Perché abbiamo paura della morte?

Aperto da Mariano, 18 Dicembre 2020, 18:22:39 PM

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Mariano

Ritengo utile interrogarsi sui motivi che ci fanno avere paura della morte:

       
  • il pensiero della sofferenza?
  • l'ignoto?
  • l'annullamento dell'io?
  • la perdita di possesso delle cose?
  • il pensiero di cose non fatte?
  • il pensiero del dolore di chi resta?
c'è altro o è tutto qui?

bobmax

I motivi elencati sono per me tutti condivisibili.
Ne aggiungerei due, che sono reciprocamente agli antipodi.

Il primo riguarda il semplice istinto di sopravvivenza. Il corpo non vuole morire, a prescindere da qualsiasi altra motivazione.
Così come il dolore fisico serve per preservare il corpo da ulteriori danni, la paura della morte è utile per evitare di esporsi a rischi di estinzione.

Il secondo è di tutt'altra natura. Riguarda infatti la consapevolezza del nostro essere gettati nel mondo.
Il mondo è ora la nostra casa. Ma non la nostra origine.
Questa origine è il Nulla.
Paura perciò metafisica.
Paura di tornare a essere ciò che siamo sempre stati: Nulla.

Quest'ultima motivazione può essere l'occasione, se si affronta la paura, per provare a trascendere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Perchè siamo poco razionali, direbbe Epicuro. La morte prima o poi arriva e con l'esaurimento delle energie vitali è pure una liberazione (Il gallo che Socrate offre ad Asclepio/Esculapio). Non la morte è razionale temere, ma i portatori di morte della nostra specie (Battiato).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: bobmax il 18 Dicembre 2020, 20:54:25 PM
...Il secondo è di tutt'altra natura. Riguarda infatti la consapevolezza del nostro essere gettati nel mondo.
Il mondo è ora la nostra casa. Ma non la nostra origine.
Questa origine è il Nulla.
Paura perciò metafisica.
Paura di tornare a essere ciò che siamo sempre stati: Nulla.

Quest'ultima motivazione può essere l'occasione, se si affronta la paura, per provare a trascendere.

Ebbene trascendiamo: la nostra origine è l'universo e tutti gli universi che lo hanno preceduto. Siamo figli delle stelle e fatti della loro stessa materia. Quando moriremo torneremo alla nostra origine. Ma nel frattempo avremo, se siamo saggi, compreso il senso di Tutto ciò e ne avremo gustato, fisicamente, l'aroma. Questo Qualcosa ci basterà - metafisicamente - per non temere il compiersi del nostro immanente destino. Lasciando spazio ad altre vite che, se lo meriteremo, porteranno con sè anche un po' della nostra, verso l'unica immortalità che ci è concessa.

La natura benigna aiuta il saggio anche nel suo esito finale. Il venir meno delle energie fisiche e mentali invoca già di suo il "dolce naufragar" nel mare universale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander

Perché il più profondo e disperato desiderio dell'uomo è quello di sopravvivere, come scrive la poetessa premio Nobel 2020 Louise Gluck:


Ho fatto un'arpa nel disastro
per perpetuare la bellezza del mio ultimo amore.
Eppure nella mia angoscia, così com'è,
rimane la lotta per la forma

e i miei sogni, se parlo apertamente,
hanno meno il desiderio di essere ricordati
che il desiderio di sopravvivere,
che è, io credo, il più profondo desiderio umano.

da "Nuovi poeti americani"

sapa

Citazione di: Ipazia il 21 Dicembre 2020, 16:58:05 PM
Citazione di: bobmax il 18 Dicembre 2020, 20:54:25 PM
...Il secondo è di tutt'altra natura. Riguarda infatti la consapevolezza del nostro essere gettati nel mondo.
Il mondo è ora la nostra casa. Ma non la nostra origine.
Questa origine è il Nulla.
Paura perciò metafisica.
Paura di tornare a essere ciò che siamo sempre stati: Nulla.

Quest'ultima motivazione può essere l'occasione, se si affronta la paura, per provare a trascendere.

Ebbene trascendiamo: la nostra origine è l'universo e tutti gli universi che lo hanno preceduto. Siamo figli delle stelle e fatti della loro stessa materia. Quando moriremo torneremo alla nostra origine. Ma nel frattempo avremo, se siamo saggi, compreso il senso di Tutto ciò e ne avremo gustato, fisicamente, l'aroma. Questo Qualcosa ci basterà - metafisicamente - per non temere il compiersi del nostro immanente destino. Lasciando spazio ad altre vite che, se lo meriteremo, porteranno con sè anche un po' della nostra, verso l'unica immortalità che ci è concessa.

La natura benigna aiuta il saggio anche nel suo esito finale. Il venir meno delle energie fisiche e mentali invoca già di suo il "dolce naufragar" nel mare universale.
Ciao Ipazia, sono d'accordo del tutto con te. Mi rimane, però, un dubbio su quel "se lo meriteremo", che a mio avviso suppone un grado di giudizio, che non saprei a chi ascrivere.

bobmax

Citazione di: Ipazia il 21 Dicembre 2020, 16:58:05 PM
Citazione di: bobmax il 18 Dicembre 2020, 20:54:25 PM
...Il secondo è di tutt'altra natura. Riguarda infatti la consapevolezza del nostro essere gettati nel mondo.
Il mondo è ora la nostra casa. Ma non la nostra origine.
Questa origine è il Nulla.
Paura perciò metafisica.
Paura di tornare a essere ciò che siamo sempre stati: Nulla.

Quest'ultima motivazione può essere l'occasione, se si affronta la paura, per provare a trascendere.

Ebbene trascendiamo: la nostra origine è l'universo e tutti gli universi che lo hanno preceduto. Siamo figli delle stelle e fatti della loro stessa materia. Quando moriremo torneremo alla nostra origine. Ma nel frattempo avremo, se siamo saggi, compreso il senso di Tutto ciò e ne avremo gustato, fisicamente, l'aroma. Questo Qualcosa ci basterà - metafisicamente - per non temere il compiersi del nostro immanente destino. Lasciando spazio ad altre vite che, se lo meriteremo, porteranno con sè anche un po' della nostra, verso l'unica immortalità che ci è concessa.

La natura benigna aiuta il saggio anche nel suo esito finale. Il venir meno delle energie fisiche e mentali invoca già di suo il "dolce naufragar" nel mare universale.

Non siamo figli delle stelle, siamo figli del Nulla.

Ed è il Nulla in cui è dolce naufragar.

Se si resta aggrappati alla materia delle stelle, non si naufraga dolcemente, solo si affoga.

Se viceversa si accetta la nullità della nostra essenza, allora è la pace.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: sapa il 22 Dicembre 2020, 17:12:11 PM
Ciao Ipazia, sono d'accordo del tutto con te. Mi rimane, però, un dubbio su quel "se lo meriteremo", che a mio avviso suppone un grado di giudizio, che non saprei a chi ascrivere.
Ai posteri, l'ardua sentenza, come disse un poeta di una celebrità storica. Ma, in una sfera più intima e importante, noi siamo impasto di stelle e cure parentali, che si estendono fino alla maieutica in circoli sempre più ampi. In tale ardua impresa c'è chi merita e chi demerita. E la storia che ci sopravviverà ne tiene conto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Mariano

Non penso di avere sbagliato nell'inserire questo argomento in "percorsi ed esperienze", ma i contributi ricevuti a mio avviso spostano il tema in un argomento filosofico/spirituale.
Il mio intento era invece solo di stimolare il lettore ad interrogarsi sui motivi elencati (ai quali ora aggiungo il pensiero di essere soli con la morte) per elaborarli con l'obiettivo di morire il più tardi possibile in serenità.

viator

#9
Citazione di: Mariano il 25 Dicembre 2020, 18:40:16 PM
Non penso di avere sbagliato nell'inserire questo argomento in "percorsi ed esperienze", ma i contributi ricevuti a mio avviso spostano il tema in un argomento filosofico/spirituale.
Il mio intento era invece solo di stimolare il lettore ad interrogarsi sui motivi elencati (ai quali ora aggiungo il pensiero di essere soli con la morte) per elaborarli con l'obiettivo di morire il più tardi possibile in serenità.

Salve Mariano. Beh, la morte sarebbe un argomento così universale, onnipresente, CONCLUSIVO cheil forzarne la trattazione ad uno solo o pochi ambiti.......è tentativo sicuramente vano. Figurati che io intervenni immediatamente quanto lanciasti il presente topic, ma il mio stringatissimo parere contenente una supplementare motivazione di riflessione sulla morte stessa.......mi venne cancellato dallo zelante moderatore di turno, forse perchè di umorismo troppo macabro (l'intervento, non il moderatore).

D'altra parte tu avresti voluto che si prendesse posizione circa una serie di aspetti psicologici che ci presentati e che qui sotto replico :

Ritengo utile interrogarsi sui motivi che ci fanno avere paura della morte:

       
  • il pensiero della sofferenza?
  • l'ignoto?
  • l'annullamento dell'io?
  • la perdita di possesso delle cose?
  • il pensiero di cose non fatte?
  • il pensiero del dolore di chi resta?
ai quali hai appena aggiunto la possibile "paura della solitudine" (superfluo doppione dell'"annullamento dell'io", scomparendo il quale sarebbe impossibile provare della solitudine).

Esaminando con più ordine il tuo elenco (cosa che finora nessuno ha voluto fare). emergerebbe che :


       
  • la sofferenza fa parte della vita e non della morte, la quale semmai ne costituisce il contrario o la liberazione !
  • l'ignoto, di per sè. deve risultare psichicamente indifferente in quanto potrebbe risultare tanto fonte di felicità che di paura, poichè ciò appunto ignoriamo !
  • la prospettiva dell'annullamento dell'io, invece, è la vera unica fonte della paura della morte. Infatti alla base del nostro psichismo sta appunto l'istinto di sopravvivenza, il quale esiste per opporsi con tutti i mezzi a tale prospettiva. Infatti per ciascuno risulta impossibile concepire un mondo privo di sè stessi.
  • la perdita di possesso delle cose è motivazione da minorati mentali. Ovviamente, morendo, si perde la possibilità di godere di ciò che si ha (forse intendevi dire ciò) e quindi che cce frega de possedere ??.
  • il pensiero di cose non fatte : anche questo altra non sarebbe che il "rovescio" della medaglia : la paura di non poter fare ciò che ci è già fatto o di non poter far dell'altro........altro non è che il DESIDERIO (cioè il contrario della paura) di poter continuare a VIVERE, quindi appunto non propriamente la paura di morire.
  • Il pensiero del dolore di chi resta : questa, assieme all'annullamento dell'io, è l'unica remora che potrebbe giustificare emozionalmente ed insieme razionalmente il timore della morte.
  • La paura della solitudine (a parte il suo aspetto di "doppione" della perdita dell'io) è aspetto che si presta anch'esso all'umorismo macabro : se a contatto con la morte ci si sente soli..............vuol dire che non ci si sente in due, quindi........o manca il morto o manca la morte !. Saluti e.............su con la vita ! Auguroni !!
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

doxa

#10
Paura della morte ?


Se ci si abitua a pensarla spesso, quando è il momento del "trapasso" la si accetta senza porsi molte domande.

Nel passato era difficile arrivare alla vecchiaia.


Nella letteratura medievale era nota la necessità di prepararsi spiritualmente alla propria morte, ma prima del XV secolo non c'era la  tradizione letteraria sul come prepararsi per morire, cosa significasse morire in un buon modo o come fare. I rituali e le consolazioni sul letto di morte erano generalmente riservati al servizio sacerdotale.


L'Ars moriendi era una risposta della  Chiesa cattolica alle mutate condizioni causate dalla peste nera.


Ars moriendi: ("L'arte di morire") è il titolo  di due testi in lingua latina correlati. Furono scritti tra il 1415 e il 1450, periodo della "peste nera" con conseguenti rivolte popolari.


I due opuscoli contengono consigli procedurali per la "buona morte", su come "morire bene" secondo i precetti cristiani del tardo Medioevo.  Ebbero diffusione  dal XV secolo. Per il contenuto sembrano risalire alla predicazione dei francescani e dei domenicani, specialmente tedeschi

Le epidemie di peste del XV secolo falcidiarono anche gli ecclesiastici e ci vollero alcune generazioni per sostituire la quantità e la qualità dei clerici.


Il cristianesimo pretende che il pensiero della morte  sia sempre presente nei pensieri dei credente.

doxa

Dalla seconda metà del '400 e nel '500  anche noti personaggi  pubblicarono le loro riflessioni sull'arte del ben morire, per esempio Girolamo Savonarola, Martin Lutero, il cardinale Roberto Bellarmino.


Nel 1534 il filosofo e teologo Erasmo da Rotterdam pubblicò il "De praeparatione ad mortem", nel quale dice, tra l'altro, che la vita onesta prepara alla morte serena e indica due "cure" contro la paura del "trapasso":


una invita il lettore a percorrere mentalmente le tappe della propria esistenza per rendersi conto della sua caducità e di quanto sia colma di preoccupazioni e di dolori;


l'altra si incentra sulla fede in Dio, unica difesa atta a sconfiggere i limiti, le imperfezioni e la fragilità della condizione umana.


L'Ars moriendi propone anche rimedi per liberarsi dalla paura della morte spirituale, la cosiddetta "seconda morte" che condanna alle pene eterne dell'inferno.


La finalità del "ben morire" interagisce con quella dell'ars vivendi intesa come educazione alla vita.


Per superare il timore del "momento del commiato" ;D Erasmo consiglia i precetti divini che è necessario seguire per affrontare serenamente l'esistenza.





doxa


Guido Cagnacci, "Allegoria della vita umana", olio su tela,  1650 circa,  Fondazione Cavallini-Sgarbi, Ferrara.


Il pittore in questo dipinto vuol rappresentare la bellezza femminile  come allegoria della vita umana.

Il corpo seminudo della giovane con lo sguardo in estasi evoca l'erotismo, ma sono presenti anche  altri simbolismi.


1. Sospeso in aria, sopra il capo della donna c'è  l'immagine dell'uroboro, il serpente che si morde la coda e forma un cerchio che simboleggia la vita eterna, l'eterno ritorno.


2. La ragazza con la mano sinistra sollevata in alto sorregge la clessidra, che  simboleggia il tempo che corre e la transitorietà della vita. 


3. Nella mano destra, tra il pollice e l'indice  regge  due gambi, quello di una rosa e quello di un soffione.  Li tiene con le dita congiunte in modo da alludere all'unione sessuale, al desiderio, sul quale il tempo è implacabile.


La rosa è simbolo dell'amore che trionfa; è legata alla mitologia di Venere e Adone. 
Il bocciolo ben chiuso evoca la castità femminile mentre larosa sbocciata rappresenta bellezza giovanile.


Nel linguaggio dei fiori il "soffione" (taraxacum officinale) simboleggia la speranza e la fiducia, ma è anche collegato al viaggio e al distacco come metafora della vita. 


4. Il tempo renderà la testa di  questa giovane un teschio, simbolicamente collegato alla fugacità della vita e alla morte.


L'autore del dipinto, Guido Cagnacci, esponente del Barocco italiano, nei suoi quadri collegò spesso  l'immagine del teschio con quella di una bella donna, come per invitare l'osservatore a riflettere sulla caducità della bellezza e a farsi coinvolgere dall'eros.

leibnicht1

Paura della morte...? No, la morte è il premio della vita, come la notte è il premio del giorno.
In solchen Augen sind verzauberten Seen

doxa


Leib, non sono d'accordo con la tua opinione.


La morte è il premio della vita per chi vive in modo disperato.


Le persone "normali" non aspirano alla morte. Ma questa verrà per tutti e non come "premio"; non  tutti si rassegnano, perciò si appigliano alla speranza, all'illusione religiosa nell'aldilà.


Alla notte segue il premio del giorno ?


Non capisco se questa tua affermazione è intrisa di religiosità o che altro.


Per me il susseguirsi del giorno e della notte è soltanto un evento astronomico.


La Terra ruota sul proprio asse  di rotazione immaginario, dal quale deriva il giorno e la notte. E' il tempo che la Terra impiega per completare un intero giro di rotazione.


Col suo moto di rotazione la Terra espone gradualmente al Sole tutte le parti della sua superficie. E in questa meccanica celeste non c'è poesia, non c'è religione.

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