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Sulla solitudine

Aperto da sileno, 25 Gennaio 2019, 12:42:01 PM

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sileno

Sulla solitudine


"... mi sentirei più sola, forse, senza la solitudine ..." ( Emily Dickinson)


Saper stare soli è una virtù, un'autonomia; sono varie le facce della solitudine: si può anche gioire di pause in cui si sta soli con se stessi specie se si è introversi e introspettivi, o per interessi peculiari che non richiedono compagnia. Ma anche per una discrepanza tra le relazioni effettive e quelle ideali a cui aspireremmo.

"La vita non va svilita nel contatto con altri che non portano da nessun posto se non alla superficialità, al banale, alla stupidità", - scrive mons. Ravasi in un trafiletto sul Sole 24ore - che mi ricorda la poesia di Kavafis, "Quanto tu puoi":

" ... non la svilire troppo (la vita) nell'assiduo contatto della gente, nell'assiduo gestire e nelle ciance ... con l'esporla alla dissenatezza quotidiana ...."

Come i punti di vista familiari, del gruppo locale, bar di provincia, parrocchie, spiritualismi, scientismi fai da te, convinzioni di ignota origine, ecc .Si discute di cose non capite, futilità"sapienti", confusioni mentali.

Lo stesso può avvenire tra familiari, parenti, amici, col partner, genitori, colleghi. Rimedio? Nuovi amici dalla mente colorata, metamorfica, sensibile, plastica, che non improvvisano discorsi bislacchi.

Il dilemma è tra proteggere la personale identità e la necessità di rapporti per l'esistenza e gratificazione del nostro io.
Amicizie troppo vincolanti possono imporre adattamenti forzati a ciò che non entusiasma.

A volte siamo noi incompetenti nei rapporti umani o difficili per socializzare.
Nè il rapporto di coppia salva dalla solitudine.Spesso alla fine ci si appena tollera.
Può essere anche incapacità a stabilire rapporti con noi stessi, conflittualità con chi ci sta intorno.
Contatti numerosi ma di qualità povera non alleviano la solitudine e penso ai sia pure virtuali, contatti sui social network.

Il rimedio è la solitudine meditativa, l'introspezione per trovare vissuti che amplino la nostra interiorità: necessaria anche per conoscerci e per conoscere gli altri

cvc

Al giorno d'oggi pare che la solitudine sia una malattia. Invece  secondo me è l'incapacità  di saper stare  da soli ad essere un sintomo di disagio.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sileno

Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:04:00 PM
Al giorno d'oggi pare che la solitudine sia una malattia. Invece  secondo me è l'incapacità  di saper stare  da soli ad essere un sintomo di disagio.




" Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo"

( Pascal)

cvc

Citazione di: sileno il 25 Gennaio 2019, 13:15:15 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:04:00 PM
Al giorno d'oggi pare che la solitudine sia una malattia. Invece  secondo me è l'incapacità  di saper stare  da soli ad essere un sintomo di disagio.




" Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo"

( Pascal)
Vero, anche se credo che questa citazione Pascal l'abbia presa da altri. Non vorrei sbagliarmi ma mi pare un qualche religioso islamico.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sileno

Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:24:12 PM
Citazione di: sileno il 25 Gennaio 2019, 13:15:15 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:04:00 PM
Al giorno d'oggi pare che la solitudine sia una malattia. Invece  secondo me è l'incapacità  di saper stare  da soli ad essere un sintomo di disagio.




" Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo"

( Pascal)
Vero, anche se credo che questa citazione Pascal l'abbia presa da altri. Non vorrei sbagliarmi ma mi pare un qualche religioso islamico.





E' probabile che due aforismi di diversi autori coincidano o si assomiglino.


Ti riporto alcuni aforismi tratti da "Gli aforismi del cinico"di W. Muhs:


Mi piace la compagnia di una persona intelligente. Per questo sto volentieri solo ( Ernst Ell)

La peggiore solitudine è quella a due ( Erich Kastner)

La solitudine sarebbe uno stato ideale se si potessero scegliere le persone da evitare ( Karl Kraus)

Chi comunica poco con gli uomini, rare volte è misantropo ( Leopardi)

All'uomo intellettualmente dotato la solitudine offre due vantaggi: prima di tutto quello di essere con se stesso e, in secondo luogo, quello di non essere con gli altri ( Schopenhauer)

Ciò che rende socievoli gli uomini è la loro incapacità di sopportare la solitudine ( Schopenhauer)

Saluti

doxa

Ciao Sileno,  ti va di dirci qual è il tuo atteggiamento nei confronti della tua  eventuale solitudine  temporanea o permanente ?

"Attraversare la solitudine" non significa  abbandonarsi alla malinconia. C'è la solitudine interiore e la solitudine fisica. Quella interiore dà la possibilità di riflettere, distinguere, essere creativi, in modo da vivere tempi e spazi proficui. 

La solitudine può fare apprezzare la piacevolezza della relazione con gli altri.

In questo topic ho letto nei post le citazioni di vari autori. Partecipo anch'io citando tre versetti dell'Ecclesiaste (4, 9 – 12): "Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto".

Un anno fa  il governo britannico ha nominato Tracey Crouch ministro per la Solitudine,  con l'obiettivo di combattere,  secondo la premier Theresa May,  "la triste realtà della vita moderna" che colpisce milioni di persone.

sileno

Citazione di: altamarea il 25 Gennaio 2019, 15:00:56 PM
Ciao Sileno,  ti va di dirci qual è il tuo atteggiamento nei confronti della tua  eventuale solitudine  temporanea o permanente ?

"Attraversare la solitudine" non significa  abbandonarsi alla malinconia. C'è la solitudine interiore e la solitudine fisica. Quella interiore dà la possibilità di riflettere, distinguere, essere creativi, in modo da vivere tempi e spazi proficui.

La solitudine può fare apprezzare la piacevolezza della relazione con gli altri.

In questo topic ho letto nei post le citazioni di vari autori. Partecipo anch'io citando tre versetti dell'Ecclesiaste (4, 9 – 12): "Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto".

Un anno fa  il governo britannico ha nominato Tracey Crouch ministro per la Solitudine,  con l'obiettivo di combattere,  secondo la premier Theresa May,  "la triste realtà della vita moderna" che colpisce milioni di persone.





Il mio attuale senso di solitudine ha caratteri contingenti all' età: molti amici e conoscenti sono morti, certe associazioni e attività a cui partecipavo si sono estinte.Mi sento un sopravvissuto.

Coi vicini di casa condominiali è difficile e forse nemmeno augurabile instaurare amicizie vincolanti. In un paese dove soggiorno d'estate è diverso.

L'uomo occidentale,individualista, non soffre tanto di solitudine. Le popolazioni etniche si dice siano più felici proprio perché portate alla vita conviviale con amici e parenti.

La società è molto cambiata con l'onnipresenza delle tecnologie.
C'è relazione tra internet e solitudine: sottrae tempo al contatto autenticamente umano, oltre ad altre attività come la lettura.

Nei primi forum, quasi vent'anni fa, ho avuto occasione di gratificanti scambi, certi erano quasi carteggi. La chat era la chiacchiera, il forum lo scambio dialogico-argomentativo e l'email
il colloquio a "quattr'occhi". Anche tali forme sono mutate. Per esempio cerco di lanciare qualcosa nel presente forum, ma c'è un conflitto tra la mia formazione psico-filosofica e uno stile che mi pare tendente allo spiritualistico,religioso,o tipo scientifico, a volte da me poco compreso anche per il tipo di scrittura.

Una porzione di solitudine a volte può far apprezzare anche una compagnia non eccezionale, purché come si diceva non diventi troppo vincolante.
Per certe attività non è richiesta compagnia: lettura, cinema, teatro, sport, camminate, ecc.

A suo tempo ho molto apprezzato le pagine dell'Antico Testamento dedicate all'Ecclesiaste, teorico della vanità di tutto.
Non ricordo la parte che citi, che pur condivido,di un solidale, affettivo sostegno, per esempio di coppia, sperando almeno uno resti valido,augurandosi che non sia limitato a un convivere sotto lo stesso tetto

Saluti

everlost

Caro Sileno,
la solitudine per me è una patologia dell'anima, come l'innamoramento: si fa sentire moltissimo,  ma non è quasi mai collegata alla realtà, spesso è reale come può esserlo un miraggio. Il che non toglie che a volte possa diventare molto dolorosa e fastidiosa.
Ci si può sentire soli in una grande città dove si incontrano decine di persone ogni giorno e si cammina in mezzo alla folla, e magari felicemente accompagnati in un borgo sperduto fra le montagne, con un'unica persona accanto (se è quella che vogliamo).
E poi ci si può anche sentire soli e felicissimi in un eremo, non credo a lungo, però.
Certo qualcuno troverà pace e gioia nella solitudine, ma sentirsi soli è molto diverso dal voler stare soli per una precisa scelta. C'è sempre una connotazione di tristezza, di rimpianto nel voler stare in compagnia senza riuscirci. 
Peggio ancora dev'essere sentirsi soli vicino a una persona che non ci comprende, che ha elevato un muro di freddezza e indifferenza, se non di ostilità. Ma anche per questo esiste il rimedio, tutto sta nella nostra volontà, nel voler abbattere quel muro...e credimi, è sempre possibile trovare il metodo giusto.
Non è detto però che avere sempre bisogno di contatti umani denoti un carattere socievole, conosco alcuni che cercano continuamente gli amici e poi ci litigano, sparlano, si lamentano di tante cose. Probabilmente hanno solo paura di restare soli perché in quel caso sarebbero costretti a pensare e non ci sono abituati. Pensare è pericoloso, richiede un certo allenamento...
Lo stesso vale per chi passa facilmente da una fidanzata/moglie all'altra: magari lo fa perché non regge la solitudine, più che per un eccesso incontenibile di virilità. 

Oggi, rispetto a vent'anni fa, i rapporti umani sono diventati molto più difficili per le generazioni negli 'anta', in cui mi comprendo anch'io.  :(
Osservo che invece per i giovani non è così, fortunatamente: hanno scambi più superficiali ma anche molto più spontanei, leggeri e sinceri rispetto ai nostri negli anni sessanta-settanta. Noi eravamo più individualisti, di conseguenza anche più indipendenti, selettivi, esigenti nelle amicizie. Almeno per quanto ricordo. Sono stata giovane anch'io, mi sono divertita, ma non avevo tanti amici quanti ne ha mio figlio nato negli ottanta. 
Soprattutto non eravamo così legati da doverci parlare più volte al giorno...
C'era anche parecchia invidia, specie tra le donne. Quindi non mi lascio trasportare dalla  malinconia e dal rimpianto dei verdi anni, per alcune cose forse sì, ok, ma per il resto preferisco il presente! Con tutte le sue ombre e asperità, mille volte meglio la solitudine d'oggi che le false compagnie di ieri.
E poi non disprezzerei tanto i rapporti virtuali nel web, se non creano solide amicizie almeno sono fonte di  riflessioni preziose. 
Un anonimo, un perfetto estraneo può aiutarci a scoprire cose che non avevamo mai sentito dire dai nostri conoscenti e a volte ci può offrire conforto dove loro non possono.

sileno

Citazione di: everlost il 25 Gennaio 2019, 19:35:45 PM
Caro Sileno,
la solitudine per me è una patologia dell'anima, come l'innamoramento: si fa sentire moltissimo,  ma non è quasi mai collegata alla realtà, spesso è reale come può esserlo un miraggio. Il che non toglie che a volte possa diventare molto dolorosa e fastidiosa.
Ci si può sentire soli in una grande città dove si incontrano decine di persone ogni giorno e si cammina in mezzo alla folla, e magari felicemente accompagnati in un borgo sperduto fra le montagne, con un'unica persona accanto (se è quella che vogliamo).
E poi ci si può anche sentire soli e felicissimi in un eremo, non credo a lungo, però.
Certo qualcuno troverà pace e gioia nella solitudine, ma sentirsi soli è molto diverso dal voler stare soli per una precisa scelta. C'è sempre una connotazione di tristezza, di rimpianto nel voler stare in compagnia senza riuscirci.
Peggio ancora dev'essere sentirsi soli vicino a una persona che non ci comprende, che ha elevato un muro di freddezza e indifferenza, se non di ostilità. Ma anche per questo esiste il rimedio, tutto sta nella nostra volontà, nel voler abbattere quel muro...e credimi, è sempre possibile trovare il metodo giusto.
Non è detto però che avere sempre bisogno di contatti umani denoti un carattere socievole, conosco alcuni che cercano continuamente gli amici e poi ci litigano, sparlano, si lamentano di tante cose. Probabilmente hanno solo paura di restare soli perché in quel caso sarebbero costretti a pensare e non ci sono abituati. Pensare è pericoloso, richiede un certo allenamento...
Lo stesso vale per chi passa facilmente da una fidanzata/moglie all'altra: magari lo fa perché non regge la solitudine, più che per un eccesso incontenibile di virilità.

Oggi, rispetto a vent'anni fa, i rapporti umani sono diventati molto più difficili per le generazioni negli 'anta', in cui mi comprendo anch'io.  :(
Osservo che invece per i giovani non è così, fortunatamente: hanno scambi più superficiali ma anche molto più spontanei, leggeri e sinceri rispetto ai nostri negli anni sessanta-settanta. Noi eravamo più individualisti, di conseguenza anche più indipendenti, selettivi, esigenti nelle amicizie. Almeno per quanto ricordo. Sono stata giovane anch'io, mi sono divertita, ma non avevo tanti amici quanti ne ha mio figlio nato negli ottanta.
Soprattutto non eravamo così legati da doverci parlare più volte al giorno...
C'era anche parecchia invidia, specie tra le donne. Quindi non mi lascio trasportare dalla  malinconia e dal rimpianto dei verdi anni, per alcune cose forse sì, ok, ma per il resto preferisco il presente! Con tutte le sue ombre e asperità, mille volte meglio la solitudine d'oggi che le false compagnie di ieri.
E poi non disprezzerei tanto i rapporti virtuali nel web, se non creano solide amicizie almeno sono fonte di  riflessioni preziose.
Un anonimo, un perfetto estraneo può aiutarci a scoprire cose che non avevamo mai sentito dire dai nostri conoscenti e a volte ci può offrire conforto dove loro non possono.






Gentile everlost grazie per l'attenzione e per le tue parole che ho letto con interesse approvando.

La solitudine nelle varie forme può essere anche una patologia dell'anima, come chi si isola per una fuga dai disagi del mondo; si è soli tra la folla, perchè non compresi da chi ci sta vicino e sta in noi scoprire strategie giuste, ognuno a sua misura, per non sentirisi soli. A suo tempo mi sono dedicato molto al volontariato, rimanendone piuttosto gratificato.

Che ci siano amici anche intimi che dicono di noi cose non immaginabili quando alle nostre spalle, è cosa risaputa.
Se ne possono avere molti per non pensare, per sviare la mente dalla nostra realtà: sono d'accordo, indugiare con la mente in cose negative può essere autodistruttivo.

D'accordo anche per la facilità per i giovani, oggi di instaurare amicizie sia pure superficiali, come averne 500 nei social network.
Più falsità, meno spontaneità tra i giovani del passato? Credo di sì.

Non disapprovo gli scambi d'email tra due persone se c'è qualche interesse comune, qualche affinità, tanto da costituire un'occasione, stimolo e alibi per esapandere il nostro sapere, indurci a letture, scoprire qualcosa a cui non avevamo mai pensato.
Tanto è vero che ho continuto un rapporto virtual- epistolare con una signora ( ormai diversi anni fa) senza implicazioni sentimentali,per quattro anni, e senza averci mai visto nemmeno in foto. E' stata un'occasione anche per espandere mie letture, avendo qualcuno con cui commentarle.

L'uomo socievole soffre di isolamento anche a contatto con i simili con cui vive in collettività: tale stato d'animo o emozione insana è diffuso: del tutto negativo o può arricchire l'esistenza con pause di riflessione?

Ricordo una parabola di Schopenhauer: una compagnia di porcospini, d'inverno, si strinsero vicini per fruire del calore reciproco.Presto sentirono le spine e si allontanarono, poi il bisogno di calore li portò nuovamente a unirsi e si ripetè l'inconveniente delle punture. Finché trovarono la giusta distanza: così è per gli uomini: non possono stare troppo vicini né troppo lontani, scoprendo una distanza media, ma priva di una vera socialità ed eludendo una totale solitudine.
I momenti di solidarietà, amore, amicizia sono i più appaganti e non dovrebbero recare sofferenze: ci si ritrova senza perdere se stessi.
La società di massa ha acuito il senso di solitudine,ha diviso la comunità in individui separati: la "folla solitaria".

Intervistarono alcuni monaci, che, emblematico, avevano sopra il portone la scritta "beata solitudo, sola beatitudo. Affermarono di trovarsi bene nel convento; unico screzio la convivenza con i confratelli. Gli altri possono essere fonte di gratificazione ma anche "inferno".

Ho lavorato in un'importante azienda, a contatto con 4 o 5 colleghi; qualche screzio ma anche molto spirito cameratesco e momenti di vera amicizia. Ebbene, fui ugualmente felice durante gli ultimi cinque anni che passai in una stanza da solo per un lavoro autonomo.

Saluti

Freedom

Avete già detto quasi tutto ma, forse, c'è ancora un aspetto da considerare: la ricchezza che gli altri ci donano. Spesso inconsapevolmente e qualche volta loro malgrado. :D


Ripensando alle parole di Sileno sulla sostanziale equiparazione dell'esperienza di lavoro in solitudine o con colleghi nell'ambito di uno stesso ufficio; ripensando alle parole di Sileno dicevo, ho provato anch'io entrambe le esperienze e ne ho ricavato anch'io un giudizio molto simile a quello qui espresso.

C'è stato tuttavia un plusvalore nell'esperienza di condivisione: una crescita tecnico-professionale ed emotiva indubbiamente superiore a quando lavoravo da solo. Faticosa, a volte anche segnata da episodi non piacevoli, ma, nel suo complesso, estremamente arricchente.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

sileno

Citazione di: Freedom il 26 Gennaio 2019, 10:53:48 AM
Avete già detto quasi tutto ma, forse, c'è ancora un aspetto da considerare: la ricchezza che gli altri ci donano. Spesso inconsapevolmente e qualche volta loro malgrado. :D


Ripensando alle parole di Sileno sulla sostanziale equiparazione dell'esperienza di lavoro in solitudine o con colleghi nell'ambito di uno stesso ufficio; ripensando alle parole di Sileno dicevo, ho provato anch'io entrambe le esperienze e ne ho ricavato anch'io un giudizio molto simile a quello qui espresso.

C'è stato tuttavia un plusvalore nell'esperienza di condivisione: una crescita tecnico-professionale ed emotiva indubbiamente superiore a quando lavoravo da solo. Faticosa, a volte anche segnata da episodi non piacevoli, ma, nel suo complesso, estremamente arricchente.





Concordo,ma la differenza può farla il tipo di lavoro. Se qualificato, altamente professionale è preferibile l'organizzazione d'equipe, per confronti, suggerimenti.
Se si tratta di un lavoro non particolarmente qualificato ( es. d'archivio) la gestione personale anche per l'utilizzo di ritagli di tempo, ecc. può essere preferibile. Certo che in ogni caso, va perduta un'atmosfera a volte conviviale, lo scambio dialogico anche non attinente al lavoro, ecc. Ma non si può avere tutto.

Saluti

Sariputra

La solitudine vissuta in una foresta è profonda e creativa...ma poi ti viene a cercare il terrore senza-nome...superato questo terrore si può vedere la stella del mattino...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sileno

Citazione di: Sariputra il 26 Gennaio 2019, 14:20:50 PM
La solitudine vissuta in una foresta è profonda e creativa...ma poi ti viene a cercare il terrore senza-nome...superato questo terrore si può vedere la stella del mattino...




Solo in una foresta
da sera a mattino
mentre mi cerca
il terrore senza nome
senza alcun vicino
bella questa esperienza
per vedere
la stella mattiniera!

sileno

La solitudine ha diverse età, la prima comincia a 20 anni ( La Repubblica 26/1/19)


CAPITA di sentirsi soli, anche in mezzo ad altre persone; di soffrire per una vita sociale discrepante rispetto a quella che si vorrebbe avere; di smettere di fare progetti per il futuro. La solitudine ha tante facce e declinazioni soggettive. C'è chi vive serenamente da single e chi si sente abbandonato se il partner esce di casa per andare a lavorare. Quello che non si sapeva – e che emerge in un recente studio americano pubblicato sul Journal International Psychogeriatrics  - è che si manifesta con forza in determinate stagioni della vita: dopo gli 80 anni, ma anche alla fine dei 20 e a metà dei 50. "La solitudine - spiega lo psichiatra e psicoterapeuta Francesco Cro, direttore dell'unità operativa Salute Mentale Viterbo C- è una dimensione inevitabile dell'esistenza. Se viene vissuta come esperienza di abbandono è negativa. Ma può anche essere un momento di raccoglimento e di crescita interiore. A fare la differenza sono le difese che abbiamo sviluppato, la nostra solidità interiore".

• LE STAGIONI DELLA SOLITUDINE
Le stagioni della solitudine, dice lo psichiatra, corrispondono a fasi di transizione esistenziale, momenti in cui ci sentiamo come sospesi, più fragili.
 Se l'infanzia non dovrebbe lasciare spazio alla solitudine ("Ogni bambino - dice Cro - dovrebbe avere il diritto di essere amato e accudito) i giovani, contrariamente a quanto si crede, sono i più a rischio di quel disagio esistenziale in cui la solitudine non è reale, come per gli anziani, ma nasce dalla difficoltà nel trovare la propria dimensione nel mondo.

Alla soglia dei 30 anni dovrebbe cominciare la vita adulta, sogni e progetti dovrebbero concretizzarsi. "È il momento in cui costruire il nostro futuro, eppure, soprattutto nella società attuale, è molto difficile riuscirci. Questo è fonte di ansia per chi non ha una base solida, costruita grazie ad istruzione, lavoro e affetti".
Intorno ai 50 anni termina la giovinezza. "Si fa un bilancio della prima parte della vita e ci si prepara a una fase in cui ci sarà un declino della prestanza fisica, della salute e di tante altre cose che allietano l'esistenza".

Il dato più intuitivo riguarda gli anziani. "Nel tempo gli affetti si perdono e non sempre abbiamo la fortuna di avere accanto familiari che ci vogliono bene. Ma l'età più avanzata può essere anche un momento di serenità se il bilancio che si fa della propria vita è positivo. Ovvio che poi il rischio di malattie fisiche, la perdita di mobilità o memoria peggiorano la solitudine e di conseguenza la salute mentale".



QUANDO DIVENTA SOFFERENZA
Chiunque, anche se anziano, se sta bene fa progetti per il futuro. Smettere di farne è segnale che qualcosa non va. Sentirsi soli può avere un impatto reale sulla nostra salute portandoci ad abitudini di vita malsane, come fumare o trascurare visite e controlli medici. Questo stato è associato al declino della salute fisica, di quella mentale e della cognizione. "È un fattore di rischio per la depressione che a sua volta porta ad abuso di sostanze e, in un circolo vizioso, acuisce l'isolamento – spiega lo psichiatra-. Può portare anche a disturbi più gravi di tipo psicotico, come la perdita di contatto con la realtà e l'immersione in un mondo di fantasia".

• COME CONTRASTARLA
Quando la solitudine si trasforma in sofferenza diventa importante avere le informazioni necessarie per chiedere aiuto a servizi specialistici, senza dividere tra dolore fisico, psichico e inadeguatezza sociale, perché "sono tre aspetti di un unico caso di disagio".

Può essere oggettiva, legata allo sfaldamento delle strutture sociali. In questo caso, spiega lo psichiatra, per contrastarla servono per gli anziani politiche e servizi sociali per favorire ad esempio l'autonomia negli spostamenti, il contatto con persone vicine e in grado di intervenire, centri di socialità come gli Alzheimer caffè. "Se soggettiva andrebbe stimolata la promozione di incontri di sensibilizzazione in scuole, manifestazioni culturali e pubbliche sul valore della compagnia umana e della solidarietà".

IL LATO POSITIVO
Ma vivere momenti di solitudine non è necessariamente qualcosa di negativo. "Sono indicati nella vita per riflettere, come anche i momenti di introversione e di malinconia possono aiutare a raccogliersi dopo una sconfitta per poi ricominciare". Però per non esserne schiacciati bisogna essere attrezzati. "Avere una rete di persone che ci vogliono bene è fondamentale per la nostra salute. Chi ha stabilito rapporti solidi con persone significative, li ha interiorizzati, è sicuro della sua situazione affettiva e può affrontare una solitudine anche tremenda come quella degli astronauti". Chi invece ha avuto un'esperienza di accudimento carente è più vulnerabile. "Le esperienze che ci segnano sono quelle più precoci: se abbiamo avuto genitori che si sono presi cura di noi ci portiamo dentro la loro immagine rassicurante; ma se siamo cresciuti privi del calore emotivo necessario avremo sempre bisogno di appoggiarci a qualcuno o qualcosa, come alcol o farmaci ansiolitici", spiega lo psichiatra.

• LA SAGGEZZA COME DIFESA
C'è un legame, secondo lo studio, tra solitudine e saggezza, intesa come conoscenza generale della vita; gestione delle emozioni; empatia, compassione, altruismo e senso di giustizia; intuizione; accettazione di valori divergenti; capacità di prendere decisioni rapide ed efficaci quando necessario. Essere saggi in qualche modo ci protegge dalla solitudine. "Il riferimento alla saggezza come possibilità di salvezza è interessante - commenta Cro - rimanda a una visione più orientale della vita, che recupera dimensioni non legate solo alla produzione di ricchezza e beni, con cui oggi misuriamo il valore delle nostre vite, ma a un valore di compassione, di empatia con gli altri. Questo spiega come si possa essere felici o meno in diverse fasi della vita. Il segreto della felicità potrebbe essere proprio questo: mantenere la sintonia emotiva con le persone che ci circondano".

doxa

#14
Era seduto davanti lo specchio per cercare compagnia nell'immagine riflessa. L'unica compagnia che avesse quell'uomo solo nella sera di Natale.

Alzò il bicchiere con dentro il vino per fare un brindisi.

Con tono lirico disse: "Brindo al bambino che fui. Egli ha solo  me al mondo che possa ricordargli quanto fosse pieno di sogni e di tenerezza".

Poi posò il bicchiere sul tavolo e pianse. Le calde lacrime rigarono il suo volto.

Addio vecchio bambino.

dal Salmo 87 (88)
...
15 Perché, Signore, mi respingi,
perché mi nascondi il tuo volto?
16 Sono infelice e morente dall'infanzia,
sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori.
17 Sopra di me è passata la tua ira,
i tuoi spaventi mi hanno annientato,
18 mi circondano come acqua tutto il giorno,
tutti insieme mi avvolgono.
19 Hai allontanato da me amici e conoscenti,
mi sono compagne solo le tenebre.

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