Quali sono state le maggiori influenze sul vostro pensiero?

Aperto da Apeiron, 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Apeiron

#30
@sgiombo,
anzitutto grazie del tuo contributo al topic!  ;)

Farei però due commenti. Uno su Berkeley. Nel mio "sommario" l'ho quasi tralasciato, menzionandolo en passant e l'ho fatto per errore in realtà. Eppure credo che sia molto sottovalutato per ragioni errate: in molti in sostanza lo scambiano per un "proto-solipsista". In sostanza Berkeley aveva una posizione molto più fine di quanto solitamente si pensa. Per lui la realtà coincideva con l'esperienza diretta. E qui sta il bello: noi pensiamo che dietro alle nostre sensazioni ci sia "qualcosa" che le produca. E pensiamo che questo qualcosa sia "là fuori" indipendente da noi - il problema è che una tale asserzione è infondata: in realtà la nostra esperienza consiste nell'insieme delle nostre sensazioni. E siccome le sensazioni non possono esistere se non c'è la mente, allora quella che noi chiamiamo "esperienza" in fin dei conti è un prodotto, per così dire della nostra mente. Se la mente "si spegne", sparisce anche qualsiasi sensazione, l'esperienza cessa e per quanto ci riguarda il mondo non esiste più. Questa fu la grande intuizione di Berkeley: "esse is percepi"! L'insieme delle nostre sensazioni in fin dei conti è "prodotto dalla mente". Questa idea avrà un'enorme influenza sul pensiero successivo, a partire da Hume. Vorrei far notare la somiglianza con la filosofia indo-cinese, per esempio la prima riga del primo e del secondo verso del Dhammapada buddhista recitano "La mente precede ogni stato mentale.". Ma a differenza della filosofia indiana per la quale è ben chiaro che la mente semplicemente interpreta la realtà (e le nostre sensazioni sono già interpretazioni - come capirà Kant) Berkeley va oltre e qui secondo me c'è l'aspetto rivoluzionario della sua filosofia: non siamo a contatto con "le cose" esterne ma con le sensazioni, le quali senza di noi non esistono. A questo punto davvero si può accusare il buon vescovo anglicano di "solipsismo metafisico", ma il suo è solo "epistemologico". E qui ha il colpo di genio: così come noi creiamo la realtà percependo allora per evitare di scivolare nel solipsismo assume che c'è una realtà esterna - ovvero che se anche muoio e cesso di esistere comunque "il mondo" esiste ancora. Ma come? Semplice: la religione cristiana afferma che Dio "crea". Ecco dunque salvata la capra (la filosofia idealistica) e i cavoli (il mondo): il mondo esiste in quanto percepito da Dio! Osserviamo poi che noi stessi però nasciamo e moriamo, quindi in fin dei conti siamo creature. Ecco che noi stessi esistiamo perchè Dio ci "percepisce".

Sinceramente trovo la filosofia di Berkeley geniale perchè ha messo insieme l'idealismo che stava nascendo sin da Galileo e Cartesio (con la distinzione tra qualità primarie e secondarie) con la religione cristiana (ritengo poi che è interessante notare come lo stesso Cartesio "si è servito" di Dio per avere la garanzia della conoscenza sulla realtà  :o ). La novità però che ha portato è stata la re-interpretazione dell'idealismo e della cristianità. Invece l'idea che Dio è sia il creatore che il sostenitore di tutto (= ovvero che la creazione è un processo che continua anche adesso e in ogni momento...) è un'idea che in realtà è un'interpretazione molto antica tra i teologi cristiani. Senza andare a scomodare i soliti mistici* ecc per i quali Dio è sempre presente ecc lo stesso Tommaso d'Aquino (che più o meno ha "creato" l'ortodossia cattolica) afferma che tutto ciò che esiste, esiste per "partecipazione" (anzi l'idea non è nemmeno strettamente parlando filosofica visto che ad esempio già San Paolo nella Bibbia arriva a dire che "In lui [Dio] infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" - Atti degli Apostoli, 17,28 ma ci sono diversi passi molto simili altrove). L'idea nella filosofia è presente almeno fin da Platone secondo cui tutto esiste per la "Forma del Bene", che è il Sole dell'Esistenza. Metafora molto simile viene usata poi nelle Upanishads indiane. Secondo me Berkeley è sottovalutato in quanto vescovo ma in realtà la sua idea è stata geniale: è riuscito a conciliare molto bene l'"antica filosofia" con quella che stava nascendo. Anzi è il perfetto esempio di "cristiano filosofo" e ce ne sono in realtà parecchi dello stesso calibro (sia tra quelli considerati "ortodossi" sia tra quelli che non lo sono), secondo me  ;)

Il secondo commento che volevo fare è molto più breve e parla del materialismo. Di per sé filosofi "materialisti" come Epicuro ecc mi piacciono. Non escludo chiaramente che in un'ottica materialista non ci possa essere la virtù, anzi talvolta la virtù viene pensata ancora di più "premio a sé stessa" in questa ottica. Il problema è che, secondo me, la realtà va ben oltre il materialismo.

*(Eckhart, Suso, Cusano, Teresa d'Avila ecc ma la lista credo che sia davvero lunga e sicuramente ce ne saranno tanti che non conosco ;) )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

@sgiombo, altra osservazione veloce.

Riguardo al "razionalismo" di cui parli ti dirò che secondo me Bohm e Spinoza sono molto vicini: addirittura a volte gli stessi termini che usano sono simili. Per Spinoza c'era la "Natura Naturans" e la "Natura Naturata", che "seguiva" dalla prima come la proprietà che la somma degli angoli di un triangolo fa 180 gradi (nello spazio euclideo) segue dalla definizione di triangolo (il "necessarianismo"). Per Bohm c'erano l'Ordine Implicito e l'Ordine Esplicito, nozioni estremamente vicine a quelle del filosofo olandese. Simili idee si trovano in Hegel e Schopenhauer.

Faccio notare, comunque, come queste idee in genere vengono classificate come "olismo non-duale" (entrambi termini che spesso vengono abusati in occidente  :( ). Il senso è che in sostanza la realtà sia "unitaria" e che la molteplicità sia in realtà o illusoria, oppure che abbia un "grado ontologico inferiore" rispetto all'unità. In sostanza l'unità ha sempre la precedenza. Una simile concezione in fin dei conti è presente nella filosofia greca (Parmenide e gli Eleati, forse lo stesso Eraclito, lo stoicismo e il neoplatonismo), nella filosofia induista ("advaita" e simili) e nel daosimo (DaoDeJing, Zhuangzi), quindi in realtà non è davvero "nuova". Simili idee in realtà come dicevo nel messaggio precedente sono presenti anche nel cristianesimo stesso (perfino addirittura nelle parole attribuite a San Paolo...) in una forma un po' diversa: viene riconosciuta sì l'"unità" ma è un'unità che riconosce la "molteplicità" come qualcosa di reale (lo stesso forse vale per Platone e anche per Eraclito). Infine il "non-dualismo" è riconosciuto anche nel buddhismo Mahayana: le distinzioni tra le "cose" sono in realtà illusorie (la "vacuità"). Però nel caso buddhista la negazione di una effettiva molteplicità non riconosce l'esistenza di un vero e proprio "primum ontologico" (anche se il concetto di "interpenetrazione" di alcune scuole, in particolare quelle che si basano sul testo dell'Avataṃsakasūtra, lo ricorda molto) ;) sinceramente il fatto che tra ottimi fisici, come Bohm*, tornino idee così "antiche" che solitamente si trovano in tradizioni che sembrano esotiche (in realtà non lo sono, l'occidente sia cristiano che non cristiano in realtà è pieno di queste idee) fa veramente riflettere.

Ergo, come puoi vedere, la filosofia "razionalistica" di Bohm in realtà può vantare un fondamento molto solido nella tradizione filosofica sia orientale che occidentale.

*per esempio in Italia è stato fondato da alcuni ammiratori di Bohm questo centro, se ti va dagli un'occhiata http://www.paricenter.com/indexit.php
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

X Apeiron

Innanzitutto ti ringrazio tantissimo per le informazioni.

Di Bohm ho letto due libri tradotti in italiano, Casualità e caso nella fisica moderna, risalente agli anni '50, e Universo mente materia; quest' ultimo mi sembra (a mio modesto parere) testimoniare un' involuzione irrazionalistica misticheggiante nella quale non sono disposto a seguirlo (per la verità l' ho letto molto tempo fa e ne ricordo poco o nulla).

Concordo che in Spinoza la Sostanza (Divina) é una, gli attribuito attraverso cui si manifesta infiniti (i due a noi accessibili, "di pari grado o dignità ontologica", inferiore a quella della sostanza, essndo res cogitans e res extensa; e così pure che in Kant il noumeno é "più ontologicamente pesante", per così dire metaforicamente, dei fenomeni, e contrariamente a questi anch' esso unico e né materiale né mentale: una sorta di "monismo del noumeno o della sostanza, pluralismo (dualismo in Kant, infinitismo in Spinoza) delle sue manifestazioni attingibili in quanto fenomeni o attributi", cui io stesso aderisco.
Non mi sembrano invece correttamente interpretabili senza distorsioni indebite come similmente moniste sostanzialmente o "nel profondo" le altre filosofie di cui parli, soprattutto Eleati, Platone Neoplatonici e Cristiani.

Non finirò mai di rimpiangere il fatto che la scuola italiana (ottima per tutto il resto, "ai miei tempi"; che furono!) non mi ha dato assolutamente nemmeno un' "elementare infarinatura" sulle filosofie non occidentali.

Apeiron

@sgiombo,

hai ragione, ci sono sostanziali differenze tra i vari sistemi di cui è opportuno ricordarsi. Mi sono concentrato -come spesso mi accade - troppo sulle somiglianze (che trovo "spettacolari" e quindi me ne dimentico  ;D ).

Raggrupperei i pensatori in questo modo:
1) Bohm "ordine implicito"/Spinoza sull'Unità della Sostanza, determinismo ecc...l'interpretazione bohmiana (ovvero quella "non misticheggiante") della meccanica quantistica implica che - dicendola crudemente - ogni particella influenza tutto le altre (la divisione in sotto-sistemi è fatta per fini pratici) vista la "forte non-località" molto più forte di quella newtoniana che rende l'universo - nel senso dell'insieme di tutte le particelle - veramente "uno", non riducibile alla somma delle sue parti (olismo)... per dirla sinteticamente a causa dell'entanglement l'influenza delle altre particelle non cala all'aumentare della distanza come nel caso della gravità newtoniana, per esempio!;
2) Schopenhauer (che in realtà è quello che secondo me è simile alla tua posizione  ;), solo che avete due concezioni del "noumeno" diverse );
3) Platonismo/neoplatonismo: la somiglianza era data dal fatto che il molteplice esiste solo in quanto "esemplificazione" dell'universale (da qui la somiglianza con "natura naturans" e "natura naturata" - ma in fin dei conti nel platonismo le due sono separate, in Spinoza sono due aspetti della realtà... importante distinzione!);
4) nel pensiero cristiano sinceramente trovo somiglianze col platonismo per quanto riguarda la "partecipazione" ma come ben fai notare tu parlare di "esemplificazione" è fuorviante.

Potrei mettere anche gli eleati, Eraclito e gli orientali ma preferisco non farlo per evitare confusione.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

- Hume. E' stato l'inizio di tutto, il mio primo filosofo studiato (da autodidatta, non ho studiato filosofia in nessun grado scolastico), quindi in qualche modo il mio primo amore. Inizialmente mi interessavo solo di filosofia della religione, quindi aveva guidato molto la mia prima impostazione in tale ambito. Però in generale, l'apporto principale che ha avuto su di me: impostazione scettica e razionale.

- Epicuro. La sua influenza su di me non è stata vasta come lo è per tutti gli altri pensatori, ma ben più specifica, ma non per questo meno importante. L'apporto principale che ha avuto su di me: concepire la vita e la morale come uomo-centrica.

- Wittgenstein. Ecco, se Hume mi aveva iniziato al mondo della filosofia, dopo Wittgenstein il mio modo di fare ed intendere la filosofia cambierà drasticamente. Il primo Wittgenstein ha portato la mia analisi razionale ad un più alto livello, però di un tipo simile a quella humiana. E' stato il secondo Wittgenstein che mi ha rivoluzionato: se prima ero più "rigidamente razionale", poi ho visto modi più raffinati e eterogenei di intendere la razionalità (o ragionevolezza), ma sopratutto mi ha insegnato l'analisi del linguaggio e dei concetti. Non più solo problem-solving, ma anche e molto spesso problem-dissolving. Sicuramente Wittgenstein rappresenta la più grande influenza su di me, al livello più profondo (di impostazione e meta-filosofia, più che di contenuto).

- Hilary Putnam. Non è stato fondamentale come Hume e Wittgenstein, ma sicuramente ha portato avanti molti discorsi (mente, etica, linguaggio, logica, realtà, ecc...) che mi hanno sempre interessato ed entusiasmato, e alcuni anche convinto.

- Libri/appunti/articoli vari di logica matematica, paradossi ed enigmi vari. Ha tenuto in forma la mia capacità di ragionare. E la logica matematica mi ha insegnato la formalizzazione e l'astrazione. 

Apeiron

#35
Grazie @epicurus.  

Riguardo a "- Libri/appunti/articoli vari di logica matematica, paradossi ed enigmi vari. Ha tenuto in forma la mia capacità di ragionare. E la logica matematica mi ha insegnato la formalizzazione e l'astrazione. "  nel mio caso lo studio della fisica (e delle intepretazione della Meccanica Quantistica) e la lettura di libri come il "Tractatus" mi hanno aiutato in ciò.


Commento generico: ho scritto molto di me e sulle influenze che ho avuto dagli autori. Come si può notare spesso sono semplici "ispirazioni" (per esempio mi piace l'idea aristotelica del Motore Immobile come fine. Motivo per cui mi piace studiare la metafisica, trovo idee molto interessanti... anche se sono "insensate" o completamente false sono convinto che dicano "qualcosa" di importante). Ergo la mia idea non era quella di fare uno "show di erudizione", di "proclamare la mia enorme conoscenza enciclopedica" o "proclamare la verità", semplicemente di condividere un percorso raccontando le idee che mi hanno colpito di più nello studio della filosofia (grazie ad esse, ritengo che lo studio filosofico non sia futile). Semplicemente condivido queste idee per due motivi: perchè credo che anche altri ne trovino beneficio ed ispirazione (ovvero in parole povere per condividere un'esperienza ;)) e perchè, credo, si capisce un po' di più cosa dico e cosa mi interessa della filosofia. Ovviamente ciò non toglie che questo mio "cammino" o "navigazione" o "esplorazione" possa essere semplicemente una futilità o un'insensatezza ("ai posteri (ovvero ai lettori) l'ardua sentanza" ).  


Ad ogni modo credo che anche la differenza della "visione della filosofia" emerga molto da questi post. Per esempio un @epicurus pare essere molto interessato alla filosofia del linguaggio e agli enigmi della logica e della matematica, @sgiombo alla filosofia razionalistica (col significato però non contemporaneo del termine  ;) ) ecc
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

viator

Salve a tutti. Lo spunto viene trovato sia simpatico che interessante. Faccio i miei complimenti anche perché, scorrendo benché rapidamente i vostri interventi, non ho trovato traccia di particolari vanità culturali.
Toccherebbe ora a me dire qualcosa sulla mia formazione (culturale? intellettuale? scolastica? boh......). Ma, essendo privo di qualsiasi formazione canonica, come faccio ??

Sono in possesso di licenza di scuola media inferiore (risalente comunque ad epoca didatticamente certo migliore di quella attuale) e la mia "carriera" scolastica è poi vanamente proseguita per alcuni anni frequentando due diversi indirizzi tecnici in modo forzoso e svogliato senza giungere al diploma.
In sostanza il mio atteggiamento verso la scuola è stato il seguente : c'era un nocciolo di materie (geografia, lettere, scienze naturali) in cui riuscivo facilmente anche senza aprire i libri per il semplice fatto che esse coincidevano con i miei interessi personali extrascolastici, mentre per le altre materie continuavo a non aprire i libri poiché l'argomento non mi interessava................

Da introverso ed isolato, comunque, mi sono trovato a ricavare quel poco che so del mondo assai più dalle letture che dalle conversazioni con altri. Qualche centinaio di testi, quasi tutti di saggistica (fisica, divulgazione scientifica e filosofica, storia internazionale). Poi un certo numero di periodici "seri". Sopporto a malapena l'esistenza della televisione. Considero il web un luogo in cui, rovistando tra montagne di spazzatura, si possono trovare oggetti utili e persino qualche diamante. Praticamente, una preziosa discarica.

Per quanto riguarda la filosofia, voglio confessarvi di non essere mai andato oltre la terza pagina di un qualsiasi testo di filosofia classica o comunque canonica che mi sia trovato per le mani.

Prendiamo un testo filosofico di 400 pagine; uno se lo legge scoprendo che si tratta di una estenuante analisi circa quesiti ai quali nessuno può fornire una risposta di utilità pratica. Vabbè...dovrebbe sopperire il piacere della lettura. Ma purtroppo tali testi non sono né utili né divertenti. Diciamo allora che un simile testo risulterà formativo. Insegnerà a ragionare.

Ma se per caso il lettore avesse già una testa che ragiona come quella dell'autore ......che utilità avrebbe ?? (Naturalmente avere una testa che ragiona come quella dell'autore non significa pensare o scrivere come quest'ultimo, bensì possedere struttura e meccanismi mentali che, per modalità generale, lavorano allo stesso modo).

Terminata la lettura del testo, il lettore ha due possibilità : crede di aver capito oppure è sicuro di non aver capito.

Nel primo caso, credendo di aver capito, estrarrà una propria sintesi del testo (le sintesi sono una conseguenza necessaria di qualsiasi tipo di apprendimento e comprensione). Poi dovrebbe passare a controllare se sta pensando giusto, confrontando la propria sintesi con quella dell'autore. Ma come può fare, visto che l'autore si è preoccupato solo dell'analisi senza fornire alcuna sintesi ?

Nel secondo caso invece il lettore, pensando di non aver capito, può solo rimettersi a leggere il testo dall'inizio, sperando in miglior fortuna alla sua fine. Secondo me ci sono molti lettori che, per imparare qualcosa dalla filosofia, devono leggerne i grandi e piccoli classici qualche centinaio di volte ciascuno. Alla fine, avranno almeno mandato a memoria una parte dei testi.

In questo modo io, non avendo letto nessun classico filosofico né una né trenta volte, mi sono almeno risparmiato un sacco di tempo che ho dedicato al turismo motociclistico ed alle escursioni in montagna, entrambe attività che permettono di poter meditare comodamente sui misteri filosofici ed esistenziali.

Autori che ho avuto modo di apprezzare particolarmente : Dante, Manzoni, Asimov, Dawkins, Wallace, Russell, pochi altri meno noti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: viator il 22 Gennaio 2018, 22:52:08 PM
CitazioneScusami, Viator, se mi permetto qualche commento su una questione almeno in buona misura personale, ma trovo troppo interessanti alcune tue considerazioni.


Sono in possesso di licenza di scuola media inferiore (risalente comunque ad epoca didatticamente certo migliore di quella attuale)
CitazioneMolto, ma molto, ma molto migliore, seconde me.



Sopporto a malapena l'esistenza della televisione. Considero il web un luogo in cui, rovistando tra montagne di spazzatura, si possono trovare oggetti utili e persino qualche diamante. Praticamente, una preziosa discarica.
CitazioneSono perfettamente d' accordo.

Ottima definizione del web!


Per quanto riguarda la filosofia, voglio confessarvi di non essere mai andato oltre la terza pagina di un qualsiasi testo di filosofia classica o comunque canonica che mi sia trovato per le mani.

Prendiamo un testo filosofico di 400 pagine; uno se lo legge scoprendo che si tratta di una estenuante analisi circa quesiti ai quali nessuno può fornire una risposta di utilità pratica.
CitazioneQui non sono d' accordo, avendo trovato (anche) in testi filosofici, talora anche "ponderosi" (ma per la verità di fatto molto di più se "agili", come ad esempio il Discorso sul metodo di Cartesio) acute risposte a interessantissimi problemi teorici e talora anche pratici (insindacabili differenze d valutazione, gusti, interessi; e anche di esperienze di fatto vissute).



Ma se per caso il lettore avesse già una testa che ragiona come quella dell'autore ......che utilità avrebbe ?? (Naturalmente avere una testa che ragiona come quella dell'autore non significa pensare o scrivere come quest'ultimo, bensì possedere struttura e meccanismi mentali che, per modalità generale, lavorano allo stesso modo).
CitazionePoiché i modi di affrontare i vari problemi filosofici e gli argomenti pro e contro le diverse possibili soluzioni sono generalmente molti e diversi fra loro, leggendo filosofi coi quali sostanzialmente si concorda si possono corroborare di nuovi argomenti le proprie convinzioni; oltre al fatto che da un certo "piacere intellettuale" talora anche molto "sensualmente sfrenato", quasi da "gaudente libertino", per così dire metaforicamente, trovare molto ben argomentate e sviluppate da classici del pensiero talune proprie convinzioni (personalmente ho provato grande "libidine intellettuale" leggendo per esempio Hume, Spinoza, Engels, Laplace e tanti altri; ma sarà forse bene che precisi che non sono un depravato e pur senza arrivare a "[godere] molto di più nell' ubriacarmi, oppure a masturbarmi, o al limite a scopare" -Guccini- ho altrettanto in gran conto i piaceri della buona tavola, del sesso, della musica, letteratura, arte in generale...).

Ma il meglio lo dà la lettura di sostenitori di tesi avverse alle proprie, che consente nei casi più fortunati di migliorarsi superando o emendando errori e acquisendo nuove convinzioni, o per lo meno di corroborare della confutazione di argomenti avversi le convinzioni di già possedute.


turismo motociclistico ed alle escursioni in montagna, entrambe attività che permettono di poter meditare comodamente sui misteri filosofici ed esistenziali.
CitazioneSu questo concordo, fra l' altro essendo anch' io un motociclista dall' età di 16 anni e trovando spesso stimolante riflettere passeggiando, anche se se non in montagna (e pure andando di buona lena in bicicletta).


Autori che ho avuto modo di apprezzare particolarmente : Dante, Manzoni, Asimov, Dawkins, Wallace, Russell, pochi altri meno noti.
CitazioneBeh, Russell é (per lo meno anche; ma di certo "non secondariamente") un filosofo (ormai considerabile a tutti gli effetti "classico")!

Kobayashi

Purtroppo non posso dire di essere stato influenzato da insegnanti o educatori. Sono cresciuto nell'assenza totale di adulti capaci di aiutare un ragazzo a comprendersi.
Così mi sono rivolto ai libri con un miscuglio di bisogno, curiosità, disperazione.

In estrema sintesi, ecco i nomi:
Cesare Pavese
Dostoevskij
Thomas Bernhard

Platone
Meister Eckhart
Schopenhauer

Carlo Sini (purtroppo... ma solo per pochi anni)

Nietzsche (che amo ma a cui il mio inconscio spirituale rimane immune...)

Sarah Kane (una questione affettiva)

Apeiron

Grazie a viator e Kobayashi.

@viator, non preoccuparti per la formazione. In fin dei conti la filosofia "trascende" l'educazione (anzi a volte paradossalmente "sapere molte cose non insegna la comprensione" - Eraclito). I libri di filosofia personalmente li trovo in genere affascinanti e fonti di ispirazione. Ciò non toglie ovviamente che si possa essere filosofi anche odiando le opere filosofiche (e credo che si possano fare esempi: ad esempio Schopenhauer e Kierkegaard detestavano la filosofia di Hegel, Eraclito tutte quelle che erano diverse dalla sua, Pirrone riteneva che non si poteva conoscere nulla e che quindi era necessario smettere di avere "opinioni" ecc)

@Kobayashi: in realtà anche io per "bisogno, curiosità, disperazione" ho creato il mio bagaglio culturale. La formazione accademica e scolastica ha certamente influito ma non credo in misura maggioritaria. Anche perchè la formazione "accademica" la trovo troppo tecnica, poco incline ad esplorare nuove prospettive ecc e quindi per chi come noi è mosso da "bisogno, curiosità e disperazione" non riesce a dare la soddisfazione piena. Si potrebbe aprire un dibattito su questo tema ma direi che si va fuori tema, visto che questo è solo un "giochino" (ma non inutile secondo me :);D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

viator

Salve. Per Apeiron: grazie a te anche per esserti preoccupato per mie eventuali preoccupazioni formative che non ho mai nutrito.
Vedi, io credo che la fondamentale caratterizzazione psicologica delle persone le distingua in due categorie : introversi ed estroversi (naturalmente includendo tutte le infinite gradazioni e sfumature incluse tra i due estremi di tali polarità).

Se queste due categorie sono quelle che marcano il nostro modo di sentire e manifestare, esse trovano una corrispondenza all'interno delle propensioni intellettuali e culturali di ciascuno di noi.
Si tratta della propensione puteolare e di quella lagunare.
Cioè della distinzione tra chi apprezza e pratica la specializzazione e chi invece preferisce l'eclettismo.

Puteolare e lagunare sono termini (almeno il primo) da me quasi inventati. Il primo viene da "puteus", cioè pozzo.

Le menti puteolari sono come pozzi che possono arrivare a profondità impensabili ma che sono come imprigionate dalla scarsa "luce" (cioè ampiezza, diametro) dell'ambiente in cui operano. Sono gli specialisti, i quali conoscono sole le pareti delle profondità alle quali si dedicano. Le menti lagunari sono invece quelle degli eclettici, i quali magari ignorano i tesori sepolti sotto le basse acque che vanno solcando ma in compenso possono navigare ariosamente alla luce del sole, spinti dalle brezze di una curiosità forse un poco superficiale ma in un ambiente assai più variegato di quello di un pozzo.

Poi ci sarebbero le menti oceaniche (sia vaste che profonde) ma quelle sono veramente rare. Sono quelle dei geni.

I nostri tempi, dal punto di vista culturale ed intellettuale, diventano sempre più puteolari e la nostra società (planetaria) sta migrando verso modelli sempre più entomologici (quelli degli insetti - è' semplicemente la naturale conseguenza dell'accresciuta pressione demografica).

Io sento sempre più nostalgia per un eclettismo che sta per tramontare. Salutoni.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Discussioni simili (5)