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La tragicità greca

Aperto da sileno, 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM

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Sariputra

Citazione di: sileno il 21 Settembre 2018, 18:44:11 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione. La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.
Come risulta dal proseguire del dibattito sono stato travisato con il "può salvare la filosofia"? Pensavo bastasse affermare che la cultura greca accettava l'ineluttabile per autorealizzarsi nel mondo terreno. Così hanno ribattuto che solo Dio può salvare. Poi abbiamo chiarito alcune cose. Ispirarsi alla grecita per vincere paure, ansie,ineluttabili eventi esistenziali. Tu hai compreso. I greci , attraverso il mitico Sileno vedevano la morte precoce come evitamento dei disagi come vecchiaia, malattia, ecc. "Muore giovane chi è caro agli dei "(Menandro). Saluti

I greci erano sostanzialmente guerrieri con il mito del coraggio e della forza. Era una società guerriera. La peggior cosa che un guerriero può immaginare è "perdere  la forza" (vecchiaia). Ecco perché la frase "Muore giovane chi è caro agli dei" . Dei che immaginavano come sostenitori dei vari guerrieri e parteggianti ora per l'uno o per l'altro.
Ma se prendiamo, per esempio, la società ebraica del tempo vediamo invece che la fortuna di un uomo era considerata al contrario avere una lunga vita, una folta discendenza e molti capi di bestiame. Questo significava la benevolenza del dio che iniziava ad essere inteso come unico per Israele, anche se non ancora come unico in senso assoluto. Questo perché era una società basata sulla pastorizia.
Nella nostra società attuale è considerata somma "sfiga" morire giovani. La peggior cosa che ci possa capitare. Guardate le folle ai funerali di una persona che muore giovane e viceversa i quattro gatti per una che muore anziana... Morendo giovani non si può godere della vita. Godere nel significato principale di godere di cose materiali e mentali, sostanzialmente "acquistandole". Questo perché viviamo in una società dedita al consumo continuo di "piaceri" e in cui è la ricerca della 'soddisfazione' la molla principale. Se poi, per ottenere questa 'soddisfazione', ci dobbiamo imbottire. per esempio, di ansiolitici (chimici o naturali) per reggere il ritmo che si fa , anno dopo anno, più veloce e frenetico...beh! Questa è un'altra cosa.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Socrate78

Forse invece  è davvero meglio morire giovani, perché in quel caso non si sperimenta la dipendenza dagli altri dovuta alla malattia, la fragilità, spesso anche la solitudine, da giovani tutte queste cose non ci sono. Sì, si godrà di piaceri maggiori, ma alla fine sul piatto della bilancia prevale il dolore dovuto al decadimento, alla schiavitù di dipendere da farmaci e persone.

sileno

Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 08:52:40 AM
Citazione di: sileno il 21 Settembre 2018, 18:44:11 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione. La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.
Come risulta dal proseguire del dibattito sono stato travisato con il "può salvare la filosofia"? Pensavo bastasse affermare che la cultura greca accettava l'ineluttabile per autorealizzarsi nel mondo terreno. Così hanno ribattuto che solo Dio può salvare. Poi abbiamo chiarito alcune cose. Ispirarsi alla grecita per vincere paure, ansie,ineluttabili eventi esistenziali. Tu hai compreso. I greci , attraverso il mitico Sileno vedevano la morte precoce come evitamento dei disagi come vecchiaia, malattia, ecc. "Muore giovane chi è caro agli dei "(Menandro). Saluti

I greci erano sostanzialmente guerrieri con il mito del coraggio e della forza. Era una società guerriera. La peggior cosa che un guerriero può immaginare è "perdere  la forza" (vecchiaia). Ecco perché la frase "Muore giovane chi è caro agli dei" . Dei che immaginavano come sostenitori dei vari guerrieri e parteggianti ora per l'uno o per l'altro.
Ma se prendiamo, per esempio, la società ebraica del tempo vediamo invece che la fortuna di un uomo era considerata al contrario avere una lunga vita, una folta discendenza e molti capi di bestiame. Questo significava la benevolenza del dio che iniziava ad essere inteso come unico per Israele, anche se non ancora come unico in senso assoluto. Questo perché era una società basata sulla pastorizia.
Nella nostra società attuale è considerata somma "sfiga" morire giovani. La peggior cosa che ci possa capitare. Guardate le folle ai funerali di una persona che muore giovane e viceversa i quattro gatti per una che muore anziana... Morendo giovani non si può godere della vita. Godere nel significato principale di godere di cose materiali e mentali, sostanzialmente "acquistandole". Questo perché viviamo in una società dedita al consumo continuo di "piaceri" e in cui è la ricerca della 'soddisfazione' la molla principale. Se poi, per ottenere questa 'soddisfazione', ci dobbiamo imbottire. per esempio, di ansiolitici (chimici o naturali) per reggere il ritmo che si fa , anno dopo anno, più veloce e frenetico...beh! Questa è un'altra cosa.



Quindi meglio morire giovani che perdere, con la vecchiaia la forza che caratterizzava il guerriero caro agli dei.
E' possibile che secondo la concezione ebraica ricchezza e vita lunga testimoniassero la benevolenza di Dio
Gli antichi pensavano  che morire  quando si è nel pieno vigore delle forze è preferibile a un invecchiamento pieno  di acciacchi e dolori e con l'indebolimento che annienta le capacità fisiche. Se la morte era eroica, tanto meglio. Morire in battaglia fu un grande onore anche per i romani, gl'italiani: "chi per la patria muor vissuto è assai ....

Muore giovane chi è caro agli dei è l'epigrafe di Leopardi a "Amore e morte" e senza dubbio rivela la sua visione negativa della vita come dolore e fatia. Vengono risparmiate le malinconie della vechiaia, lo svanire dei sogni,l'avvilimento del vecchio, la perdita di entusiasmo.
Per capire meglio si visiti un ricovero per anziani perlopiù allettati notte e giorno, colpiti dall'Alzheimer, da demenze senili, da malattie altamente invalidanti,ecc. Si mediti sulla loro qualità di vita su una decina e più di farmaci con effetti collaterali, ci s'immagini il loro morale.

Oggi la morte è un evento banale, spettacolarizzato nei funerali con palloncini, canti,fiaccole, battimani. Nell'adolescenza molti giocano con la morte noncuranti, il suicidio è la prima causa di morte tra gli adolescenti,la seconda gl'incidenti stradali,spesso sfide alla morte.

Con gli psicofarmaci ingredienti di cocktali molto nocivi, si sballano, depressi e privi di stimoli.Vogliono non pensare, rilassarsi


Chi evita la vita da giovane ne giova
disse più o meno un poeta di gran nome:

"Puoi essere contento
solo un aquilone vedesti cadere al vento"

saluti

Sariputra

#33
"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij.

Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive?  :-\
La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...

Ovviamente si tratta della lettera al padre del poeta, Monaldo, non all'amico...mi sono accorto dell'errore. Probelmi con la memoria... :(
Sulla strada del bosco
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Kobayashi

Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij. Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive? :-\ La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...


Il discorso sta in piedi solo partendo dal presupposto che tutto è bene e quindi l'amore è il tipo di relazione tra soggetto e mondo che consente di coglierne la verità (presupposto metafisico ormai piuttosto logoro...), in caso contrario se si ama, molto più semplicemente, si vive un tipo di esperienza che pur essendo piacevole non può presupporre alcun valore conoscitivo. Anzi, a me pare piuttosto uno dei più profondi (e benedetti) autoinganni...
Dostoesvkij evidentemente in quella frase parlava da cristiano.
E un cristiano sceglie di fare proprio il messaggio evangelico che Dio e il prossimo vanno amati (e conosciuti attraverso l'amore) perché entrambi sono costituiti essenzialmente di amore (il secondo portando con se' l'immagine del primo).

sileno

Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM
"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij.

Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive?  :-\
La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...



Qual'è il tuo senso dell'essere,dopo aver amato la vita ? il mio è poter essere se stessi, secondo proprie incinazioni, esperienze di vita. Il carattere;le prime esperienze in famiglia determinano il nostro senso della vita ,la capacità di amare, non tanto quella di essere comunque amati.. L'essere di  Fromm è superato, oggi è aderire a una società liquida,di desideri indotti, di dipendenze. Sono estraneo al parlare invano diun Essere astrattp. metafisico, idealistico,sia occidentale che orientaleggiantej.Sono a favore di una maturazione psicoaffettiva, il mio scopo non è la salvifica via indotta dalla religione.

Saluti

Sariputra

Citazione di: Kobayashi il 25 Settembre 2018, 14:01:46 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij. Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive? :-\ La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...
Il discorso sta in piedi solo partendo dal presupposto che tutto è bene e quindi l'amore è il tipo di relazione tra soggetto e mondo che consente di coglierne la verità (presupposto metafisico ormai piuttosto logoro...), in caso contrario se si ama, molto più semplicemente, si vive un tipo di esperienza che pur essendo piacevole non può presupporre alcun valore conoscitivo. Anzi, a me pare piuttosto uno dei più profondi (e benedetti) autoinganni... Dostoesvkij evidentemente in quella frase parlava da cristiano. E un cristiano sceglie di fare proprio il messaggio evangelico che Dio e il prossimo vanno amati (e conosciuti attraverso l'amore) perché entrambi sono costituiti essenzialmente di amore (il secondo portando con se' l'immagine del primo).

Perchè, per te, l'amore è  solamente un'esperienza "piacevole"? Permettimi di dissentire da questa semplicistica affermazione. Chiunque ama sa che questo è solo un aspetto e per di più il termine piacevole, più che all'amore, è preferibile utilizzarlo, a parer mio, per le soddisfazioni sensoriali che generano attaccamento.
Anche nel Cristianesimo, e certamente Dostoevskij partiva dalla sua concezione cristiana dell'esistenza, non "tutto è bene" ma bensì tutto concorre  al bene. Che è un'altra cosa...
Chiaramente se per conoscenza intendi una bella formula verbale, o matematica, ovviamente l'amore non te la può dare. Stiamo semmai parlando di una conoscenza di tipo prajna (trad. visione intuitiva) che investe l'essere nel suo complesso e non la sola ragione. E che non la si può comunicare verbalmente...il linguaggio non è fatto per questo genere di "cose"...anche Yeoshwa stesso lo poteva solo indicare attraverso parabole... :)
Ovviamente la possibilità dell'autoinganno esiste sempre. Fa parte della nostra condizione umana. Per questo bisogna comprendere bene che "non esiste rosa senza spina". Se una cosa non fa un pò male è più probabile che ci si autoinganni, secondo me. E l'amore fa molto male...
Il mio intervento voleva in definitiva mettere un pò in guardia dal pericolo di compiacersi ( e compiangersi) nella disperazione...finendo per attaccarsi al piacere che questa sensazione tragica può dare alla mente. Tutto concorre a solidificare l'io/mio ("Io sono uno che soffre l'ingiustizia della vita"...). Come bisogna osservare i limiti del piacevole, allo stesso modo vanno osservati i limiti dello spiacevole (essendo impermanenti ambedue...). Con equanimità... :)
Sul fatto che lo ritieni un  "presupposto metafisico ormai piuttosto logoro" è notorio che io non vado molto dietro all'ultima "moda" (qual'è? Boh!......) ;D
Namaste
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#38
Qual'è il tuo senso dell'essere,dopo aver amato la vita ? il mio è poter essere se stessi, secondo proprie incinazioni, esperienze di vita. Il carattere;le prime esperienze in famiglia determinano il nostro senso della vita ,la capacità di amare, non tanto quella di essere comunque amati.. L'essere di Fromm è superato, oggi è aderire a una società liquida,di desideri indotti, di dipendenze. Sono estraneo al parlare invano diun Essere astrattp. metafisico, idealistico,sia occidentale che orientaleggiantej.Sono a favore di una maturazione psicoaffettiva, il mio scopo non è la salvifica via indotta dalla religione. Saluti [/quote]

Siccome non penso che esiste qualcosa come un "se stessi" il mio senso non può essere chiaramente rivolto all'edificazione di questo, che ritengo un inganno della mente. Sono anche assolutamente  a favore di una maturazione psicoaffettiva della mente che si manifesti in un atteggiamento di benevolenza verso tutti gli esseri senzienti e particolarmente verso quelli che soffrono di più.
Benevolenza pratica e pure di propensione mentale (non coltivare pensieri d'avversione...). Non aderisco ad una società liquida acriticamente: metto in dubbio e discussione qualunque cosa che tenti la mia bramosìa d'afferrare i piaceri. Non sempre ci riesco, ovviamente ( la coerenza assoluta è un'illusione...). Anche se magari sono "etichettato" per via del nickname che ho scelto per il forum, posso assicurare che il condizionamento suggerito dalla religione é ben misero a confronto con la strada personale che seguo e che mi condiziona, con un gioco di parole ( anche se spesso ci incontriamo lungo il percorso... ;D ).
La vita , a parer mio, rivela il senso quando la smettiamo di cercarne il senso...
Namaste
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Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Settembre 2018, 17:16:11 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
Può salvare la filosofia?

No, come Heidegger io dico che "solo un Dio ci può salvare".
La filosofia può aiutare a meglio, diciamo, "inquadrare" questo Dio; a toglierlo dalle prospettive delle
religioni storiche e tradizionali prospettandolo sotto una luce diversa. Ma, no, non può "salvare" essa.
Tutti i grandi filosofi che hanno "saputo e potuto" vivere la mancanza di Dio e il nichilismo fino in
fondo hanno sperimentato tragicamente su se stessi la tragedia più immane. Penso a Nietzsche come a
Leopardi, ma anche un pò a tutto l'Esistenzialismo (tanto per limitarci ai tempi moderni...)
saluti
E in ciò sta il fallimento dell'ateismo e la ripresa alla grande delle illusioni religiose. Incluse le forme più ignobili dell'integralismo religioso. Nietzsche ci è morto, ma chi è venuto dopo di lui ha fatto poco o nulla per fecondare quel terreno che lui aveva arato con tanta sofferenza. L'Esistenzialismo è un deserto dei tartari che è stato colonizzato dall'edonismo consumistico. L'ultimo uomo imperversa.  L'ateismo continua ad essere incapace di rifondare valori umani forti dopo la morte di dio. L'oltreuomo se ne sta ibernato dalle parti di Marte.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri