RELIGIONE, SPIRITUALITÀ E CONCETTO DI DIO

Aperto da Mariano, 23 Ottobre 2024, 15:57:31 PM

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Mariano

Come la maggior parte delle persone italiane della mia età, sono cresciuto facendo
parte di una società fondamentalmente cattolica, e per alcuni versi ne sono contento.
Ma la cultura degli esseri umani è in continua evoluzione, in aspetti positivi ma anche negativi: il giudizio è ovviamente sempre soggettivo in quanto non ritengo che saremo mai in grado di distinguere il bene assoluto dal male assoluto.
Pertanto, per quanto riguarda l'argomento che intendo presuntuosamente affrontare, le mie osservazioni sono ovviamente personali.
Inizio dalla parola "Dio": Ogni religione (pensiero filosofico che tende a comprendere l'origine ed il senso della nostra vita con l'obiettivo di vivere meglio) si traduce in un insieme miti e di regole di vita e si cimenta nel dare una definizione di Dio.
Sarà per la mia estrazione cattolica, ma ritengo che proprio il passaggio dal Paganesimo al Cristianesimo ha contribuito a dare una definizione materialistica al concetto di Dio che contrasta con gli attributi che gli venivano riconosciuti.
Il mio pensiero è che non si possa dire che Dio esiste, ma che Dio " E' " e non potremo mai definirLo in quanto è un concetto metafisico. 

Koba II

#1
Nell'uomo non esiste nulla che sia disinteressato, nemmeno nell'ambito della speculazione più teoretica.
Per cui se, come giustamente dici tu, all'inizio si usa la nozione di "Dio" per spiegare l'origine del mondo, poi questa costruzione teorica, questa conoscenza, diciamo così, non può che svilupparsi secondo due orientamenti diversi, ciascuno dei due apportatori di qualcosa di positivo per l'uomo: il primo è quello tipicamente filosofico e greco, la concezione di Dio come Causa prima, e il suo guadagno (oltre a quello di poter fornire una vaga spiegazione scientifica sull'Origine) viene, in modo indiretto, dalla contemplazione intellettuale che funziona come una specie di barriera immunologica dal mondo per l'uomo teoretico.
Il secondo orientamento è quello pagano prima e cristiano poi, ma comune ad ogni religione, in cui l'apporto di positività viene dal fatto che tramite riti e preghiere ci si aspetta qualche beneficio. Tant'è che non c'è vita cristiana senza preghiera, e non c'è preghiera che non sia richiesta di qualcosa (anche solo di conforto interiore, di presenza più viva della divinità).
E tant'è che, sempre nel cristianesimo, l'umiltà, la rinuncia, la sofferenza accettata, sono in realtà degli strumenti per ottenere una pienezza che non sembra raggiungibile con i mezzi consueti del mondo. Non sempre, come pensava Nietzsche, si tratta di strategie perfettamente consapevoli attraverso cui conquistare quella potenza che non si ha il coraggio di perseguire in modo scoperto nella vita sociale. A volte, semplicemente, non ci sono le condizioni reali per la felicità. E così la mente accorre ai bisogni dell'organismo con l'immaginazione (i tortuosi itinerari per avere la vita vera).
Perché l'organismo, quello umano così come quello più semplice, non vuole solo sopravvivere, auto-conservarsi, ma vuole prosperare, vuole la pienezza, vuole accrescere la propria vitalità.
Ecco cosa scrive il noto neuroscienziato Antonio Damasio: "Non soddisfatta del dono della semplice sopravvivenza, sembra che la natura abbia avuto un magnifico ripensamento: la dotazione innata a disposizione degli organismi [...] non mira al raggiungimento di uno stato neutrale fra la vita e la morte. Piuttosto, obiettivo dell'omeostasi è quello di offrire uno stato di vita migliore della neutralità, uno stato che noi umani [...] identifichiamo con la buona salute e il benessere" ("Alla ricerca di Spinoza", p.49).
Come aveva già capito Spinoza la ricerca della felicità e del bene, ha un solido fondamento biologico.
Per cui ogni cosa, Dio compreso, deve avere, se non una materialità, almeno una concretezza tale che gli consenta di svolgere un qualche ruolo in questa avventura.

green demetr

Citazione di: Mariano il 23 Ottobre 2024, 15:57:31 PMIl mio pensiero è che non si possa dire che Dio esiste, ma che Dio " E' " e non potremo mai definirLo in quanto è un concetto metafisico. 
Anche per me Dio è, lo penso fin dall'infanzia, quando i maestri si spazientirono nel farmi dire per forza "cosa è".
Alla fine mi costrinsero a dire che Dio è tutto.
Ma io fin dall'infanzia sapevo benissimo che le due affermazioni erano totalmente differenti.
Perciò non so bene cosa tu voglia dire con Dio materialistico.
Quando facevo la Cattolica a Milano mi insegnarono qualcosa del Cristo, egli parla di regno dei cieli, nulla a che vedere con la dimensione materialista.
Interessante come la cultura cattolica debba invece per forza, un pò come i miei maestri dell'elementari, dire qualcosa di molto, moooolto materiale sull'argomento.
A me è sempre parso fuorviante.
Dio è indefinitezza, infinito, nulla a che vedere con l'assoluto, la totalità.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Mariano

In un primo momento mi hai lasciato perplesso: anche io mi domandavo cosa significasse "Dio materialistico" e, non comprendendone il significato, sono andato a riesaminare il mio scritto.
Il mio pensiero è che il Cattolicesimo ha dato una "definizione materialistica" al concetto di Dio (che tral'altro non è definibile).
Mi sembra che le nostre idee coincidano anche se, per l'imprinting che ambedue abbiamo ricevuto, non condivido la tua frase di chiusura. :)  

iano

#4
Io addirittura ''professo'' una realtà immateriale, che , al pari di Dio, non si può dire cosa sia, ma solo come si manifesta a noi, di cui la materia è solo un modo dei possibili modi di manifestarsi.
In altri termini il mio Dio/realtà è solo un ipotesi che scongiura un io solipsista, equivalendo essa ad una fede di comodo che psicologicamente mi rassicuri che ci sia altro oltre me.
Definire il Dio/realtà  equivalere di fatto a una fede/ipotesi aggiuntiva, dove pongo, appunto per fede o per ipotesi, la realtà coincidenre con una sua descrizione.
Nessuna delle due fedi è però necessaria, e la seconda è ancor meno necessaria della prima, ma nella misura in cui la realtà mi appare, indipendentemente dalle ipotesi che io posso fare su essa, attribuisco ciò a una fede nascosta dentro me, ad una descrizione della realtà non scritta se non dentro di me, laddove non dipende da me il farla coincidere con la realtà in modo ipotetico.
La vera fede cioè per me non è quella che assumiamo, al modo che si può assumere un ipotesi, ma quella che possediamo senza poterla negare, e altre fedi possibili di questa sono solo una derivazione libera, quindi non necessaria.

Un ultimo, ma non ultimo, laddove professo una realtà immateriale, no intendo con ciò che sta sia il contraltare della materia, se un mondo materiale è solo uno dei modi in cui essa si può manifestare.
Cioè non intendo qualcosa che si manifesta come il suo opposto, quindi parlo impropriamente di realtà immateriale, solo perchè non saprei come diversamente dire.
Perchè in effetti se la materia è uno dei modi possibili di manifestarsi della realtà, essa allora non è definibile come l'opposto del modo in cui si manifesta.
Non si può dire in altri termini della realtà cosa sia, ma solo cosa non sia, e dico quindi che è immateriale nella misura in cui a me tale si manifesta, allo stesso modo che posso dire che non sia ideale nella misura in cui si manifesta come un idea.
Essa , essendo la causa di ogni manifestazione, non coincide con nessuno dei suoi possibili effetti, se causa ed effetto restano separati come logica vuole.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#5
Citazione di: Mariano il 23 Ottobre 2024, 15:57:31 PMIl mio pensiero è che non si possa dire che Dio esiste, ma che Dio " E' " e non potremo mai definirLo in quanto è un concetto metafisico.
Dio è un nome privo di una propria definizione e perciò diversamente definibile.
Ciò che esiste a priori non ha bisogno di essere definito a posteriori, a meno che esso non coincida con la sua definizione.
Ciò che è evidente non ha bisogno di essere definito, a meno che l'evidenza non sia il prodotto della definizione stessa, la sua causa nascosta che, quando si palesa, comporta la negazione dell'essere per una sua eventuale ridefinizione, così che l'essere muta.
Il divenire è ''la morte e la rinascita dell'essere'', possibile solo se l'esistenza non è necessaria, cioè se nulla muore e rinasce in effetti, ma solo si ridefinisce.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''