Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.

Aperto da cvc, 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AM

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0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 13:49:12 PM
La precettistica mosaica la trovi anche tra gli aborigeni australiani e i nativi americani. Pur in assenza di tavole della legge e con numi assai diversi da quelli della tradizione biblica. Nessuna comunità umana può essere fondata su omicidio, furto e menzogna.


Certo, è per questo infatti che dicevo (risposta #66): "Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità
di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto").
Oppure (risposta a Sgiombo #70): "Se poi, come sostiene esplicitamente l'amica Ipazia, vi fosse: "un'evoluzione etica che
rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno" le cose sarebbero diverse".
Voglio con ciò dire che se vi fosse, effettivamente, un progresso etico e morale sia nell'individuo sia in una comunità umana
vista via via e sempre più come includente (naturalmente fino a includere l'intero pianeta) la vostra prospettiva sarebbe
senz'altro nel vero, ma è così? Secondo me niente affatto, perchè l'andamento della storia (non le "violazioni" di cui
parla Sgiombo) non mostra esser così.
L'andamento della storia ritengo mostri chiaramente quel concetto di "empatia" di cui parlavo, e che consiste essenzialmente
nell'istinto alla sopravvivenza e alla continuazione di se stessi e dei propri "affini" (e via via sempre meno affini). Ma
questa, ritengo, non è e non può essere considerata "moralità".
La moralità così come da me intesa non può essere altro che un "imperativo categorico"; un "ab-solutus" che, proprio in
quanto tale, non distingue fra affini e non affini (cioè che non si svolge all'interno di nessun "contesto").
Intendiamoci, la mia non è una proposta "politica" (semplicemente perchè, politicamente, non può realizzarsi - cioè è
priva di sbocco, come giustamente notavi), ma solo e soltanto una proposta di condotta personale.
saluti

Jacopus

#76
La risposta empatica con i propri affini e per sé e un dato di fatto ineludibile ma limitare le capacità etiche a questo "stagno morale" non è realistico. La definirei una versione provinciale che aggrega Banfield (familismo amorale) e Olson (Free rider).
Come ho già scritto, a causa della plasticità del ns cervello, credere in ciò, non fa altro che rendere reale ciò in cui credo, in questo caso in una morale limitata a me e ai miei cari.
Ma questa visione è contraddetta da mille esempi della storia a cui tu puoi replicare con altri mille favorevoli alla tua tesi.
La storia non va verso il progresso o almeno non ci va in modo così lineare come credevano 150-200 anni fa, prima che Dostoevskij e Nietzsche non guastassero la festa.
Ma esistono dei dati inconfutabili, il primo dei quali è la nascita di una religione universalistica (Katholikos). Ed altri che si prolungano nei secoli.
Ti sembrerebbe possibile applicare, oggi, la seguente pena  a carico dell'autore di un tentato omicidio (di Re) "che il condannato sia pinzato con tenaglie ed ivi ferito, sulle ferite sarà versato piombo fuso. Sarà amputato della mano destra ed anche ivi versato piombo fuso. Quattro coppie di cavalli lo tireranno dagli arti finché questi non verranno amputati. Infine sarà gettato nel fuoco".  Accadde 250 anni fa a Parigi.
Altro esempio. Per quanto io non condivida il marxismo, non credi che in esso vi sia una visione morale, perlomeno nelle intenzioni, che è un'ulteriore percorso verso un'etica morale più elevata e grande del piccolo branco?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

@ Oxdeadbeef

Rispetto la tua visione e contraccambio con una mia impressione personale. (Temo che) la globalizzazione ci renda sempre più "affini" e che questa affinità coatta si converta in imperativi categorici che non fanno  sconti a nessuno: né sul piano politico-economico, né ambientale, né etico-filosofico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

A Jacopus
Se il tuo intervento è di risposta a me ritengo tu mi abbia frainteso.
Come ho più volte ripetuto, io ritengo che la morale possa essere solo e soltanto universale, e che un tipo di
moralità ristretta ad un "contesto", che può essere quello della famiglia, del paese natio come di una certa
lingua o cultura specifica, non è proprio definibile come morale (ma come empatia utilitaristica).
C'è da dire che l'amica Ipazia, nelle sue risposte, sottolinea come vi sia: "un'evoluzione etica che
rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno", per cui l'empatia utilitaristica,
allargandosi, potrebbe divenire vera e propria moralità nel senso cui io la intendo. Ma a questa tesi io rispondo
che non vedo, nella storia, alcun progresso o evoluzione morale (ti rimando per questo alla risposta #69),
sottolineando come quella tesi presupponga una concezione della "natura umana" come buona (io ritengo invece
sia propria della "natura umana" la libertà - di fare il bene come il male).
Naturalmente al tuo esempio riguardante quella pena atroce potrei rispondere con mille episodi che dicono il contrario.
Ad esempio Auschwitz, l'abominio forse (forse...) più grande che questo pianeta abbia mai visto (accadeva nemmeno 80
anni fa in Germania, il paese di Kant e Goethe, come qualcuno si è sentito di dire...).
saluti

sgiombo

Le violazioni della morale (non solo della legge) ci sono sempre state anche quando Dio "scoppiava di salute" e sempre ci sanno.

Ma non rendono meno reali le tendenze comportamentali (e a valutare i comportamenti) che l' evoluzione biologica ha selezionato e che costituiscono la base di fatto universale nei suoi principi più generali e astratti dell' etica, peraltro storicamente variabile nelle sue applicazioni o manifestazioni particolari e concrete (storia che non é affatto una costante, ininterrotta sequenza di orrori, ma presenta anche aspetti e fatti magnifici, splendidi, ottimi).

Lo so, Oxdeadbeef, che non sei d' accordo, ma non penso sia affatto utile continuare a ripetere all' infinito le mie convinzioni "ottimistiche" di contro alla tue "pessimistiche", e perciò per quel che mi riguarda finisco qui di interessarmi a questa discussione..

Jacopus

"Un despota imbecille può costringere gli schiavi con catene di ferro; ma un vero politico li lega assai più fortemente con la catena delle proprie idee; è al piano fisso della ragione che egli ne attacca il capo. Legame tanto più forte perché lo crediamo opera nostra. La disperazione e il tempo corrodono i legami di ferro e acciaio ma nulla vale contro l'unione abituale delle idee, non fanno che rinserrarsi sempre di più: sulle molli fibre del cervello è fondata la base incrollabile dei più saldi imperi".
Oggi mi sono imbattuto casualmente in questa frase scritta da Servan: discorso sull'amministrazione della giustizia criminale. Quello che mi ha colpito è stata la contiguità con alcune idee neuroscientifici che circolano oggi: ovvero che ci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dai nostro prossimo e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico (Cioè nella vita del singolo individuo), senza dover aspettare i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale.
Ma ciò che mi ha colpito è anche la data di pubblicazione di questi libricino, 1767.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

"Datemi un bambino nei primi sette anni di vita e io vi mostrerò l'uomo": motto della Compagnia di Gesù fondata nel 1540

La manipolazione mentale è la forma più veloce inventata dall'evoluzione per modificare i comportamenti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

A Sgiombo
Va bene, però continui a parlare di "violazioni" senza tener conto di quel che dicevo (e cioè che si può parlare di
"violazioni" solo se si assume una normalità, una regolarità di cui la violazione sarebbe l'eccezione).
Ma è proprio questa idea di normalità che io contesto. E' cioè "normale" che l'uomo si comporti con bontà d'animo?
Beh, dietro questo pensiero si cela un concetto antico: che la "natura umana" sia essenzialmente buona.
Ma è davvero così? Voglio dire, anche se si potesse parlare di una "natura umana" (e la cosa è discutibile;
sicuramente non univoca), potremmo forse dire che questa è essenzialmente buona?
Per me, dicevo, la "natura umana" consiste nella libertà (pur se vi sono dei condizionamenti); quindi nella libertà
di perseguire sia il bene che il male. E mi sembra proprio che la storia questo dimostri in maniera inequivocabile.
Anche sulla "morte di Dio" ho già detto come a parer mio essa va intesa.
La "morte di Dio" non è la morte di un dio di una qualche religione (nello specifico del Cristianesimo), ma la
morte del valore morale assolutamente inteso.
Un tipo di moralità ristretta ad un "contesto", come certamente delineava Ipazia (pur con la fondamentale
specificazione dell'evoluzione a contesti via via più estesi), è una moralità relativa, quindi una moralità
che dal mio punto di vista non è moralità (ma, dicevo, empatia fra affini).
Quando Dio "scoppiava di salute" l'uomo era sempre "libero" (...) di scegliere se perseguire il bene o il male
(non è che allora perseguisse necessariamente il bene e dopo la "morte di Dio" necessariamente il male).
La differenza, per me fondamentale, è che "allora" il bene il male erano visti come degli "assoluti", quindi
come delle categorie non soggette alla relatività di un "contesto"; mentre poi, "morendo" la concezione
assoluta della moralità, essa si è venuta sempre più "contestualizzando" fino all'attuale dimensione. Una
dimensione che è, beninteso, sempre più individuale (quindi altro che allargamento...).
E' questo che porta la casalinga oggetto originario del post a dire: "non puoi giudicarmi".
saluti

0xdeadbeef

A Jacopus
Dicevo in un precedente post:
"Chi avrebbe predetto, nelle laiche città arabe degli anni 60 e 70, che un giorno vi avrebbe regnato lo "stato islamico"?
Chi avrebbe predetto, ai tempi dei "lumi" settecenteschi, gli orrori del 900 (non riducibili certo al solo nazismo)?
Cosa avrebbe pensato un Greco seduto nel "teatro" se gli avessero detto che un giorno quel luogo sarebbe diventato
"anfi-teatro", e che lì gli uomini sarebbero stati divorati dalle belve per "diletto" degli spettatori?
Ora, è chiaro che di esempi simili se ne possono fare a bizzeffe...
Come concili la tua tesi (che a mio modo di vedere presenta i caratteri dell'ontologia) con queste cose?
Parleresti anche tu, come l'amico Sgiombo, di "violazioni" ad un ordine che quello è e quello rimane?
Non che io pensi che la tua tesi sia completamente sballata, ci mancherebbe (se così fosse i figli non prenderebbero dai
padri, come si suol dire). Ma penso appunto che sia "pericolosamente" vicina alla metafisica, perchè pretende di
spiegare compiutamente le "strutture fondamentali e necessarie dell'essere".
Se fosse come dici, gli uomini avrebbero dovunque la medesima cultura e il medesimo grado di progresso scientifico e
tecnologico. Non solo: la storia avrebbe un andamento sempre e comunque lineare (piccole violazioni a parte...).
Non so, non mi sembra scienza ma scientismo.
saluti

sgiombo

#84
Citazione di: Jacopus il 18 Ottobre 2018, 09:16:47 AMci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dai nostro prossimo e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico (Cioè nella vita del singolo individuo), senza dover aspettare i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale.
CitazioneEsatto.
Ma senza "i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale [scientifico, N.d.R]" non avremmo l' uomo con la sua strepitosa plasticità mentale e creatività di comportamenti cui consegue che ci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dal nostro prossimo (e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico é una frase che non comprendo; ma credo che a livello ontogenetico restino fissate determinate caratteristiche cerebrali -determinate connessioni sinaptiche- ovvero determinati "modi epigenetici di espressione genetica", e non che si fissi qualcosa di genetico).

Ma ciò che mi ha colpito è anche la data di pubblicazione di questi libricino, 1767.
CitazioneColpisce anche me.
Ma una buona filosofia spesso (non sempre ovviamente!) può anticipare conclusioni poi confermate dalle scienze.

sgiombo

#85
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Ottobre 2018, 10:02:15 AM
A Sgiombo
Va bene, però continui a parlare di "violazioni" senza tener conto di quel che dicevo (e cioè che si può parlare di
"violazioni" solo se si assume una normalità, una regolarità di cui la violazione sarebbe l'eccezione).
Ma è proprio questa idea di normalità che io contesto. E' cioè "normale" che l'uomo si comporti con bontà d'animo?
Beh, dietro questo pensiero si cela un concetto antico: che la "natura umana" sia essenzialmente buona.
Ma è davvero così? Voglio dire, anche se si potesse parlare di una "natura umana" (e la cosa è discutibile;
sicuramente non univoca), potremmo forse dire che questa è essenzialmente buona?
Per me, dicevo, la "natura umana" consiste nella libertà (pur se vi sono dei condizionamenti); quindi nella libertà
di perseguire sia il bene che il male. E mi sembra proprio che la storia questo dimostri in maniera inequivocabile.
Anche sulla "morte di Dio" ho già detto come a parer mio essa va intesa.
La "morte di Dio" non è la morte di un dio di una qualche religione (nello specifico del Cristianesimo), ma la
morte del valore morale assolutamente inteso.
Un tipo di moralità ristretta ad un "contesto", come certamente delineava Ipazia (pur con la fondamentale
specificazione dell'evoluzione a contesti via via più estesi), è una moralità relativa, quindi una moralità
che dal mio punto di vista non è moralità (ma, dicevo, empatia fra affini).
Quando Dio "scoppiava di salute" l'uomo era sempre "libero" (...) di scegliere se perseguire il bene o il male
(non è che allora perseguisse necessariamente il bene e dopo la "morte di Dio" necessariamente il male).
La differenza, per me fondamentale, è che "allora" il bene il male erano visti come degli "assoluti", quindi
come delle categorie non soggette alla relatività di un "contesto"; mentre poi, "morendo" la concezione
assoluta della moralità, essa si è venuta sempre più "contestualizzando" fino all'attuale dimensione. Una
dimensione che è, beninteso, sempre più individuale (quindi altro che allargamento...).
E' questo che porta la casalinga oggetto originario del post a dire: "non puoi giudicarmi".
saluti

"Morto Dio" non é affatto morto (ma nemmeno si é minimamente incrinato) il carattere di fatto universale dei principi più generali astratti della morale (che la biologia scientifica non dimostra -ovviamente!- ma comunque spiega benissimo).

Ma non vedo proprio l' utilità di continuare ripetere le stesse cose.

MI sembra un' inutile perdita di tempo e pertanto per parte mia chiudo davvero qui la discussione con la solita (mi dispiace, ma ci vuole) precisazione che di fronte a eventuali reiterazioni, chi tacerebbe non acconsentirebbe: non é che una tesi diviene tanto più vera o tanto più fondatamente vera in proporzione al numero di volte in cui viene ripetuta.

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