La nostra coscienza è un'entità non-locale seppure confinata

Aperto da Scimmia Disadattata, 04 Agosto 2024, 01:06:01 AM

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pandizucchero

#30
  La quantistica afferma che "il solo fatto di misurare  sembra determinare la risposta delle particelle.Il trovarne una su un determinato stato dipende dalla misura e  il determinarne posizione e velocità nel contempo è impossibile.Inoltre, se pensi di poterla  beccare veramente, le collassa l'onda!"
Dunque, la quantistica ammette le stesse perplessità di filosofia e psicologia quando parla di coscienza edel reale e di rapporto tra l'uomo e la materia energia.
Sembra infatti che la realtà risponda alle misure almeno tanto quanto le misure cerchino di rispondere alla domanda "che cosa è reale?" e capire la coscienza è cosa da venire.
Secondo me,comunque,è meglio che ognuno si faccia una sua idea di coscienza commisurata(!) alla sua esperienza e,per il resto, si discuta di  SFUMATURE E INTERFACCE.lasciando poi ogni disciplina in casa propria.



Jacopus

Una teoria più strettamente culturalista circa la provenienza della nostra coscienza-mente è quella che si può ascoltare nel link in fondo. Sinteticamente, la mente e la coscienza, secondo questa interpretazione di stampo paleo-evoluzionista, provengono da alcuni prerequisiti, ovvero la scarsa o quasi nulla diversità genetica fra tutte le popolazioni umane (Sapiens), la presenza di altre specie umane, nel corso di migliaia di anni, con le quali abbiamo interagito (denisova, neanderthal, floresiensis, javanensis e forse anche un'ultima enclave di erectus), e soprattutto la creazione dell'intelligenza simbolica attraverso il linguaggio. Vi è in proposito la coincidenza fra l'ultima out of Africa di circa 60.000, 40.000 anni fa e la successiva estinzione di tutte le altre popolazioni umane (i floresiensis si sono estinti appena 12.000 anni fa). Quest'ultima Out of Africa di 60.000 anni fa è caratterizzata dal marcatore genetico L3, che abbiamo tutti noi sapiens non africani e che quindi siamo tutti discendenti di quell'ultima Out of Africa. Questa popolazione Sapiens L3 aveva acquisito da poco la capacità del linguaggio e il conseguente inimmaginale allargamento di visuale, artistica, concettuale, astrattiva che il linguaggio permette, concedendoci così un ulteriore livello di adattabilità e di flessibilità, che ci ha reso l'efficiente assassino ambientale di oggi. Si tratta ovviamente di ipotesi, poichè le lingue se non sono scritte non lasciano tracce. Abbiamo come unica evidenza il fatto che 60.000 anni fa vi fu l'ultima Out of Africa di Sapiens L3, che fu preceduta da altre 3 o 4 Out of Africa di Sapiens non-L3, i quali, a differenza dell'ultima tornata, convissero tranquillamente con le altre popolazioni di ominini (Denisova, Neanderthal, Floresiensis, Javanensis), per migliaia di anni. Secondo questa ipotesi, corroborata dal ritrovamento di reperti archeologici trovati nella zona originaria di Homo Sapiens L3 (cioè l'attuale Namibia, popolazioni Khoisan), la cultura ha determinato quella che noi oggi chiamiamo "mente", che in realtà potrebbe essere presente in qualsiasi animale sufficientemente dotato di sistema nervoso centrale ed in grado di costruire una cultura complessa come la nostra.

https://www.youtube.com/watch?v=6zqXG8uTUYA
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

daniele22

Tutto molto elegante e ameno. Mi sfugge però il nesso tra queste "ondate" di fuoriusciti e gli ultimi minuti della lezione in cui per giustificare la mente ricorrendo alla maggiore diversità genetica nelle popolazioni africane rispetto ai fuoriusciti si continua a dare per scontata "l'invenzione del linguaggio", stavolta compiuta dai cuccioli, per gioco e in combutta con la madre. Aaaah! Cosa si è disposti a fare pur di...... E sí che il bergamo del discorso è tutto lì qualora si volesse svelare l'arcano; bisognerebbe cioè mettere in crisi quell'arbitrio pur giustificato che sostiene la natura convenzionale del linguaggio. Come se ad essere importanti fossero gli oggetti e non le azioni in cui questi sono coinvolti e che al tempo stesso ci coinvolgono. E non mi pare nemmeno di essere l'unico nel globo terracqueo che cerca di mettere in crisi questa poco indagata e altezzosa idea ... ma l'Accademia...

iano

@ Jacopus.
Hanno usato le gibbosità della parete per aver un effetto sul disegno, dice Telmo Pievani, che meglio si apprezzano alla luce di una lanterna, che di quella artificiale.

Ma io mi chiedo, chi, fissando una parete, non vi vede forme da poter ricalcare?
Non è una magia vedere cose che non esistono, che sembrano perfino animarsi alla luce tremolante di una lanterna, una volta fissate?
Forme disegnate perfino in prospettiva?
E come avrebbero dovute ricalcarle se non come le vedevano?
Non vedo in ciò necessariamente una volontà di rappresentazione della realtà.
Semmai vedo in ciò il trovarsi di fronte a cose che sembrano uguali, ma che in effetti non lo sono, una delle quali viene perciò declassata in rappresentazione, e una volta verificata la possibilità di una rappresentazione, questa si è svincolata dall'apparire di forme su una parte, divenendo la rappresentazione simbolica che oggi conosciamo.
Quello che voglio dire è che gli indizi che Pievani cerca, seppur non valgono la solida testimonianza di un fossile, sono però ancora sepolti dentro noi come meccanismi della visione, conservatisi ancor meglio di un fossile, perchè in effetti sono ancora vivi dentro noi.
In sostanza andiamo alla ricerca di colpevoli che potrebbero essersi denunciati da soli, per cui non possiamo dare alcun merito al detective che li ha arrestati.
In sostanza abbiamo scambiato le gibbosità di una parete per un mammut esplicitandosi in tal modo i meccanismi della percezione come imperfetti, capaci cioè di vedere anche ciò che non c'è, insinuando alla lunga  il dubbio, che ancora stiamo elaborando, sulla possibilità che la realtà possa apparirci per ciò che è, ma come una sua rappresentazione  artificiosamente perciò replicabile.
Una presunta realtà che ha lasciato involontariamente indizi su una parete della sua artificiosità, fino a farci sospettare in un lungo percorso culturale che la realtà sia il supporto in cui le visioni ci appaiono, cioè se queste visioni appaiono allora deve esserci da qualche parte una ''gibbosità''.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Perchè si chiede Telmo Pievani certe capacità sono apparse tutte insieme, e riferibili all'ultima emigrazione dall'africa?
Paradossalmente risponderei che le precedenti emigrazioni riguardavano individui non ancora abbastanza imperfetti da scambiare gibbosità sul muro per animali.
Individui cioè la cui sopravvivenza dipendeva strettamente da una perfetta visione, la cui necessità è venuta meno al cambiamento del loro ambiente.
Sappiamo che le scimmie, nostre lontane parenti, hanno un cervello ancora in gran parte dedicato alla visione, così perfetta quindi da essere forse incapaci di scambiare una gibbosità su una parete per un elefante, esseri viventi per i quali, in relazione all'ambiente in cui vivono, potrebbe essere letale avere dubbi su quel che vedono, perchè nel tempo di quel dubbio un predatore potrebbe avere ragione di loro.
L'ultima ondata di emigrazione ha riguardato individui molto lontani ormai dalla perfezione delle loro parenti scimmie, così imperfetti da non potere non prenderne coscienza, seppur indirettamente, per l'occasione di una emergenza su muro altrettanto imperfetto, essendo la parete di una caverna, e prendendone coscienza cercare di rimediarvi.
Nella loro perfezione le scimmie in una parete vedono solo quel che è '' in se'', una parete.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Insomma è il solito discorso.
Se ci appendiamo in modo preconcetto le capacità creative come una medaglia, diventa poi difficile comprendere la banalità della loro origine.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Andando avanti nell'ascolto del video di Pievani, esso espone in 5 o 6 punti le recenti scoperte che possono modificare il quadro di un evoluzione che può svilupparsi su grandi tempi come su brevi, e la cultura mi sembra un acceleratore culturale.
Provo quindi a dare una interpretazione alternativa ai 5 o 6 punti di cui sopra, dei quali il più misterioso è il nostro essere essenzialmente migranti, cioè essere coloro che emigrano non necessariamente per necessità, ma per, diciamo così, una sorta di  ''istinto'' migratorio.
Ora, se è vero che la cultura facilita l'adattamento a situazioni completamente nuove a seguito di migrazioni dettate da necessità, è anche vero che questa adattativa allarga di fatto il nostro areale.
Cioè, lo dico in modo paradossale, non ''siamo noi ad essere emigrati'' ma è il nostro areale ad essersi allargato alla terra intera.
Per quanto invece riguarda invece una parentela fra fra noi più stretta rispetto ad altre specie, corrispondente ad una minor varietà genetica,
si potrebbe ipotizzare che una maggior varietà non è stata prodotta non essendocene bisogno, lavorando al suo posto la varietà culturale.
Cioè un adattamento attivo, ottenuto per via cosciente in modalità creativa, che prende in parte il posto dell'adattamento passivo per via genetica, molto più lento, per cui il nostro futuro potrebbe essere quello di una ulteriore riduzione della differenza genetica.
Noi siamo sempre più in grado di ''correggere le disfunzionalità con cui nasciamo'' , disfunzionalità che per l'evoluzione sono in effetti opportunità da giocarsi, ma che noi blocchiamo.
L'umanità si evolverà sempre più come un prodotto culturale con un residuo sempre più stretto  di variabilità genetica.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Il problema dell'evoluzione attiva di una specie è che entra in competizione distruttiva con l'evoluzione passiva delle altre, e inoltre questo attivismo regge finché c'è una fonte di energia disponibile che lo alimenti, non mancando comunque ulteriore energia potenzialmente disponibile.
La disponibilità di questa energia certamente è destinata a crescere fino a divenire virtualmente infinita, quindi possiamo provare  prevedere nel bene e nel male dove sta andando la nostra evoluzione, sapendo già che il destino dell'evoluzione passiva tenderà a dipendere sempre più dal nostro buon cuore, a meno che virus e batteri non risolvano diversamente il problema.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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