Quali sono state le maggiori influenze sul vostro pensiero?

Aperto da Apeiron, 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM

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Apeiron

@davidintro ti ringrazio del contributo e della spiegazione, molto dettagliata e chiara. Nemmeno io sono un esperto e anzi credo a volte di "non capire" l'autore ma di capire quello che voglio capire io dall'autore. Concordo con te che sicuramente in Italia ci sono pensatori di grande valore ma sottovalutati. Ad esempio un Leopardi è conosciuto come "poeta" ma in realtà era anche filosofo, peraltro una via di mezzo tra Schopenhauer e Nietzsche. Ma c'è da dire che siamo un paese molto decentrato da ormai troppo tempo quindi è normale questa esclusione.

Galileo: la costruzione del metodo scientifico, la divisione del sapere scientifico dall'etica e dalla religione, l'importanza della matematica nello studio della natura (idea in realtà non davvero nuova). La differenziazione tra qualità primarie e secondarie, ossia precedendo Cartesio, vede nella percezione un problema profondo. Contro l'antropomorfismo aristotelico recupera sia Platone che Pitagora: l'universo è regolare ma non si muove secondo "fini".

Spinoza: qui arriviamo al PICCO della ricerca della razionalità del mondo. Per Spinoza TUTTO è razionale (anche lo spinozismo è a mio giudizio un Panlogismo). L'universo non solo è regolare ma anche è un "modo infinito" necessario della Sostanza. La Natura Naturans (la Sostanza, "Dio") è come un Teorema da qui necessariamente arrivano i "modi" (la Natura Naturans) che sono come un corollario. Tutto perciò avviene secondo matematica necessità proprio come nello spazio euclideo la somma dei tre angoli di un triangolo è uguale ad uno piatto. Il "misticismo" spinoziano, l'Amor Intellectualis Dei, è la glorificazione della razionalità e del pensiero logico-matematico. Un po' come il Tractatus di Wittgenstein il sistema di Spinoza è un monumento perfetto ed eterno ma invivibile. Una volta la pensavo come lui, credevo che ogni mia azione fosse necessaria per il determinismo assoluto. Questa visione finì per risultare intollerabile.

Berkeley: pensatore molto sottovalutato. Eppure cosa percepiamo oltre alle percezioni? Perchè ritenere che ci siano substantie dietro le nostre percezioni. L'idealismo di Berkeley vede le sensazioni come sensazioni. D'altronde nell'esperienza niente ci fa dedurre che ci siano davvero substantie. 

Hume: ancora più radicale di Berkeley ma invece di appoggiare l'idealismo abbraccia una forma di scetticismo. Non possiamo davvero conoscere se c'è un nesso causale, non possiamo davvero conoscere se c'è un "io". Inoltre dalla sola empiria non possiamo dare giudizi di valore: l'etica non può essere fondata dalla scienza o da qualsiasi studio empirico. Un pensatore potente, un distruttore di idoli quasi senza precedenti (forse Pirrone era come lui...).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Kant: ammetto di non averlo mai capito. Comunque mi è piaciuto il suo "realismo empirico" unito all'"idealismo trascendentale", ossia che i fenomeni siano reali ma allo stesso tempo noi li percepiamo secondo le regole della nostra mente (forti paralleli con le filosofie orientali). Molto interessanti poi le sue riflessioni su Dio, l'anima, l'imperativo ecc, ossia che la nostra mente sembra necessariamente essere portata a "postulare" idee di "cose incondizionate" che contrastano il "mondo condizionato".

Idealismo tedesco (specie Hegel): considero insensata la loro pretesa di trovare la dialettica nella storia. Viceversa ritengo illuminante la loro analisi della dialettica come "proprietà" della nostra mente. Anche qui ci sono forti parallelismi con la filosofia orientale, specie taoismo.

Schopenhauer: filosofo molto odiato e per questo finisce nel dimenticatoio. Vuoi per l'incoerenza, vuoi per il caratteraccio è il perfetto esempio di come una vita può influenzare la ricezione della filosofia. Accetta la distinzione fenomeno-noumeno di Kant tuttavia introduce l'elemento della Volontà (bellamente messo in secondo piano da Kant) e da per la prima volta nella storia della filosofia occidentale moderna un quadretto del mondo molto scevro da condizionamenti: un mondo di conflitto, di una volontà individuale che vorrebbe "avere tutto per sé" e in perenne conflitto col resto del mondo. La volontà inoltre è inestinguibile, vorrebbe sempre di più non ha freni. Capisce che la morale va contro questa tendenza: essere altruisti è difficile proprio perchè abbiamo una tendenza innata a non esserlo. Da qui il conflitto. Inoltre vede nelle religioni un tentativo di "trascendere il mondo" e cerca di offrirne uno lui, indipendente dai vari "miti": la negazione della volontà. A mio giudizio non è in realtà "pessimista" o lo è ma non in misura tanto maggiore delle varie religioni perchè d'altronde anche lui lascia aperta la speranza della liberazione, vista come "resa", "lasciar andare" ecc. Peccato che in un mondo in cui è prevalso il positivismo la sua filosofia è stata ignorata. Bellissima poi la sua filosofia estetica e i suoi ragionamenti sul bello e il sublime.

Marx: rifiuta Hegel ma anche lui è un pensatore utopico, convinto che sia possibile "guidare la storia del mondo". La sua praxis e il fallimento dei tentativi di "cambiare il mondo" fanno capire che forse la non-azione, il cambiare se stessi è la via.

Nietzsche: 1) più o meno accetta la visione del mondo di Schopenhauer 2) come Eraclito tenta di legittimarla. Quello che avviene è una filosofia individualista che da un lato smaschera un sacco di ipocrisie ma dall'altro risulta alquanto infantile visto che in ultima analisi una filosofia come la sua crea solo conflitti (che fortunatamente non sono così glorificati come nel caso di Eraclito). Come Schopenhauer anche lui è un filosofo degli artisti e denuncia quanto la creatività sia sempre soppressa dall'ipocrisia. Inoltre secondo me da la più veritiera descrizione della solitudine (necessaria ma non sempre voluta e tantomeno apprezzata dagli altri) del filosofo. Inoltremi è piaciuta l'idea dell'Eterno Ritorno come al tempo stesso la visione più deprimente (vita=prigione eterna) e più esaltante (ogni attimo in realtà è eterno e pieno di valore).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#17
Ho sempre coltivato più interesse per la letteratura che per la filosofia. Leggendo però autori "importanti" implicitamente ci si abbevera anche di filosofia, dato che questi autori non possono certo scrivere trascendendo la loro particolare visione del mondo. La letteratura nipponica del novecento è stata senz'altro un grande amore: Mishima, Dazai, Tanizaki, Kawabata, ecc. con il loro struggente racconto della fine di un mondo ( la fine , in un certo senso, della cultura dell'Oriente sconfitta dalla forza militare dell'Occidente...), l'alienazione di popoli sradicati dalle proprie radici e costretti a gettarsi nel consumismo più becero. Il recupero della grande cultura classica giapponese ( Murasaki Shikibu, Yoshida Kenko, Ryokan Daiku...) e l'afflato con lo spirito chan ( Hui Neng su tutti)  e la filosofia Hwa Yen  (Fa Tsang, Chih Yen, Tsung Mi) per arrivare ad autori buddhisti contemporanei. Di questi  ho senza dubbio subito il fascino di un Nyanaponika Thera e degli autori della cosiddetta "Scuola della foresta" : Achan Chah, A. Sumedho. Della filosofia occidentale conosco un pò il pensiero di Schopenhauer, di Bradley e di Kant e Hegel ( di questi due in comparazione al sistema dialettico Madhyamika principalmente, quindi come studi comparati ). Naturalmente conosco di più la letteratura occidentale che non la filosofia e in particolar modo Dostoevskij , che mi permesso di comprendere in profondità il cristianesimo autentico, ma anche un'autrice che amo molto per la sua ironia e per la sublime scrittura, cioè Jane Austen. Devo dire però che ho letto di tutto e di più ( la biblioteca di Villa Sariputra è molto rifornita seppur , ahimè, polverosa...) e dovrei fare una lista infinita. Ho molte lacune nella letteratura medioevale e rinascimentale , mentre aprrezzo molto tutta la letteratura romantica ottocentesca ( una cosa che torna utile con le donne devo dire... ;) ) senza disdegnare affatto la grande letteratura del novecento ( anche italiano, in particolar modo nella poesia...).
Se proprio devo indicare quale è stata la maggior influenza subita direi, forse... la traduzione in italiano del Canone Pali del De Lorenzo che fu allievo e amico di K.E. Neumann ( probabilmente perché l'ho letta in un'età in cui si è particolarmente "sensibili"...).

P.S.  Ho dimenticato di citare l'opera fondamentale per il mio "sentire": "L'ultimo dei Mohicani" di James Fenimore Cooper. Intorno ai dieci anni, quando ci si sta formando la propria visione del mondo, parteggiare per l'eroe buono , Uncas, che poi muore, detta l'intera strada che poi si segue nella vita. Non bisogna affatto sottovalutare l'importanza che le letture giovanili rivestono per la nostra weltanschauung; mai e poi mai avrei potuto sentirmi in sintonia con Magua, il traditore, l'emblema del male, ma solo con Cingankook e Longue Carabine, con la fierezza del padre e con il valore dell'amicizia. L'etica "bussava" già alla mia porta... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Lou

Citazione di: Apeiron il 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM
Ho notato che spesso molte incomprensioni nascono dal fatto che il nostro background culturale è differente e per questo motivo, per esempio, parole identiche (ad esempio "ente") le intendiamo in modo diverso. Quello che stavo pensando era di raccogliere in un topic le nostre influenze, ossia quelle letture (ma anche esperienze, se vi va di scriverle) che ci hanno profondamente influenzato. Questo nella mia testa ha due scopi. Primo: ci conosciamo meglio. Secondo: evitiamo di perderci in incomprensioni semantiche. Inizio io con filosofi e idee che mi hanno colpito (ma con cui non sono necessariamente d'accordo, quindi non tutto quello che scrivo qua sotto rispecchia le mie attuali opinioni) ecc:

1) Filosofia occidentale: Anassimandro (Apeiron  ;D, l'inguista lotta tra gli opposti, apeiron al di là di essi... ), Eraclito (Logos, unità-tensione opposti, divenire, "la vita è guerra"...), Parmenide & Zenone (il paradosso del divenire), Socrate (l'importanza della domanda nella filosofia), Platone (l'iper-uranio specie nella matematica, la Forma del Bene), Aristotele (logica classica, nomenclatura dei concetti filosofici...), Plotino, Agostino, Tommaso (se non ricordo male diceva che la creazione continuava ogni istante, ossia che Dio anche ora crea... se è falso ditemelo  ;) ), Occam, Niccolò Cusano (coincidentia oppositorum, Onnipresenza=essere da nessuna parte), Meister Eckhart (solo qualche idea, non l'ho studiato seriamente), Galileo (l'universo è un libro, qualità primarie e secondarie, scienza ed etica separate...), Spinoza (Natura Naturans, Natura Naturata, sub specie aeternitatis, necessitarianismo) Berkeley (c'è davvero qualcosa oltre quello che la mente può percepire?), Hume (il problema della causalità, il problema essere-dover essere, il problema dell'io), Kant (ahimé conosco poco, fenomeno-noumeno, condizionato-incondizionato, ragion pura-pratica, forme a priori), idealismo tedesco post-Kant (filosofia della "sola mente"), Schopenhauer (il primo filosofo ad aver parlato senza pregiudizi della sofferenza, dell'assurdità di un mondo senza Dio dominato dall'irrazionalità, velo di Maya, estetica, negazione della volontà - inoltre è stato grazie a lui che ho esteso la mia ricerca all'oriente), Marx ("dobbiamo trasformare il mondo", praxis), Nietzsche (filosofia come espressione libera dell'individuo, solitudine del filosofo, l'incoerenza della morale "imposta", l'attacco all'ipocrisia, eterno ritorno, nichilismo, divenire, volontà di potenza come "volontà creatrice", super-uomo=artista...), Wittgenstein (prima di fare la domanda guarda se ha senso, la scala del Tractatus, filosofia come terapia...), Popper, Kuhn, Simone Weil (bellezza del creato come "indicazione" di un reame superiore, decreazione,...), Pirsig (filosofia presente in ogni aspetto della vita, la Qualità...).

2) Filosofia Orientale: buddismo Canone Pali (esistenza condizionata, impermanenza, "dukkha", "non-sé", Nirvana come "completamente altro" rispetto all'esistenza ordinaria o Samsara, riflessioni sulla validità di alcune domande prima di porle, catuskoti, il problema del desiderio...), buddismo Mahayana (Prajnaparamita, Nirvana=samsara, Cittamatra - Solo Mente, mente luminosa, Natura di Buddha...), filosofia Vedanta (specie Advaita, Nirguna Brahman, Tam Tvam Asi, Maya...), filosofia taoista (Laozi e Zhuangzi, connessione opposti, limiti del linguaggio, Tao, il non-essere taoista come potenzialità e non come assenza, svuotarsi dei pregiudizi mentali, dei gusti personali ecc... parecchio interessante, peccato che poi è risultata una futile ricerca dell'immortalità in questa vita, il che fa ridere visto che Laozi dice di "essere senza desideri").
A me colpì e influenzò direzionò e determinò  gran parte  delle mie esperienze di lettura e di materia di studio e di vita, Platone - la prima opera filosofica che lessi fu il Simposio, prima di cominciare il classico programma di filosofia al liceo - ne fui fulminata.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Apeiron

@Sariputra, grazie mille del tuo contributo. Comunque più approfondisco le varie filosofie più vedo connessioni sia alla "base" (ossia "superficialmente") sia nel profondo (ossia il "cuore" delle stesse). La diffferenza grossa è proprio nel mezzo. Per esempio sto riscoprendo Kant e Schopenhauer (non leggendolo più come "dispregiatore" dell'esistenza) e sto vedendo fortissime affinità con le varie scuole buddiste, taoiste... Oppure Hegel se si limita allo studio della mente mi pare molto vicino al pensiero orientale. Inoltre anche io da bambino ero già un po' strano: una volta colpito dal pensiero dell'impermanenza ho rifiutato di farmi amici al mare perchè poi avrei fatto soffrire sia me che loro per il distacco.

@Lou, con Platone ho avuto un'esperienza simile quando ho sentito il "mito della caverna". Sono stato "fulminato". Grazie anche a te.

Wittgenstein: senza di lui non mi sarei MAI posto il problema di capire se la domanda è legittima. Se vogliamo è un passo ulteriore rispetto a Socrate nel "sapere di non sapere" perchè non solo poni il problema dell'aver risposta ma cominci a dubitare se sia "possibile" porsi certe domande. Grazie a lui tendo a non prendere alla lettera molta metafisica ma vederla più o meno come l'arte anziché come la scienza. Ossia un tentativo di usare il linguaggio ordinario per esprimere lo straordinario: ogni tentativo di questo tipo è una sorta di fallimento ma proprio perchè è un fallimento da più libertà individuale a studiare queste cose. Come dimenticare poi quanto è vero che gran parte della filosofia si basa sul fraintendimento della logica del linguaggio, sull'uso di parole fuori contesto ecc. Wittgenstein inoltre è anche un interessante pensatore cristiano (non molto ortodosso): concorda con la teologia moderna che non è importante la storicità degli avvenimenti della Bibbia ma dobbiamo prenderla come una narrazione e capire il "messaggio della storia". La fede religiosa si vede negli atti (o nell'aspirazione degli stessi). Idem per l'etica e l'estetica: il senso del "buono" e del "bello" sono anch'essi disposizioni mentali.

Popper: semplicemente che nella scienza bisogna produrre asserzioni falsificabili. Ossia il punto di partenza e il punto di arrivo della scienza è la natura, non qualcosa di trascendente ad essa. Scienza e "metafisica" sono su due piani diversi, si può essere scienziati e filosofi.

Kuhn: la scienza non si sviluppa in modo "razionale", bensì come tutte le attività umane è anch'essa soggetta al caos, alla "fortuna", ha gli stessi problemi delle altre attività a raccogliere idee originali (non per irrazionalità o chiusura mentale, ma per uno scetticismo razionale). Le rivoluzioni scientifiche più che cambiare la nostra conoscenza della realtà cambiano i paradigmi con cui noi la capiamo.

Weil: pur non essendo né battezzata né canonizzata la ritengo una cristiana autentica. La sua posizioni all'esterno delle istituizioni religiose mi fa capire che anche il cristianesimo può affrancarsi di una mentalità chiusa e inoltre proprio questo affrancamento può aiutare a sviluppare la "kenosis" e può fare in modo che con gli atti concreti "si doni la propria vita". Nonostante la sua a resistenza ad entrare nella Chiesa fu ammirata da Paolo VI e probabilmente la sua esperienza di vita (e di altri simili a lei) ha contribuito al Concilio Vaticano II con la tesi del "primato della coscienza" rispetto all'accettazione della dottrina (ossia sviluppare l'agape rispetto ad una sterile e superstiziosa credenza). Interessante poi il suo pluralismo religioso e l'accettazione delle altre religioni come genuini cammini. Inoltre bello il suo pensiero sull'estetica: la bellezza della natura sembra suggerire "qualcosa di più alto". Il suo è una sorta di "platonismo estetico". Mi è piaciuto poi il suo apprezzamento dell'ateismo come liberazione da false immagini di Dio.

Pirsig: ritengo assai interessante la sua "metafisica della Qualità" (d'altronde è il giudizio di valore che muove le nostre vite). La Qualità (e il Valore) perciò è prima delle nostre azioni... e chi "realizza la Qualità" è sempre equanime, "contento" ecc perchè è soddisfatto, vacuo di desideri e di sofferenze. Ammirevole il suo tentativo di unificare le filosofie occidentali e orientali. Inoltre mi ha fatto capire che anche le attività manuali (esempio la manutenzione della bicicletta) possono essere fonte di ispirazione. Inoltre mi ha fatto riflettere su quanto sia difficile essere coerenti nella vita con i propri principi e quanto sia giusto essere fortemente auto-critici.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Buddismo Theravada/Canone Pali: oltre a praticare (male) un minimo di meditazione  ::)  devo dire di aver trovato un sacco di cose interessanti. Anzitutto la migliore descrizione del pericolo che si corre nel gioco dell'attaccamento-avversione a causa del fatto che le cose "del mondo" sono condizionate, ossia instabili, non sono attendibili. Quindi la vita etica deriva proprio dalla comprensione che ciò vale per me e per tutti, visto che siamo "assuefatti" dal gioco dell'attaccamento-avversione. Dukkha è proprio il "male di vivere" che è implicito nella vita ordinaria: esso è profondo e deriva proprio dalla caratteristica fondamentale del "divenire" (inteso come "mia" vita). Anicca e dukkha danno proprio l'idea che più uno cerca di afferrare ottiene l'effetto contrario: questo è lo scherzo dell'attaccamento. L'avversione è la conseguenza della condizionalità. Inoltre da una soluzione coerente: smetterla di desiderare. Visto che "nessuna cosa" che si può desiderare è incondizionata, allora l'incondizionato lo si "raggiunge" smettendo di desiderare, quindi smettendo di cercare. E ciò ci conduce al Nirvana. Su cosa sia questo Nirvana si è dibattuto molto. Io dico solo che da quanto ho capito è il "tutt'altro" del Samsara e che Buddha poteva davvero riferirsi ad esso con termini poetici (postivi) o negativi. Esso è oltre ogni concetto.

Inoltre mi ha influenzato sul fatto che la filosofia talvolta deve lavorare contro se stessa. A volte possiamo perderci l'anima su problemi che abbiamo inventato noi  8)
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Apeiron

Canone Pali: mi ha fatto ragionare molto su quanto ci facciamo intortellare dalla visione convenzionale, dal fatto che spontaneamente per "capire il mondo" (cosa necessaria per la sopravvivenza) dividiamo il mondo in "cose", in sedie, in tavoli... senza renderci conto che questo "mondo" esiste solo nella nostra mente. Il Nirvana è anche liberarci da prendere le convenzioni come assolute (in questo senso ritengo che il buddismo non ponga una Realtà Assoluta... si sta parlando a livello epistemologico e non ontologico), pur non essendo una ribellione contro le convenzioni.

Buddismo Mahayana: mi interessa specialmente per il fatto che è molto meno stringente sui dogmi del buddismo Theravada/Canone Pali, che forse è più vicino a quello originario. RIconosce per esempio l'esistenza di più "upaya", modi diversi per la liberazione. Inoltre la Prajna-Paramita e Nagarjuna (che alcuni tra gli stessi teravadins) nel loro attacco ancora più potente contro l'attaccamento alle convenzioni (di cui parlavo prima) dannoo un forte argomento per dire che il Nirvana è il "completamente altro" rispetto al Samsara. Inoltre essendo fuori dalla nostra portata il Nirvana diventa in realtà un qualcosa che possiamo trovare senza cercarlo, possiamo afferrarlo se non lo afferriamo: ossia non dobbiamo "uscire" dal samsara, ossia non dobbiamo ignorare gli esseri e i fenomeni per liberarci. In verità quello che cambia è solo il nostro modo di vedere le cose. Ammiro poi la filosofia del Bodhisattva, una sorta di "buddismo missionario", quasi assente nella filosofia theravada (Dhammapada: "non associarti con i folli...vai da solo come un elefante nella foresta"), che dice questo: "se Nirvana significa capire che l'individualità è illusoria che senso ha battersi per la propria liberazione e non quella degli altri?". Vedo in genere molta più enfasi alla moralità (sila). Tutto questo lo vedo molto ben sintetizzato nella Lankavara sutra, nella Cittamatra (Yogacara) e nella dottrina della Natura di Buddha, eguagliata con il Fondamento (Dzogchen) o della mente luminosa, della "mente senza confini". Nella filosofia Yogacara si capisce che i fenomeni sono davvero "solo mente" perchè è la nostra mente a classificarli, dividerli in "cose" ecc. Il Nirvana è un cambiamento di noi stessi, della nostra mente. La natura di Budda è prima delle distinzioni, la Mente Luminosa è una Non-Mente, a livello ultimo "samsara" e "nirvana" non sono separati, anzi è sintomo dell'essere nel samsara vederli separati. Questo tipo di buddismo d'altronde è "sbarcato" con facilità nella Cina che a differenza dell'India non "nega il mondo" ma lo "afferma". D'altronde se la Natura di Budda è la "natura originale", libera dalle imperfezioni e dalle distinzioni... è molto simile allo stato di "naturalezza" del taoismo, rappresentata dalla "semplicità senza nome" del "pu", il blocco di legno non scolpito. D'altronde in Cina il buddismo trovò una filosofia taoista che cercava di liberare l'uomo dalle distinzioni, dalle rappresentazioni e di ritornare alla "vacuità" dell'"indefinito" Tao. Ma del taoismo parlerò domani...
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Apeiron

Tao: benché la filosofia del Tao sia alquanto misteriosa perchè né Chuang-tzu né il leggendario Laozi hanno davvero lasciato una scuola ritengo che i due scritti in questione (ossia il TaoTeCing e il Chuang-tzu) siano tra i gioielli della filosofia mondiale. Anzitutto vorrei far notare quanto la concezione "positiva" di questo mondo che girava tra i cinesi ha fatto in modo che queste filosofie fossero una ricerca dell'immortalità, cosa a mio avviso paradossale visto che per Laozi il "saggio non desidera desiderare", "chi è senza desideri vede il mistero", "restituire il mandato è eternità", "il saggio non ha un cuore per sé", "il saggio non agisce", "il saggio segue la semplicità senza nome", "bisogna mirare alla vacuità e alla immobilità" mentre per Chuang-tzu "l'uomo perfetto è senza io", "come so che amare la vita non sia un delirio? e come so che odiare la morte non sia quella stessa cosa che fa in modo che il bimbo si perda e non riesca a tornare a casa?", "l'uomo perfetto è indifferente alla vita e alla morte" ecc. Ma il taoismo è LA filosofia dei paradossi quindi non mi stupirebbe se dicessero "si ottiene la vita eterna quando non la si desidera più". In ogni caso: il Tao probabilmente è l'unico tipo di "assoluto" che potrebbe essere permesso dai buddisti visto che "non si vede, è senza nome, è vuoto ecc". Essendo indeterminato, indefinito, illimitato (Apeiron  ::) ), indefinito se si cerca di definirlo si finisce per scambiare il Tao per ciò che non è. La natura del Tao è priva di distinzioni, oltre ogni concetto e per questo è "senza nome": è semplice come "pu", un blocco di legno non modellato e proprio per questo la sua potenzialità è infinita (il foglio bianco d'altronde è l'opera d'arte). Il non-essere perciò non viene visto come assenza ma come potenzialità. Inoltre chi non ha niente ha davvero tutto perchè "non agisce" e "non pretende" (non a caso il taoismo e il buddismo, specie quello cinese sono MOLTO simili), il saggio taoista "agisce senza agire" perchè le sue azioni sono senza pretesa, non costringe nessuna delle diecimila creature a seguire i suoi passi e proprio per questo le creature lo seguono perchè sono libere. La cosa interessante è che a differenza del buddismo, specie theravada, per il taoismo NON è necessario l'ascetismo - Chuang-tzu era povero ma aveva a quanto sembra una famiglia. Quello che è richiesto è tornare alla sapienza antica e liberarsi, svuotarsi, la mente dai pregiudizi e dalla prospettiva personale egocentrica in modo da liberarsi come nel buddismo dall'attaccamento-avversione liberando sé e al contempo gli altri. Gli opposti poi sono correlati perchè ad esempio cercare ossessivamente il "bene" significa condannare ciò che viene ritenuto essere "male" ossia si finisce per auto-ingabbiarsi nelle convenzioni e nelle leggi scambiandoli per assoluti, il vero "bene" ("la virtù somma non si mostra come virtuosa perciò è virtuosa") è invece essere rifugio sia per l'uomo buono che per l'uomo non buono, cosa garantita se si ritorna alla semplicità senza nome del Tao (qui ci sono fortissime somiglianze con la "natura di Budda").

Filosofia Vedanta (specie la variante Adviata e quella "panenteistica"): il nostro modo di vedere le cose con i nostri piaceri e dispiaceri individuali è il Velo di Maya. Il bene e il male sono come il giorno e la notte: ma il giorno e la notte ci sono finché la nostra vista del Sole (il bene) è parziale dovuta al movimento della Terra...se andiamo nello spazio vediamo 24ore/24 il Sole direttamente e ora non c'è più nessun analogo alla notte, quindi visto che il sommo Bene si oppone sia al bene che al male relativi, il somme Bene non è un bene e per questo è chiamato "Sommo Bene". Nuovamente siamo chiamati ad avere una visione che ci trascende, che vede le cose con una prospettiva trascendente ecc. Finiamo per vedere il vero "Bene" Brahman come la natura più profonda di tutti gli esseri (sic! di nuovo!) che è Nirguna ossia trascendente ogni distinzione e ogni concetto. Non siamo più mossi dall'egoismo e quindi abbiamo ottenuto il "vero io" (che visto che non ha più niente di personale è molto simile all'anatman/anatta del Buddha) riconoscendo che "Tam Tvam Asi" (tu sei quello). Nuovamente si vede che buddismo, taoismo e molte scuole vedanta sono filosofie della liberazione: non sono una ribellione alle rappresentazioni e alle convenzioni quanto invece sono prese di conoscenza che sono relative e arbitrarie quindi non ha senso attaccarsi. Questo comune obbiettivo serve per liberarci del giogo del nostro attaccamento-avversione che imprigiona noi e gli altri.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#23
Riesumo questo vecchio topic per parlare dell'enorme influenza (fino a pochi giorni fa non mi ero accorto che era così grossa) di Platone sul mio pensiero. Più precisamente nella sua teoria delle forme e in particolare sulla Forma del Bene. Più precisamente ritengo che il genio del filosofo ateniese è da vedersi nella sua metafora tra "valore" (ciò che rende qualcosa importante, cioè "un bene") e la luminosità di un oggetto (ossia la proprietà di un oggetto che lo rende visibile). Il soggetto vede gli oggetti luminosi grazie alla facoltà della vista, allo stesso modo grazie al suo intrinseco "senso" di ciò che "vedere" l'importanza ("valore") delle cose ritiene importanti gli oggetti "di valore". Nel caso di Platone la "Forma del Bene" "partecipando" in tutti gli esseri li rende "buoni" (gli gnostici quando dissero che la materia era "male" non capirono Platone...) e la "Forma del Bene" quindi rende di "valore" gli oggetti, così come il Sole rende visibili gli oggetti. Gli oggetti che più "somigliano" alla "Forma del Bene" hanno "maggior valore", così come le cose più luminose "somigliano" più al Sole (si faccia conto che nell'antichità la luce artificiale era molto poca, quindi a parte poche eccezioni per un antico l'unica "sorgente" della luce era il Sole). Quindi qui abbiamo una corrispondenza tra "oggetto luminoso" - "oggetto di valore", "vista" - "capacità innata dell'uomo di riconoscere gli "oggetti di valore" ossia i beni", "Sole" - "ciò che rende possibile sia il valore degli oggetti che la nostra capacità di vederlo".
Credo che Platone abbia sviluppato un sistema filosofico estremamente simile al vedantismo, se si sostituisce Brahman con "la Forma del Bene". Ovviamente per Platone avendo uguagliato in sostanza il "bene" con la "conoscenza" arriva a dire che la Forma del Bene è anche la causa della nostra capacità di conoscere. E ritengo che ciò sia estremamente simile alla filosofia indiana.
Ad ogni modo il paragone tra il "valore" e la "luminosità", tra vedere e conoscere lo trovo molto suggestivo. Mi ci "ritrovo" molto.

Per quanto riguarda poi la fisica, il fascino dell'unificazione delle forze e cose simili che è centrale per la fisica stessa, deriva essenzialmente da un pensiero di stampo platonico (anche se in questo caso non è lui l'origine di questo tipo di pensiero...). Inoltre la convinzione dell'importanza del kosmos (l'ordine razionale del mondo) deriva essenzialmente da filosofie simili a quella platonica, visto che le "leggi" sono qualcosa di intangibile. 

Il collegamento con Pirsig (per chi lo conosce) è invece secondo me ovvio. Anche nel suo caso si può paragonare il "valore" alla luce (lui preferiva il termine "qualità"). Nel suo caso l'Assoluto coincide con la qualità stessa e quindi con il "valore". Quindi in questo caso: assoluto=qualità=luce? Ritengo Pirsig molto "vicino" a me per l'interesse che ha avuto nell'esplorazione di questa tematica.

Forse si può fare anche un collegamento col buddhismo (?) :)  il buddhismo non nega che ad esempio il reame dei devas sia qualcosa di "felice" e quindi per certi versi simile al Nirvana. Però il Nirvana, il Summum Bonum del buddhismo non è in rapporto causale come la Forma del Bene platonica o il Brahman dei vedanta. Però anche col Nirvana si può fare un discorso analogo di quanto fatto per la Forma del Bene in quanto anche il Nirvana è un "bene" e con ciò assomiglia ai "beni mondani", così come il Sole assomiglia agli oggetti luminosi. Così dunque il "Nirvana" è l'unica realtà incondizionata per queste scuole di pensiero e quindi il bene più grande. Il Nirvana essendo quindi la "pace incondizionata" è visto come il "sommo bene" (avendo le caratteristiche di ciò ci aspettiamo come "bene" ed essendo incondizionato)


Anche se non è sostenuta dalla scuola Theravada, la "dottrina" della "Natura di Buddha" sembra essere in qualche modo vicina a questa idea: addirittura la "natura di buddha" è vista come lo stato naturale, luminoso della mente ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

cvc

1  I miei geni (in senso biologico)
2  L'ambiente in cui sono nato
3  Il mio Io
4  L'ambiente in cui sono cresciuto
5  I libri
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

iano

#25
Citazione di: Apeiron il 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM
Ho notato che spesso molte incomprensioni nascono dal fatto che il nostro background culturale è differente e per questo motivo, per esempio, parole identiche (ad esempio "ente") le intendiamo in modo diverso. Quello che stavo pensando era di raccogliere in un topic le nostre influenze, ossia quelle letture (ma anche esperienze, se vi va di scriverle) che ci hanno profondamente influenzato. Questo nella mia testa ha due scopi. Primo: ci conosciamo meglio. Secondo: evitiamo di perderci in incomprensioni semantiche. Inizio io con filosofi e idee che mi hanno colpito (ma con cui non sono necessariamente d'accordo, quindi non tutto quello che scrivo qua sotto rispecchia le mie attuali opinioni) ecc:

1) Filosofia occidentale: Anassimandro (Apeiron  ;D, l'inguista lotta tra gli opposti, apeiron al di là di essi... ), Eraclito (Logos, unità-tensione opposti, divenire, "la vita è guerra"...), Parmenide & Zenone (il paradosso del divenire), Socrate (l'importanza della domanda nella filosofia), Platone (l'iper-uranio specie nella matematica, la Forma del Bene), Aristotele (logica classica, nomenclatura dei concetti filosofici...), Plotino, Agostino, Tommaso (se non ricordo male diceva che la creazione continuava ogni istante, ossia che Dio anche ora crea... se è falso ditemelo  ;) ), Occam, Niccolò Cusano (coincidentia oppositorum, Onnipresenza=essere da nessuna parte), Meister Eckhart (solo qualche idea, non l'ho studiato seriamente), Galileo (l'universo è un libro, qualità primarie e secondarie, scienza ed etica separate...), Spinoza (Natura Naturans, Natura Naturata, sub specie aeternitatis, necessitarianismo) Berkeley (c'è davvero qualcosa oltre quello che la mente può percepire?), Hume (il problema della causalità, il problema essere-dover essere, il problema dell'io), Kant (ahimé conosco poco, fenomeno-noumeno, condizionato-incondizionato, ragion pura-pratica, forme a priori), idealismo tedesco post-Kant (filosofia della "sola mente"), Schopenhauer (il primo filosofo ad aver parlato senza pregiudizi della sofferenza, dell'assurdità di un mondo senza Dio dominato dall'irrazionalità, velo di Maya, estetica, negazione della volontà - inoltre è stato grazie a lui che ho esteso la mia ricerca all'oriente), Marx ("dobbiamo trasformare il mondo", praxis), Nietzsche (filosofia come espressione libera dell'individuo, solitudine del filosofo, l'incoerenza della morale "imposta", l'attacco all'ipocrisia, eterno ritorno, nichilismo, divenire, volontà di potenza come "volontà creatrice", super-uomo=artista...), Wittgenstein (prima di fare la domanda guarda se ha senso, la scala del Tractatus, filosofia come terapia...), Popper, Kuhn, Simone Weil (bellezza del creato come "indicazione" di un reame superiore, decreazione,...), Pirsig (filosofia presente in ogni aspetto della vita, la Qualità...).

2) Filosofia Orientale: buddismo Canone Pali (esistenza condizionata, impermanenza, "dukkha", "non-sé", Nirvana come "completamente altro" rispetto all'esistenza ordinaria o Samsara, riflessioni sulla validità di alcune domande prima di porle, catuskoti, il problema del desiderio...), buddismo Mahayana (Prajnaparamita, Nirvana=samsara, Cittamatra - Solo Mente, mente luminosa, Natura di Buddha...), filosofia Vedanta (specie Advaita, Nirguna Brahman, Tam Tvam Asi, Maya...), filosofia taoista (Laozi e Zhuangzi, connessione opposti, limiti del linguaggio, Tao, il non-essere taoista come potenzialità e non come assenza, svuotarsi dei pregiudizi mentali, dei gusti personali ecc... parecchio interessante, peccato che poi è risultata una futile ricerca dell'immortalità in questa vita, il che fa ridere visto che Laozi dice di "essere senza desideri").

Un testo che mi ha influenzato molto "essere o avere " di Erik Fromm " .
Così ho deciso di essere un matematico , un filosofo e qualunque altra cosa , senza averne titolo.
Candidamente confesso che non so' cosa sia un ente.
Sono filosofo nel senso che esplico una naturale tendenza del mio essere uomo.
La mia non è certo una visione corrente, ma , se adottata ha il pregio di far fare pace all'uomo con se stesso , laddove la necessità della specializzazione nel mondo produttivo moderno , e l'impressione di dover acquisire titoli per potersi esprimere , rema in senso contrario.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

anthonyi

Sicuramente il maggiore effetto sul mio pensiero lo ha avuto il Mac Lane- Birkoff, testo di algebra lineare estremamente astratto che ha costruito nella mia mente strutture formali di analisi che poi mi sono trovato ad utilizzare in tanti ragionamenti nell'ambito del pensiero sociale che è il mio interesse.

Domingo94

Le esperienze che più hanno cambiato il mio modo di vedere la vita sono stati:
la post abilitazione dopo un intervento chirurgico un paio d'anni fa che mi ha buttato col morale  a terra.
I conflitti con alcune persone che m'hanno fatto male e poi le ho viste su un letto d'ospedale( una profonda esperienza di vita)
e vedere i miei genitori in lacrime o tristi per varie cause

Apeiron

Grazie a cvc, iano, anthonyi e a Domingo94  :) 

Negli ultimi giorni sto riscoprendo Aristotele e ho notato che quanto mi ricordavo di lui era completamente errato. Questo è il perfetto esempio della mia "fallibilità"  ;D  senza volerlo ho travisato il filosofo. Per esempio il "Primo Motore Immobile" non è la "causa iniziale" di tutto il moto, bensì la causa finale, ovvero "ciò verso cui tutto tende". Inoltre l'etica consiste nel trovare ciò che è "bene" e anche qui il "telos" (lo scopo) ha un ruolo fondamentale. Devo dire che sono sorpreso per quanto sono riuscito a travisare questo interessante pensatore  ;) 

Chiedo perdono a tutti i "fan" (se ce ne sono) di Aristotele. L'ho sempre ritenuto il "minore" del trio Socrate-Platone-Aristotele. Ma dopo questa "riscoperta" non lo vedo così distante dagli altri due ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

.

Questa interessante discussione mi era sfuggita, probabilmente perché iniziata poco prima delle mie vacanze estive.

Ringrazio Apeiron per averla riaperta.

Ho la presunzione di aver fatto molte scoperte importanti per la mia vita per conto mio, mettendo sistematicamente in dubbio, dall' età di 15 anni, ciò che mi era stato insegnato e fino ad allora avevo acriticamente accettato per l' autorità di genitori, parenti, maestri e professori. 

Non c' un libro in particolare che mi abbia aperto la mente alla critica razionale (saranno stati "gli ormoni della pubertà"?).

Però proprio in quell' anno, in quinta Ginnasio (primo anno del Liceo Classico) la conoscenza della geometria euclidea (non sull' originale ellenistico, nemmeno in traduzione, ma solo attraverso un manuale scolastico e con un contributo importante da parte della vecchia professoressa di matematica) mi ha profondamente colpito e affascinato per la certezza indubitabile delle dimostrazioni dei teoremi da definizioni, postulati, assiomi.

Al terzo anno di liceo gli autori che più mi hanno colpito sono stati Zenone di Elea, con i suoi interessanti paradossi pretesi inconfutabili (dei quali diedi una confutazione poco apprezzata dalla mia professoressa di filosofia ma che a me sembrò del tutto inattaccabile) e Democrito: non tanto per l' atomismo e il materialismo in sé, quanto per la geniale distinzione fra "pieno" (costituito dagli atomi) e "vuoto", che consente brillantemente di superare la pretesa, da parte di di Parmenide e degli altri Eleati, contraddittorietà del mutamento, riducendolo a traslazione o cambiamento nel tempo di posizioni o rapporti spaziali fra atomi intrinsecamente immutabili.

Pochi anni dopo mi ha fortemente interessato Cartesio, con la sua sistematica e conseguente (nelle sue intenzioni) applicazione del dubbio metodico a qualsiasi credenza.
Assolutamente affascinante Spinoza, grande maestro di razionalismo.

Berkeley mi ha permesso di rendermi conto che di tutti gli oggetti materiali constatabili e conoscibili "esse est percipi" (mi stupisco che pochi riescano a rendersi conto di questa verità lampante, che sta davanti agli occhi di tutti innegabilmente, a saperli usare criticamente e a ragion veduta; e credo che questo impedisca irreparabilmente a tantissimi la possibilità di inquadrare correttamente il problema dei rapporti cervello - mente e in generale materia - coscienza).

Hume ha esteso la critica berkeleyana ai fenomeni mentali (la cartesiana "res cogitans", dalla "res extensa" alla quale unicamente l' aveva applicata il vescovo irlandese; e inoltre ha genialmente mostrato l' indimostrabilità né provabilità empirica delle concatenazioni causali (ergo la dubitabiltà dell' induzione e l' indimostrabilità in ultima analisi delle conoscenze scientifiche). Per me il sommo filosofo di tutti i tempi.

Marx, ma soprattutto a mio parere Engels, troppo modesto, troppo autocritico e troppo generoso verso l' amico di Treviri (era un filosofo e un uomo eccezionale!), mi hanno insegnato che in ogni epoca le idee dominanti tendono ad essere non le idee in linea puramente teorica più giuste o più vere, come si illudevano gli illuministi, ma le idee delle classi dominanti; e che si può conoscere scientificamente (anche se alla maniera delle "scienze umane" e non delle scienze naturali) la storia per cercare con cognizione di causa di conseguirvi obiettivi di progresso civile realisticamente possibili (anzichè inseguire vanamente utopie).

Al terzo anno di liceo lessi un libretto di Sarte, intitolato "Le mani sporche" da cui imparai che é immorale evitare moralisticamente di sporcarsi le mani usando mezzi anche durissimi e causando anche effetti in parte indesiderabili e ingiusti nella lotta per il progresso del' umanità e il socialismo, stante l' assoluta mancanza di scrupoli e la preponderante potenza materiale del nemico di classe.

Bohm mi ha permesso di superare lo sconcerto in cui mi aveva gettato l' interpretazione conformistica (e irrazionalistica) della meccanica quantistica, generalmente spacciata dai divulgatori come l' unica esistente.
L' italiano (e poco noto) Franco Selleri mi ha aiutato non poco in questo, e anche nel criticare certe diffuse interpretazioni irrazionalistiche della relatività einsteiniana).

Un altro italiano poco noto, il filologo classico e filosofo (e non: professore di filosofia! E uomo di immensa statura morale) materialista conseguente Sebastiano Timpanaro mi ha aiutato non poco a chiairmi le idee, pur se in un sostanziale dissenso di fondo (in campo filosofico; e ampissimo consenso in campo politico).
Con questi due illustri connazionali (e con qualche altro, come la biologa ecologa Laura Conti) mi vanto di avere avuto non effimeri, cordiali rapporti epistolari e di averne avuto espressioni di stima: sono ciò di cui più vado fiero).

Elenco riassuntivo dei miei venerati Maestri (di sapere; fra i maestri di vita spiccano Salvador Allende, Oscar Romero, Mauirice Bishop, Thomas Sankara).
1 Euclide.
2 Democrito (e Leucippo).
3 Cartesio.
4 Spinoza.
5 Berkeley.
6 Hume.
7 Engels.
8 Bohm.
9 Sartre.
10 Selleri.
11 Timpanaro.

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