Quali sono state le maggiori influenze sul vostro pensiero?

Aperto da Apeiron, 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM

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Apeiron

Ho notato che spesso molte incomprensioni nascono dal fatto che il nostro background culturale è differente e per questo motivo, per esempio, parole identiche (ad esempio "ente") le intendiamo in modo diverso. Quello che stavo pensando era di raccogliere in un topic le nostre influenze, ossia quelle letture (ma anche esperienze, se vi va di scriverle) che ci hanno profondamente influenzato. Questo nella mia testa ha due scopi. Primo: ci conosciamo meglio. Secondo: evitiamo di perderci in incomprensioni semantiche. Inizio io con filosofi e idee che mi hanno colpito (ma con cui non sono necessariamente d'accordo, quindi non tutto quello che scrivo qua sotto rispecchia le mie attuali opinioni) ecc:

1) Filosofia occidentale: Anassimandro (Apeiron  ;D, l'inguista lotta tra gli opposti, apeiron al di là di essi... ), Eraclito (Logos, unità-tensione opposti, divenire, "la vita è guerra"...), Parmenide & Zenone (il paradosso del divenire), Socrate (l'importanza della domanda nella filosofia), Platone (l'iper-uranio specie nella matematica, la Forma del Bene), Aristotele (logica classica, nomenclatura dei concetti filosofici...), Plotino, Agostino, Tommaso (se non ricordo male diceva che la creazione continuava ogni istante, ossia che Dio anche ora crea... se è falso ditemelo  ;) ), Occam, Niccolò Cusano (coincidentia oppositorum, Onnipresenza=essere da nessuna parte), Meister Eckhart (solo qualche idea, non l'ho studiato seriamente), Galileo (l'universo è un libro, qualità primarie e secondarie, scienza ed etica separate...), Spinoza (Natura Naturans, Natura Naturata, sub specie aeternitatis, necessitarianismo) Berkeley (c'è davvero qualcosa oltre quello che la mente può percepire?), Hume (il problema della causalità, il problema essere-dover essere, il problema dell'io), Kant (ahimé conosco poco, fenomeno-noumeno, condizionato-incondizionato, ragion pura-pratica, forme a priori), idealismo tedesco post-Kant (filosofia della "sola mente"), Schopenhauer (il primo filosofo ad aver parlato senza pregiudizi della sofferenza, dell'assurdità di un mondo senza Dio dominato dall'irrazionalità, velo di Maya, estetica, negazione della volontà - inoltre è stato grazie a lui che ho esteso la mia ricerca all'oriente), Marx ("dobbiamo trasformare il mondo", praxis), Nietzsche (filosofia come espressione libera dell'individuo, solitudine del filosofo, l'incoerenza della morale "imposta", l'attacco all'ipocrisia, eterno ritorno, nichilismo, divenire, volontà di potenza come "volontà creatrice", super-uomo=artista...), Wittgenstein (prima di fare la domanda guarda se ha senso, la scala del Tractatus, filosofia come terapia...), Popper, Kuhn, Simone Weil (bellezza del creato come "indicazione" di un reame superiore, decreazione,...), Pirsig (filosofia presente in ogni aspetto della vita, la Qualità...).

2) Filosofia Orientale: buddismo Canone Pali (esistenza condizionata, impermanenza, "dukkha", "non-sé", Nirvana come "completamente altro" rispetto all'esistenza ordinaria o Samsara, riflessioni sulla validità di alcune domande prima di porle, catuskoti, il problema del desiderio...), buddismo Mahayana (Prajnaparamita, Nirvana=samsara, Cittamatra - Solo Mente, mente luminosa, Natura di Buddha...), filosofia Vedanta (specie Advaita, Nirguna Brahman, Tam Tvam Asi, Maya...), filosofia taoista (Laozi e Zhuangzi, connessione opposti, limiti del linguaggio, Tao, il non-essere taoista come potenzialità e non come assenza, svuotarsi dei pregiudizi mentali, dei gusti personali ecc... parecchio interessante, peccato che poi è risultata una futile ricerca dell'immortalità in questa vita, il che fa ridere visto che Laozi dice di "essere senza desideri").
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Apprezzo il tuo post, ma permettimi di dire che la lista che hai fatto mi sembra molto dispersiva, mi pare che non serva per niente a farsi un'idea su di te: troppi nomi.

Per quanto riguarda me:

- il mio professore di religione del liceo: da lui ho scoperto che la fede cristiana può essere accostata da un punto di vista critico e culturalmente approfondito;

- un mio professore di filosofia quando ho studiato teologia: criticare, criticare, criticare, senso critico, bisogna essere critici;

- un altro professore di filosofia: Vattimo: la scoperta della debolezza;

- Hadot: la filosofia è spiritualità, esercizio spirituale;

- prof. di filosofia Diego Bermejo (Spagna), conosciuto casualmente: quello della teodicea non è un problema della teologia, è il problema della teologia; da lì sono diventato ateo (lui no).

Jacopus

Una lista essenziale, esposta cronologicamente:
1. Hobbes.
2. Kant.
3. Marx.
4. Freud.
5. Weber.
6. Adorno-Horkheimer.
7. Foucault.
8. Habermas.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

maral

#3
Citazione di: Apeiron il 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM
Quello che stavo pensando era di raccogliere in un topic le nostre influenze, ossia quelle letture (ma anche esperienze, se vi va di scriverle) che ci hanno profondamente influenzato. Questo nella mia testa ha due scopi.
Direi che il mio background filosofico è meno fitto del tuo.
Ovviamente in primo luogo Severino, da cui ho imparato in primo luogo cosa significa pensare filosoficamente, poi Sini di cui frequento il gruppo e diversi seminari. Il mio fantasioso e recondito intento sarebbe quello di vedere la complementarietà (che oscuramente sento) tra questi due grandi filosofi italiani, apparentemente di pensiero così diverso. Ci aggiungo Galimberti, il quale mi ha portato a leggere con passione Gunther Anders con tutta la sua condivisibile polemica sulla tecnica.
Poi c'è Levinas, filosofo che ho scoperto proprio grazie a un utente incontrato in questo forum (che purtroppo non partecipa più), e della cui profondissima visione etica mi sono letteralmente innamorato. Ovviamente c'è pure Nietzsche di cui sento l'abissale grandezza. Mi sembra di poter dire che, da Sini, ho conosciuto e poi letto direttamente Merleau Ponty (molto interessante) e Spinoza (che non dovrebbe mancare nella base filosofica di nessuno, anche se ho trovato piuttosto ostico il suo metodo geometrico, non per mancanza di chiarezza comunque). Hedegger è una mia vecchia e indispensabile frequentazione. Poi sicuramente Foucault, le sue ultime lezioni a Parigi sono meravigliose e da Foucault sono arrivato al Socrate visto da Hanna Arendt. Non posso dimenticare Feuerbach, qualcosa di Schopenhauer e Kierkegard (che portai all'esame di maturità liceale), mentre non ho mai avuto il coraggio di accostarmi direttamente a Marx e ad Hegel. I classici li ho conosciuti per via indiretta, a parte qualche dialogo di Platone letto distrattamente e "la metafisica" di Aristotele affrontato direttamente di recente nella traduzione (ahimè non conosco il greco). Sempre profondo il fascino dei presocratici: Anassimandro, Parmenide, Eraclito.
Sottolineo inoltre la profonda consonanza che ho trovato nell'approccio epistemologico di Feyerabend di cui mi ero appassionato.
Nell'ambito della psicologia cito ovviamente Freud, Jung (affascinante il Libro Rosso), Klein, Bion, Hillmann e Recalcati, il mio anello di congiunzione con Lacan.
Poi c'è il mito occidentale e orientale. Dalla mitologia sono sempre stato profondamente affascinato e ho cominciato ad affrontarla sulla base dello studio approfonditissimo di Kerenyi su Dioniso e di Neumann sulla Grande Madre. Di recente ho scoperto Calasso, i suoi libri sono davvero interessanti e affascinanti anche dal punto di vista filosofico. Sia il "Cacciatore celeste" e "L'ardore" (un testo magnifico sui Veda e la cultura del sacrificio vedico) li consiglierei a chiunque fosse interessato all'aspetto filosofico e antropologico del mito. L'induismo ha suscitato in me un interesse notevole, come anche il pensiero gnostico, lo zoroastrismo e alcune religioni antichissime che tuttora sopravvivono (con sempre maggiore difficoltà) nell'area medio orientale. Infine, in ambito islamico, il sufismo di cui ho letto il meraviglioso "Verbo degli uccelli" del poeta mistico sufi Farid al Din Attar.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Luglio 2017, 17:44:47 PMApprezzo il tuo post, ma permettimi di dire che la lista che hai fatto mi sembra molto dispersiva, mi pare che non serva per niente a farsi un'idea su di te: troppi nomi. Per quanto riguarda me: - il mio professore di religione del liceo: da lui ho scoperto che la fede cristiana può essere accostata da un punto di vista critico e culturalmente approfondito; - un mio professore di filosofia quando ho studiato teologia: criticare, criticare, criticare, senso critico, bisogna essere critici; - un altro professore di filosofia: Vattimo: la scoperta della debolezza; - Hadot: la filosofia è spiritualità, esercizio spirituale; - prof. di filosofia Diego Bermejo (Spagna), conosciuto casualmente: quello della teodicea non è un problema della teologia, è il problema della teologia; da lì sono diventato ateo (lui no).

Sì esatto la mia paura era proprio quella che fosse un post inutile (anche perchè ho messo dentro anche le "influenze negative", ossia filosofi che ora critico). Fai conto che quando l'ho scritto mi sembrava chiaro, però ovviamente dal punto di vista razionale vedevo che il pericolo che fai notare tu. Non avevo comunque intenzione di lasciare il tutto senza ulteriori spiegazioni (e stupidamente non l'ho scritto). In ogni caso a mio giudizio un post come questo -se fatto bene - è una bella sfida e può far conoscere pensatori anche sconosciuti (per esempio filosofi accademici contemporanei che chi è fuori non può conoscere e viceversa filosofi ignorati che è più probabile che vengano conosciuti dagli "outsiders").

Comunque ringrazio anche maral e Jacopus.

Cerco di spiegare un po' meglio le mie influenze partendo dai prescoratici fino a Platone (Aristotele è un caso un po' a parte...).
Anassimandro: secondo me è stato il primo a riconoscere due cose molto importanti. Primo: il conflitto non è un mero accidente della vita ma anzi è una dolorosa necessità. Questa osservazione ha portato al concetto geniale dell'apeiron (il senza-confini), ossia che ci sia qualcosa di "diverso", di "trascendente" rispetto a questo mondo di conflitto. Se vogliamo è il primo filosofo-mistico.
Pitagora (me lo ero scordato): ha per così dire introdotto l'idea indiana che il mondo è una sorta di "prigione" di rinascite. L'unico modo per "fuggire" è lo studio filosofico e la coltivazione spirituale. La scuola pitagorica fu la prima in occidente (da quanto ne so) a dare importanza alla "pratica" e non solo alla "teoria".
Eraclito: su di lui ho un'opinione un po' mista. Concordo con lui la centralità degli opposti nel pensiero dell'uomo ("omnis determinatio est negatio" dirà Spinoza) ma allo stesso tempo non sopporto la sua glorificazione della guerra, il suo dire "dike eris". Comunque altri suoi frammenti come "l'armonia nascosta è più profonda di quella che appare", la sua incitazione a "non essere dormienti", la sua filosofia del divenire, il suo concetto del Logos (ossia quel senso di "unità nella diversità") mi affascinano ancora.
Il suo "ho cercato me stesso" poi mi ha fatto nascere l'idea che dopotutto la filosofia è un lavoro su se stessi e per conoscere se stessi.
Gli Eleati: mi hanno fatto ragionare sull'impossibilità di usare la logica per un mondo che diviene. I concetti per loro natura sono "fissi" perciò c'è una limitazione intrinseca a usarli per descrivere la realtà. Tuttavia proprio la loro fissità ci suggerisce come nel caso di Anassimandro l'esistenza di una trascendenza.
Socrate: mi ha dato una lezione di umiltà, seconda solo a quella di Wittgenstein (di cui parlerò) ossia che prima di dire di essere "sapiente" ha senso riconoscere la nostra limitatezza. Inoltre la filosofia non è bella per le risposte ma per le domande. Riconoscere di non sapere secondo me ci porta ad una riduzione dell'ego e ad una "sottomissione", entrambe piacevoli. La maieutica poi la uso quotidianamente su me stesso.
Platone: nel tentativo di riconciliare le filosofie di Eraclito (come l'ha capito lui) e Parmenide (idem) ha un'illuminazione. Non è vero che non possiamo conoscere in toto la realtà ma possiamo avere una conoscenza approssimata. Infatti la Natura è regolare tuttavia queste regolarità non sono perfette. In ogni caso la scienza è legittimata. Tuttavia a causa del divenire la perfezione non si riesce a trovare e questo in realtà ci delude. Ma proprio perchè sembra che noi siamo programmati a cercare la perfezione, l'eternità, il Bene Assoluto ecc e siccome nel mondo queste cose non sono completamente assenti allora anche questa è una indicazione che ci sia un "mondo vero". Mi sento stranamente vicino a Platone, tuttavia ritengo che il suo "mondo delle idee" e la dottrina della trasmigrazione (ottenuta via Pitagora) sono miti. In ogni caso forse la pensava così anche lui, come sembra suggerire la questione delle "dottrine non scritte". Personalmente mi definisco un "platonista senza mito"...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

InVerno

In ordine sparso, perchè in qualsiasi altro modo non mi raccapezzo e perchè non ho realmente ben chiaro cosa io abbia assorbito da loro e cosa credo di aver assimilato erroneamente.
Bertrand Russel, Goethe, Eraclito, Nietzsche, Gogol, Spinoza, Bruno, Hesse, Voltaire, Emerson, Wittgenstein, Aristofane, Chomsky, Lucrezio, Lao-tzu, Seneca, Paine, Calvino, Bauman.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Ne ho tralasciati tanti, ma un altro devo aggiungerlo per forza: 10 anni di seminario: mi pare che oggi vivere un'esperienza formativa specifica non andando a scuola o leggendo libri, ma che ti coinvolge 24 ore su 24, sia una possibilità concessa a pochissimi, quasi a nessuno.

Apeiron

Citazione di: InVerno il 16 Luglio 2017, 17:00:56 PMIn ordine sparso, perchè in qualsiasi altro modo non mi raccapezzo e perchè non ho realmente ben chiaro cosa io abbia assorbito da loro e cosa credo di aver assimilato erroneamente. Bertrand Russel, Goethe, Eraclito, Nietzsche, Gogol, Spinoza, Bruno, Hesse, Voltaire, Emerson, Wittgenstein, Aristofane, Chomsky, Lucrezio, Lao-tzu, Seneca, Paine, Calvino, Bauman.

Hai ragione: dimenticavo di dire che posso aver frainteso il loro pensiero  ;D  la mia mente malata può aver creduto di aver capito qualcosa. Ma d'altronde è anche vero che "Understanding is in principle solely based on wishful thinking" come ho sentito in un film.

Citazione di: Angelo Cannata il 16 Luglio 2017, 17:49:41 PMNe ho tralasciati tanti, ma un altro devo aggiungerlo per forza: 10 anni di seminario: mi pare che oggi vivere un'esperienza formativa specifica non andando a scuola o leggendo libri, ma che ti coinvolge 24 ore su 24, sia una possibilità concessa a pochissimi, quasi a nessuno.

Grazie nuovamente Angelo. Dimenticavo ovviamente i miei 5 anni di fisica (devo dire che mi hanno influenzato più da un punto di vista metodologico....). E anche il mio interesse per la psicologia.

Comunque continuando il mio percorso

Arisotele: fa un gran lavoro di demitologizzazione del suo predecessore (ossia rimuove l'illusione che ogni nostro concetto sia una forma reale ed eterna). Fa un gran lavoro con la formulazione assiomatica della logica. Però si perde in modo grossolano secondo me quando per salvare capra (la convinzione che la realtà si possa conoscere) e cavoli (il divenire) si mette a fare una teoria alquanto bizzarra con teleologie sparate ovunque (vedi il moto dei gravi...), sostanze che spostano l'idea platonica e la piazzano nella natura e un sistema così ben fatto, così senza contraddizioni che viene scambiato per la realtà. In sostanza quello che ad Aristotele è mancato completamente è stata la capacità di distinguere la mappa e il territorio e la convinzione che la "sua" logica per forza potesse dare una accurata descrizione della realtà
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Plotino: Dopo la critica aristotelica fa "risorgere" un platonismo meno mitologizzato e da una "spiegazione" del male. La "creazione" è un allontanamento dall'Uno e quindi in virtù di ciò il male è visto come "allontanamento" dal Bene, tuttavia ciò non conferisce ad esso uno status ontologico così come la non esistenza di asini volanti sulla mia scrivania non descrive nulla di positivo. Non c'è una vera teodicea perchè l'Uno non ha "voluto" creare il Mondo, ma questo è nato "per forza" (e qui nel tentativo di spiegare l'impossibile Plotino ricade nel mito). Inoltre l'ineffabilità implicita nel suo sistema lascia molto spazio alla riflessione personale secondo me.
Agostino: usa il ("neo")platonismo per "giustificare" il cristianesimo, peccato che poi si è preferita la rigidità aristotelica. Per il resto mi piace la sua ricerca, il pathos che ci ha messo nella scoperta della Verità. Bella poi la descrizione di Dio come del Totalmente Altro. Su certe cose mi pare un po' troppo nevrotico...
Tommaso: mette da parte il platonismo e tenta una "via aristotelica" influenzando enormemente il pensiero successivo. Riconosce che le "cose" di questo mondo non sono vere "substantie" ma per esistere necessitano di determinate condizioni (lui afferma che Dio anche adesso ci mantiene in essere). Inoltre permane in lui un po' di ineffabilità di stampo neoplatonico. Come Agostino anche di lui apprezzo il Pathos, tant'è che prima di morire un'esperienza "ineffabile" gli fa dire che "tutto ciò che ho scritto è paglia" (ironia della sorte: peccato poi che il tomismo sia diventato il dogma ufficiale...).
Occam: il rasoio...
Mesiter Eckhart: cerca per tutta la vita di parlare dell'ineffabile. La sua filosofia sembra venire direttamente dall'India: "liberazione dall'io", ineffabilità ecc. In ogni caso mi sorprende la sua non-riabilitazione visto che anche altri si sono espressi in modo simile... D'altronde il linguaggio della mistica non è da prendersi alla lettera.
Cusano: re-introduce la "coincidentia oppositorum", riflessioni interessantissime sull'onnipresenza, sull'infinito e sui problemi del linguaggio e della ragione quando si cerca di comprendere tali concetti.


@InVerno: in che senso ti ha influenzato Calvino, sono curioso  ::) ?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

InVerno

Citazione di: Apeiron il 17 Luglio 2017, 15:08:51 PM@InVerno: in che senso ti ha influenzato Calvino, sono curioso  ::) ?
Sarebbe un discorso molto lungo, al contrario sono io sorpreso che autori di letteratura non rientrino spesso in queste liste di preferiti, come se si potesse assorbire solamente dalla saggistica pura? Per me, la cocciutaggine, il valore dell'indipendenza, lo spirito anarco-borghese e boheme, l'abilità aerobica in un mondo arboreo-sottomarino, di Cosimo del Barone Rampante rimane un indelebile ideale di romantico attaccamento alla vita e al significato di se. Se dovessi scegliere un mio "eroe" molto probabilmente sceglierei proprio Cosimo, e potessi scegliere un autoritratto vorrei l'illustrazione di Roger Olmos http://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2016/04/Cosimo_cover-400x528.jpg. Come potrei tenere fuori Calvino da questa lista? - compreso che anche altri suoi romanzi hanno contribuito indelebilmente la formazione del mio mondo interiore -
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

Inverno hai ragione! Perche' limitarsi solo alla macchina? Occupiamoci anche del fantasma. Allora faccio la lista dei miei romanzi di formazione (che bel giochino apeiron).
1. La Bibbia.
2. Memorie di Adriano.
3. Il nome della rosa.
4. I promessi sposi.

Date le mie molte lune la lista potrebbe essere molto lunga, ma non vorrei tediarvi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Apeiron

#11
Citazione di: InVerno il 17 Luglio 2017, 15:49:46 PM
Citazione di: Apeiron il 17 Luglio 2017, 15:08:51 PM@InVerno: in che senso ti ha influenzato Calvino, sono curioso ::) ?
Sarebbe un discorso molto lungo, al contrario sono io sorpreso che autori di letteratura non rientrino spesso in queste liste di preferiti, come se si potesse assorbire solamente dalla saggistica pura? Per me, la cocciutaggine, il valore dell'indipendenza, lo spirito anarco-borghese e boheme, l'abilità aerobica in un mondo arboreo-sottomarino, di Cosimo del Barone Rampante rimane un indelebile ideale di romantico attaccamento alla vita e al significato di se. Se dovessi scegliere un mio "eroe" molto probabilmente sceglierei proprio Cosimo, e potessi scegliere un autoritratto vorrei l'illustrazione di Roger Olmos http://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2016/04/Cosimo_cover-400x528.jpg. Come potrei tenere fuori Calvino da questa lista? - compreso che anche altri suoi romanzi hanno contribuito indelebilmente la formazione del mio mondo interiore -

Ah scusa, pensavo l'altro Calvino (sì quello della predestinazione)  :-[ , sorry  ::) ecco... non c'è una vera ragione per cui ho ignorato la letteratura dato che è vero che spesso la saggistica è scritta in forma narrativa (vedi i Dialoghi di Platone, Zhuangzi, Pirsig...) e viceversa ci sono romanzi che sono capolavori di filosofia. Inoltre ho tirato in ballo "pseudo-filosofi" come Laozi (ammesso che sia esistito  ;D ), Buddha (idem...) e altri che sono anche religiosi. D'altronde il confine tra arte, religione e filosofia diventa alquanto labile. Personalmente ho deciso di elencare solo chi è tradizionalmente ritenuto "filosofo" altrimenti avrei dovuto elencare scrittori di narrativa (in verità di libri non di "saggistica" o "filosofici" ne leggo pochi, ciò è un limite mio...), registi di film, di serie televisive (ooops anche di anime giapponesi  ;D ).  Come ho già detto altrove d'altronde la filosofia permea un po' tutta la vita umana, quindi è chiaro che uno può essere stato ispirato da altre cose. Detto questo se volete sbizzarrirvi con anche "outsiders" fatelo pure.

Citazione di: Jacopus il 17 Luglio 2017, 17:50:36 PMInverno hai ragione! Perche' limitarsi solo alla macchina? Occupiamoci anche del fantasma. Allora faccio la lista dei miei romanzi di formazione (che bel giochino apeiron). 1. La Bibbia. 2. Memorie di Adriano. 3. Il nome della rosa. 4. I promessi sposi. Date le mie molte lune la lista potrebbe essere molto lunga, ma non vorrei tediarvi.


Ecco diciamo che la Bibbia (quel poco che ho letto) ha influenzato anche me e lo vedo come un'opera (non la definirei "romanzo", anche letteriamente per un non-credente non direi che si può definirla in quel modo) di formazione. Ma anche qui più che solo la Bibbia mi hanno influenzato due amici teologi (la entralità del tema del dono nella cristianità...).

Romanzi: "Delitto e Castigo" (Dostoevskij aveva davvero un talento speciale a indagare i misteri della coscienza umana), "Siddharta" (ecco qui avrei preferito che Hesse non lo chiamasse con lo stesso nome di Buddha, visto che quello esposto in questo libro NON è buddismo ma è molto più simile all'induismo), "La Metamorfosi" (lo "straniamento"), "Il Deserto dei Tartari" (mi ha fatto riflettere quanto la noia e l'anonimato possono essere difficili da sopportare - e quanto sia "eroico" riuscire a vivere felicemente una vita "noiosa").

Psicologia/psico-analisi (so che sono diverse): "L'interpretazione dei sogni", letture su Jung...
(
P.S. Per fare questo "giochino" mi sono ispirato a qualche topic analogo trovato su quei pochi forum filosofici anglofoni (tipo: phylosophyforums che non funziona più :( ).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

InVerno

Apeiron, capisco bene ciò che intendi  :)  Devo però a questo punto specificare che quando cito Hesse non lo faccio tanto per Siddharta, quanto per il "Lupo della steppa" e "il gioco delle perle di vetro". Siddharta in realtà mi ha lasciato abbastanza freddo a riguardo e non ho mai veramente attechito su di esso.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Apeiron

Citazione di: InVerno il 18 Luglio 2017, 00:51:55 AMApeiron, capisco bene ciò che intendi :) Devo però a questo punto specificare che quando cito Hesse non lo faccio tanto per Siddharta, quanto per il "Lupo della steppa" e "il gioco delle perle di vetro". Siddharta in realtà mi ha lasciato abbastanza freddo a riguardo e non ho mai veramente attechito su di esso.

Io del Siddharta ho apprezzato il tentativo di usare un "poema indiano" come modo di raccontare un dilemma esistenziale. Tra l'altro mi è piaciuto che Hesse ha mostrato quanto sia pericoloso essere "mistici" o "filosofi" in un'età troppo giovane. Quello che succede è che la crescita ritarda e si rimane "indietro" rispetto alle altre persone. Non a caso Siddharta (del libro) "riscopre" il "mondo" dopo aver fatto l'asceta mentre il Buddha prima è stato "nel mondo" e dopo ha fatto l'asceta. Le persone come Siddharta si annoiano del loro misticismo e/o della filosofia, tornano al mondo ma non riescono a viverci perchè in primo luogo sono troppo infantili, in secondo luogo la loro sensibilità li fa sognare, in terzo luogo la loro esperienza non riescono a condividerla con nessuno (diventa troppo personale e troppo sospesa tra un mondo e l'altro). Peccato che nella società odierna di Siddharta se ne trovano un sacco e sono proprio "pecore smarrite" (Hesse stesso d'altronde è un "Siddharta"). Io mi ci rivedo molto in lui, così come mi ci rivedo in disadattati pieni di domande esistenziali.

In Siddharta mi ci sono ritrovato molto se tralasciamo l'ascetismo che non ho mai praticato. Ma da piccolo riflettevo tantissimo, cercavo di stare ligio alle regole, alla religione ecc. Poi dall'adolescenza ho un rapporto ambivalente con tutti e con tutto e finisco per "sconnettermi" dalla realtà molto spesso. In Siddharta mi sono ritrovato molto nella sua ambivalenza.  (E con questo ho spiegato perchè Hesse mi ha influenzato: mi sento molto vicino a lui come esperienza di vita e mi è piaciuta molto l'unica sua opera che ho letto)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

davintro

premetto che non mi ritengo un esperto di nulla e che non posso onestamente dire di conoscere gli autori che indicherò nei minimi dettagli, ma che si sono rivelati degli spunti, delle fonti di ispirazioni, che poi però cerco di rielaborare soggettivamente, e amalgamare all'interno di un mio personale e modestissimo sistema di pensiero. Più che l'accuratezza filologica in questi autori cerco degli stimoli che però provo a sottoporre al vaglio del mio senso critico.

direi: le colonne della metafisica antica, Platone e Aristotele, il primo per aver colto il nesso tra intelligibilità e incorruttibilità e per aver compreso come un'autentica e razionale conoscenza non può che porre come oggetto le idee universali degli enti, mentre il contingente determina l'arbitrarietà di ogni discorso rivolto ad esso. Il secondo per aver corretto il rigido dualismo intelligibile-sensibile del primo, riferendo l'intelligibile all'immanenza degli enti, alla luce del concetto di "essenza" o "forma", cogliendo la verità del fatto che solo l'individualità esiste, e che tale individualità presuppone un principio unitivo, substrato degli accidenti, la sostanza. Inoltre per aver colto la dialettica potenza-atto, grazie a cui poter rendere ragione al tempo stesso del divenire delle cose, e al contempo del loro carattere di necessità sostanziale, senza il quale si violano i principi della logica cadendo nell'irrazionalità, superando così la contrapposizione eleatica tra essere e divenire

Poi Agostino e Tommaso, che hanno saputo rielaborare Platone e Aristotele mettendo in luce le implicazioni in chiave di spiritualità del loro pensiero, sotto l'impulso del clima culturale dominato dalla teologia cristiana. Tra i due dottori trovo più convincente Agostino, che conduce il platonismo alla coerente conclusione che la verità fondamentale ed evidente abita nell'interiorità dell'uomo, in quanto la dialettica tra intelligibili non produce conoscenze accidentali (esempio della matematica), e fornendo un validissimo contributo alla lotta contro lo scetticismo, nell'individuazione dell'autocoscienza come certezza da cui partire (si fallor sum): con Agostino l'interiorità non è qualcosa che chiude l'uomo nel soggettivismo solipsista, bensì lo apre alla relazione con l'Universalità. Inoltre la collocazione del rapporto uomo-Dio nell'interiorità, nonché il dualismo Città Celeste-Città Terrena,gettano i presupposti dell'idea moderna di laicità, in cui piano privato religioso-e piano politico pubblico, cominciano a poco a poco ad essere visti come divergenti, anche se ovviamente non credo che Agostino, figlio del suo tempo, potesse rendersi pienamente conto delle implicazioni politiche sociali della sua visione a lungo termine

Cartesio, che elabora un metodo filosofico che porta la razionalità ai suoi limiti radicali, dubitando di tutto, a ricavando la certezza del Cogito ergo sum, non in modo ingenuo, ma come conseguenza radicale di un dubitare portato alle estreme conseguenze, quindi davvero in modo critico. Il suo metodo è un inno alla libertà razionale dell'uomo, che non si sottomette alle autorità storiche, agli ipse dixit, ma valuta da sé, con la sua logica, il grado di evidenza o arbitrarietà delle convinzioni del senso comune, senza timori reverenziali. La prova dell'esistenza di Dio che parte dall'impossibilità che un ente imperfetto possa autonomamente produrre da sé l'idea di perfezione è forse l'impostazione delle prove che trovo più convincente ed a cui si ispirerà poi un grande filosofo sottovalutato come Rosmini, con la sua Idea dell'Essere, ponte tra uomo e Dio

Di Hume apprezzo la critica al concetto ingenuo di causalità, e alle fallacie logiche del metodo induttivo, che pretende di ricavare leggi generali dall'accumulo di osservazioni particolari (critica poi ripresa nel novecento da Popper e Russell), ma anche il principio della non deducibilità dei valori morali, del "dover essere", dalla mera constatazione fattuale delle cose "l'essere così come è". Di Locke il liberalismo politico, che vede lo stato non come un valore etico in sé, ma come funzione che trae la sua ragion d'essere dalla necessità degli individui di garantire i loro diritti fondamentali, l'idea che lo stato non debba imporre una religione, che resta fatto intimo, ma limitarsi a tutelare la libertà di ciascuno fintanto che non lede quella di altri

Husserl rivendica l'anelito della filosofia ad andare "alle cose stesse", a individuare un livello di evidenze universali ed essenziali delle cose, la sua "epoche" fonda l'autonomia e l'irriducibilità della filosofia rispetto alle altre scienze, in quanto il primo passo del filosofo è quello di "mettere tra partentesi" i risultati delle scienze empiriche, che possono solo limitarsi a una conoscenza che coglie contingenza fattuale delle cose, ma non i loro legami essenziali, che restano appannaggio della filosofia, che in questo modo mantiene un proprio ambito peculiare ed anzi fondativo rispetto alle altre scienze, la filosofia coglie il senso profondo delle cose, la qualità, in contrapposizione al positivismo. Husserl recupera il punto di partenza cartesiano dell'autocoscienza, approfondendolo e perfezionandolo, con l'idea di intenzionalità, con cui l'Io non è mai chiuso in se stesso, ma correlato alle oggettività noematiche. Con ciò la fenomenologia scardina il dualismo kantiano fenomeno-noumeno, in quanto l'essenza delle cose emerge proprio in quanto fenomeno oggettivo correlato degli atti soggettivi della coscienza, residuo indubitabile dell'esperienza del mondo. L'impossibilità di una conoscenza al di là della coscienza non porta al fenomenismo o solipsismo, ma ad una visione del reale più oggettiva, in quanto autocritica, nel quale l'Io invece di abbandonarsi ingenuamente al corso delle esperienze vissute, riflette sul senso della propria soggettività e trova la coscienza come dimensione trascendentale, dunque piano al cui interno individuare le varie evidenze

Edith Stein segue il metodo husserliano portandolo a conseguenze originali, un'immagine analitica e razionale dell'essere umano, sia nella sua individualità, che nella sua partecipazione ai contesti intersoggettivi (empatia, comunità, massa, società, stato) e finisce per integrare la sua ispirazione fenomenologica, razionale con il recupero dei classici del pensiero metafisico, Aristotele, Tommaso, Duns Scoto, nel contesto dell'analisi del rapporto anima-corpo, oppure di Agostino e dei grandi mistici nell'idea di un'anima che nei livelli più profondi di sé conduce l'uomo al riconoscimento della presenza di Dio e di una dimensione pienamente spirituale, che costituisce l'uomo come persona davvero libera, libertà che trova proprio nel rivolgimento dell'Io alla profonda interiorità della sua anima il suo momento fondante

Infine citerei autori italiani ingiustamente poco conosciuto come Carlini, Sciacca, Stefanini, che con molte importanti differenze fra loro, si sono impegnati nell'apprezzabile tentativo di svincolare l'Atto puro dell'idealismo gentiliano dalla sua condizione di immanenza soggettivistica, ancorandolo alla tradizione della metafisica agostiniana, cercando un'integrazione tra l'interiorità metafisica agostiniana e classica e le conquiste del pensiero moderno, cartesiano e kantiano, nel quale l'Io, più che relazione con Dio, viene posto come fondamento e garanzia della conoscenza del mondo storico, e in cui la filosofia richiede come dimensione preliminare la gnoseologia, l'analisi critica delle condizioni di conoscenza razionale. Risultato di questo tentativo di integrazione è l'idea di persona umana come dinamismo, elastico tra due polarità opposte ma complementari, finito e infinito, immanenza e trascendenza

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