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Mondi dell'utopia

Aperto da Sariputra, 24 Febbraio 2017, 09:12:39 AM

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Apeiron

#15
Citazione di: Sariputra il 26 Febbraio 2017, 09:46:58 AMCome mi è difficile, ostico quasi, scrivere di utopie. Anch'io, come tutti ( o quasi ) sono immerso in una strana atonia spirituale e morale, in una nuvola di nebbia dove, a tratti, si accendono delle luci per illuminare il terreno dove ci invitano a guardare; così che possiamo scegliere con cura i nuovi prodotti da acquistare. Siamo come quei carabinieri della barzelletta che, smarrita la chiave dell'auto, se ne stanno tutti sotto un lampione illuminato a cercare per terra. Alla domanda:"Ma siete sicuri che la chiave è caduta proprio qui ?" rispondono decisi:" No...ma qui è illuminato". A cosa servono poi le utopie? Ne abbiamo vista qualcuna realizzata veramente? Il mondo di Atlantide forse? Shambhala? ...Eppure...che fascino esercitano ancora nelle menti infelici, inadatte a vivere in una società senza volto. L'utopia non sembra destinata a noi, è un'isola che non c'è. L'utopia è sorella della Speranza e l'uomo non ha più speranze, se non quella di riuscire a farsi posto, sgomitando, al banchetto di Mammona ( che strano mi fa poi sentire tutti lamentarsi del mondo, quando si discorre amabilmente viso a viso, ma continuare a perpetuarlo e aderire agli ami che lancia...). Tra l'altro il concetto stesso di utopia è tremendamente pessimista: un luogo felice inesistente. Eppure sembra che, per non perdere del tutto la speranza, questo luogo inesistente va cercato. Va cercato in un altrove radicale, addirittura fuori dall'esistenza. Appare come una 'dis-locazione' dell'essere, la possibilità che ci parla di una dimensione dell'essere che non avevamo presente, simile alla dis-locazione che conosciamo nell'Eros, nell'amore. Addirittura questa possibilità appare come più autentica del reale, a volte, quando l'animo ci si immerge e la fa sua. E' la possibilità della mente di vivere su piani diversi e quindi sperimentare la pressione che i pensieri utopistici esercitano su di essa per divenire reali. Implicito nell'utopia è anche il rifiuto di questa realtà, che non si accetta e si vuole cambiare. Ma questa realtà...è veramente reale? O non è essa stessa figlia di utopia? ( Utopia in questo caso più accomunabile all'incubo che al sogno felice...). E.Cassirer definisce così utopia: "Creare spazio al possibile; contro ogni passiva acquiescenza allo stato presente". L'utopia come uno spazio aperto ad ogni possibile, persino all'impossibile come luogo ideale di valore. Così per il Sari nasce l'impossibile Contea e le sue Ville sparse Sotto il Monte, e l'impossibile gente che l'abita: la signora Uccia e le sue favolose cipolle, l'asino saggio Anselmo, la massaggiatrice shiatsu, le favolose libagioni e vendemmie, la sua pace un pò malinconica ma vissuta, la terra amata. Una Contea utopistica, impossibile ma che, alla mente e alla fantasia inebetita dell'inadeguato Sari, preme per diventare possibile. Ma è reale la realtà o è reale la Contea?... :-\

Già il sapere, la scienza, la razionalità conducono alla perdita di fede e speranza. Queste due virtù osannate da ogni religione e ogni tradizione per l'uomo razionalista moderno non sono altro che sogni "infantili", illusioni, fantasie che ci servono per sopportare meglio l'esistenza. Ma la mancanza di fede e speranza conduce all'inazione, al blocco, al sognare per sognare, al pianto, alla disperazione e tutte queste conducono alla depressione e all'edonismo. La fede e la speranza dunque hanno aiutato l'uomo ad agire, la razionalità ci ha sbattuto in faccia il dubbio. Eppure è proprio questo dubbio che ci ha permesso di costruire la civiltà per poter meglio sopravvivere in un mondo dominato dalla Morte. Ma questo dubbio ci ha fatto anche capire che le nostre stesse civiltà, il nostro modo per sfuggire alla Morte non è altro che una "fascinazione delle ceneri" perchè sappiamo che non c'è scampo. Da qui segue l'assoluto rifiuto della vita così come noi possiamo percepirla. E qui entriamo al "culmine della disperazione" che si risolve o in un completo sfondamento nel baratro, o nell'assoluto edonismo, o nella rinascita di fede e speranza. L'utopia la si raggiunge solo cambiando noi stessi, riuscendo in qualche modo a usare la razionalità senza cadere nel razionalismo e a tornare speranzosi. Ma dunque esiste ancora la possibilità di sperare...?

P.S. Gli antichi vedevano dei dappertutto, un mondo che era bello quanto un fantasy. Oggi il mondo che ci è dato dalla scienza è letteralmente un insieme di particelle quantistiche che si muovono senza senso, senza scopo, senza "anima", senza valori, senza etica, senza dei, senza spiriti... Può l'uomo imparare nuovamente a vedere "magia" e quindi speranza in questo mondo spogliato completamente dalla sua "poesia"?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

Inverno,
per capire gli altri basta non avere pregiudizi.
Certo che non bisogna fermarsi a esperienze fallite, la vita è fatta di tentativi, e la mia generazione ha grosse colpe su quelle giovani, ribadisco che ogni generazione ha dell opportunità, ma deve avere coscienza della propria forza.

Aperion, 
si può essere sconfortati da questa cultura frammentata, ma ha una sua contraddizione fondamentale. 
Su cosa si fonda? Su quale certezza ,in questo caso politica sociale, può dichiarare che una forma di politica possa essere superiore ad un'altra? Se non ha potere fondativo, e non ne ha, allora qualunque posizione è vera: basta crederci.

Apeiron

Citazione di: paul11 il 26 Febbraio 2017, 17:54:10 PMInverno, per capire gli altri basta non avere pregiudizi. Certo che non bisogna fermarsi a esperienze fallite, la vita è fatta di tentativi, e la mia generazione ha grosse colpe su quelle giovani, ribadisco che ogni generazione ha dell opportunità, ma deve avere coscienza della propria forza. Aperion, si può essere sconfortati da questa cultura frammentata, ma ha una sua contraddizione fondamentale. Su cosa si fonda? Su quale certezza ,in questo caso politica sociale, può dichiarare che una forma di politica possa essere superiore ad un'altra? Se non ha potere fondativo, e non ne ha, allora qualunque posizione è vera: basta crederci.

paul11, lo sconforto secondo me deriva appunto dal fatto che (giustamente) abbiamo una mentalità più aperta e più critica. Oggi vediamo tutti come "fratelli" e inoltre la nostra mentalità critica ci toglie la possibilità di creare una gerarchia tra i sistemi politici perchè sappiamo trovare il "difetto" ovunque. Se io invece credessi in un ideale politico al punto da volerlo attualizzare sarei pronto a proporlo, magari fino alla morte. E appunto manca proprio questo oggi e la cosa in realtà ha un aspetto positivo (la violenza cala) ma un aspetto negativo (l'inazione).
Per esempio mettiamo che io volessi cambiare l'Italia e per farlo dovessi cambiare il sistema politico odierno. Ora se non ho una fede salda in tale mia idea non riuscirò nemmeno a proporla. Motivo per cui secondo me prima di recuperare la fede e la speranza per sistemi politici per cambiare il mondo ha invece più senso cercarle nella nostra vita come individui. Dopo aver "cambiato" l'individuo rafforzandolo si può cercare di cambiare il mondo.

Visto appunto che come individuo io non so nemmeno trovare la mia strada, trovandomi in un'"atonia" come dice Sariputra non ha senso credo che io pretenda di pensare ad un'utopia pubblica. In Brave New World (l'opera distopica di Huxley) ad esempio tutti sono felici in un sistema di classi. E sono felici grazie alla droga fornita dal governo. La vera domanda è: l'umanità sarebbe davvero felice nell'utopia che ci immaginiamo? O per raggiungere tale felicità serve la pillolina?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneLa fede e la speranza dunque hanno aiutato l'uomo ad agire, la razionalità ci ha sbattuto in faccia il dubbio. Eppure è proprio questo dubbio che ci ha permesso di costruire la civiltà per poter meglio sopravvivere in un mondo dominato dalla Morte. Ma questo dubbio ci ha fatto anche capire che le nostre stesse civiltà,
Mi dispiace, ma la civiltà nasce non tanto con le grandi scoperte, ma con un atto di umanità, di ospitalità (cit. Jean Daniélou), quindi possibile solo a fede e speranza. Il dubbio esiste (senza domandarci tanto il come o il perché) solo come alimento per corroborare la fede nei momenti di crisi, o venire meno nei suoi confronti.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Apeiron

Citazione di: Duc in altum! il 26 Febbraio 2017, 19:50:35 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneLa fede e la speranza dunque hanno aiutato l'uomo ad agire, la razionalità ci ha sbattuto in faccia il dubbio. Eppure è proprio questo dubbio che ci ha permesso di costruire la civiltà per poter meglio sopravvivere in un mondo dominato dalla Morte. Ma questo dubbio ci ha fatto anche capire che le nostre stesse civiltà,
Mi dispiace, ma la civiltà nasce non tanto con le grandi scoperte, ma con un atto di umanità, di ospitalità (cit. Jean Daniélou), quindi possibile solo a fede e speranza. Il dubbio esiste (senza domandarci tanto il come o il perché) solo come alimento per corroborare la fede nei momenti di crisi, o venire meno nei suoi confronti.

Accolgo la tua obiezione nel mio discorso. Per costruire una civiltà quindi servono fede e speranza ma anche il dubbio. Il dubbio, nato dalla curiosità, ci permette di scoprire cose nuove. Ma il dubbio pur non contrastando la speranza è "pericoloso" per la fede. D'altro canto vivere di sola fede può portare alla chiusura mentale, alla superstizione e perfino al fanatismo. Dunque è auspicabile una sorta di "equilibrio".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

acquario69

Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2017, 15:22:24 PM
P.S. Gli antichi vedevano dei dappertutto, un mondo che era bello quanto un fantasy. Oggi il mondo che ci è dato dalla scienza è letteralmente un insieme di particelle quantistiche che si muovono senza senso, senza scopo, senza "anima", senza valori, senza etica, senza dei, senza spiriti... Può l'uomo imparare nuovamente a vedere "magia" e quindi speranza in questo mondo spogliato completamente dalla sua "poesia"?

Secondo me hai centrato il bersaglio.
a mio avviso quello che "vedevano" gli antichi non era solo un fantasy o un modalità di interpretazione poetica pero alla maniera che abbiamo noi oggi, e che equivale perlopiù a qualcosa che se va bene viene confinato alla sola immaginazione astratta, e dove si ritiene che non vi sia alcun effetto concreto o anche a un estraniazione dalla realtà stessa.
Io credo invece che era esattamente il contrario perché nel mito stesso ce la possibilità di riallacciarsi all'origine e il fondamento stesso delle cose, sia pure nella loro molteplice diversità,perché consente di liberarsi dall'angusto IO che chiude e riduce tutto e che lo filtrerebbe e percio lo deforma pure (dunque non e' più reale ed e' proprio quella che diventa pura fantasia)
...e' il velo che a quel punto si apre e consente di fare luce e chiarezza conseguente

Sariputra

#21
Se un utopia collettiva appare un miraggio, visto che la maggior parte delle persone ritengono come ideale utopistico il passare da guadagnare tot a guadagnare tot, quindi semplicemente disporre di più denaro per acquistare più beni e servizi, e non certo il cambiare la società dei consumi, che amano profondamente pur criticandola,  ancora taluni  ripongono qualche speranza in piccole utopie individuali. Cose microscopiche...degli autentici puntini sperduti. Un mio caro amico , appena arrivata la famigerata pensione, ha pensato bene di abbandonare la ridente città veneta in cui viveva e, investendo tutti i risparmi e la liquidazione da grafico pubblicitario, comprarsi una "Villa" sperduta tra le colline con annessi svariati ettari di bosco, abbandonato all'incuria del tempo. Proprio ieri passeggiavo con lui tra i vigneti e i frutteti che sapientemente, lui figlio di poveri contadini, ha saputo riportare all'antico splendore. Parlandomi della sua utopia, con cui dolorosamente a sentir lui conviveva durante i lunghi anni di lavoro, riaffiorava quella nostalgia di un vivere semplice che lo pungolava continuamente e che , in un certo senso, gli faceva "sopportare" un lavoro ben presto passato da speranza a gabbia, da sogno a delusione. Sposatosi ormai "maturo" con una donna che condivideva con lui questa passione per la terra, ora ha tre figli ancora piccoli (  che lo tengono giovane a sentir lui, anche se ormai prossimo ai sessanta...) . Mentre con orgoglio mi mostrava le coltivazioni e i recinti, popolati da ogni sorta di animale da allevamento, compresa una numerosa famiglia di tartarughe, ci siamo inoltrati nel bosco che sta , poco alla volta, ripulendo dai rovi e dagli arbusti selvatici. Giunti in uno spiazzo circondato da maestosi noci, scherzando gli ho fatto notare che era il luogo ideale per un bel capanno di meditazione. Guardandomi con i suoi occhi ormai ripuliti dalla nebbia della città, come si guarda veramente un amico, mi ha detto:" Vieni, ti faccio vedere una cosa!". L'ho seguito addentrandoci nel bosco, Ad un certo punto mi ha fatto cenno di fare silenzio ( in realtà non ce n'era bisogno ché il silenzio era calato naturalmente tra noi...). "Vedi?" mi ha sussurrato indicandomi un buco nel fianco di un piccolo terrapieno "è la tana di una volpe. Qualche volta, verso sera, mi metto seduto qui e aspetto che esca. Le prime volte  vedendomi tornava dentro ...adesso ci osserviamo un pò e poi se ne va in direzione delle mie galline. Naturalmente le ho protette con una recinzione, ma lei ogni notte tenta di scavare un passaggio per raggiungerle. Al mattino io lo chiudo. Sono ormai mesi che andiamo avanti...ci divertiamo così, siamo diventati quasi amici". Dicendolo con un filo di voce mista al riso, mi ha guardato e poi: "Non mi serve un capanno di meditazione".
"Sei felice?" gli ho chiesto. "Bè...felice è una parolona, che non si sa neanche che vuol dire, direi che...adesso sto bene!".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

Ciascuno di noi può gettare la sua ancora dentro il grande oceano e dichiarare al mondo la sua esistenza, come umanità, come dignità, come sentimento: questo è il principio cardine.
Ma quel principio deve relazionarsi  con una donna/ maschio per formare una famiglia, con altre persone se sceglie la pace e la non la guerra.
Quello che noi chiamiamo famiglia, comunità, società, Stato nasce da un PATTO,  o chiamatelo come volete, ma è la relazione che lega la mia coscienza a qualcosa che sta sopra il mio partner, che sta sopra la comunità e la società fino allo Stato.
E' la relazione che permette di unirmi al partner, alla comunità ecc. non come differenze, ma come tratto unitario.
Se non ci fosse, ed è quello che sta accadendo noi viviamo la famiglia,comunità ecc. come "convenienza" ,come accomodamento.
Senza quel patto a qualunque stormir di fronda che l avita porta con sè, problemi economici, malattie, la gente  si separa.
Quella relazione è fondamentale per unire le parti e sentirle come contenuto, come definizione come dichiarazione.
Allora il patto ha una sua sacralità religiosa, laica, mentale, sentimentale che è al di sopra di me stesso e chi mi permette di avere un'etica che non è più opinione individuale.

Qualunque società, divina o laica, famigliare o statuale prima ancora del diritto necesità di un PATTO, affinchè lo Stato diventi Patria, affinchè la famiglia acquisica sacralità com espirto unitario, affinchè noi possiamo sopportare i momenti difficli individuali e sociali sapend o d icontare suglia altri, ma in cui l'altrui perde la differenza nel momento in cui si riconosce nel PATTO.

Quindi anche una società, comunità autogestita, utopistica, o que lche si vuole necessita che l epersone credano i nqualcosa al di sopra di loro stessi, che li unisca pur sapendo che ogni patto per quanto dichiarato indissolubile può essere infranto.

Senza il PATTO parliamo di individui che convivono non credendo al matrimonio, che vivono in società ma individualisticamente, e così via.

Duc in altum!

**  scritto da paul:
CitazioneQualunque società, divina o laica, famigliare o statuale prima ancora del diritto necesità di un PATTO, affinchè lo Stato diventi Patria, affinchè la famiglia acquisica sacralità com espirto unitario, affinchè noi possiamo sopportare i momenti difficli individuali e sociali sapend o d icontare suglia altri, ma in cui l'altrui perde la differenza nel momento in cui si riconosce nel PATTO.
Quindi anche una società, comunità autogestita, utopistica, o que lche si vuole necessita che l epersone credano i nqualcosa al di sopra di loro stessi, che li unisca pur sapendo che ogni patto per quanto dichiarato indissolubile può essere infranto.
Pienamente d'accordo, ma la questione che tu presenti è dura da risolvere, se non addirittura insanabile, poiché quel "patto sacro" con qualcosa che dovrebbe unire utopicamente gli esseri umani nelle relazioni familiari e sociali, è divenuto il compromesso assoluto con la soddisfazione degli interessi personali. La trasformazione è sempre più radicale.
E' difficile far credere alle persone (specialmente la nuova generazione) in qualcosa al di sopra di loro stessi, quando i modelli o gli esempi socio-familiari (specialmente della generazione adulta o anziana) incrementano quotidianamente il credo nell'autodeterminazione dell'individuo costi quel che costi, o l'eliminazione della responsabilità nel sacrificio con la scaltrezza o l'espediente per non perdere comodità.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazionePer costruire una civiltà quindi servono fede e speranza ma anche il dubbio. Il dubbio, nato dalla curiosità, ci permette di scoprire cose nuove.
No, stai confondendo la curiosità con il dubitare, la prima conduce a una ricerca, il secondo provoca una scelta, inclusa quella di non scegliere o di sospendere il giudizio momentaneamente.
Per costruire una civiltà si necessita la fiducia nelle relazioni, così come ben spiega @paul11, che nella ricerca di "qualcosa", provoca scelte ben determinate dissipando i dubbi inziali.
E' quel "qualcosa" che variando poi produce, in realtà e non in utopia, un maggiore o minore beneficio sociale generale.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

Citazione di: paul11 il 27 Febbraio 2017, 09:27:46 AMCiascuno di noi può gettare la sua ancora dentro il grande oceano e dichiarare al mondo la sua esistenza, come umanità, come dignità, come sentimento: questo è il principio cardine. Ma quel principio deve relazionarsi con una donna/ maschio per formare una famiglia, con altre persone se sceglie la pace e la non la guerra. Quello che noi chiamiamo famiglia, comunità, società, Stato nasce da un PATTO, o chiamatelo come volete, ma è la relazione che lega la mia coscienza a qualcosa che sta sopra il mio partner, che sta sopra la comunità e la società fino allo Stato. E' la relazione che permette di unirmi al partner, alla comunità ecc. non come differenze, ma come tratto unitario. Se non ci fosse, ed è quello che sta accadendo noi viviamo la famiglia,comunità ecc. come "convenienza" ,come accomodamento. Senza quel patto a qualunque stormir di fronda che l avita porta con sè, problemi economici, malattie, la gente si separa. Quella relazione è fondamentale per unire le parti e sentirle come contenuto, come definizione come dichiarazione. Allora il patto ha una sua sacralità religiosa, laica, mentale, sentimentale che è al di sopra di me stesso e chi mi permette di avere un'etica che non è più opinione individuale. Qualunque società, divina o laica, famigliare o statuale prima ancora del diritto necesità di un PATTO, affinchè lo Stato diventi Patria, affinchè la famiglia acquisica sacralità com espirto unitario, affinchè noi possiamo sopportare i momenti difficli individuali e sociali sapend o d icontare suglia altri, ma in cui l'altrui perde la differenza nel momento in cui si riconosce nel PATTO. Quindi anche una società, comunità autogestita, utopistica, o que lche si vuole necessita che l epersone credano i nqualcosa al di sopra di loro stessi, che li unisca pur sapendo che ogni patto per quanto dichiarato indissolubile può essere infranto. Senza il PATTO parliamo di individui che convivono non credendo al matrimonio, che vivono in società ma individualisticamente, e così via.

La fonte dei diritti è il dovere ( verso quelli che ci vivono accanto e verso noi stessi). Se ottemperiamo ai nostri doveri , non dobbiamo andare lontano a cercare i nostri diritti. Se invece inseguiamo i diritti lasciando inespletati i doveri essi ci sfuggiranno sempre come un fuoco fatuo d'estate. Più li inseguiremo, più ci voleranno via. Per questo, a mio giudizio, qualunque tentativo di piccola comunità utopica non può che naufragare ( e infatti succede sempre così...) se i membri antepongono i loro diritti ai loro doveri. Una vera speranza utopistica di un vivere 'altro' non può che avere come suo perno la responsabilità verso i doveri generati dalle relazioni e dagli affetti. Questo insegnamento è presente pure nella Bhagavad Gita, immortalato da Krshna nelle parole: "Solo l'azione è tua. Del frutto non ti curare".
L'azione è il dovere; il frutto è il diritto.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Duc in altum! il 27 Febbraio 2017, 10:39:47 AM** scritto da Apeiron:
CitazionePer costruire una civiltà quindi servono fede e speranza ma anche il dubbio. Il dubbio, nato dalla curiosità, ci permette di scoprire cose nuove.
No, stai confondendo la curiosità con il dubitare, la prima conduce a una ricerca, il secondo provoca una scelta, inclusa quella di non scegliere o di sospendere il giudizio momentaneamente. Per costruire una civiltà si necessita la fiducia nelle relazioni, così come ben spiega @paul11, che nella ricerca di "qualcosa", provoca scelte ben determinate dissipando i dubbi inziali. E' quel "qualcosa" che variando poi produce, in realtà e non in utopia, un maggiore o minore beneficio sociale generale.

Sì in effetti di nuovo ti do ragione. Ad esempio la curiosità è una ricerca e la ricerca è finalizzata. Il dubbio mette in discussione il punto di partenza. 

Citazione di: acquario69 il 27 Febbraio 2017, 00:04:43 AM
Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2017, 15:22:24 PMP.S. Gli antichi vedevano dei dappertutto, un mondo che era bello quanto un fantasy. Oggi il mondo che ci è dato dalla scienza è letteralmente un insieme di particelle quantistiche che si muovono senza senso, senza scopo, senza "anima", senza valori, senza etica, senza dei, senza spiriti... Può l'uomo imparare nuovamente a vedere "magia" e quindi speranza in questo mondo spogliato completamente dalla sua "poesia"?
Secondo me hai centrato il bersaglio. a mio avviso quello che "vedevano" gli antichi non era solo un fantasy o un modalità di interpretazione poetica pero alla maniera che abbiamo noi oggi, e che equivale perlopiù a qualcosa che se va bene viene confinato alla sola immaginazione astratta, e dove si ritiene che non vi sia alcun effetto concreto o anche a un estraniazione dalla realtà stessa. Io credo invece che era esattamente il contrario perché nel mito stesso ce la possibilità di riallacciarsi all'origine e il fondamento stesso delle cose, sia pure nella loro molteplice diversità,perché consente di liberarsi dall'angusto IO che chiude e riduce tutto e che lo filtrerebbe e percio lo deforma pure (dunque non e' più reale ed e' proprio quella che diventa pura fantasia) ...e' il velo che a quel punto si apre e consente di fare luce e chiarezza conseguente

Sì esatto. Tornare ad una mentalità antica con la conoscenza moderna, questa è una sorta di utopia. Cogliere il "divino" anche nelle apparenti (?) insensatezze dei moti delle particelle. Riaprezzare il mito però "da adulti" questa è la sfida.

Senza l'aspetto "divino" si perde anche la fiducia nelle relazioni perchè si perde la fiducia in qualcosa per cui vivere. Pensando al matrimonio ("giuro che...") dobbiamo ritrovare il coraggio di trovare "qualcosa che sta sopra...".

Ma forse siamo paradossalmente troppo agiati per apprezzare il "divino". Non a caso la spiritualità (e non la mera conoscenza di essa) fiorisce in periodi storici difficili e durante le crisi economiche.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

provocatoriamente,
c'è una dichiarazione universale dei principi che è un desiderata, un intento, mai armonizzato dentro gli istituti di diritto nelle legislazioni.
ma quante cose non siamo riusciti ad ottenere nella prassi?
Eppure siamo la società dei diversi, dei vegani, dell'eutanasia: abbiamo capito tutto per non fare niente?

Io vedo continuamente atteggiamenti, perchè nessuno è più in grado in questa cultura mortifera di alzarsi dalla mediocrità.
Non so voi, ma ne vedo il segno di un'autodistruzione, Non è che inconsciamente la nostra società, la nostra cultura, non solo non è più in grado di un'utopia, ma segretamente spera in una eutanasia culturale, sociale: di farla finita?

Sariputra

#28
Mi sono imbattuto , nel mio divagare tra le piccole utopie, in quelle che prendono la forma degli "eco-villaggi", il più famoso dei quali è sicuramente The Farm , in Tennessee, ma anche Christiana, la comune storica di Copenaghen. Sono presenti anche in Italia e fanno parte del Rive, la rete delle piccole comunità ambientaliste e 'socialiste' che attirano sempre più persone. Uno dei vantaggi che queste comunità presentano è la possibilità di abbassare il costo della vita mettendo in comune tutte quelle necessità materiali che servono. Questo si paga "abbassando" il proprio tenore di vita in cambio di una qualità di vita migliore: si lavora meno, la qualità del cibo è migliore, si usa meno l'auto, si vive in modo più sano. La fine di una certa militanza politica e la crisi profonda ( irreversibile?) delle ideologie contribuisce ad attirare sempre più persone in queste comunità ambientaliste che si stanno strutturando anche come punti di ricerca e di sperimentazione ( anzi sembra che questa sia la vera vocazione per cui sono nate...) di un modo alternativo e credibile di convivenza. Quindi non comunità 'chiuse' ( vanno tranquillamente a fare la spesa anche al di fuori se necessario...) ma che tendono all'autonomia economica, costruendo possibilità lavorative al proprio interno, anche tramite l'organizzazione di corsi, seminari, conferenze, ecc. Personalmente trovo che uno spazio 'privato'  da ritagliarsi all'interno di una possibile comunità sia fondamentale. L'uomo ha bisogno di spazio, il quale contribuisce ad  abbassare sensibilmente l'aggressività innata dell'essere umano, oltre che di uno spazio 'proprio'  non invadibile da altri ( una sorta di territorio...).  Una comunità quindi formata da una rete di punti autonomi che condividono le risorse del territorio e formano una coesione imprescindibile, ma nello stesso tempo vivente di spazi propri, necessari alla stessa  autonomia umana e spirituale. mi sembra una soluzione più 'naturale', fatto salvo che , non essendoci mai vissuto, non posso formulare giudizi obiettivi sulle problematiche del 'vivere insieme'. Mi sembra così, a naso, e ricordando i periodi di forzata convivenza che ho vissuto, che l'autonomia formativa delle unità familiari, sia fondamentale...
Un'altra cosa che probabilmente forma la coesione di queste comunità degli ecovillaggi è l'ex militanza politica in forze che una famosa forumista chiamerebbe 'sinistroidi' o 'sinistre' (  evocando con questo termine qualcosa di oscuro, malefico, appunto 'sinistro'... ;D ). Personalmente vedrei più coesa una comunità che incarni anche la ricerca in campo spirituale ( certo non le comunità post-hippy convertitesi ormai in massa a pseudoguru vari...). Una ricerca però che , nascendo da spazi anche personali di vissuto, sia anti-settaria e anti-dogmatica. Come avere tanti pozzi dove attingere acqua, che poi viene messa al servizio di tutti e in grado di dissetare sia le persone che le campagne ( imprescindibile il rivalorizzare la vita agricola, liberata da ogni forma di schiavitù del bisogno)...

@Paul11
Ho letto adesso il tuo post. Per me la società attuale è gia morta, è un cadavere in avanzato stato di decomposizione, lasciato all'aperto ad ammorbare l'aria e tenuto in piedi, a mò di zombie, da fili invisibili ben manovrati da qualcuno molto panzuto. Infatti mi sento continuamente 'tirato' a destra e a sinistra , di qua e di là, e difficilmente riesco ad osservare i miei brandelli di carne che mi cadono...
Dove vogliamo andare se, proprio ieri, un famoso e attualmente discusso personaggio, come uno dei primi provvedimenti ha deciso di aumentare a 54 mliardi di $ le spese militari... :'(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 28 Febbraio 2017, 09:46:30 AMMi sono imbattuto , nel mio divagare tra le piccole utopie, in quelle che prendono la forma degli "eco-villaggi", il più famoso dei quali è sicuramente The Farm , in Tennessee, ma anche Christiana, la comune storica di Copenaghen. Sono presenti anche in Italia e fanno parte del Rive, la rete delle piccole comunità ambientaliste e 'socialiste' che attirano sempre più persone. Uno dei vantaggi che queste comunità presentano è la possibilità di abbassare il costo della vita mettendo in comune tutte quelle necessità materiali che servono. Questo si paga "abbassando" il proprio tenore di vita in cambio di una qualità di vita migliore: si lavora meno, la qualità del cibo è migliore, si usa meno l'auto, si vive in modo più sano. La fine di una certa militanza politica e la crisi profonda ( irreversibile?) delle ideologie contribuisce ad attirare sempre più persone in queste comunità ambientaliste che si stanno strutturando anche come punti di ricerca e di sperimentazione ( anzi sembra che questa sia la vera vocazione per cui sono nate...) di un modo alternativo e credibile di convivenza. Quindi non comunità 'chiuse' ( vanno tranquillamente a fare la spesa anche al di fuori se necessario...) ma che tendono all'autonomia economica, costruendo possibilità lavorative al proprio interno, anche tramite l'organizzazione di corsi, seminari, conferenze, ecc. Personalmente trovo che uno spazio 'privato' da ritagliarsi all'interno di una possibile comunità sia fondamentale. L'uomo ha bisogno di spazio, il quale contribuisce ad abbassare sensibilmente l'aggressività innata dell'essere umano, oltre che di uno spazio 'proprio' non invadibile da altri ( una sorta di territorio...). Una comunità quindi formata da una rete di punti autonomi che condividono le risorse del territorio e formano una coesione imprescindibile, ma nello stesso tempo vivente di spazi propri, necessari alla stessa autonomia umana e spirituale. mi sembra una soluzione più 'naturale', fatto salvo che , non essendoci mai vissuto, non posso formulare giudizi obiettivi sulle problematiche del 'vivere insieme'. Mi sembra così, a naso, e ricordando i periodi di forzata convivenza che ho vissuto, che l'autonomia formativa delle unità familiari, sia fondamentale... Un'altra cosa che probabilmente forma la coesione di queste comunità degli ecovillaggi è l'ex militanza politica in forze che una famosa forumista chiamerebbe 'sinistroidi' o 'sinistre' ( evocando con questo termine qualcosa di oscuro, malefico, appunto 'sinistro'... ;D ). Personalmente vedrei più coesa una comunità che incarni anche la ricerca in campo spirituale ( certo non le comunità post-hippy convertitesi ormai in massa a pseudoguru vari...). Una ricerca però che , nascendo da spazi anche personali di vissuto, sia anti-settaria e anti-dogmatica. Come avere tanti pozzi dove attingere acqua, che poi viene messa al servizio di tutti e in grado di dissetare sia le persone che le campagne ( imprescindibile il rivalorizzare la vita agricola, liberata da ogni forma di schiavitù del bisogno)... @Paul11 Ho letto adesso il tuo post. Per me la società attuale è gia morta, è un cadavere in avanzato stato di decomposizione, lasciato all'aperto ad ammorbare l'aria e tenuto in piedi, a mò di zombie, da fili invisibili ben manovrati da qualcuno molto panzuto. Infatti mi sento continuamente 'tirato' a destra e a sinistra , di qua e di là, e difficilmente riesco ad osservare i miei brandelli di carne che mi cadono... Dove vogliamo andare se, proprio ieri, un famoso e attualmente discusso personaggio, come uno dei primi provvedimenti ha deciso di aumentare a 54 mliardi di $ le spese militari... :'(

Bel post. Il problema è il solito. Abbiamo idee ma ci mancano le forze e la volontà. Ma la volontà si fonda sulla speranza che non è di certo possibile per un razionalista.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)