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Crono, Medea

Aperto da doxa, 09 Gennaio 2021, 12:16:04 PM

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doxa

Crono, Medea dalla mitologia alla psichiatria.

Crono, chiamato Kronos dagli antichi Greci e Saturno dai Romani.

In ambito psicologico è  citato  nella cosiddetta "sindrome di Crono"; la versione femminile è detta "sindrome di Medea".

La cosiddetta "sindrome di Crono" induce il padre ad uccidere i figli, a volte sopprime anche la moglie, poi si suicida. 

La "sindrome di Medea", invece, allude alla madre che uccide i suoi figli, e a volte poi  si uccide.

Le due tragedie, maschile e femminile, scaturiscono da varie motivazioni.

In ambito psicologico la "sindrome di Crono" allude al timore, alla paura di un uomo di essere sostituito da un altro nel ruolo di marito e padre nella famiglia che ha creato. La tensione, lo stress può innescare il tentativo o l'atto di "sabotare" la moglie uccidendo i figli.


Francisco Goya, "Saturno che divora suo figlio", 1821 – 1823, museo del Prado, Madrid

Secondo la cosmogonia greca, a Crono fu profetizzato che uno dei suoi figli lo avrebbe privato del potere e sostituito, perciò iniziò a divorarne uno alla volta. La moglie Rea riuscì a porre in salvo solo Zeus, il sestogenito,  trasferendolo nell'isola di Creta.  Il dipinto raffigura Crono con lo sguardo allucinato in preda alla foga cannibalesca mentre divora uno dei suoi figli appena nati. La violenza diventa energia del male.


Medea nella mitologia.

Giasone, marito di Medea,  preferisce abbandonare la moglie per convivere con Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto. Medea si dispera, ma Giasone è ingrato e indifferente al dolore della donna, la quale si adira e medita la vendetta. Con un particolare veleno riesce ad uccidere Glauce e Creonte.

Euripide narra che la vendetta di Medea continuò. Dopo angosciosa incertezza uccise i suoi figli, avuti con Giasone, per farlo soffrire atrocemente e non dargli la discendenza.

Eugène Delacroix, "Medea", 1862, Museo del Louvre, Parigi
Il viso di Medea è in penombra, stringe il pugnale, afferra con forza i figli, volge lo sguardo altrove.

Delacroix dipinse Medea in tre versioni: la prima, conservata al Museo di Lille, è del 1838; la seconda, del 1859 e nella Staatsgalerie di Berlino; l'ultima versione, del 1862, è al  museo del Louvre.

Per la criminologia clinica, la "sindrome di Medea" coinvolge la madre che ha problemi conflittuali con il partner. La donna per scaricare la sua aggressività e frustrazione può arrivare ad uccidere il figlio o i figli, come simbolico strumento di potere e di rivalsa sul coniuge. Comportamento finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali:  così l'uccisione diventa simbolica; si mira a sopprimere il legame coniugale e la distruzione della famiglia.

Dal punto di vista psicologico, nel momento dell'uccisione del figlio, la madre raggiunge l'apice del delirio di onnipotenza e si  considera giudice di vita e di morte.

A volte la madre si uccide insieme ai figli, drammatica conclusione di situazioni di sofferenze, di violenze psicologiche, di incomprensioni, di abbandoni.

Euripide fa dire a Medea: "Non si può giudicare in modo obiettivo quando ci si sofferma soltanto all'apparenza: bisogna conoscere l'animo di una persona e non odiarla a prima vista"

bobmax

Il mito si offre sempre con più livelli di lettura.
Il più profondo è stato probabilmente all'origine della filosofia.

Al di là della vicenda dai tratti umani, il mito equivale ad una fiaba dei tempi nostri: è anch'esso un'allegoria.
Che in questo caso  narra la nascita del mondo.

All'inizio era Caos.
Cioè l'abisso senza alcun esserci.

Poi venne Gea.
Ossia la terra generatrice di ogni cosa.
Ma finché non genera, essa è solo la sostanza, indeterminata.

Gea genera Urano.
Cioè il cielo, che si separa dalla terra.
È una partogenesi, nasce il molteplice!

Da questa prima originaria scissione nascono tutte le cose, tra cui:

Crono
Il tempo. Che divora tutti i suoi figli.
Perché le cose sono inesorabilmente soggette a finire.

Per sconfiggere Crono e rendere le cose immortali giunge:

Zeus
Cioè Dio, rimedio all'angoscia dovuta al divenire.

Ora però gli dei sono ormai fuggiti...
Il rimedio si è rivelato inefficace.

Non è forse il momento di considerare finalmente il Caos?

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

sapa

Citazione di: doxa il 09 Gennaio 2021, 12:16:04 PM
Crono, Medea


Crono, Medea dalla mitologia alla psichiatria.


Crono, chiamato Kronos dagli antichi Greci e Saturno dai Romani.


In ambito psicologico è  citato  nella cosiddetta "sindrome di Crono"; la versione femminile è detta "sindrome di Medea".


La cosiddetta "sindrome di Crono" induce il padre ad uccidere i figli, a volte sopprime anche la moglie, poi si suicida. 


La "sindrome di Medea", invece, allude alla madre che uccide i suoi figli, e a volte poi  si uccide.


Per poter comprendere la sindrome è necessaria una breve lettura della leggenda che si "nasconde" dietro la stessa.


La "sindrome di Crono" evoca  la mitologia e l'evirazione di Urano da parte del figlio, Crono.


Urano, signore del cosmo, aveva generato con Gea i giganti, i ciclopi e i titani, che egli rifiutò.


Il titano Crono attese che Urano si unisse a Gea. Durante il coito dei suoi genitori colse di sorpresa il padre  e con un falcetto lo evirò con un sol colpo.


Giorgio Vasari, "La mutilazione di Urano da parte di Crono", 1570 circa, particolare dell'affresco  sul soffitto della "Sala degli Elementi" in Palazzo Vecchio, Firenze.


In ambito psicologico la "sindrome di Crono" allude al timore, alla paura di un uomo di essere sostituito da un altro nel ruolo di marito e padre nella famiglia che ha creato. La tensione, lo stress può  innescare il tentativo o l'atto di "sabotare" la moglie uccidendo i figli.


Medea nella mitologia.

Giasone, marito di Medea,  preferisce abbandonare la moglie per convivere con Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto. Medea si dispera, ma Giasone è ingrato e indifferente al dolore della donna, la quale si adira e medita la vendetta. Con un particolare veleno riesce ad uccidere Glauce e Creonte.


Euripide narra che la vendetta di Medea continuò. Dopo angosciosa incertezza uccise i suoi figli, avuti con Giasone, per farlo soffrire atrocemente e non dargli la discendenza.



Eugène Delacroix, "Medea", 1862, Museo del Louvre, Parigi
Il viso di Medea è in penombra, stringe il pugnale, afferra con forza i figli, volge lo sguardo altrove.



Eugène Delacroix, "Medea", 1862, Museo del Louvre, Parigi
Il viso di Medea è in penombra, stringe il pugnale, afferra con forza i figli, volge lo sguardo altrove.


Delacroix dipinse Medea in tre versioni: la prima, conservata al Museo di Lille, è del 1838; la seconda, del 1859 e nella Staatsgalerie di Berlino; l'ultima versione, del 1862, è al  museo del Louvre.


Per la criminologia clinica, la "sindrome di Medea" coinvolge la madre che ha problemi conflittuali con il partner. La donna per scaricare la sua aggressività e frustrazione può arrivare ad uccidere il figlio o i figli, come simbolico strumento di potere e di rivalsa sul coniuge. Comportamento finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali:  così l'uccisione diventa simbolica; si mira a sopprimere il legame coniugale e la distruzione della famiglia.


Dal punto di vista psicologico, nel momento dell'uccisione del figlio, la madre raggiunge l'apice del delirio di onnipotenza e si  considera giudice di vita e di morte.


A volte la madre si uccide insieme ai figli, drammatica conclusione di situazioni di sofferenze, di violenze psicologiche, di incomprensioni, di abbandoni.


Euripide fa dire a Medea: "Non si può giudicare in modo obiettivo quando ci si sofferma soltanto all'apparenza: bisogna conoscere l'animo di una persona e non odiarla a prima vista"
Bellissima disamina, doxa,  come del resto quasi tutte quelle che ci proponi, a tema mitologico/artistico. Unica precisazione che faccio, freschissimo lettore delle Argonautiche di A. Rodio, è che il personaggio di Medea è illustrato dalla mitologia anche prima di essere abbandonata da Giasone, quando appunto, accecata dall' amore fatale per lui, prima tradisce il padre e poi accetta l'eliminazione del fratello da parte dello stesso Giasone, che ne sfregia il cadavere in una specie di rito cannibalesco. Medea, una "strega" la chiameremmo oggi, abile preparatrice di filtri e pozioni, nelle Argonautiche è quasi una vita "sbagliata", condannata dal Fato, tramite l'amore, a tradire e ad essere tradita, sempre con il cuore in tumulto e la coscienza divorata dal dubbio, il perno cioè di destini tragici e drammatici.

doxa

Buongiorno Sapa, sono contento che ti sia piaciuto il tema proposto. :) 

Da quanto ho potuto leggere, la Medea di Euripide mi sembra più lineare.

Invece con Apollonio di Rodio c'è da districarsi con i rapporti parentali.
 
Apsirto è fratello di Medea, perciò cognato di Giasone.

Medea e Giasone con inganno attirano Apsirto con dei doni e lo uccidono.

Pelia è zio di Giasone ma è anche padre di  Apsirto e di Medea.

Pelia rifiuta di concedere il suo trono al nipote, come aveva promesso in precedenza. Medea allora per aiutare l'amato usa le proprie abilità magiche e con l'inganno fa uccidere Pelia, il padre.

Aiutami a capire meglio  :-\

sapa

Ciao Doxa, nelle Argonautiche Medea e Apsirto sono figli di Eeta, il malvagio e prepotente re della Colchide, che non concede il vello d'oro a Giasone, se non dopo il superamento di una prova ( l'eliminazione dei 2 tori di bronzo che sputano fuoco e l'uccisione dei guerrieri nati dalla "semina" in terra dei denti di un drago) impossibile da superare per qualsiasi mortale. L'inganno di Medea al padre è quello di fornire a Giasone, del quale si è perdutamente innamorata grazie alle manovre di Afrodite ed Eros, filtri e unguenti magici, in grado di rendere invincibile l'eroe. Sempre combattuta in cuor suo, tra amore, non ricambiato in ardore, per Giasone e rimorso, per il tradimento del padre e del fratello Apsirto, Medea inizia lì il suo percorso tragico che la porterà poi a perpetrare altri tradimenti e vicende tragiche, e a subire lei stessa i tradimenti dell'amato Giasone. A margine di tutto ciò, consentimi di andare un attimo OT, e di rinnovarti i complimenti per questi post a tema mitologico/artistico. L' epica antica, che è in grado di accendermi l'immaginazione e la fantasia come poche altre cose, andrebbe reintrodotta negli insegnamenti scolastici, come lo era ai miei tempi. Ho avuto la fortuna, alle scuole medie, di avere un'ottima insegnante d'italiano, che svolgeva sistematicamente la sua ora di epica alla settimana. Ci leggeva lei stessa i brani classici riportati in una ponderosa antologia, in modo bellissimo e da attrice teatrale. Ricordo che, prima di iniziare la lettura, si scompigliava sempre anche i capelli, assumendo quasi l'aspetto di una Gorgone. Oggi, l'epica è scomparsa dai programmi scolastici, perchè mi chiedo io? Non vorrei perchè considerata una lettura troppo violenta e trucida, per dei ragazzi che poi vanno a casa a giocare con programmi dove il gioco prevede uccisioni e squartamenti....Buona giornata anche a te.

Ipazia

Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2021, 14:52:19 PM
Non è forse il momento di considerare finalmente il Caos?
Ripetendo tutta la tiritera ? Non è forse il momento di considerare l'ultima creatura, sopravvissuta al Caos e alla sua progenie, rimasta orfana di tutto, ma non nullificabile per decreto filosofico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Ipazia il 10 Gennaio 2021, 17:55:34 PM
Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2021, 14:52:19 PM
Non è forse il momento di considerare finalmente il Caos?
Ripetendo tutta la tiritera ? Non è forse il momento di considerare l'ultima creatura, sopravvissuta al Caos e alla sua progenie, rimasta orfana di tutto, ma non nullificabile per decreto filosofico.
Nessuna tiritera.
Ma il ritorno a casa.

Non è forse proprio il Caos il padre della creatura?
E non è nel Caos l'unica autentica libertà?

Cos'è allora la creatura se non lo stesso Padre?

Non è che il figliol prodigo, unigenito, che torna a casa, che torna a essere Uno.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Non capisco proprio questa metafisica del "ritorno a casa". E mi disturba ancor più la casa del Padre. Sono della razza di Medea e Arianna che lasciano la casa del Padre e vanno, con varia fortuna, a cercarsi una casa altrove. Io stessa ha abbandonato i miei luoghi natali e vivo assai meglio dove ho scelto di vivere. Senza padri e radici, in una casa e in un luogo che mi assomiglia assai più di quello in cui sono nata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Il luogo in cui si nasce e da chi si nasce non sono la "casa", ma soltanto le condizioni di partenza.

In cui ci si ritrova gettati.

E chi ci ha gettati... se non noi stessi?

Questa vita l'hai scelta ancora tu, chi altro mai?

E il Padre, non sei forse ancora tu?

Quando ti ritrovi all'inferno, chi ti ha condannato? Non sei sempre e solo tu il giudice?

Epperò resti all'inferno... Perché la Verità non ti consente di uscirne, per sempre.
E tu sei la Verità...

Figlia unigenita, finché non torni a casa.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

sapa

Citazione di: bobmax il 12 Gennaio 2021, 18:07:23 PM
Il luogo in cui si nasce e da chi si nasce non sono la "casa", ma soltanto le condizioni di partenza.

In cui ci si ritrova gettati.

E chi ci ha gettati... se non noi stessi?

Questa vita l'hai scelta ancora tu, chi altro mai?

E il Padre, non sei forse ancora tu?

Quando ti ritrovi all'inferno, chi ti ha condannato? Non sei sempre e solo tu il giudice?

Epperò resti all'inferno... Perché la Verità non ti consente di uscirne, per sempre.
E tu sei la Verità...

Figlia unigenita, finché non torni a casa.
Ciao bobmax, permettimi, non ti seguo. Quando chiedi: "E chi ci ha gettati  - nella vita-... se non noi stessi?",  a cosa alludi? Francamente, il tuo post mi è abbastanza oscuro. Probabilmente, per limiti miei. Necessito di chiarimenti, se ne vorrai dare. A presto.

bobmax

Citazione di: sapa il 12 Gennaio 2021, 18:14:23 PM
Citazione di: bobmax il 12 Gennaio 2021, 18:07:23 PM
Il luogo in cui si nasce e da chi si nasce non sono la "casa", ma soltanto le condizioni di partenza.
In cui ci si ritrova gettati.
E chi ci ha gettati... se non noi stessi?
Questa vita l'hai scelta ancora tu, chi altro mai?
E il Padre, non sei forse ancora tu?
Quando ti ritrovi all'inferno, chi ti ha condannato? Non sei sempre e solo tu il giudice?
Epperò resti all'inferno... Perché la Verità non ti consente di uscirne, per sempre.
E tu sei la Verità...
Figlia unigenita, finché non torni a casa.
Ciao bobmax, permettimi, non ti seguo. Quando chiedi: "E chi ci ha gettati  - nella vita-... se non noi stessi?",  a cosa alludi? Francamente, il tuo post mi è abbastanza oscuro. Probabilmente, per limiti miei. Necessito di chiarimenti, se ne vorrai dare. A presto.

Ciao Sapa,
la ricerca della Verità ci conduce inevitabilmente a chiederci chi siamo.

Chi sono io... veramente?

Una domanda, a cui ogni tentativo di risposta diventa fatalmente un cortocircuito.

Perché da un lato, la risposta non può che essere una negazione:
Non sono questo, non sono quello.
Non sono il mio corpo, ma ho un corpo. Non sono i miei pensieri, ma ho dei pensieri. Non sono i miei sentimenti, ma ho dei sentimenti. Non sono neppure la mia volontà, ma ho una volontà...
Proprio non riesco a trovarmi.

Dall'altro, tutto questo che ho, ma non sono, così come tutte le cose del mondo, sono qui per me, solo per me.
Fanno in modo che io ci sia, io che sono nulla...

Perché questo è un dato di fatto: questa vita, bella o brutta che sia, è solo per me.

Mi domando allora donde provenga questa stessa vita. Chi l'ha generata?

Una domanda senza possibile risposta, finché non mi accade di essere colto dalla Compassione.
Guardo il mondo, questo mio mondo, e piango...
Solo allora avverto di essere all'origine di tutte le cose.

Sono a casa.

Tutto questo vale anche per te.
Sei tu e solo tu che hai scelto la vita che stai vivendo. E' una tua creazione.

Può sembrare contraddittorio perché la tua vita si intreccia con la mia.
Ma l'assurdità scompare nell'Uno. Perché tu sei l'Uno, come lo sono io. Ed ogni distinzione svanisce.

Per gli stoici la scelta della propria vita è l'unico atto davvero libero. Una volta scelta la vita da vivere, non vi è più alcuna ulteriore libertà: la vita è segnata, sarà quella.

Tuttavia secondo me non è proprio così. Nel senso che l'Uno, che io sono, genera la vita istante per istante. Come atto di libertà assoluta. E' il Caos (l'Uno) che crea continuamente, come atto d'amore.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

sapa

Ciao bobmax, innanzitutto ti ringrazio per la risposta. Però, non riesco bene a capire se la tua visione parte da presupposti religiosi o filosofici, oppure da entrambi. Ti confesso che faccio un po' fatica a inquadrarla, ma sicuramente è colpa del fatto che io parto da una visione, per dirla in parole semplici, materialista.

bobmax

Ciao Sapa,
la visione materialista è, diciamo così, una precondizione.

Il materialismo è il punto di partenza per chi non vuole ingannarsi. È la risposta alla superstizione spirituale, alle "verità" rivelate che vorrebbero essere assolute mentre sono solo superstizioni.

Questa risposta, il materialismo, è necessaria, perché obbliga a guardare quello che c'è, senza volersi ingannare.

E più non vogliamo ingannarci e più quello che c'è è il deserto.
Perché la materia non ha in sé alcun valore...

Ma è proprio il deserto che dobbiamo attraversare.

Dove non vi è nulla su cui possiamo contare, se non noi stessi.

Allora potremo percepire come pure il materialismo altro non sia che un'ennesima superstizione.

Questo percorso è sia spirituale sia filosofico. Non vi è infatti alcuna differenza tra spiritualità e filosofia. Sono il medesimo slancio di fede nella Verità.

Le religioni rappresentano la caduta nella superstizione, così come l'ateismo materialista.

Ma vi è un cuore pulsante nella filosofia e nella spiritualità di ogni tempo. Un cuore da cui sono scaturite, pur nel fallimento, tutte le religioni e tutte le ideologie.

Un cuore che pur essendo ovunque ti parla tramite cifre. Non lo puoi afferrare e fare tuo, lo puoi trovare solo in te stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

sapa

Citazione di: bobmax il 13 Gennaio 2021, 12:09:41 PM
Ciao Sapa,
la visione materialista è, diciamo così, una precondizione.

Il materialismo è il punto di partenza per chi non vuole ingannarsi. È la risposta alla superstizione spirituale, alle "verità" rivelate che vorrebbero essere assolute mentre sono solo superstizioni.

Questa risposta, il materialismo, è necessaria, perché obbliga a guardare quello che c'è, senza volersi ingannare.

E più non vogliamo ingannarci e più quello che c'è è il deserto.
Perché la materia non ha in sé alcun valore...

Ma è proprio il deserto che dobbiamo attraversare.

Dove non vi è nulla su cui possiamo contare, se non noi stessi.

Allora potremo percepire come pure il materialismo altro non sia che un'ennesima superstizione.

Questo percorso è sia spirituale sia filosofico. Non vi è infatti alcuna differenza tra spiritualità e filosofia. Sono il medesimo slancio di fede nella Verità.

Le religioni rappresentano la caduta nella superstizione, così come l'ateismo materialista.

Ma vi è un cuore pulsante nella filosofia e nella spiritualità di ogni tempo. Un cuore da cui sono scaturite, pur nel fallimento, tutte le religioni e tutte le ideologie.

Un cuore che pur essendo ovunque ti parla tramite cifre. Non lo puoi afferrare e fare tuo, lo puoi trovare solo in te stesso.
Credo di aver capito quasi tutto e ti ringrazio. Il  quasi è riferito a quel " Un cuore che pur essendo ovunque ti parla tramite cifre", che mi spiazza abbastanza e mi fa dubitare di aver capito bene ciò che intendi dire. Va a finire che non ho capito un bel niente... :)

bobmax

Citazione di: sapa il 13 Gennaio 2021, 14:16:25 PM
Credo di aver capito quasi tutto e ti ringrazio. Il  quasi è riferito a quel " Un cuore che pur essendo ovunque ti parla tramite cifre", che mi spiazza abbastanza e mi fa dubitare di aver capito bene ciò che intendi dire. Va a finire che non ho capito un bel niente... :)

Per dire che la Verità è ovunque, necessariamente.
Ma si nasconde, altrettanto necessariamente.

Se non si nascondesse, tu non potresti esserci.
Non potresti più continuare il gioco del figlio, perché saresti il Padre.

Però ti parla, affinché tu possa infine tornare a casa.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.