Riflessioni di una tanatofobica

Aperto da Jess, 31 Agosto 2018, 12:37:58 PM

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Phil

Citazione di: Ercole il 13 Settembre 2018, 19:18:05 PM
... E Sirio perde colore/ e ogni ora si allontana / e il gabbiano infuria sulle spiagge derelitte
... poi Sirio riprende colore / e ogni ora si avvicina / e il gabbiano plana sulle spiagge brulicanti


Socrate78

@Uroboro: E' conveniente per noi pensare che non tutto finisca, ma è vero fino a un certo punto, visto che, non sapendo che cosa ci aspetta, potrebbe anche essere molto peggio che nella vita terrena. Io, come ti ho detto, voglio coltivare l'idea che ci sia una continuazione della vita, ma ad essere sincero sino in fondo non mi andrebbe affatto di essere giudicato alla fine della vita da una qualche divinità che stabilisce il mio destino (come le religioni insegnano), perché se le nostre azioni derivano dalla nostra individualità Dio stesso se esistesse cadrebbe in contraddizione nel giudicarci, poiché è Lui ad averci creati e a sapere già in anticipo ogni nostro comportamento. Non trovi?

Kobayashi

Forse l'angoscia per la morte nasconde un'angoscia peggiore che è quella che viene dall'imperativo a fare della propria vita qualcosa, con tutti i dubbi su quale forma darle, con la sensazione perenne che qualsiasi cosa si faccia si tratti in realtà di un inganno, di un tradimento della propria vocazione, la quale, col passare del tempo e delle esperienze, sembra destinata a rimanere un enigma irrisolvibile.
È il destino di un certo tipo di persone che si sentono straniere in questo mondo ma che non hanno più un dio a cui rivolgere la propria dedizione.
Sono (forse) nobili, elevate, ma sentono, col trascorrere degli anni, che la propria riserva di purezza, di integrità, si va pericolosamente esaurendo, e sentono approssimarsi la caduta.

In un brano di "Al di là del bene e del male" (par.55), Nietzsche parla di come nelle epoche preistoriche gli uomini sacrificavano al proprio Dio esseri umani, spesso proprio le creature più amate, i primogeniti. In seguito, nell'epoca morale, si passò al sacrificio degli istinti più forti, della propria natura.
"E infine, che cosa restava da sacrificare? Non si doveva finalmente sacrificare una buona volta tutto ciò che c'è di confortante, di sacro, di risanante, ogni speranza, ogni fede in una occulta armonia [...] ? Non si doveva sacrificare Dio stesso e, per crudeltà contro se stessi, adorare la pietra, la stupidità, la pesantezza, il destino, il nulla? Sacrificare Dio per il nulla - questo paradossale mistero dell'estrema crudeltà fu riservato alla generazione che proprio ora sta sorgendo: noi tutti ne sappiamo già qualcosa."

Uroboro

Citazione di: Socrate78 il 14 Settembre 2018, 15:02:25 PM
@Uroboro: E' conveniente per noi pensare che non tutto finisca, ma è vero fino a un certo punto, visto che, non sapendo che cosa ci aspetta, potrebbe anche essere molto peggio che nella vita terrena. Io, come ti ho detto, voglio coltivare l'idea che ci sia una continuazione della vita, ma ad essere sincero sino in fondo non mi andrebbe affatto di essere giudicato alla fine della vita da una qualche divinità che stabilisce il mio destino (come le religioni insegnano), perché se le nostre azioni derivano dalla nostra individualità Dio stesso se esistesse cadrebbe in contraddizione nel giudicarci, poiché è Lui ad averci creati e a sapere già in anticipo ogni nostro comportamento. Non trovi?

Sono perfettamente d'accordo, l'idea che Dio ci giudichi per come in fondo ci ha creati è paradossale. Inoltre l'eventuale prosecuzione della nostra esistenza dopo la morte potrebbe tranquillamente non essere benevola.
'How we need another soul to cling to, another body to keep us warm. To rest and trust; to give your soul in confidence: I need this, I need someone to pour myself into.' Sylvia Plath

Uroboro

Citazione di: Kobayashi il 15 Settembre 2018, 17:29:15 PMÈ il destino di un certo tipo di persone che si sentono straniere in questo mondo ma che non hanno più un dio a cui rivolgere la propria dedizione.
Sono (forse) nobili, elevate, ma sentono, col trascorrere degli anni, che la propria riserva di purezza, di integrità, si va pericolosamente esaurendo, e sentono approssimarsi la caduta.
[...] Non si doveva sacrificare Dio stesso e, per crudeltà contro se stessi, adorare la pietra, la stupidità, la pesantezza, il destino, il nulla? Sacrificare Dio per il nulla - questo paradossale mistero dell'estrema crudeltà fu riservato alla generazione che proprio ora sta sorgendo: noi tutti ne sappiamo già qualcosa."

Pronti a sacrificarsi per una nobile causa, che però non c'è, sì, questo è parte del problema.
'How we need another soul to cling to, another body to keep us warm. To rest and trust; to give your soul in confidence: I need this, I need someone to pour myself into.' Sylvia Plath

Ercole

Citazione di: Uroboro il 14 Settembre 2018, 00:20:55 AM
Citazione di: Ercole il 13 Settembre 2018, 19:18:05 PM
Anch'io ciclicamente ho questa paura e la tengo a bada pensando che tutta la realtà è destinata alla decadenza e alla fine e non solo io... in particolare questi versi di Quasimodo possono far comprendere questo concetto meglio di tante considerazioni:

... E Sirio perde colore/ e ogni ora si allontana / e il gabbiano infuria sulle spiagge derelitte

A te pensare che anche il mondo sia destinato alla fine ti tranquillizza? A me pensare che il sole un giorno in cui giorno non sarà più, sarà freddo e l'oblio eterno annienterà tutto ciò che è stato, non lo trovo particolarmente stabilizzante, anzi...

E ogni ora si allontana.

Lo vedo in modo positivo per un ragionamento forse un po' gretto: non solamente io ma tutto cesserà di esistere, il nulla trionferà su ogni cosa e tra me e la piramide di Cheope la differenza è solo quantitativa...

Ercole

Citazione di: Phil il 14 Settembre 2018, 01:17:32 AM
Citazione di: Ercole il 13 Settembre 2018, 19:18:05 PM
... E Sirio perde colore/ e ogni ora si allontana / e il gabbiano infuria sulle spiagge derelitte
... poi Sirio riprende colore / e ogni ora si avvicina / e il gabbiano plana sulle spiagge brulicanti

Sarebbe bello ma finora Sirio ha perso sempre colore...

Jean

Giusto ieri mattina ho afferrato con la mano un parapetto di legno per discendere un dislivello di alcuni metri. 
Il palo cui era solidale, all'apparenza integro, nella parte interrata era stato corroso dall'umidità ed ha ceduto proprio in quel momento (non era la prima volta che me ne servivo).

Sono rotolato a corpo morto per un paio di metri, fermandomi prima di un'ulteriore dislivello, ben più consistente e con un bordo in cemento.

Durante il breve tragitto e le due giravolte su me stesso (accompagnate da una poco sommessa imprecazione) per pochi centimetri ho sfiorato dei sassi e strusciato su della vegetazione appuntita ma, fortunatamente, non mi son rotto nulla né bucato un occhio... solo un modesto ematoma e una contusione alla schiena, ah... una svirgolata alla pellicola del cellulare, roba da un paio d'euro.

Possiamo prestare tutte le attenzioni possibili ed immaginabili... ma inevitabilmente qualcosa sfuggirà alla nostra capacità di padroneggiare tempo, spazio e gli eventi che vi accadono. 

Da quella zona non illuminata dalla nostra  (presunta) consapevolezza entra il Destino che ci riguarda... ieri mi è andata di lusso e, naturalmente, per il futuro confido nel mio angelo custode, sin che può...

Può essere, Jess, che come dici tu conosca tutte le possibilità ma sono solo quelle che ti fornisce la tua (presunta) consapevolezza, non l'interezza della vita.

Siamo pedine in un gioco molto più grande della nostra capacità di concepirlo (è la mia opinione) e per tutti noi, giocatori volenterosi o controvoglia, accadono le stesse cose, prima o poi saremo messi di fronte alla lotteria dell'esistenza, vedremo portar via la pedina che ci precede se non addirittura quella da poco entrata nel terreno di gara.

Protesteremo, reagiremo in qualche modo o affatto... ma senza che tutto ciò interrompa o rallenti minimamente il flusso del tempo - il braccio armato del destino - che ci trascina con sé, tutti, sino alla casella conclusiva.

C'è un al di là, oltre quel confine?

E c'è un aldilà dal gioco stesso?

C'è una domanda più importante di questa?

Non possiamo decidere neppure le nostre domande... e  qualsiasi risposta di chiunque vorrà esprimere la sua testimonianza sui temi di cui parlo... al di là della mia son sempre la medesima risposta...

 
Un cordiale saluto
Jean

Ipazia

#23
Epicuro aveva ideato una sua ricetta contro la tanatofobia: non è il caso di preoccuparsi della morte perchè, finchè siamo vivi, lei non c'è e quando lei ci sarà, non ci saremo più noi. Senz'altro più originale dei numi. Io trovo che funzioni pensare ogni attimo in sè, proprio come fanno i tuoi saggi compagni canini, ogni giorno come se fosse l'ultimo.

Una volta fatto il grosso salto del rigetto di ogni illusione ultraterrena, il senso della vita - e della morte, che ne è l'ultimo gesto - va ricercato in noi stessi. Personalmente di motivazioni ne ho trovate molte: negli affetti, interessi, conoscenze, curiosità. Nella consapevolezza di essere parte privilegiate dell'universo autocosciente che, con tutti i limiti del caso e del caos, ha un minimo ruolo di protagonista sul proprio destino. Sono soddisfazioni che meritano di essere valorizzate.

Poi anche la natura aiuta al passaggio, un po' come assiste le donne durante quell'autentico percorso di guerra che è il parto: invecchiando la morte stessa si addolcisce e invita suadente a cedere il testimone alle nuove generazioni di umani.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

everlost

Ipazia, scrivevi già nel vecchio forum o sbaglio? 
Comunque mi è piaciuto molto il tuo commento.  :-*
Poco prima di andarsene, lo scienziato Hawking mi aveva sorpreso con un'osservazione inaspettata da uno come lui, ateo e costretto all'immobilità da una tremenda malattia: disse che la vita è un dono prezioso anche per chi non crede in Dio e nell'immortalità dell'anima, perché non tutti ricevono dalla natura questa possibilità. Solo pochi ci arrivano. La vita stessa è una straordinaria eccezione, per molti aspetti un'anomalia. E allora bisogna approfittarne al massimo, senza piangersi addosso per quello che non si ha.
La scienza non ci spiega perché siamo qui, non può (ancora) farlo, forse non potrà mai.
Può raccontarci che siamo abbarbicati a una minuscola sfera rocciosa rotante nello spazio con mari di magma sotterranei e faglie in continuo movimento, che ci siamo evoluti per pura coincidenza da minuscoli esseri monocellulari, che una divinità non è necessaria per spiegare il big bang, che una meteora potrebbe distruggere in pochi attimi tutto il nostro pianeta e ciò che abbiamo costruito, che siamo destinati in un lontano futuro ad essere  bruciati dal Sole (una stellina come tantissime altre, neppure fra le più grandi della nostra piccola galassia), che forse esistono altri universi o realtà parallele a noi invisibili, ecc. ecc.
Nulla di buono e di confortante, ma proprio per questo noi, miseri bachi fra miliardi di bacherozzi, dovremmo sentirci orgogliosi di essere vivi e pensanti, nati per quale scopo non ci è dato sapere, forse per semplice caso, forse per un grandioso progetto.
Immensa gloria per un Creatore, se ci fosse; ma anche scoprire di essere soli in uno spazio terrificante ci invita a trovare il senso della vita qui ed ora, fra di noi.
Potrebbe migliorare molto il modo in cui viviamo, l'intera società.

L'idea di cedere il testimone evocata da Ipazia mi sembra commovente e molto giusta...intendo dire, Jess, che tutti abbiamo timore della morte e siamo angosciati dal pensiero di perdere le persone care, ma nessuno di noi è talmente unico e indispensabile da fermare il mondo.  
Facciamo tutti parte di una storia in cui ognuno  aggiunge una parola. Alcuni scrivono appena due righe, altri capitoli interi, e per questo, forse, possono sperare di essere ricordati a lungo. 
Tanti altri finiranno nell'oblio dopo un paio di generazioni, anche se la loro parola sarà stata utile al racconto.
So che non cerchi consigli : del resto io non te ne potrei dare, a che titolo? Se vuoi,  però, pensa alle parole di S. Hawking. A me sono servite, specialmente dopo la morte di mia madre.
Un saluto affettuoso

sileno

Ci sono testimonianze che molti credenti pur avendo fede in un'oltre vita sono terrorizzati dall'idea della morte: perchè? In realtà temono che sia la fine di tutto, che non esista un aldilà, verso cui pur professano fede. Sembra sia questa la paura più diffusa: morte come fine di tutto. Nessuna garanzia esiste che dopo la morte ci sia qualche forma di sopravvivenza: questione di fede, maii, pare, veramente assoluta.

All'opposto molti filosofi, letterati, poeti, ecc.hanno considerato la morte come fine di tutto, salvezza dal peso della vita che in alcune circostanze può essere molto gravoso: temono la vita.Alcuni affermarono di credere in un ritorno dove stavano prima di nascere.
"Dei mali della vita ci si consola pensando alla morte e della morte pensando ai mali della vita" - Schopenhauer
"La morte si sconta vivendo" – Ungaretti
"E' il pensiero della morte che aiuta a vivere" – Saba
"E' la morte che consola e che fa vivere" - Baudelaire

C'è chi teme il morire, non la morte: per arrivare alla morte certi devono sopportare un percorso molto lungo e doloroso

Ipazia

Citazione di: everlost il 02 Ottobre 2018, 20:50:51 PM
Ipazia, scrivevi già nel vecchio forum o sbaglio?
No. Ipazia è un nick molto gettonato.

Tornando al senso della vita. Forse la risposta a "qual'è il senso della vita ?" sta nell'assenza di senso della domanda. Imparare a non farsela, come fanno gli animali e i bambini, è il primo passo per capire il senso della vita. Anche Eraclito, sul finire della sua vita scoprì che vi era molto più senso della vita nei giochi dei bambini che nelle paturnie finalistiche degli adulti. Stringendo: il senso della vita è viverla.
«Αἰὼν παῖς ἐστι παίζων, πεσσεύων παιδὸς ἡ βασιληίη»  (Il tempo [della vita] è un bimbo che gioca, con le tessere di una scacchiera: di un bimbo è il regno)    WP
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

everlost

Negli  atteggiamenti di alcuni mi pare di intravvedere una vera e propria malattia: la fobia della realtà, l'incapacità di accettare l'esistenza umana che è fatta di vita e morte, salute e malattia, unione e separazione.  
Sono fenomeni a cui nessuno può sfuggire. Se eviti l'uno, ricadi nell'altro.
Il timore della sofferenza fisica lo si può comprendere : a chi piace soffrire, a parte i masochisti? Si spera sempre che la medicina riesca a debellare il dolore, specie nelle gravi malattie croniche.
Poi c'è il terrore della fine : alcune volte siamo così abituati al nostro trantran, alle persone e alle cose che abbiamo intorno, che il solo pensiero di doverle lasciare ci getta nello sconforto. 
Tutto ciò che finisce provoca tristezza e ansia, vorremmo poterlo prolungare all'infinito - anche se a volte ci annoia o ci disturba, ovvero la routine quotidiana ci dà conforto e ci rassicura sempre, malgrado i suoi momenti negativi.
Un filosofo di cui non ricordo il nome diceva che è inutile temere la morte perché quando sei vivo la morte è lontana, e quando sei morto non senti più niente, non soffri più. 
Sì, ma vallo a spiegare a tante persone: ciò che fa loro paura è proprio il nulla.
E se la realtà non esistesse, non fosse altro che illusione? 
Eppure anche questo dubbio ci appare debole e vano, preferiamo comunque il tepore fittizio della nostra confortevole matrix a un salto nel buio.
L'unico antidoto a questi malesseri credo (spero) sia dedicare più tempo all'esistenza collettiva, alla socialità. Insomma, vivere come parte di un tutto e non rinchiusi nel  proprio individualismo a crogiolarsi su immaginarie superiorità e antitesi rispetto agli altri. 
Che non significa per forza frequentare gente e fare ciò che fanno tutti, mi riferisco all'atteggiamento. Si può stare appartati a leggere un bel libro e sentirsi uniti al mondo intero, come pure si può sentirsi isolati e diversi nel mezzo di una festa o di un mega concerto.

everlost

Ipazia, Eraclito era straordinariamente moderno...o forse, dipende dal fatto che l'esistenza è ciclica.

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