel Fondamento che "intuiamo", che "cogliamo" ma che ci è velato, da un velo che non solo oscura ma riflette, ingannandoci che conosciamo tutto. Così dobbiamo riconoscere che la nostra conoscenza è imperfetta, motivo per cui il Paesaggio non potremo mai raggiungerlo. Ma se una cosa non possiamo MAI raggiungerla allora in un certo senso NON esiste. Dunque il Paesaggio è una cosa che in linea di principio non raggiungeremo mai. Quindi ha senso parlarne? O tutti i dicorsi su di esso sono semplici concatenazione insensate di parole? Oppure, oppure...

Eppure ne siamo come costretti a parlarne e a pensarci. Può non esserci una cosa di cui siamo come "chiamati" a rifletterci?

Il Tao che può essere detto
non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l'arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.


Chi sa non parla, chi parla non sa (Tao Te Ching)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Lou

"Comunque sia, salvo che qualcuno ne possa e voglia discutere, quel tal qualcosa spinge per venir preso in considerazione... di più, per prender l'artista entro la sua prospettiva (dentro il suo orizzonte) e condurlo al paesaggio... già perfetto e definito ma non manifestato, necessitando per ciò l'opera dell'uomo..."

Forse é sempre e solo quel tal qualcosa, l'impensato, a dar da pensare.
________

Molto interessante il riferimento all'animale guida, suggestivo. Grazie a te per questo spunto.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Jean

Benvenuto Apeiron,

ti attendevo, poiché ho aperto questa discussione principalmente per rispondere alla domanda diretta che mi avevi posto in filosofia.

Aperta in arte per poter usare strumenti dialettici diversi da quelli filosofici... ma un po' tutto fa parte dell'unica conoscenza e confido che ci intenderemo.

Attendi a rammaricarti di non reputarti artista... qual credi che sia l'artista maggiore se non quello che applichi a se stesso l'arte di vivere? 
Che è quanto stai facendo, anche qui sul forum con l'esporre oltre alle puntuali e congrue riflessioni anche i tuoi pensieri, sentimenti ed emozioni. 
Con sincerità e senza calcolo per apparir diversamente da quel che sei...
 


A mio giudizio le prospettive sono parte del paesaggio. Mi spiego meglio: consideriamo ad esempio uno specchio d'acqua. A seconda della luminosità, degli oggetti che stanno attorno, della mia posizione, della mia condizione psico-fisica ecc sullo specchio d'acqua osserverò un'immagine: tale immagine non è il paesaggio, ma è una prospettiva. E tale prospettiva non si può dire essere semplicemente illusoria, ma nemmeno si può dire che è "il paesaggio", ossia la Realtà Completa. Infatti se mi sposto, il riflesso cambia e la nuova prospettiva sarà di nuovo una parte del paesaggio.

Convengo sull'infinite prospettive, ma il paesaggio è davvero unico ed assimilabile con quello che chiami realtà completa? 

E quest'ultima esistesse, non dovrebbe comprendere anche le prospettive non-applicabili in quella dell'esperienza quotidiana, perché oltre la portata (i limiti) dei nostri sensi, degli strumenti logici e scientifici di cui disponiamo?  

Ad esempio per la gamma dei suoni (frequenze udibili dal nostro orecchio), dello spettro luminoso (vista) ecc.; sulla logica ben meglio di me ne conosci l'evoluzione nei tempi e per quelli scientifici... come ormai ben pochi ignorano si fa risalire l'origine dell'universo al famoso big bang, del quale si è risaliti (per ipotesi) ai primi istanti con la formazione dell'asimmetria... par che si conosca davvero molto... ma poi altri son giunti a dimostrare (non dire...) che neppur la forma dell'universo è conosciuta (no, non è una palla circoscritta dal nulla-vuoto-virtuale che sia...)... work in progress, cautela dunque, no?

E se in aggiunta alla realtà completa consideriamo anche quella che non appartiene più al qui e ora... dove son svanite, se lo sono, le prospettive che le corrispondevano?  
O son ancora in qualche modo interconnesse con quelle in atto... e quelle in divenire?

Per dire del poco (mi spiace...) dei fattori conosciuti...

 
La vera illusione, il gioco magico che ci auto-inganna - ossia per dirla con certe scuole Vedanta Maya - è non riconoscere che questa prospettiva non è né completamente reale, né completamente irreale. L'illusione della ricerca poi ci suggerisce che conoscendo più prospettive riusciamo a cogliere la Realtà ma anche questo è impossibile: infatti se cogliessimo la Realtà, essa sarebbe una Prospettiva e non una realtà - forse un Dio può cogliere la Realtà e noi NO.

Come si "colgono" le cose?

Come cogli il profumo d'una rosa antica, d'un tramonto o di un suono?

Odorandola, assorbendo le frequenze colorate attraverso i tuoi occhi, concentrando tutta la tua attenzione sulla melodia...

Ti manca qualcosa di quel fenomeno dopo d'averlo fatto? 
Riannusa... sino a non poterne più, osserva sin che non t'addormenti...

Così han fatto i grandi e meno grandi artisti... e dopo d'averlo fatto qualcosa è rimasto impresso in loro... son diventati parte di quel paesaggio cui il fenomeno sottendeva... come Renoir nel suo giardino (a detta del figlio) e ne han tracciato la prospettiva, eseguendo l'opera d'arte...  
 

Il Paesaggio in sostanza è quel Fondamento che "intuiamo", che "cogliamo" ma che ci è velato, da un velo che non solo oscura ma riflette, ingannandoci che conosciamo tutto. Così dobbiamo riconoscere che la nostra conoscenza è imperfetta, motivo per cui il Paesaggio non potremo mai raggiungerlo. Ma se una cosa non possiamo MAI raggiungerla allora in un certo senso NON esiste.

Come si raggiunge qualcosa dopo d'averla colta?

Continuando a coglierla, continuando a vivere si raggiunge la vita qual che sia, sempre presente e sempre da raggiungere. 

Che ruolo ha la conoscenza in questo? 
Quello di dirti cosa stai facendo, di cercare di spiegartelo anche se lo sai fare... che c'è di male, è pure simpatico, no..?

Dunque il Paesaggio è una cosa che in linea di principio non raggiungeremo mai. Quindi ha senso parlarne? O tutti i discorsi su di esso sono semplici concatenazione insensate di parole? Oppure, oppure...

Se diveniamo parte del paesaggio (come divenuto altrettanto famoso: l'osservatore è l'osservato) che altro ci può mancare? 
Eh... tutto quello che non conosciamo ancora oltre l'orizzonte, come dice Lou...



Il Tao che può essere detto
 non è l'eterno Tao,
 il nome che può essere nominato
 non è l'eterno nome.
 Senza nome è il principio
 del Cielo e della Terra,
 quando ha nome è la madre
 delle diecimila creature.
 Perciò chi non ha mai desideri
 ne contempla l'arcano,
 chi sempre desidera
 ne contempla il termine.
 Quei due hanno la stessa estrazione
 anche se diverso nome
 ed insieme sono detti mistero,
 mistero del mistero,
 porta di tutti gli arcani. 

Chi sa non parla, chi parla non sa (Tao Te Ching)

 

Questo è un testo poetico... quei due son prospettive e paesaggio, mistero dell'esistenza... (da dove vengono..?)



Apeiron - Eppure ne siamo come costretti a parlarne e a pensarci. Può non esserci una cosa di cui siamo come "chiamati" a rifletterci?


Lou - Forse é sempre e solo quel tal qualcosa, l'impensato, a dar da pensare.

 

J4you

Apeiron

Caro @Jean
Beh non sono artista per il semplice fatto che appunto sono troppo "filosofo" (inadeguato  ;D ). Comunque non mi ritengo né artista né filosofo e visto che siamo in una sezione non filosofica risponderò in modo "indiretto" e incompleto alle tue domande. Quindi non prendertela se non rispondo a tutto - anche perchè ti confesso che di molte domande che mi hai fatto non so darti una risposta  ;D

Detto questo: sì potrebbero esserci più paesaggi o anche solo prospettive (come sostiene ad esempio il buon Angelo Cannata) ma ritengo che anche in assenza di paesaggi le prospettive abbiano una loro gerarchia.

Mi chiedi come "cogliere" le cose... beh dipende  ;D ad esempio le "verità scientifiche" si  "scoprono" con gli esperimenti e la teoria (della quale devo dire che l'aspetto artistico è fondamentale), la matematica pura la si coglie con il ragionamento, molti aspetti della realtà li intuiamo attraverso i sensi e troppo spesso tantissimi dettagli (profumi, spettacoli visivi, suoni...) li "dimentichiamo", conosciamo il nostro prossimo tramite la com-passione ecc. Mi chiedi se l'annusare è già cogliere totalmente? No come i taoisti dicono devi "liberarti dell'io" e fare in modo di non opporre resistenza alla sensazione.  Se vuoi cogliere cosa significa veramente lavare i piatti, "devi lavare i piatti per lavare i piatti" (come si era detto altrove, mesi fa). La bellezza la trovi ovunque se hai una mente recettiva. O addirittura Simone Weil dice:
n tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim'ordine è, per sua essenza, religiosa.

Ora cristianità a parte, l'esperienza del bello davvero ci suscita la meraviglia, il Mistero. Per così dire vediamo il divino.

Cogliere non è raggiungere: posso "intuire" cosa significa la Liberazione buddista ma solo l'Aharant l'ha vissuta e quindi l'ha raggiunta.

La Realtà è molto più "densa" di quello che pensiamo. Tale "densità" è il suo mistero.

Ci sono cose che la razionalità non intuisce e l'ho capito. E proprio perchè non riesco a passare all'Esperienza ma rimango al Pensiero a me per così dire la realtà è in parte preclusa. Se la vi...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

myfriend

Quella che noi chiamiamo "realtà" (realtà esteriore) è solo una immagine costruita dal nostro cervello a partire dalla luce che si riflette sugli "oggetti" intorno a noi e che colpisce la nostra retina.
Quello che noi chiamiamo "IO" (realtà interiore) è solo una proiezione mentale delle nostre esperienze passate e dei nostri ricordi inconsci.

La Realtà vera si trova oltre la realtà esteriore e oltre la realtà interiore.
E per poterla vedere per ciò che essa è dobbiamo superare sia l'illusione della realtà esteriore sia l'illusione della realtà interiore.

Bada bene.
Quando uso il termine "illusione" non intendo dire che realtà esteriore ed interiore non esistano. Esistono. Ma quello che noi percepiamo è solo una "illusione ottica" (per la realtà esteriore) e una "illusione mentale" (per la realtà interiore).
La verità si percepisce quando riusciamo a separare ciò che vediamo con gli occhi (illusione ottica) dalla vera realtà esteriore e la proiezione mentale del nostro IO (illusione mentale) dal nostro vero IO.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Apeiron

myfriend,

Ritengo l'io e la realtà parti di Maya (della filosofia Vedanta) - ossia né totalmente reali né totalmente irreali. Per questo motivo ritengo che le nostre posizioni sono in realtà molto simili. Ossia tutto è insostanziale a parte la Sostanza, tutto non è completamente reale tranne la Realtà... ma noi non siamo la Realtà  ;D 
E la Realtà non la tocchiamo, non la vediamo, non è in noi ecc ma allo stesso tempo la tocchiamo, la vediamo, è in noi... perchè l'Assoluto è ovunque ,ovunque e quindi da nessuna parte. Non è localizzata ma è in ogni luogo, non è in nessun particolare momento ma è in ogni momento. L'Assoluto è il Paesaggio. E il Paesaggio è "qui e ora"...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

myfriend

@Apeiron

Già.
Resta da capire cos'è l'EGO che trasforma il "paesaggio" in una "prospettiva".
Non che la "prospettiva" sia una cosa in sè negativa. Tutta l'arte nasce dalla prospettiva e, certamente, non deve essere annullata.
Non dobbiamo annullare la "prospettiva" e l'EGO che la genera.
Dobbiamo solo diventarne consapevoli.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Apeiron

Come è universale il gran Tao!
può stare a sinistra come a destra.
In esso fidando vengono alla vita le creature
ed esso non le rifiuta,
l'opera compiuta non chiama sua.
Veste e nutre le creature
ma non se ne fa signore,
esso che sempre non ha brame
può esser nominato Piccolo.
Le creature ad esso si volgono
ma esso non se ne fa signore,
può esser nominato Grande.
Poiché giammai si fa grande
può realizzare la sua grandezza.


Tao Te Ching, 34.

La Verità, il Fondamento è ovunque, ovunque e quindi da nessuna parte. In ogni tempo e in ogni luogo. Non ha identità visto che il "Nome che può essere nominato non è l'Eterno Nome" ecc. Nessuno possiede il Tao, ma tutti hanno il Tao. Ogni prospettiva ha la Verità (ergo si può dire che è "vera") ma la Verità non è in nessuna. L'EGO è una prospettiva che ha le sue verità: il delirio è credere di possedere la Verità.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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