Menu principale

Amore passionale

Aperto da doxa, 05 Agosto 2022, 08:59:21 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

doxa


Pietro Canonica: "L'abisso", 1909, Roma, Museo Pietro Canonica a Villa Borghese

Questo gruppo scultoreo  raffigura l'abbraccio  di due amanti come rappresentazione dell'amore passionale che trascina in un vortice fatale, nell'abisso, ed evoca l'amore di "Paolo e Francesca", citati da Dante Alighieri nel Canto V dell'Inferno. Il poeta li colloca fra i lussuriosi del II Cerchio.

Nell'episodio è Francesca la sola a parlare, mentre Paolo tace e piange alla fine del racconto della donna, la quale tra l'altro dice:

"Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona". 


Le due figure sono rappresentate in ginocchio davanti a un immaginario baratro. 

Braccia, mani e capelli si uniscono, i loro abiti si confondono nelle pieghe dei vestiti.

I volti sono affiancati e gli sguardi rivolti verso l'invisibile voragine che sta per inghiottirli.

In molti vedono nell'opera la celebrazione dell'esaltazione della giovinezza e della vita.

doxa

Ma cos'è l'amore passionale ?

E' il vero amore secondo lo psicoterapeuta Nicola Ghezzani, al quale ha dedicato un libro, titolato: "L'amore passionale" pubblicato nel 2010. Egli considera l'amore un sentimento naturale, spontaneo, coinvolgente, che amalgama la vita e l'anima di due esseri umani, li fonde e li trasforma in un'unica entità.

L'amore passionale è un'esperienza totalitaria e chi ne è coinvolto crede che sia eterno, perciò disperante in caso di separazione.

Per l'amante la persona idealizzata è unica, ne diventa dipendente. Capita con gli amori "adulterini", gli amori "a distanza".

Il paradosso dell'amour-passion è la vicinanza: questa nell'amante affievolisce le psicologiche proiezioni, e la miglior conoscenza del/la partner nella sua limitatezza può indurre la delusione.

L'amore passionale dà la sensazione di essere finalmente e veramente vivi. Sentirsi "trascinati" in una esaltante "folie à deux", in una follia a due, dominati dall'urgenza e dal piacere dei sensi, invece che dal rigido controllore cognitivo che regge molta della nostra vita, può essere liberatorio.

La passione amorosa può nascere dall'infelicità. Chi non si è sentito amato nel passato considera salvifico l'amore passionale.

Il filosofo Umberto Galimberti  nel suo libro "Sulle cose dell'amore" dice che "la passione non ubbidisce a regole, ignora il governo di sé, risponde a un'attrazione violenta che non conosce il limite...", e una tensione incessante che non trova un modo per soddisfarsi.

La passione trasfigura e vive di fantasia. Infatti per Stendhal la passione non è cieca, ma visionaria.  Nel suo libro titolato "De l'amour" dice che "Tutto comincia con l'ammirazione per una persona. L'ammirazione mette in moto l'immaginazione che adorna l'essere amato di tutte le possibili perfezioni, e così attiva nell'amante l'aspettativa e la speranza non tanto di essere ricambiato come avviene nelle vicende d'amore, quanto di fondersi con quella perfezione immaginaria che ha trovato nell'amato la sua incarnazione".

L'amore-passione, scrisse Stendhal, è quello della monaca portoghese Eloisa per Abelardo.

La passione dà energia vitale e non patimento o rassegnata  sopportazione.

Ipazia

Meglio Stendhal di Galimberti; l'amore "passionale" ci vede e ragiona fin troppo bene, quando l'affinità è elettiva come nelle mezze mele platoniche ricongiunte. Allora accade il miracolo narrato da Dante-Francesca: "amor, c'ha nullo amato amar perdona". 

Tale miracolo trasfigura il mondo, illuminandone ogni parte, e funge da primo motore immoto di storie che, come ragguaglia la Sanseverina a Fabrizio del Dongo, restando a Stendhal, eternano la bellezza, colta nell'attimo folgorante della giovinezza innamorata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

doxa

Grazie Ipazia per il tuo suggerimento delle "mezze mele platoniche ricongiunte".  
Per favore dimmi se ho capito bene questo mito platonico e dove ho sbagliato.



Jean Delville, "La scuola di Platone", 1898, olio su tela, Parigi, Musée d'Orsay
 
E' un dipinto simbolista di difficile comprensione. Al centro è raffigurato il filosofo Platone con la mano destra sollevata. Intorno a lui ci sono i suoi studenti, nudi o seminudi. Sono 12, come gli apostoli seguaci di Jesus.  I colori, la fauna e la flora circostanti  alludono a dei simboli. Per esempio il pavone, prefigura la resurrezione di Cristo. Tale animale  era già simbolo di immortalità in epoca pagana.
 
Nella rappresentazione pittorica le simmetrie e le armonie dei nudi evocano forme ideali, spirituali e richiamano l'androgino,  cioè la fusione e la sintesi di maschile e femminile.  
 
Secondo il mito degli androgini all'origine dei tempi gli esseri umani non erano suddivisi per genere, e ciascuno di essi aveva quattro braccia, quattro gambe e due teste. Col tempo gli ermafroditi cominciarono ad essere insolenti nei confronti degli dei e questi, per punizione, li separarono in due parti con un fulmine, creando da ogni essere umano primordiale un uomo e una donna. Come conseguenza, ogni essere umano cerca di ritrovare la propria iniziale completezza cercando la propria metà perduta. Secondo il mito però, gli esseri umani erano una coppia che poteva essere formata da un uomo e una donna.
 
E' il mito delle due metà descritto nel Simposio di Platone.
 
Da qui la nascita del mito delle anime gemelle, due persone  affini spiritualmente e sentimentalmente.
 
"...Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine; ad Eros, che per l'avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dèi, ci riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità."
(Platone, Simposio)
 
Nel linguaggio comune, lo stesso concetto viene comunemente espresso facendo riferimento alla metafora della "mezza mela".
 
Le due anime gemelle sono complementari come le due parti ottenute tagliando una mela a metà.
il nucleo di questo mito  è presente nel modo in cui la maggior parte di noi pensa all'amore e alla ricerca di un/a partner con  cui condividere la propria vita.

doxa

"L'amore è tutto"

"Che l'amore sia tutto è tutto quello che sappiamo dell'amore", declamava la poetessa americana Emily Dickinson. "E questo perché l'amore è un mistero, il più fitto dei misteri, il più conturbante e chimerico. Quando meno te lo aspetti l'arcano squarcia la routine della tua esistenza e quasi si materializza.

Vedi un altro o un'altra e la scintilla, la divina, la segreta scintilla scocca e si sprigionano le fiamme, l'incendio divampa. Io non vedo che lei, che vede solo me. Un fluido magnetico emana dal nostro cuore palpitante, ansioso di assistere all'ineffabile prodigio.
Stavamo lontano e non ci eravamo mai visti. Ma ora, ora che ci siamo conosciuti, la vicinanza è il nostro ossigeno, il nostro balsamo. Ci parliamo con gli sguardi e i nostri occhi sono tutti per noi, solo per noi. Non vediamo gli altri e non c'interessa vederli. Un sovrano egoismo a due, indissolubilmente ci lega, o ce ne dà l'illusione.
Invadiamo, e ci invade, la sua anima.  Quello che prima del fatale approccio non suscitava in noi alcuna curiosità, al fianco di una donna che ci era indifferente, che desideravamo senza amare, ora ci desta un interesse morboso. Soli in mezzo alla folla eravamo ancora più soli. Ora, soli, mano nella mano, lontano dalla folla, assaporiamo finalmente la compagnia. La più completa, la più coinvolgente.
Siamo felici di essere felici senza sapere perché. Ci promettiamo l'impossibile e reciprocamente ci giuriamo che mai tradiremo le reciproche promesse. Si dissolvono i mezzi toni, sopraffatti dai più imperiosi "mai" e "sempre". Il telefono squilla e il cuore accelera i battiti. Il campanello suona e noi ci precipitiamo ad aprire, con le coronarie in subbuglio. E' lei. La vediamo, le buttiamo le braccia al collo, ma lei ci ha già preceduto. Affondiamo nella squisita voluttà del sentimento e ne godiamo i brividi più forti. I nostri corpi si fondono e le nostre fantasie si confondono e ci confondono. Ma i protagonisti siamo sempre noi. Noi due soli. Soli con l'immensità di cui ci sentiamo faville creatrici.
Questo stato di grazia dura, ma non si perpetua in eterno. A un certo punto, per le stesse imperscrutabili ragioni che l'hanno fatto nascere, l'amore comincia ad affievolirsi.
Impercettibilmente, senza traumi. Ma fremiti intimi lo scuotono, inesorabilmente ne stemperano il vigore. Il sogno non è più tale e le prime ombre  lo avvolgono nelle loro implacabili spire, inoculandoci il pestifero virus, prima della ritrosia, poi dell'indifferenza. Finché un giorno, un giorno funesto (la coppia non è più all'unisono: uno è saturo, l'altro o l'altra non si rassegna) il colpo di cenere, la consapevolezza che l'incanto si è spezzato e nulla può rianimarlo, restituirgli la potenza e la fragranza.
Ci si vede e non ci si vorrebbe più vedere: o per risentimento e rancore o perché nulla più fermenta in noi. La beatitudine reciproca è svanita. Non resta più nulla. In lei o in lui solo sconforto e odio. In lui o in lei, sospiri di liberazione, non scevri nei più sensibili, di transeunti rimorsi; nei più aridi e cinici, nessun senso di colpa, di cui l'amore successivo, propizierà l'oblio"
.

Aforisma: "L'amore non tollera nemmeno i fantasmi immaginari e infondati del tradimento".
(Roberto Gervaso, riproposizione del testo dal quotidiano "Il Messaggero", 7 agosto 2022, pag. 18)

Ipazia

Emily Dickinson è totalmente immersa nel'atmosfera amorosa romantica, satura di maschilistico possesso. Per nostra fortuna, l'amore ha mille sfumature, scintillanti anche quando sfuma la componente magica del primissimo innamoramento, ed è squisitamente femminile imparare ad amare la persona di cui ci si innamora, senza soffocarla nella proprietà privata del capitale affettivo. Che denota, peraltro, scarsa stima di sè.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri