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Nun Me Scuccia'

Aperto da acquario69, 25 Giugno 2016, 05:51:44 AM

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acquario69

il non-luogo... o della surmodernità 

I non-luoghi sono definiti, in contrapposizione ai luoghi, come spazi che hanno come caratteristica quella di non essere identitari, relazionali, storici. Nel senso che non generano identità tra i loro frequentatori, sono fruiti in solitudine, non hanno collegamento con il passato inteso come vincolo storico di un paese o di una comunità. 
Esempi di non-luoghi ce ne sono moltissimi ma i centri commerciali sono i più evidenti e paradigmatici. 
I centri commerciali sono degli spazi in cui singoli individui si incontrano senza creare una particolare affinità, senza entrare in relazione, senza che ci siano dei collegamenti con il passato, ma anche con l'esterno. 
Sono il frutto di quell'individualismo solitario di massa, basato sul frammentario, sul provvisorio, sul passeggero. Rappresentano secondo Augè quella società che lui definisce della surmodernità. 
Sono dei mondi fruibili in un presente immobile, atemporale, privo di modificazioni reali che ci distrarrebbero dallo scopo per cui sono stati pensati: consumare compulsivamente. 
Non solo di nascita di non-luoghi bisogna parlare ma di come molti luoghi si stanno trasformando in non-luoghi. 
Questa trasformazione di luoghi in non-luoghi è ben più carica di conseguenze negative della nascita di nuovi non-luoghi. 
Un luogo può ben essere rappresentato da una città (o da un suo quartiere) come noi la conosciamo. Un'entità circoscritta geograficamente ma connessa con luoghi limitrofi collegati tra loro, carica di relazioni di tipo diverso: economiche, commerciali, sociali. 

- Un luogo può lentamente essere trasformato in un non-luogo. 

Basta svuotarlo progressivamente dei suoi significati molteplici e stratificati e puntare solo su uno di questi. Così un quartiere del Centro può diventare solo un contenitore di uffici. I bar, i ristoranti, i negozi si adeguano rimanendo aperti solo in certi orari, in certi giorni, si specializzano vendendo solo certe merci e i cittadini, ivi residenti, migrano verso le periferie residenziali spopolandoli. Così un luogo, un quartiere del centro, vitale proprio perché pieno di molteplici significati si trasforma in un non-luogo: un quartiere direzionale in cui l'unico significato è l'ambito lavorativo. Anche i cittadini, che prima erano presenti, vengono sostituiti da non-cittadini, gli impiegati del neonato Centro Direzionale che non vivono il luogo, ma semplicemente lo calpestano trovandocisi. 
Ma quali caratteristiche ha un luogo trasformato in non-luogo? E quali conseguenze porta tale trasformazione?
Un non-luogo viene non-vissuto da non-cittadini Un non-luogo, come dicevo, ha un solo significato, quello affaristico per il Centro Direzionale che ho utilizzato per l'esempio di poco sopra, oppure quello economico per un Centro Commerciale o quello estetico per un Centro Fitness. Per questo un non-luogo non viene vissuto da cittadini ma usato o fruito da consumatori. Da questo punto di vista anche un quartiere residenziale periferico ha le stesse caratteristiche degli altri non-luoghi descritti: il non-cittadino lo raggiunge solo per dormirci. Lo usa come un consumatore, usufruisce di un servizio acquisendo un diritto di asilo permanente (se acquista una casa) o temporaneo (se è in affitto), come quando in un'altra città affitta una stanza in un albergo.
 
- Un non-luogo viene non-frequentato da non-visitatori 

Un non-luogo è dunque non-frequentato da non-visitatori, distratti fruitori disinteressati, che se ne fregano di creare un legame (non-frequentano appunto) con il non-luogo se non attraverso la dialettica temporanea, frammentaria, solitaria, provvisoria del "io compro tu vendi". 

- I non-visitatori spendono non-denaro nelle molte non-attività commerciali
 
Questi distratti fruitori acquistano con del non-denaro (privo di valore perché non genera ricchezza) merci tutte uguali stipate in negozi che costituiscono delle non-attività commerciali. I negozianti trasformati in semplici gestori di loghi trasformano i loro negozi in non-negozi, dove la merce venduta si trasforma in non-merce e ciò che si acquista è la griffe. 

- Il non-denaro genera non-ricchezza 

Il non-denaro genera non-ricchezza perché il non-visitatore è responsabile di un costo superiore rispetto a quello che ha comprato. La ricchezza generata dall'acquisto di un gelato, ad esempio, è azzerata e resa negativa dalle cartacce e dal cono spiaccicato che l'acquirente ha lasciato per la strada (e che vanno rimossi), dalla quantità di monossido di carbonio che ha riversato nell'atmosfera per giungere al non-luogo e trovare parcheggio e così via.
 
- La non-ricchezza procura non-benessere e non-qualità della non-vita 

La presunta ricchezza del quartiere o della città trasformati in non-luogo generata dalle attività commerciali non produce benessere per la collettività residuale che invece ne sopporta i costi e il degrado. 

- Un non-luogo viene amministrato da un non-governo cui si contrappone una non-opposizione
 
Per amministrare un non-luogo è necessario un non-governo perché ciò che deve essere assicurato non è tanto lo sviluppo ed il benessere della cittadinanza (quella rimasta e che si assottiglia sempre di più, ha sempre meno potere decisionale) quanto la configurazione del non-luogo in modo che possa attirare i non-visitatori. Complementare al non-governo è la non-opposizione che serve per dimostrare unicamente l'esistenza di una dialettica di tipo democratico che non c'è più. La non-opposizione spalleggia nel processo di trasformazione il non-governo, proponendo modelli identici al massimo raggiungibili con modalità diverse. 

- Un non-governo non-sceglie 

Un non-governo fa scelte che vanno nella direzione della trasformazione (dunque non-sceglie), delibera di compiere opere di pura superficialità che hanno come scopo la creazione di un packaging invitante per i non-visitatori, riscuotendo tasse sempre più esose, trasformate in non- tasse perché sempre meno utili per i cittadini (residui), visto che sono utilizzate al solo scopo di trasformare il luogo in non-luogo. 
A questo punto ci troviamo in questa situazione: 
siamo diventati (ammesso che abitiamo ancora nel quartiere trasformato in non-luogo) non-cittadini che non-vivono un non- luogo preso d'assalto da non-visitatori che con il loro non- denaro acquistano in non-negozi delle non-merci. Queste attività producono non-ricchezza che genera non-benessere. Tutto questo non- processo è guidato da un non-governo che non-sceglie coadiuvato da una non-opposizione che si non-oppone. 

- Siamo costretti alla fine a vivere una non-vita. 

Questo è il vero problema della continua trasformazione di luoghi carichi di significato e di relazioni molteplici in non-luoghi: contribuire ad allargare le zone plastificate, nullificate, annientate, prive di senso (se non quello mercantile). Le estreme pessimistiche conseguenze di questa estensione di non-senso sono le stesse che producono l'idea globalizzata della necessità di un governo mondiale che legiferi su tutto il Globo. Un unico enorme Stato mondiale....popolata da non-persone (corsivo sottolineato mio) 

Vivendo nei non-luoghi 

La definizione di non-luogo fu coniata quindici anni fa, dall'antropologo Marc Augè, che in un suo libro parlava di questa nuova categoria della realtà. Ma cosa sono i non-luoghi? 
Un non-luogo è, ad esempio, un ipermercato. Di ipermercati, tutti grandi ed immensi, sono piene le nostre città. Sorgono come funghi ed al loro interno possiamo trovare negozi di ogni tipo: ristoranti, cinema, bowling. Ecco... un ipermercato, è un non-luogo che contiene tanti non-luoghi. E perché sono non-luoghi? Augè li definisce tali poiché, ad occhio distratto, non possiamo certo capire se ci troviamo ad esempio in un ipermercato romano oppure in uno francese. Un non-luogo non ha tratti distintivi, un non-luogo assomiglia "terribilmente"a tutti gli altri non-luoghi presenti sul pianeta. Un non-luogo è la perdita della nostra identità, per sostituirla con un'altra: inesistente, fredda, non-viva. 
Siamo immersi nel non-luogo e nel non-vita. 
Oggi decido di recarmi nel grande ipermercato che hanno appena aperto e, come tutti gli immensi ipermercati che nascono, dicono che sia il più grande di Europa. Prendo la mia macchina, non-luogo per eccellenza, che per essere sempre più morta e impedirmi di comunicare con l'esterno è accessoriata con l'aria condizionata ed i vetri oscurati.  
Mi infilo nell'autostrada, non-strada per eccellenza  e mi trovo in mezzo ad un traffico allucinante, situazione non-di merda ma di più, dove oltre ad esaurirmi e rovinarmi la giornata, dimentico di avere le gambe per camminare, dei polmoni per respirare e l'inutile parco vicino casa mia, che presto sarà distrutto per costruire l'ipermercato più grande del mitteleuropeo. 
Arrivato finalmente a destinazione, sono pronto a camminare per ore in questo posto chiuso, condizionato, con la musica a palla, vedendo quei vestiti tutti in serie, quelle facce tutte uguali. Dopo essermi stremato dalla fatica, tornerò a casa, mi rimetterò nel mio non-mezzo, mi ributterò in quella non-merda ma super-merda di traffico, e la sera sarò pronto per consumare i miei non-cibi acquistati nel non-mercato di quel non-luogo. 
Questa è la simpatica situazione che milioni di persone scelgono (!) di vivere tutti i fine settimana della loro vita. Ma gli esempi dei non-luoghi sono veramente numerosi: perché non parlare di coloro che scelgono di andare su un'isola del Pacifico soggiornando, però, in un villaggio turistico italiano, dove tutti parlano italiano, e (naturalmente!!) mangiano anche italiano. Questo è un bell'esempio di non-vacanza! 
Insomma, per farla breve, ricominciamo a frequentare i luoghi. Che siano i mercati rionali, che siano gli stadi, che siano i parchi, che siano i bar di quartiere, che siano gli autobus puzzolenti di Roma. Cribbio!!! Facciamo qualcosa...... Proviamo a disegnare, cucinare, cantare, spazzare senza l'odioso folletto made in china di mia madre. Impariamo di nuovo i nostri dialetti. .... 

Fonte:
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=20357 
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=13772 

donquixote

I non-luoghi e tutti gli altri "non" elencati non sono altro che i frutti bacati e velenosi dell'albero della "non-cultura", come da svariati anni definisco quella occidentale. La non-cultura è quella visione del mondo che ha frammentato il sapere al punto di conferire dignità ad ogni "conoscenza" personale e individuale che potrà costituzionalmente strutturarsi in "way of life". Una visione che in nome del "progresso" e dello "sviluppo", concetti tanto apprezzati e citati quanto profondamente incompresi o piegati a meri interessi di convenienze di parte, ha prima disconosciuto e poi negato i più basilari fondamenti di tutte le culture come il principio di identità e quello di non contraddizione. I tanto decantati "valori" del cosiddetto "illuminismo", che può definirsi tale solo in un mondo rovesciato mentre in un mondo diritto si chiamerebbe oscurantismo, hanno posto le basi di questa inversione, atto finale di una degenerazione che è vecchia di millenni, e quanto l'invincibile tarlo della modernità abbia eroso le menti di chiunque lo si nota dal fatto che quasi tutti coloro che criticano i suoi frutti velenosi tentano comunque di salvaguardarne l'albero chiamando "postmodernità" o "surmodernità" gli effetti di questa disastrosa crisi di umanità, chè altrimenti non avrebbero più nulla a cui restare intellettualmente aggrappati.


Il materialismo, il meccanicismo, l'individualismo, il liberalismo, il laicismo e tutte le ideologie moderne sono nei fatti le ruspe della cultura, che hanno spazzato via ogni valore in cui i popoli potessero riconoscersi, ogni spirito comunitario, ogni principio di unità, ogni verità, per lasciarci in eredità solo distruzione culturale. La "morte di Dio" proclamata da Nietzsche che è nei fatti, come afferma il folle al mercato, un assassinio perpetrato dagli archetipi della modernità, ha avuto come effetto l'entropia culturale, un metacaos senza alcuno scopo se non l'agitazione permanente alla ricerca del disordine perfetto, la morte assoluta. Il gregge dei non-uomini abitatori dei non-luoghi della modernità segue a testa bassa e in silenzio "pastori" che sono il paradigma perfetto della disumanità moderna poiché molto più simili alle macchine che agli uomini, tanto che si fatica sempre più a comprendere se siano le macchine ad essere generate da loro oppure l'inverso; tecnocrati e specialisti di ogni sorta e genere che menano vanto della propria non-umanità e l'unica cosa che sanno fare bene è ridurre in polvere ogni seme di verità, anziché coltivarlo come hanno sempre fatto gli uomini.



Una cultura, che ha lo scopo di porre in relazione gli uomini fra loro tanto da farne un popolo e relazionare quest'ultimo con il mondo e il sovramondo, è stata sostituita da una sua mostruosa parodia, fondata sulla prevalenza della materia rispetto allo spirito, sulla prevalenza dell'azione rispetto al pensiero, sulla prevalenza dell'uomo rispetto all'ambiente, sulla prevalenza dell'utilità rispetto alla verità, sulla prevalenza dell'interesse rispetto alla giustizia, sulla prevalenza della competizione rispetto alla collaborazione, sulla prevalenza dell'individuo rispetto alla comunità, sulla prevalenza dell'uguaglianza rispetto alla gerarchia, popolando quindi il mondo di non-uomini, automi dediti esclusivamente a consumare il mondo e se stessi con lo stesso zelo, le stesse ragioni e gli stessi ideali con i quali un macinino da caffè scarico macina aria.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

acquario69

Premessa:  :)  (due punti e a capo)
In seguito agli ultimi avvenimenti che non fanno altro che confermare cio che persone decisamente più lungimiranti di me avevano già capito da tanto tempo,faccio un ripassino ad uso personale  :)  (qui sotto)... come usava farlo anche la mia maestra delle elementari.. per rinfrescare la mia gia debole memoria (anzi per la verità cortissima  :( )...ed ahimè mi hanno pure diagnosticato un forte calo della vista, che non riesco più a vedere manco a distanza del mio misero ombelico! ::) cosi che per leggere (ma sopratutto capire quello che leggo) sarò costretto a infilarmi un paio di occhiali cosi spessi che le lenti sembrano due fondi di bottiglia
Povero me!...ma non voglio essere compatito..sarebbe solo tempo sprecato...del resto fa solo parte del mio percorso e della mia esperienza.


A poche ore dalla tragedia del crollo del viadotto Morandi a Genova, la prima riflessione di molti cittadini italiani sta andando alla questione tutt'altro che secondaria della privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici. I numerosi crolli di viadotti, strade, scuole, infrastrutture del paese, da sempre giustificata con i vincoli di bilancio, con il debito pubblico, con le richieste di austerity da parte dell'Europa, ci sta mostrando due fatti evidenti: che se non si spende in infrastrutture e manutenzione si mette in pericolo la vita delle persone, il turismo e l'economia di intere zone; e poi che la semplice privatizzazione di infrastrutture lucrose come le autostrade non porta con sé i meravigliosi benefici promessi dalla propaganda neoliberista degli anni '80 e '90, con la sua retorica del "privato è bello", della maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico, dei vantaggi per gli utenti. La verità è che con le privatizzazioni si sono spesso creati monopoli, posizioni di rendita di tipo feudale e ingiustificati guadagni per poche famiglie ricche e strettamente legate con i vertici della politica nazionale e internazionale, a danno dei cittadini, che pagano pedaggi assurdamente costosi a fronte di un servizio tutt'altro che ineccepibile.
In Italia i principali gruppi privati concessionari delle autostrade sono il Gruppo Gavio (che è il quarto operatore al mondo nella gestione di autostrade a pedaggio con un network di circa 4.156 km di rete e che in Italia, attraverso la società Sias,gestisce circa 1.423 km di rete, fra i quali l'autostrada Genova-Ventimiglia), e il gruppo Atlantia, di proprietà dei Benetton. Un articolo de "Il Fatto Quotidiano" di qualche mese fa, a firma di Fabio Pavesi, metteva in evidenza gli enormi profitti del gruppo Atlantia (le autostrade italiane fino al 1999 furono di proprietà pubblica, del gruppo Iri, con il nome di Società Autostrade, diventata poi nel 2003 Autostrade per l'Italia S.p.A, 100% di proprietà del gruppo Atlantia, che gestisce autostrade a pedaggio anche in altri paesi). Per essere precisi, 1,9 miliardi di utile operativo solo nel 2017 e solo per Autostrade per l'Italia S.p.A e un utile netto di 972 milioni in crescita del 19% sul 2016. Quale vantaggio ne viene ai cittadini italiani? Ovviamente nessuno. La autostrade a pedaggio sono una gallina dalle uova d'oro ad esclusivo appannaggio di potenti gruppi industriali, in assenza di qualsivoglia criterio di efficienza (come periodicamente si legge nelle riflessioni degli economisti più attenti, per esempio in questo articolo de "Il Sole 24 Ore").
Molti ormai cominciano a rimpiangere i tempi dell'Iri, quando era lo Stato a gestire l'immenso patrimonio delle grandi infrastrutture del paese. E molti si chiedono per quale ragione si dovrebbe continuare così. Riflettendo in questi giorni sulle profetiche analisi del sociologo ungherese Karl Polanyi, scritte nel 1944 e pubblicate nel volume "La grande trasformazione", mi chiedo se il neoliberismo, con i suoi miti di libertà d'impresa, competizione, privatizzazione, deregolamentazione, sia compatibile con la democrazia in generale e con la Costituzione italiana in particolare. La domanda non è originale e la risposta in certa misura è scontata, per chi frequenta la ricca letteratura al riguardo, ma non credo sia inutile ripercorrere le ragioni per le quali la risposta non può che essere negativa. Da queste ragioni deve derivare infatti un giudizio storico e politico nettissimo sulla classe dirigente che ci ha governato dagli anni '80 in poi e la motivazione chiara a ribellarci ad uno stato di cose non più tollerabile. Il neoliberismo ha fatto fortuna, anche nelle masse, equivocando sulla parola "libertà". Chi non èsensibile alle infinite promesse di una parola tanto pregnante? Chi non vorrebbe essere libero? Il problema è però è duplice: quale libertà? E la libertà di chi?
La visione liberale dello Stato si fonda sulla difesa delle libertà civili e politiche: libertà di coscienza, di riunione, di associazione, di espressione, eccetera. Esistono però, osserva Polanyi, anche le libertà negative: la libertà di sfruttare i propri simili, di sottrarre all'utilizzo comune scoperte tecnico-scientifiche per proteggere interessi privati, di trarre profitti da calamità collettive, di inquinare l'ambiente. Nell'economia capitalista, queste due forme di libertà sono i due lati della stessa medaglia. Si potrebbe ipotizzare, continua Polanyi, una società futura nella quale le libertà "positive", accompagnate da una regolamentazione adeguata, possano essere estese a tutti i cittadini. "Regolamentare" vuol dire porre limiti ai privilegi di una minoranza, proteggere i più deboli dal potere soverchiante di chi detiene la proprietà, correggere gli squilibri economici e sociali, controllare e sanzionare i comportamenti dannosi alla collettività, permettere a tutti i cittadini, anche a quelli svantaggiati, di esercitare le libertà "positive". Questa società futura sarebbe libera e giusta insieme.
Ma ad impedire questo esito (la diffusione della libertà) è proprio l'"ostacolo morale" dell'utopismo liberale (quello che chiamiamo "neoliberismo"), di cui lui riconosceva il massimo esponente nell'economista Von Hayek. La visione neoliberista è utopica perché predica l'assenza del controllo e dell'intervento dello Stato in ambito economico e sociale, proprio mentre invoca l'esercizio della forza e anche della violenza dello Stato a difesa della proprietà. Detto in parole povere, per il neoliberismo lo Stato è al servizio della proprietà individuale e della libera impresa, cioè di quei pochi che non hanno bisogno di incrementare il proprio reddito, il proprio tempo libero e la propria sicurezza, e agisce a svantaggio delle libertà di tutti gli altri. La libertà neoliberista è solo prerogativa dei ricchi (anche se a parole è disponibile a tutti) e non può essere estesa a tutti, perché questo minaccerebbe la proprietà. Chi è povero lo è per colpa sua ed è solo un perdente nella competizione per la ricchezza. La libertà è in sostanza la libertà di arricchirsi senza vincoli né regole. Il neoliberismo (l'utopismo liberale),concludeva Polanyi, è intrinsecamente e incorreggibilmente antidemocratico e autoritario, perché piega lo Stato a difendere gli interessi di una minoranza a danno della maggioranza.
Non per nulla il primo esperimento di Stato neoliberista fu il Cile di Augusto Pinochet, dove "libertà" significava azzeramento dei sindacati e dei diritti delle comunità, privatizzazioni selvagge, liberalizzazioni finanziarie e repressione delle libertà civili. Qui il neoliberismo si sposa con il fascismo. Ma c'è anche un modo meno cruento per effettuare un colpo di Stato: corrodere un giorno dopo l'altro, per decenni, i diritti e i redditi dei cittadini, asservirli al potere finanziario, vincolarli a norme-capestro che li rendano schiavi di interessi estranei, modificare la Costituzione a danno della sovranità popolare, indebolire i lavoratori e i sindacati, assecondare gli interessi dei più forti, non intervenire a ridurre le disuguaglianze, privatizzare i beni pubblici, ridurre la spesa sociale, distrarre continuamente l'attenzione pubblica con falsi problemi e individuare sempre nuovi bersagli per la rabbia popolare, colpevolizzare i cittadini per la loro condizione e controllare i mass-media, in modo che veicolino continuamente la visione che più fa comodo ai manovratori (quella che Marcello Foa ha chiamato "il frame", la cornice), martellare per anni e decenni i cittadini con un linguaggio economicista pieno di concetti come imprenditorialità, libertà d'impresa, debiti e crediti, competizione, eccetera – insomma costruendo un'ideologia che giustifichi e renda accettabile la progressiva riduzione in schiavitù di interi popoli, tenendone a bada l'inevitabile scontento con il senso di colpa, la paura e la menzogna.
Questo è ciò che è successo da noi in questi ultimi decenni. Questo è l'imperdonabile tradimento della Costituzione e dei suoi valori realizzato da una classe politica avida e asservita a gruppi di potere nazionali e sovranazionali che l'hanno telecomandata a danno nostro. Il neoliberismo non è solo di una teoria economica, ma di un modello complessivo di società, sorretto da un poderoso e contraddittorio apparato ideologico, incompatibile con la democrazia, come sono incompatibili con la democrazia i monopoli privati di beni collettivi. Il viadotto di Genova è un simbolo di ciò che deve finire in Italia e nel mondo se vogliamo avere un futuro democratico. La globalizzazione neoliberista, che esalta il libero mercato, mentre mira acostituire monopoli e posizioni di forza, sta mettendo in ginocchio interi popoli. Povertà e disuguaglianza aumentano di giorno in giorno a livello globale. Non è più accettabile mantenere in piedi privilegi feudali, massacrando sogni e speranze di miliardi di persone.
Il filosofo John Rawls sosteneva che una disuguaglianza è accettabile solo se migliora anche le condizioni di chi ha di meno. La ricchezza non è un male, ma lo è l'ingiusta distribuzione di essa. La libertà senza giustizia sociale è solo un guscio vuoto e uno specchio per le allodole. Questo dice in sostanza la nostra Costituzione. Se la vogliamo difendere, dobbiamo consegnare al passato il neoliberismo, memori della sofferenza e dei disastri che ha provocato. Non vedo altra via d'uscita dal tunnel nel quale ci troviamo. Deve essere lo Stato a regolare l'economia e il fine dell'economia deve essere il benessere dei cittadini. Il mercato non è in grado di autoregolarsi affatto e laddove i governi sono collusi con i potentati economici stanno tradendo la sovranità popolare. Non dimentichiamoci la frase pronunciata dal miliardario Warren Buffett (il terzo uomo più ricco al mondo) a proposito della diminuzione delle tasse per i ricchi: «La lotta di classe esiste e l'abbiamo vinta noi». Tanto per ricordarci di che cosa c'è in gioco: non la lotta contro la ricchezza, ma la lotta contro una visione predatoria della ricchezza e contro la menzogna che ci rende schiavi da troppo tempo di un'élite che ha consapevolmente e pazientemente costruito il mondo squilibrato nel quale ci troviamo – di cui troviamo il ritratto nel libro di Gioele Magaldi, "Massoni: società a responsabilità illimitata", editore Chiarelettere.

Fonte:
http://www.libreidee.org/2018/08/disastro-privatizzato-cosi-il-neoliberismo-ci-crolla-addosso/

viator

#48
Salve. In astratto il tema economia di Stato/economia privata è uno dei più importanti dell'economia e della filosofia politica.

Purtroppo nella realtà del nostro Paese esso si riduce alla contemplazione del grado di maturità democratica di una società.

Da noi il nazionalizzare un'attività significa condannarla all'inefficienza, rassegnandoci a doverne pagare di tasca nostra gli sprechi e le distrazioni di fondi per scopi non efficientistici.

Viceversa il privatizzarla significa vederla produrre degli utili che andranno a vantaggio dei privati investitori.

Se poi anche il privatizzato non riuscisse a risultare efficiente.....sempre e comunque peggio per i cittadini i quali, al limite saranno chiamati a sovvenzionare pure le eventuali perdite finanziarie dell'inefficienza privatistica con la scusa dell'essenzialità di servizi che non possono venir cancellati e (ridicola demagogia) del mantenimento dei posti di lavoro .

I costi al popolo, gli utili alle caste. Non funziona forse così ?
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

acquario69

Citazione di: viator il 16 Agosto 2018, 15:41:05 PM
Salve. In astratto il tema economia di Stato/economia privata è uno dei più importanti dell'economia e della filosofia politica.

Purtroppo nella realtà del nostro Paese esso si riduce alla contemplazione del grado di maturità democratica di una società.

Da noi il nazionalizzare un'attività significa condannarla all'inefficienza, rassegnandoci a doverne pagare di tasca nostra gli sprechi e le distrazioni di fondi per scopi non efficientistici.

Viceversa il privatizzarla significa vederla produrre degli utili che andranno a vantaggio dei privati investitori.

Se poi anche il privatizzato non riuscisse a risultare efficiente.....sempre e comunque peggio per i cittadini i quali, al limite saranno chiamati a sovvenzionare pure le eventuali perdite finanziarie dell'inefficienza privatistica con la scusa dell'essenzialità di servizi che non possono venir cancellati e (ridicola demagogia) del mantenimento dei posti di lavoro .

I costi al popolo, gli utili alle caste. Non funziona forse così ?

i due aspetti che hai descritto possono sembrare in apparenza opposti e inconciliabili, in realtà sono secondo me due facce della stessa medaglia che si alimentino a vicenda e su questo ci sarebbe da indagare a fondo e chiedersi il motivo, per uscire fuori da quella che secondo me e' appunto una trappola...
(ma che non riguarda solo il caso specifico italiano, visto pure che la stessa tendenza uniformatrice e pressoché unica nel suo modello come lo e' della stessa mentalità che lo accompagna,riguarda ormai l'umanità intera, cambiano appunto solo le forme ma la sostanza rimane evidentemente la stessa)
evidentemente certe conseguenze hanno sempre una causa o più cause concomitanti.
Questo al momento sarebbe solo un mio personale spunto di riflessione...

viator

Salve. La causa di questa situazione, ovunque nel mondo essa si verifichi, è l'immaturità socioculturale dei popoli.

Da essa se ne può uscire o all'indietro (decadenza, emarginazione, dissoluzione del Paese) o in avanti.

L'avanti a sua volta ha due direzioni : la prima prevede che il Paese in oggetto cada sotto l'influenza invasiva della cultura e del potere economico di un altra Potenza più "matura" (colonialismo, in qualsiasi forma esso si realizzi).

La seconda direzione prevede l'affermarsi, all'nterno del Paese, di una oligarchia sperabilmente di stampo paternalistico (se non addirittura di una autocrazia). Cioè di quella che, alla luce della becera cultura attuale del nostro Paese, non potrebbe che venir chiamata dittatura.

Benefici e privilegi, all'interno di una società sana, dovrebbero risultare il compenso dell'efficienza e della responsabilità. Da noi sono invece il compenso della furbizia.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

acquario69

Il mio parere e' che sono troppe ormai le cause che a loro volta avrebbero scatenano altre cause ed altri effetti a catena.
A me fa venire in mente il vaso di Pandora e trovo che fa molto riflettere notare che prima venivano formulati miti o leggende di questo tipo..evidentemente non era semplice superstizione.

Non molto tempo fa ho rispulciato quasi per caso un breve trattato che ho riletto molto volentieri...non credo che l'intenzione dell'autore fosse quello di arrivare ad una qualche soluzione,
ma di sicuro,molte domande (non dico tutte) di cui alcune davvero inesplicabili,trovano secondo me risposte risolutive,certe ed inequivocabili (qui sotto)

http://altrapsicologia.com/wp-content/uploads/2014/02/cipolla.pdf

acquario69

una mattina mi son svegliato..o bella ciao,bella ciao,bella ciao...

Una mattina mi son svegliato, non ho trovato l'invasore ma molto, molto di peggio.
Magari avessi visto una popolazione controllata con mezzi corazzati agli angoli delle strade o truppe straniere in marcia per le città, ostentando le loro bandiere alloctone, per reprimere qualsiasi tentativo di rivolta!!!
Per fortuna, direte voi che leggete, no.
Eppure, ribadisco, ho trovato molto, molto di peggio.
Ma cosa ci può essere di peggio di un'occupazione "manu militari"?
Essere servi e non saperlo oppure essere schiavi ed amare le proprie catene, quello che Etienne de la Boetiè mirabilmente tratteggiava nella sua " de servitude voluntaria".
Infatti, ho trovato un Paese in cui :
- l'etica è sostituita con il "politicamente corretto";
- la verità è sostituita da narrazioni compiacenti;
- i patrioti sono definiti ipso facto "populisti";
- gli intellettuali sono al servizio ed al soldo della classe economica dominante;
- la Carta Costituzionale c'è, ma i suoi dettami è come se non esistessero;
- i cittadini sono diventati "consumatori" e come tali vengono considerati;
- Il Presidente della Repubblica interviene per difendere i "risparmiatori" e non gli interessi della Nazione;
- l'internazionalismo è diventato cosmopolitismo ( con buona pace di Carlo Marx);
- la sovranità non appartiene più al popolo, bue brutto, sporco e cattivo, ma ai detentori del debito pubblico (questi ultimi per alcuni sono di gran lunga migliori e più illuminati);
-la società è diventata liquida e non costituita da comunità con un proprio weltansciauung, di cui la famiglia è la pietra fondante, ma da tante monadi nomadi, che vivono in un continuo presente.
Si potrebbe dire che io stia vivendo un incubo, che stia ancora dormendo o che non mi sia ancora svegliato del tutto.
E invece no, purtroppo sono sveglio e mi trovo in Italia, anno domini 2018.
Come un novello Ulisse, che dopo anni ritorna nella sua Itaca e trova la propria dimora infestata dai Proci, che con protervia e sicumera dispongono dei beni domestici, in attesa che Penelope si conceda in moglie ad uno di essi, così io, destatomi dal mio torpore lungo e profondo, ho trovato una patria fiaccata dalla menzogna e da politiche laide e corrotte, che hanno dilapidato un enorme patrimonio di ricchezze e conoscenze a vantaggio del capitale imbelle e rapace nostrano, nonché di quello straniero, la qual cosa non fa differenza, e la tragedia di Genova ne è l'esempio più eclatante.
La mia vergogna è tanta, perché il sonno mio e quello di molti altri italiani come me ha determinato questo sacco dei beni comuni, che non ha pari nella storia italiana e secondo in Europa solamente a quello compiuto in danno dei cittadini della DDR.
Tutto ciò ipoteca così, inevitabilmente e pesantemente, il futuro dei nostri giovani.
L'Italia è oggi un paese in declino morale, culturale, economico e demografico.
Quando mio padre, che ha combattuto per la liberazione del suolo patrio dall'invasore tedesco, è morto nel 1973 non era così.
L'Italia era il paese del record della crescita e non solo.
C'era la speranza nel futuro e nel fatto che ai figli veniva data la possibilità di vivere una vita migliore dei propri padri.
Come sia stato possibile che una nazione, prima al mondo a costruire una centrale nucleare per usi civili, prima in Europa a mettere in orbita un satellite per telecomunicazioni, prima a concepire una macchina elettrocontabile e ad ideare il personal computer, oggi non costruisca più neppure una radiolina? E' inconcepibile.
Ma come si è arrivati a tanto ? Quando l'oblio ci ha colti?
Stabilire un momento preciso è difficile, ma sicuramente tutto si è avviato negli anni '80 con un processo lungo e sotterraneo, che ha coinvolto tutti i campi della nostra società, nessuno escluso, anzi è stato attuato con la compiacenza della classe dirigente dell'epoca.
E in proposito potremmo anche indicare alcuni fatti e persone che sicuramente corrispondono ad eventi storici o a scelte politiche che hanno accelerato il processo di cambiamento, ma tutto nasce da un pensiero strisciante e pernicioso che si è insinuato nelle menti delle classi dirigenti.
Un pensiero debole ed ambiguo nel contempo ed è quello che , per farcela e restare tra i primi, l'Italia avesse bisogno di meno stato e più mercato e che ,essendo una piccola nazione rispetto ai grandi colossi mondiali, avesse bisogno anche del sostegno europeo.
Non è così e non è mai stato così.
Ma ce lo hanno fatto credere.
Ci siamo addormentati su queste certezze che tali non erano.
Andreatta, Ciampi, Prodi, Amato, Napolitano, D'Alema come Orfeo ci hanno anestetizzati.
Ma alla fine mi sono svegliato. Ho preso contezza della realtà.
Sono diventato un antieuropeista, non potendo accettare che i trattati di Maastricht e di Lisbona abbiano trasformato l'Europa, continente della meraviglia e dello stupore, nella gabbia dei popoli afflitti dall'austerità come una piaga biblica.
Tanti altri Italiani si stanno svegliando ed il risultato delle elezioni politiche non è venuto a caso.
Ma questo però non basta.
Qualcuno potrà obiettare che le condizioni cambiano comunque, ma di certo le cose non cambiano da sole...
Dobbiamo avviare un nuovo Risorgimento.
E per fare questo abbiamo bisogno di una nuova " lotta di classe", però su paradigmi più attuali.
Le posizioni politiche della destra e della sinistra storicamente non esistono più.
La prima è stata sconfitta con la seconda guerra mondiale, la seconda è scomparsa con la caduta del muro di Berlino.
Chi si ostina a sostenere il contrario, in realtà, aiuta l'unico vincitore, il liberalismo atlantico globalizzatore e talassocratico.
Non fascisti contro comunisti, ma globalisti contro patrioti.
Non operai contro borghesi ed imprenditori , ma operai con borghesi ed imprenditori ormai proletarizzati contro l'élite atlantista.
Non omosessuali contro eterosessuali, ma omosessuali poveri contro omosessuali ricchi.
Questa è la nuova lotta di classe.
Da dove si parte?
Dobbiamo partire necessariamente dal nostro "dasein", dal concetto di stato nazionale, di patria, di famiglia, di religione e, aggiungo, anche di identità sessuale.
I globalizzatori vogliono invece creare stati sovranazionali più utili per i loro commerci e la loro economia iperfinanziaria.
Molto chiaro è, a tal proposito, il pensiero di Adam Smith quando asserisce che il mercante non ha una patria, perché la sua vera patria è là dove ottiene i più lauti guadagni.
Quindi per massimizzare il free trade non devono esistere frontiere, non devono esistere gli stati nazionali.
Non devono esistere neanche le religioni poiché è il mercato stesso che si è fatto Dio.
La verità è, invece, che le frontiere non limitano, ma delimitano e in esse trovano applicazione le relative Costituzioni, gli usi, i costumi e le tradizioni dei popoli.
Inoltre la nuova lotta di classe non può esimersi dal combattere l'immigrazione incontrollata, che altro non è che uno schiavismo 2.0.
E non può esimersi dal chiedere l'attuazione integrale della Carta Costituzionale, poiché se anche uno solo dei suoi principi viene tralasciato allora non ci può essere vera democrazia in Italia.
Una mattina ci siamo svegliati ...


Fonte:
https://scenarieconomici.it/una-mattina-mi-son-svegliato-di-raffaele-salomone-megna/

acquario69

Noi ciechi, nella caverna di Platone chiamata neoliberismo

Il neoliberismo, che è la base economica del moderno capitalismo assoluto (speculativo-finanziario), va necessariamente compreso per inquadrare le attuali dinamiche socio-politico-economiche e poiché costituisce quello che viene definito Pensiero Unico (che sostiene il primato dell'economia sulla politica). In parole povere si tratta della dottrina economica (cui corrisponde ovviamente un'inscindibile ideologia politica) all'origine di tutti i nostri problemi e, semplificando, altro non è che la coronazione di un progetto di restaurazione del potere di classe (risalente già agli anni Venti del Novecento ma iniziato ad attuarsi negli anni Settanta) da parte della "classe dominante"; è la reazione delle élite che, nell'età contemporanea, tanto avevano perso in termini di potere e di ricchezza (soprattutto nei "trenta gloriosi" successivi al secondo dopoguerra, quando le Costituzioni socialiste associate alle politiche economiche keynesiane avevano portato benessere ai popoli e forza alle democrazie, tanto che nello studio "Crisi della democrazia" del 1975, commissionato dalla Trilaterale, si parlava della necessità di apatia e spoliticizzazione delle masse e di indebolimento del sindacato a causa di un pericoloso "eccesso di democrazia" da risolvere anche con l'introduzione di tecnocrazie).
Quindi, partendo dalle teorie di Von Hayek e con la Scuola di Chicago di Friedman, andò imponendosi in campo accademico questo nuovo pensiero (grazie, tra le tante, alla influente Mount Pelerin Society fondata già nel 1947 da Hayek con l'intento diaggregare varie personalità del mondo intellettuale al fine di ridiscutere il liberalismo classico della "mano invisibile" di Adam Smith). Essi misero in discussione il liberismo espansivo con intervento statale di tipo keynesiano (l'embedded liberalism della piena occupazione e della redistribuzione della ricchezza) e suggerirono di passare alla deregulation, a politiche di tagli alla spesa sociale, alle privatizzazioni (degli utili, e socializzazione delle perdite), alla finanziarizzazione dell'economia, alla deificazione del mercato e quindi alla definitiva sottomissione dello Stato e della politica agli interessi economici dei potentati privati. Il tutto andò in porto grazie alla diffusione a reti unificate del nuovo credo tramite le "categorie previane" del circo mediatico, del clero giornalistico e accademico e del ceto intellettuale (che, con la sintassi di Bourdieu, è da sempre il gruppo dominato della classe dominante).
Tutto iniziò dal "test pilota" dopo il golpe di Pinochet in Cile del '73, e poi dai governi occidentali di Thatcher, Reagan, Mitterrand e Kohl per arrivare al capolavoro degli arbitrari parametri di Maastricht (fulcro dell'ordoliberismo) e della moneta unica europea a cambio fisso con banca centrale indipendente (e sostanzialmente privata). Fin da allora la distribuzione di ricchezza avrà un'inversione di tendenza e andrà concentrandosi sempre più nelle mani di quella che è di fatto un'oligarchia finanziaria che non fa che portare avanti programmi a proprio vantaggio e a detrimento dei popoli (vedasi dati oggettivi sulla sperequazione crescente). Ciò che si è riassunto in poche righe va contestualizzato all'epoca ed è solo la lotta di classe dopo la lotta di classe (Gallino) ovvero la ribellione delle élite (Lasch); è l'operato di un gruppo, dell'1%, che fa i propri interessi a spese di un altro, quello del 99% (come è lecito, anche se non etico). Il problema è stata la mancata risposta delle classi subalterne edei loro rappresentanti (politici e sindacali) che non hanno saputo interpretare e comprendere i fatti e tendono a non vederli o capirli tuttora (alcuni "stupidamente", altri in malafede, sia a destra che a sinistra, con l'esaurimento della storica dicotomia).
Bisogna liberarsi dei mantra del "There Is No Alternative" (Thatcher) e dell'ineluttabile "fine della storia" (Fukuyama) che abbiamo introiettato; in realtà tutto è frutto di scelte politiche ed economiche deliberate e pianificate; il sistema socio-economico nel quale viviamo non è un fatto naturale e irriformabile e, in quanto tale, non è necessario subirlo, basta pensare ed agire altrimenti (poiché, parafrasando Einstein, non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l'ha generato). Purtroppo però le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti (Marx). Per giungere ad un cambiamento è necessario arrivare ad una "massa critica" di persone consapevoli, che comprendano che è in atto una "guerra" (la mai estinta contrapposizione hegeliana servo-signore) e che si compattino riconoscendo il "nemico" comune da combattere (che personalmente, credo a ragione, ho identificato nel neoliberismo e nelle sue ricadute politiche e sociali).
Cerco di spiegarmi meglio: dal sistema economico vigente scaturisce l'onnipervasivo e catechizzante Pensiero Unico, nel quale si innervano tutte le esiziali logiche sociali hobbesiane della competizione, dell'homo homini lupus, del mors tua vita mea, del do ut des, del narcisismo individualista, dell'egoismo, dell'edonismo, del materialismo, del consumismo e della spietatezza di cui è malata la nostra società nichilistica egocentrata, e che ci rendono "schiavi" perfetti poiché, come abitatori della caverna di Platone, siamo incapaci di vedere le nostre "catene" e quindi impossibilitati a liberarcene. All'interno di quel coagulo di interessi economici e di valori culturali e morali (il blocco storico di gramsciana memoria) appare chiaro come il pensieroeconomico egemone abbia influito cambiando la società che, come propugnava la Thatcher, davvero non esiste più, esistono solo gli individui: non più una comunità di animali sociali (Aristotele) ma una massa di homines oeconomici, di imprenditori di sé, di monadi (da qui, complice il politicamente corretto, l'attenzione focalizzata con successo esclusivamente sui diritti civili a spese di quelli sociali).
Perciò, dunque, occorre una rivoluzione culturale che può partire solo da chi ha una propria coscienza infelice (Hegel) rifuggendo dalla crematistica e ritornando all'equilibrio e quindi ai concetti di misura e limite (come ci insegnano gli antichi greci). Rimane un unico problema che il già citato Platone conosceva fin da 2400 anni fa: l'eventuale "liberatore" verrà dapprima deriso e finanche ammazzato da quelli in "catene". È davvero eloquente ed attuale l'allegoria della caverna, in cui Platone descrive come una realtà mediata e manipolata viene invece percepita come "verità" dagli sventurati protagonisti che, poiché nati in cattività, non possono immaginare un'esteriorità rispetto alla caverna stessa e quindi, non sapendosi schiavi ingannati, tantomeno ambire alla libertà.

Fonte:
(Enrico Gatto, "Il problema – contro il quale unirsi", da "L'Interferenza" del 2 gennaio 2019).


Corollario terminale:
https://www.youtube.com/watch?v=wXdD5cdIbqA

Kobayashi

Sono totalmente d'accordo.
Si tratta di compiere una vera e propria conversione: dalla religione dominante (capitalismo, proprietà privata, consumismo) a qualcosa di nuovo, che però, secondo me, non può essere solo un pensiero che cerca di porre limiti, porre equilibri, ma che sia portatore di un'ontologia nuova.
Per esempio: l'uso comune dei beni privati (almeno iniziamo a parlarne seriamente...)
Altro esempio: tornare a vivere la socialità (diventata puro intrattenimento) secondo il suo significato originario ovvero luogo di discussione sul fine ultimo della propria comunità (fine che poi fonda la stessa alleanza comune). 
Da questo punto di vista è triste notare la mancanza di consapevolezza sul fatto che l'inerzia terribile che stiamo vivendo non è il risultato naturale degli istinti dell'uomo, ma il prodotto di una politica specifica progettata e poi perseguita con estrema determinazione, politica che tra l'altro, oltre ad aver devastato le società di tutto il mondo condurrà presto all'apocalisse ecologica...
E allora fine dei giochi...

Freedom

Citazione di: acquario69 il 25 Agosto 2018, 18:00:31 PM
una mattina mi son svegliato..o bella ciao,bella ciao,bella ciao...

Una mattina mi son svegliato, non ho trovato l'invasore ma molto, molto di peggio.
Magari avessi visto una popolazione controllata con mezzi corazzati agli angoli delle strade o truppe straniere in marcia per le città, ostentando le loro bandiere alloctone, per reprimere qualsiasi tentativo di rivolta!!!
Per fortuna, direte voi che leggete, no.
Eppure, ribadisco, ho trovato molto, molto di peggio.
Ma cosa ci può essere di peggio di un'occupazione "manu militari"?
Essere servi e non saperlo oppure essere schiavi ed amare le proprie catene, quello che Etienne de la Boetiè mirabilmente tratteggiava nella sua " de servitude voluntaria".
Infatti, ho trovato un Paese in cui :
- l'etica è sostituita con il "politicamente corretto";
- la verità è sostituita da narrazioni compiacenti;
- i patrioti sono definiti ipso facto "populisti";
- gli intellettuali sono al servizio ed al soldo della classe economica dominante;
- la Carta Costituzionale c'è, ma i suoi dettami è come se non esistessero;
- i cittadini sono diventati "consumatori" e come tali vengono considerati;
- Il Presidente della Repubblica interviene per difendere i "risparmiatori" e non gli interessi della Nazione;
- l'internazionalismo è diventato cosmopolitismo ( con buona pace di Carlo Marx);
- la sovranità non appartiene più al popolo, bue brutto, sporco e cattivo, ma ai detentori del debito pubblico (questi ultimi per alcuni sono di gran lunga migliori e più illuminati);
-la società è diventata liquida e non costituita da comunità con un proprio weltansciauung, di cui la famiglia è la pietra fondante, ma da tante monadi nomadi, che vivono in un continuo presente.
Si potrebbe dire che io stia vivendo un incubo, che stia ancora dormendo o che non mi sia ancora svegliato del tutto.
E invece no, purtroppo sono sveglio e mi trovo in Italia, anno domini 2018.
Come un novello Ulisse, che dopo anni ritorna nella sua Itaca e trova la propria dimora infestata dai Proci, che con protervia e sicumera dispongono dei beni domestici, in attesa che Penelope si conceda in moglie ad uno di essi, così io, destatomi dal mio torpore lungo e profondo, ho trovato una patria fiaccata dalla menzogna e da politiche laide e corrotte, che hanno dilapidato un enorme patrimonio di ricchezze e conoscenze a vantaggio del capitale imbelle e rapace nostrano, nonché di quello straniero, la qual cosa non fa differenza, e la tragedia di Genova ne è l'esempio più eclatante.
La mia vergogna è tanta, perché il sonno mio e quello di molti altri italiani come me ha determinato questo sacco dei beni comuni, che non ha pari nella storia italiana e secondo in Europa solamente a quello compiuto in danno dei cittadini della DDR.
Tutto ciò ipoteca così, inevitabilmente e pesantemente, il futuro dei nostri giovani.
L'Italia è oggi un paese in declino morale, culturale, economico e demografico.
Quando mio padre, che ha combattuto per la liberazione del suolo patrio dall'invasore tedesco, è morto nel 1973 non era così.
L'Italia era il paese del record della crescita e non solo.
C'era la speranza nel futuro e nel fatto che ai figli veniva data la possibilità di vivere una vita migliore dei propri padri.
Come sia stato possibile che una nazione, prima al mondo a costruire una centrale nucleare per usi civili, prima in Europa a mettere in orbita un satellite per telecomunicazioni, prima a concepire una macchina elettrocontabile e ad ideare il personal computer, oggi non costruisca più neppure una radiolina? E' inconcepibile.
Ma come si è arrivati a tanto ? Quando l'oblio ci ha colti?
Stabilire un momento preciso è difficile, ma sicuramente tutto si è avviato negli anni '80 con un processo lungo e sotterraneo, che ha coinvolto tutti i campi della nostra società, nessuno escluso, anzi è stato attuato con la compiacenza della classe dirigente dell'epoca.
E in proposito potremmo anche indicare alcuni fatti e persone che sicuramente corrispondono ad eventi storici o a scelte politiche che hanno accelerato il processo di cambiamento, ma tutto nasce da un pensiero strisciante e pernicioso che si è insinuato nelle menti delle classi dirigenti.
Un pensiero debole ed ambiguo nel contempo ed è quello che , per farcela e restare tra i primi, l'Italia avesse bisogno di meno stato e più mercato e che ,essendo una piccola nazione rispetto ai grandi colossi mondiali, avesse bisogno anche del sostegno europeo.
Non è così e non è mai stato così.
Ma ce lo hanno fatto credere.
Ci siamo addormentati su queste certezze che tali non erano.
Andreatta, Ciampi, Prodi, Amato, Napolitano, D'Alema come Orfeo ci hanno anestetizzati.
Ma alla fine mi sono svegliato. Ho preso contezza della realtà.
Sono diventato un antieuropeista, non potendo accettare che i trattati di Maastricht e di Lisbona abbiano trasformato l'Europa, continente della meraviglia e dello stupore, nella gabbia dei popoli afflitti dall'austerità come una piaga biblica.
Tanti altri Italiani si stanno svegliando ed il risultato delle elezioni politiche non è venuto a caso.
Ma questo però non basta.
Qualcuno potrà obiettare che le condizioni cambiano comunque, ma di certo le cose non cambiano da sole...
Dobbiamo avviare un nuovo Risorgimento.
E per fare questo abbiamo bisogno di una nuova " lotta di classe", però su paradigmi più attuali.
Le posizioni politiche della destra e della sinistra storicamente non esistono più.
La prima è stata sconfitta con la seconda guerra mondiale, la seconda è scomparsa con la caduta del muro di Berlino.
Chi si ostina a sostenere il contrario, in realtà, aiuta l'unico vincitore, il liberalismo atlantico globalizzatore e talassocratico.
Non fascisti contro comunisti, ma globalisti contro patrioti.
Non operai contro borghesi ed imprenditori , ma operai con borghesi ed imprenditori ormai proletarizzati contro l'élite atlantista.
Non omosessuali contro eterosessuali, ma omosessuali poveri contro omosessuali ricchi.
Questa è la nuova lotta di classe.
Da dove si parte?
Dobbiamo partire necessariamente dal nostro "dasein", dal concetto di stato nazionale, di patria, di famiglia, di religione e, aggiungo, anche di identità sessuale.
I globalizzatori vogliono invece creare stati sovranazionali più utili per i loro commerci e la loro economia iperfinanziaria.
Molto chiaro è, a tal proposito, il pensiero di Adam Smith quando asserisce che il mercante non ha una patria, perché la sua vera patria è là dove ottiene i più lauti guadagni.
Quindi per massimizzare il free trade non devono esistere frontiere, non devono esistere gli stati nazionali.
Non devono esistere neanche le religioni poiché è il mercato stesso che si è fatto Dio.
La verità è, invece, che le frontiere non limitano, ma delimitano e in esse trovano applicazione le relative Costituzioni, gli usi, i costumi e le tradizioni dei popoli.
Inoltre la nuova lotta di classe non può esimersi dal combattere l'immigrazione incontrollata, che altro non è che uno schiavismo 2.0.
E non può esimersi dal chiedere l'attuazione integrale della Carta Costituzionale, poiché se anche uno solo dei suoi principi viene tralasciato allora non ci può essere vera democrazia in Italia.
Una mattina ci siamo svegliati ...


Fonte:
https://scenarieconomici.it/una-mattina-mi-son-svegliato-di-raffaele-salomone-megna/
Mi era sfuggito. Lo cito integralmente perché è del tutto condivisibile.
Potrebbe, dovrebbe costituire un manifesto politico nel quale riconoscersi e darsi forza. O meglio creare una nuova forza. Politica, sociale, culturale soprattutto.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

acquario69

@Kobayashy @Freedom

e' evidente che tutto quello che ci e' stato spacciato per "buono" in realtà era completamente falso...a questo punto credo che per molti ci sia parecchio "lavoro" da fare...sempre se, sapranno prima di tutto, essere onesti con se stessi..requisito essenziale da tutti i punti di vista..anche perché ingannare se stessi credo pure sia la cosa più stupida e controproducente che possa esserci

paul11

#57
Citazione di: acquario69 il 09 Gennaio 2019, 01:50:40 AM
Noi ciechi, nella caverna di Platone chiamata neoliberismo

..................................
Perciò, dunque, occorre una rivoluzione culturale che può partire solo da chi ha una propria coscienza infelice (Hegel) rifuggendo dalla crematistica e ritornando all'equilibrio e quindi ai concetti di misura e limite (come ci insegnano gli antichi greci). Rimane un unico problema che il già citato Platone conosceva fin da 2400 anni fa: l'eventuale "liberatore" verrà dapprima deriso e finanche ammazzato da quelli in "catene". È davvero eloquente ed attuale l'allegoria della caverna, in cui Platone descrive come una realtà mediata e manipolata viene invece percepita come "verità" dagli sventurati protagonisti che, poiché nati in cattività, non possono immaginare un'esteriorità rispetto alla caverna stessa e quindi, non sapendosi schiavi ingannati, tantomeno ambire alla libertà.

Fonte:
(Enrico Gatto, "Il problema – contro il quale unirsi", da "L'Interferenza" del 2 gennaio 2019).


Corollario terminale:
https://www.youtube.com/watch?v=wXdD5cdIbqA
l'analisi è condivisibile, ma il punto importante è alla fine: quale rivoluzione culturale?
Tanti hanno capito e ormai sanno analizzare in via generale le problematiche esistente.
Ma quasi nessuno ha capito la malattia e l'antidoto.
L'accenno al nomos, quando si indica armonia ed equilibrio nella cultura dell'antica grecia, presupponeva non solo il dominio naturale e quindi materiale e quindi particolare e frammentato della propria famiglai, fino all'individuo.
Storicamente il "mio" prevarrà sempre di più su il "nostro".
Che cosa è accaduto? Semplicemnte che la verità divenne  le verità  multiformi e indeterminabili,solo materialisticamente accertabili, solo naturalisticamente osservabili,.In questa cultura che con la modernità diventa preponderante sono all'interno le èlite succedotesi con poteri economici e politici, ma anche gli antagonisti il socialismo, il comunismo e se vogliamo il nazismo e il fascismo, in quanto tutte hanno accettato di fondo la medesima cultura fondativa portandosi quindi all'interno della costruzione del pensiero le stesse contraddizioni di fondo.
Gli antidoti socialisti ecomunisti non hanno funzionato perchè non basta ideologicamente sostenere il nostro contro il mio se di fondo accetta le regole naturali e materiali.
Perchè se si accettano le regole naturali e materialistiche, la selezione del più forte e più furbo vincono contro qualsiai "buonismo altruistico", in quanto afferma il mio e non il nostro.Per quanto quindi si possano creare società socialiste o comuniste ne usciranno le contraddizioni dei privilegi nei poteri riaffermando "la selezione naturali" con formazioni di altri tipi di èlite.Ma sempre èlite sono.

acquario69

Citazione di: paul11 il 11 Gennaio 2019, 00:25:43 AM
l'analisi è condivisibile, ma il punto importante è alla fine: quale rivoluzione culturale?
Tanti hanno capito e ormai sanno analizzare in via generale le problematiche esistente.
Ma quasi nessuno ha capito la malattia e l'antidoto.
L'accenno al nomos, quando si indica armonia ed equilibrio nella cultura dell'antica grecia, presupponeva non solo il dominio naturale e quindi materiale e quindi particolare e frammentato della propria famiglai, fino all'individuo.
Storicamente il "mio" prevarrà sempre di più su il "nostro".
Che cosa è accaduto? Semplicemnte che la verità divenne  le verità  multiformi e indeterminabili,solo materialisticamente accertabili, solo naturalisticamente osservabili,.In questa cultura che con la modernità diventa preponderante sono all'interno le èlite succedotesi con poteri economici e politici, ma anche gli antagonisti il socialismo, il comunismo e se vogliamo il nazismo e il fascismo, in quanto tutte hanno accettato di fondo la medesima cultura fondativa portandosi quindi all'interno della costruzione del pensiero le stesse contraddizioni di fondo.
Gli antidoti socialisti ecomunisti non hanno funzionato perchè non basta ideologicamente sostenere il nostro contro il mio se di fondo accetta le regole naturali e materiali.
Perchè se si accettano le regole naturali e materialistiche, la selezione del più forte e più furbo vincono contro qualsiai "buonismo altruistico", in quanto afferma il mio e non il nostro.Per quanto quindi si possano creare società socialiste o comuniste ne usciranno le contraddizioni dei privilegi nei poteri riaffermando "la selezione naturali" con formazioni di altri tipi di èlite.Ma sempre èlite sono.

Sono d'accordo.
Non so se l'autore dell'articolo quando fa riferimento ad un "liberatore" lo intenda come "esterno" (per cui, come descrivi anche tu, si finirebbero poi per riprodursi le stesse dinamiche)
Credo che l'antidoto sia invece e comunque di ritrovare un liberatore "interno"...che cioè sta innanzitutto dentro di noi.
Secondo me se il "mio" ha prevalso sempre di più sul "nostro" (senza per questo escluderne la legittima esistenza, che poi credo sia quello di identità) e' perché la visione del mondo da universale si e' sempre più ridotta ad una visione solamente umana..
L'esempio l'ho fatto anche nel mio ultimo intervento, quando scrivo in sostanza che la Realtà non e' una contrapposizione..per cui il soggetto si percepisce fondamentalmente separato dal resto (il che e' appunto non reale), ma una complementarità o come in altri termini analoghi si può tentare di trovarne una possibile definizione..Lo sintetizza in maniera a mio avviso impeccabile Giordano Bruno quando scrive:

Tutti gli esseri viventi, sono fenomeni diversi di un'unica sostanza universale; traggono dalla stessa radice metafisica, e la loro differenza è quantitativa, non qualitativa)

...e mi sembra altrettanto chiaro che tutto cio non può che provenire da un altrettanta e parallela visione materialistica dell'esistenza.

Freedom

Citazione di: paul11 il 11 Gennaio 2019, 00:25:43 AM
Citazione di: acquario69 il 09 Gennaio 2019, 01:50:40 AMl'analisi è condivisibile, ma il punto importante è alla fine: quale rivoluzione culturale?
Tanti hanno capito e ormai sanno analizzare in via generale le problematiche esistente.
Ma quasi nessuno ha capito la malattia e l'antidoto.

Che cosa è accaduto? Semplicemnte che la verità divenne  le verità  multiformi e indeterminabili,solo materialisticamente accertabili, solo naturalisticamente osservabili,.In questa cultura che con la modernità diventa preponderante sono all'interno le èlite succedotesi con poteri economici e politici, ma anche gli antagonisti il socialismo, il comunismo e se vogliamo il nazismo e il fascismo, in quanto tutte hanno accettato di fondo la medesima cultura fondativa portandosi quindi all'interno della costruzione del pensiero le stesse contraddizioni di fondo.
Gli antidoti socialisti ecomunisti non hanno funzionato perchè non basta ideologicamente sostenere il nostro contro il mio se di fondo accetta le regole naturali e materiali.
Perchè se si accettano le regole naturali e materialistiche, la selezione del più forte e più furbo vincono contro qualsiai "buonismo altruistico", in quanto afferma il mio e non il nostro.Per quanto quindi si possano creare società socialiste o comuniste ne usciranno le contraddizioni dei privilegi nei poteri riaffermando "la selezione naturali" con formazioni di altri tipi di èlite.Ma sempre èlite sono.
Condivisibile. Anzi qualcosina di più: a mio modesto avviso è l'assoluta centratura del problema.

Il mio stile di dialogo, almeno sul web, è un pò quello tipo "nodo gordiano". Lo faccio per rispetto del mio interlocutore e degli utenti cioè per non annoiarli o, forse, per la paura di non essere letto sino in fondo. Probabilmente perché non possiedo le doti di un donquixote che quando lo leggo l'unica domanda che mi pongo è: "perché non l'ho scritto io? Eppure è esattamente quello che penso"!  :D E i suoi post sono perfetti nella misura e nell'equilibrio: abbastanza lunghi da essere esaustivi ma non troppo da far calare l'attenzione.


Detto questo ed avendo guadagnato perlomeno un caffè (corretto però!), lo so, quando mi entusiasmo comincio a peccare di piaggeria, esprimo la mia tesi. Che sarà più breve dell'introduzione.  :o  8)


L'unico modo che vedo per ribaltare il paradigma, chiamiamolo individualista/naturale/materiale, che sta portando alla rovina e sicuramente produrrà shock importanti e forse definitivi nella civiltà mondiale, è "porgere l'altra guancia".


Lo so è del tutto innaturale, decisamente contro istintivo, qualcuno direbbe oppositivo alla stessa logica di sopravvivenza. Sembrerebbe anche contro intuitivo ma già qui c'è più difficoltà a dirimere la questione.
Da una parte è del tutto evidente che non si può sconfiggere l'odio con un odio più grande ma solo con un amore esattamente uguale. In via logica solo così si arriva al punto 0 cioè all'equilibrio. Dall'altra parte si pone il problema di come reagire quando invece che uno schiaffo si debba affrontare un pericolo mortale per la nostra vita o per la nostra libertà/integrità come fu, per esempio, la guerra scatenata da Hitler.


Ma qui si entra nel campo delle riflessioni sui perché e sui fini della vita, su un nuovo esistenzialismo o chissà cos'altro. Anche sulla capacità di perdere o quantomeno essere disposti a perdere la vita. Cosa apparentemente impossibile da compiere a meno che non sia possibile trasformarsi tutti in Gesù Cristo.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.