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La magia del Natale

Aperto da stelle dell'auriga, 30 Novembre 2019, 18:21:33 PM

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Nome ed epiteti di Gesù

Dal Vangelo di Luca sappiamo che l'angelo Gabriele  fu mandato da Dio alla vergine Maria per informarla del concepimento di un figlio e con quale nome chiamarlo: "lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (1, 26 - 31).  Questo nome fu poi rivelato nel sogno a Giuseppe da un angelo del Signore che gli disse: "non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù" (Mt 1, 20 – 21).

Gesù è l'adattamento italiano del nome ebraico Yĕhošūa (= Yehoshùa), che significa: "Dio salva". Il nome gli venne imposto nel rito della circoncisione nell'ottavo giorno dalla nascita (Lc 2, 21).

I suoi contemporanei lo chiamavano col nome ebraico nella forma abbreviata,  Yeshua,  a volte con la specificazione "figlio del falegname" (Mt 13, 55), "figlio di Giuseppe"  (Lc 4, 22), "figlio di Maria" (Mc 6,3).

Il nome Yehoshùa (in italiano = Giosué) nella Bibbia dei Settanta in lingua greca fu tradotto Iesòus, passato nel latino tardo nella forma Iesus, da cui l'italiano Gesù.

Yehoshùa era un nome diffuso al tempo dei fatti evangelici, è citato anche negli apocrifi.  Lo storico ebreo Giuseppe Flavio menziona  numerosi personaggi (non biblici) con questo nome.

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Nome ed epiteti di Gesù  /2

Nel Nuovo Testamento in lingua greca, Gesù oltre al nome proprio viene indicato con epiteti, titoli e nomi allegorici, molti dei quali derivano dall'Antico Testamento e applicati a Gesù dagli autori del Nuovo Testamento, convinti che fosse il Messia, atteso dal popolo ebraico. 

Alcuni esempi.

 "Cristo": in ebraico māšîăḥ (= unto, del Signore), in lingua greca "Christòs", da "chrìo, = ungere, da cui "l'unto", il "consacrato" con l'olio d'oliva spalmato sul capo). All'epoca di Gesù, il Cristo-Messia era l'inviato di Dio atteso dal popolo ebraico, dal quale ci si aspettava in particolare il riscatto sociale e politico dalla dominazione romana.

"Signore": in greco  "Kyrios", termine usato in particolare  negli Atti degli Apostoli e nelle lettere.

"Figlio dell'uomo": nell'ebraismo questa frase aveva una connotazione messianico-escatologica.

"Figlio di Dio": indica la relazione indissolubile tra Dio e un individuo o una comunità.

"Re": questo attributo era correlato al Messia, considerato discendente ed erede del re Davide, dal quale: "re dei Giudei", "re d'Israele", "re dei re", "Figlio di Davide".

Altri titoli: rabbi (= esperto della Sacra Scrittura), rabbuni (forma confidenziale di rabbi), maestro, Verbo (titolo cristologico usato dall'evangelista Giovanni) Dio, logos, nazoreo,  nazareno, Emmanuele (= "con-noi-Dio"), ecc..

Dall'evangelista Giovanni vengono date anche espressioni allegoriche come: agnello, agnello di Dio, agnello immolato, luce, luce del mondo, verità, via,  pastore, buon pastore, pane della vita, ecc..

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Iconografia della Natività

La raffigurazione della natività ha origini antiche: i cristiani  cominciarono a dipingere le scene della nascita di Cristo nelle catacombe.
Le fonti per la rappresentazione sono i 180 versetti dei  Vangeli di Matteo e di Luca, cosiddetti "dell'infanzia", che riportano la nascita di Gesù.

Il racconto più dettagliato della nascita di Gesù è nel Vangelo di Luca (2, 7-9), Maria "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce."

Altri elementi per arricchire la scena furono desunti dai racconti di altri tre  vangeli apocrifi: il protovangelo di Giacomo, il vangelo dello pseudo Tommaso ed il vangelo arabo dell'infanzia.

Le rappresentazioni del III e IV secolo evidenziano che la comunità cristiana dell'Urbe era affascinata dalla narratio evangelica e/o apocrifa relativa ai primi momenti della vita di Gesù.

Quei cristiani consideravano il Natale come momento saliente del piano salvifico divino e come incontro tra profezia e attuazione evangelica.


La più antica rappresentazione della nascita di  Gesù è del III secolo. L'affresco è a Roma nelle catacombe di Priscilla, uno dei cimiteri paleocristiani con circa 13 chilometri di gallerie sotterranee.  Queste catacombe sono dette di Priscilla dal nome dalla nobildonna che donò il terreno nel quale vennero scavate dal II secolo, ospitano anche le spoglie di sette papi fra cui Celestino I e Liberio.

Sul soffitto di una nicchia è raffigurata Maria che tiene in braccio Gesù, con accanto un profeta che le indica una stella, simbolo, secondo l'Antico Testamento, della venuta di Cristo in terra.


                 
Nelle gallerie delle catacombe di Priscilla, già nel III secolo, vengono riprodotti ad affresco le celebri scene dell'Annunciazione, della Natività e dell'adorazione dei Magi.

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 Iconografia della Natività  /2

A Roma, nelle catacombe di Priscilla è anche raffigurata l'adorazione dei Magi

 

L'Adorazione dei Magi nella catacomba di Santa Priscilla, Roma.

Il tema della nascita di Gesù, l'adorazione dei pastori e l'adorazione dei Magi con i loro doni  è presente anche in altre catacombe romane.

Il numero dei Magi varia, perché l'evangelista Matteo (2, 1 – 12) non dice quanti erano. Nelle più antiche pitture delle catacombe il loro numero oscilla da due a cinque.  

Dal IV secolo, con la diffusione del cristianesimo, numerosi artisti  rappresentarono la nascita di Gesù nelle basiliche paleocristiane decorate con splendidi mosaici che spesso ritraggono l'immagine della Madonna con il Bambino.  

A Roma, della basilica paleocristiana di Santa Maria Maggiore, fatta costruire dal pontefice  Sisto III sul colle Esquilino, dopo il concilio di Efeso del 431, che sancì il dogma del parto verginale di Maria, restano i mosaici delle navate, ma anche il grande arco trionfale, che evoca i momenti salienti relativi alla nascita del Salvatore:  dall'annunciazione alla presentazione al tempio, dall'adorazione dei magi al soggiorno in Egitto, dalla strage degli innocenti alla reggia del re Erode.




Adorazione dei Magi: epitaffio sulla lastra marmorea della tomba di Severa; 300 circa d.C., catacombe di Priscilla, Roma

La piccola lastra (fine III – inizi IV sec.), proveniente dal cimitero di Priscilla sulla via Salaria, chiudeva forse un loculo infantile e reca inciso, oltre all'augurio di vita per la defunta Severa ("Vivi in Dio!"), una ricca decorazione figurata: essa comprende a sinistra il ritratto della fanciulla che tiene tra le mani un rotolo (volumen), segno di sapienza e, a destra, una delle più antiche rappresentazioni dell'adorazione dei Magi. Questi ultimi, raffigurati in abiti orientali con i mantelli gonfiati dal vento per significare il movimento, sono condotti dalla stella sino a Maria, seduta su un alto seggio di vimini, con in braccio il bambino Gesù che si protende a ricevere i doni. Dietro il seggio, il profeta Bàlaam, stante, indica la stella, alludendo al compimento della profezia messianica: «Una stella spunterà da Giacobbe, uno scettro sorgerà da Israele» (Num 24, 17). 

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Iconografia della Natività  /3

Nel tempo questo tema  iconografico è stato interpretato dagli artisti con diverse ambientazioni e gestualità dei personaggi.

Dal VI secolo nel Vicino Oriente si stabilizza la tradizionale iconografia bizantina: Maria giace distesa nella grotta o nella capanna  con il Bambino nella mangiatoia, il bue e l'asino. Invece in ambito occidentale prevale l'immagine derivata dalla devozione medievale, la Madonna inginocchiata  o seduta e adorante accanto al bimbo.

Dal XIV secolo nella raffigurazione della natività s'impegnarono  gli artisti più famosi con pitture, sculture, ceramiche argenti, avori e vetrate.

Dal XV secolo la nascita di Gesù avvenne anche nella scenografia di rovine di edifici di epoca imperiale, con colonne spezzate, archi, edifici crollati, per simboleggiare la vittoria del cristianesimo sul paganesimo. simboleggiano il crollo del paganesimo.  Il messaggio ideologico mostra la "capanna" della natività di Gesù entro le rovine di un tempio pagano.

Nelle rappresentazioni pittoriche  del corteo dei Magi vengono raffigurati anche animali esotici, come giraffe, dromedari o cammelli.

Gentile da Fabriano nel 1423 dipinse un'adorazione dei Magi per il banchiere Palla-Strozzi, arricchendola con una scena di caccia con balestrieri, fagiani, cervi inseguiti, leopardi ammaestrati in groppa ai cavalli.

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24 dicembre: inizia il "Tempo di Natale"

La sera del 24 dicembre, prima dei vespri finisce il tempo dell'Avvento  ed è l'ultimo giorno della novena di preparazione  spirituale, elencata fra i "pii esercizi" di origine medievale per coinvolgere maggiormente la devozione popolare.

Con la "messa vespertina" (dal latino vespĕrum = sera) comincia il "tempo di Natale", che termina la prima domenica dopo l'Epifania in cui viene commemorato il battesimo di Gesù nel fiume Giordano da parte di Giovanni Battista. 

I vespri fanno parte della "liturgia delle ore". Le preghiere vengono di solito  recitate  alle 18.00, la penultima delle ore canoniche, compresa tra la nona (ore 15.00) e la compieta, che conclude la giornata.

Nella tarda serata del 24 dicembre il suono delle campane chiama i fedeli alla partecipazione della Messa solenne  "ad noctem" (cosiddetta di "mezzanotte" nella tradizione del passato),  per celebrare la nascita di Gesù. Nel nostro tempo la funzione religiosa comincia alle ore 22.00, come nella basilica vaticana, con la partecipazione del papa. La liturgia prevede la lettura della "buona novella" (attualmente detta "buona notizia"), che commemora la nascita di Gesù a Betlemme e la rivelazione dell'angelo ai pastori (Lc 2, 1-14).

Nell'offertorio il celebrante dice che il cielo e la terra prendono parte all'esultanza: "laeteutur coeli et exultet terra ante faciem Domini: quoniam venit" (Ps 95, II e 13).

Il rito culmina  con i canti del  "Gloria" e dell'Alleluja, poi  nella "mangiatoia" viene deposta la statuina che simboleggia il Bambino Gesù.

Oltre al sacro c'è il profano: nella serata c'è il tradizionale "cenone della vigilia di Natale" e lo scambio dei doni, ma molti preferiscono attendere il giorno successivo per i regali.

Sariputra

In queste ore genitori indaffarati cercano gli ultimi giocattoli per i loro bimbi. Si scorrono poi i volti e i nomi dei parenti e degli amici a cui si vuol donare qualcosa, magari preoccupati perchè si pensa di ricevere qualcosa da loro, e dover così contraccambiare per non sentirsi in imbarazzo. E' la ritualità stancante del Natale, vissuto ormai solo su questo piano del dare e ricevere cose, spesso già possedute dai riceventi. Chi non vede arrivare almeno dei calzini lunghi o delle cravatte ogni anno, in questo giorno? E quasi sempre di misura sbagliata?...
Allora vorrei lasciare un augurio diverso: quello di poter realizzare un cuore orientato al Bene. E lo faccio con il versetto 43 del Dhammapada 

Non tua madre, non tuo padre,
né chiunque della famiglia,
può darti dono più prezioso
di un cuore ben orientato.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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Liete feste Sari. 
al tuo post rispondo con questa storiella.

Lo scrittore e drammaturgo francese Alphonse Daudet (1840 – 1897) nella raccolta di novelle titolata "Lettres de mon moulin" (= Lettere dal mio mulino), c'è un racconto dedicato a "Les trois Messes basses", le tre messe non cantate, perciò basse, che il sacerdote celebrava il 24 dicembre. 

La storia è ambientata alla fine del 18/esimo secolo. Don Balaguère, cappellano della chiesa nel castello sul monte Ventoux, è un prete goloso che viene tentato dal diavolo nelle sembianze del suo chierichetto, di nome Garrigou, che gli descrive lo squisito menù della vigilia di Natale, del gran lavoro in cucina per preparare la cena di mezzanotte: 

"- Due tacchini tartufati, Garrigou? ...

- Sì, reverendo, due bellissimi tacchini ripieni di tartufo. Ne so qualcosa, dato che sono io che ho contribuito a riempirli. Sembrava che la loro pelle si spezzasse quando arrostita, così tesa era ...

- Gesù Maria! io che amo tanto il tartufo! ... Dammi subito la mia cotta, Garrigou ... E con i tacchini, cosa hai visto di nuovo in cucina? ...

- Oh! tutti i tipi di cose buone ... Da mezzogiorno abbiamo solo strappato fagiani, upupe, gelatine e galli cedroni. La piuma volava dappertutto ... Poi dal laghetto abbiamo portato anguille, carpe dorate, trote, gamberetti ...

- Quanto è grande, la trota, Garrigou?

- Grande come quello, Reverendo ... Enorme! ...

- Oh! Dio! mi sembra di vederli ... Hai messo il vino nelle ampolle?

Sì, reverendo, ho messo il vino nelle ampolle, ma non vale quello che berrete nel castello dopo la Messa di mezzanotte, tutte quelle caraffe piene di vini di tutti i colori ... E i piatti d'argento, i fiori, i candelabri! .... Il marchese ha invitato molti nobili. 

- Andiamo, andiamo, bambino mio. Facciamo attenzione al peccato di gola, specialmente alla notte della Natività ... Vai veloce e accendi le candele e suona il primo colpo della Messa; perché è quasi mezzanotte e non dobbiamo essere in ritardo ...". 

Il sacerdote vorrebbe resistere al "peccato di gola", ma non riesce a liberarsi dall'idea della cena mentre si prepara per celebrare la terza Messa. E' ormai preda del demone della golosità, e durante la celebrazione eucaristica salta frasi intere del messale, omette il "credo" e il pater" per l'ansia di sedersi a tavola. 

All'ite missa est non lui solo, ma tutti i fedeli presenti furono contenti: "Deo gratias" risposero in coro, poi corsero fuori dalla chiesa per partecipare alla cena della vigilia nelle loro case. Invece don Balaguère partecipò insieme ai nobili alla cena organizzata dal marchese nella grande sala del castello. 

Il prete mangiò e bevve così tanto che durante la notte morì d'infarto senza potersi pentire. 

Per la sua empietà il Signore non lo fece entrare nel Paradiso e gli disse: "Tu mi hai rubato una Messa di mezzanotte...Me la ripagherai trecento volte e non entrerai in paradiso fino a quando non avrai celebrato trecento messe di Natale nella tua cappella, alla presenza di tutti quelli che hanno peccato con te e per colpa tua".

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25 dicembre: Nascita di Gesù


                 
"Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Con questa affermazione l'evangelista Giovanni esprime l'evento dell'Incarnazione: Dio si è fatto uomo a Betlemme.

Il 25 dicembre nella Messa solenne viene letto il prologo dell'evangelista Giovanni:  "In principio era il Verbo, /  e il Verbo era presso Dio, / e il Verbo era Dio" (1, 1)
Il  latino "Verbum" traduce il greco Logos, questo sostantivo significa parola, intesa come manifestazione del pensiero. In termini filosofici è un'idea astratta, un concetto,  che si è concretizzato, rendendosi visibile, ascoltabile, toccabile. in una determinata persona.

Per la teologia cristiana è Gesù Cristo, il Figlio di Dio, divino e umano, vero Dio e vero uomo, e fa parte della Trinità insieme al Padre e allo Spirito Santo.

La stessa espressione "In principio..." è usata all'inizio del racconto della creazione nel libro della Genesi: "In principio Dio creò il cielo e la terra...", però l'evangelista Giovanni si riferisce ad un altro "principio", a Gesù Cristo, nato a Betlemme secondo la profezia di Michea (5, 1).

Secondo i cristiani Michea, che visse nell'VIII sec. a.C. (ed era contemporaneo dei profeti Isaia ed Osea), profetizzò la nascita del Signore a Betlemme...

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25 dicembre: Nascita di Gesù /2

Joseph Ratzinger, durante il suo pontificato, nell'udienza generale del 23 dicembre del 2009 disse che "Il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204".

Ippolito, teologo ed esegeta, fu il primo antipapa nella storia della Chiesa. Scrisse commentari su libri dell'Antico e Nuovo Testamento, fra i quali quello sul "Libro di Daniele". In questo testo, in quattro volumi, c'è la parte riguardante il giorno e il mese della nascita di Gesù:  "Riguardo alla prima Venuta del Salvatore nella carne, quando nacque in Betlemme, (occorre sapere che avvenne) otto giorni prima delle calende di Gennaio (25 dicembre), il quarto giorno della settimana (Giovedì), quando Augusto regnava già da quarantadue anni. Dal tempo di Adamo erano passati cinquemilacinquecento anni. Egli (il Cristo) soffrì a trentatré anni, otto giorni prima delle calende di Aprile (25 Marzo), nel giorno della Preparazione, durante il quindicesimo anno di Tiberio Cesare, insieme con Rufo, Rubellio e quando Gaio Cesare e Gaio Celestio Saturnino erano consoli per la quarta volta". (Ippolito di Roma, Commentario a Daniele, 4.23.3).

Papa Benedetto XVI in quell'udienza del 23 dicembre 2009 disse anche:  "Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando essa prese il posto della festa romana del "Sol invictus", il sole invincibile; si mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle tenebre del male e del peccato".
Infatti, come  ho scritto in un precedente post, nella 'Depositio Martyrum', scritta nel 336, si dice che a Roma il dies natalis di Gesù veniva celebrato il 25 dicembre. 


La stessa notizia è nel Cronografo dell'anno 354(Chronographus anni 354), scritto da Furio Dionisio Filocalo:  "VIII kal. Ian. natus Christus in Betleem Iudeae" (= il 25 dicembre nacque Cristo a Betlemme di Giudea).

Fu scelto il 25 dicembre perché si credeva  che fosse la data del solstizio d'inverno. In quel giorno si festeggiava il  "Dies Natalis Solis  Invicti", la nascita del nuovo Sole, che dopo la notte più lunga dell'anno riprendeva ad aumentare la luce diurna.

"Sol Invictus" ("Sole invitto") o, per esteso, "Deus Sol Invictus" ("Dio Sole invitto") era anche l'appellativo religioso usato per diverse divinità  nel tardo Impero Romano, quali Helios, El-Gabal, Mitra, che finirono per essere assimilate, nel periodo della dinastia dei Severi, in un monoteismo solare.

Il 25 dicembre la comunità cristiana di Roma festeggiava la nascita di Gesù, considerato da loro "la luce del mondo".
Il simbolismo teologico "Cristo-Luce" è caratteristico del Vangelo di Giovanni (1, 4 – 9 e 8, 12) che mette in evidenza la contrapposizione tra luce e tenebra.

Anche nelle lettere di Paolo di Tarso la simbologia della luce è presente con diversi significati, ad esempio in quella agli Efesini (5, 8 – 14). Da aggiungere il profeta Isaia:  "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse" (9, 1).

Ma fu difficile sconfiggere la festa pagana del "Sol Invictus". Nel 460 il papa Leone I "Magno" sconsolato scrisse: "E' così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella basilica di san Pietro, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell'astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei". (settimo sermone nel Natale del 460). 
 
Le date in cui si festeggia il Natale nella cristianità:
Il 25 dicembre cattolici, protestanti e ortodossi che seguono il calendario gregoriano;
il 6 gennaio le chiese ortodosse orientali;
il 7 gennaio gli ortodossi che seguono il calendario giuliano;
il 19 gennaio la Chiesa Armena Apostolica di Gerusalemme che segue il calendario giuliano.


Il nucleo centrale della festività natalizia è di 8 giorni: dal 25 dicembre all'1 gennaio.

 

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Canzoni natalizie

"Tu scendi dalle stelle": è la più famosa canzone natalizia italiana.  Parole e musica furono composte nel dicembre  1754  dal sacerdote Alfonso Maria de' Liguori mentre era  a Nola (prov. di Napoli) per le sue  prediche durante la novena di Natale. E' la versione in lingua italiana di un coevo motivo in dialetto napoletano, "uanno QQuanno nascette Ninno", dello stesso autore, vescovo e santo.
 
"Stille nacht":  (= Notte silenziosa)  è il titolo in lingua tedesca  di un'altra famosa canzone natalizia, più conosciuta in Italia col titolo "Bianco Natale",in inglese "Silent night".
Le parole furono scritte nel  1816 dal sacerdote  austriaco Joseph Mohr, invece  la musica fu composta nel 1818  dall'austriaco  Franz Xaver Gruber, che egli stesso suonò per la prima volta nella notte di Natale nella chiesa di St. Nikolaus ad Oberndorf.  


La versione italiana di "Stille nacht" è "Astro del ciel":  non è una traduzione del testo tedesco  ma un elaborato scritto dal prete bergamasco Angelo Meli (1901-1970).

In "Stille nacht" il sacerdote Mohr esprime la pace interiore dopo varie disavventure e  malattie. Prima dell'ordinazione sacerdotale aveva vissuto a Salisburgo, dove era solito ubriacarsi e giocare d'azzardo.

A diffondere questo canto natalizio prima nel Tirolo poi nel resto dell'Austria e in Germania, fu un costruttore di organi, Mauracher. Si era recato ad Oberndorf per riparare l'organo della chiesa di San Nicolaus, ascoltò la canzone, gli piacque e decise di prendere lo spartito per stamparlo e diffonderlo. Il brano piacque anche al re di Prussia, Federico Guglielmo IV, che lo fece cantare dal coro del duomo di Berlino.

Alla fine del XIX secolo gli emigranti tedeschi fecero conoscere "Stille nacht" negli Stati Uniti e nel Canada.
 
"Adeste fideles": canto natalizio in lingua latina d'incerta "paternità". Alcuni l'attribuiscono, in parte, al compositore e musicista britannico John Francis Wade (1711 – 1786).  Lo avrebbe trascritto da un tema popolare  irlandese nel 1743 circa. Nel canto ci sono citazioni tratte dalla Bibbia e dalle preghiere del Gloria e del Credo.

Il testo del canto è costituito da otto strofe di cui solo la I, V, VI e VII furono trascritte da Wade. Le strofe II, III e IV vennero composte dal vescovo cattolico e teologo franceseÉtienne-Jean-François nel 1794  e  l'VIII da un anonimo.

doxa

#86
Canzoni natalizie /2

"White Christmas" (= bianco Natale).
E' la più famosa canzone natalizia  americana. Scritta dal compositore musicale Irving Berlin, di origine russa, naturalizzato statunitense,  morto nel 1989 all'età di 101 anni.
Il nome Irving Berlin è uno pseudonimo. Si chiamava Izrail' Moiseevič Bejlin (18881989). Fu autore di numerosi brani musicali, fra i quali il noto "White Christmas", elevato al successo da Bing Crosby nel 1942.

Fu per il film "Holiday Inn" che compose nel 1942 White Christmas, per cui ricevette anche  l'Oscar per la migliore canzone.  Il 3 ottobre  1942  il brano, cantato da  Bing Crosby raggiunse il primo posto nella classifica americana. Da allora, il brano è sempre riapparso in classifica ogni anno per Natale.


"Jingle Bells": è una delle canzoni natalizie più conosciute e cantate al mondo. Il brano fu creato dal compositore e cantautore statunitense James Pierpont e pubblicato nel 1857 con il titolo "One Horse Open Sleigh".

Anche se è associata al Natale, la canzone la scrisse per essere cantata nel "Giorno del ringraziamento":  ogni anno negli Stati Uniti d'America  il quarto giovedì di novembre.

Secondo la Medford Historical Society, Pierpont per la composizione del testo fu ispirato dalle popolari corse delle slitte che si svolgevano nella città di Medford nel XIX secolo.

Nel 1859 la canzone venne ripubblicata con il titolo "Jingle Bells, or the One Horse Open Sleigh" ed ebbe diffusione e successo.
Jingle Bells non argomenta sul Natale, ma di bevute, slitte e anche ragazze.

La CBC (l'equivalente della Rai in Canada) fece  fare le ricerche per un servizio con la vera storia di "Jingle Bells" e scoprì che il brano non è un  allegro inno da cantare in famiglia. Fu composto in una  specie di "osteria" per essere cantato  durante le bevute.
«Jingle bells, jingle bells, jingle all the way. Oh, what fun it is to ride in a one-horse open sleigh». Il ritornello del pezzo sarebbe in pratica un inno a divertirsi durante le corse di slitte che nel periodo invernale  si svolgevano sulle rive del Mystic River, a Medford, a nord di Boston.

Oltre alla prima strofa della canzone (l'unica cantata) e leggendo le successive (spesso dimenticate), c'è da credere che il divertimento cui si riferisce il pezzo effettivamente non sia quello dello stare in famiglia a Natale.

The first Noel (= "Il primo Natale"):l'origine del titolo di questo canto natalizio è controverso. Secondo alcuni studiosi non è il "noel" di origine francese ma la contrazione della frase "Now all is well", divenuto "Now well",  abbreviato in "Nowell", da cui "Noel".

E'un tradizionale canto natalizio inglese, pubblicato nel 1823  con un arrangiamento ed aggiunte nel testo ad opera di  Davies Gilbert.


Dopo essere stata tramandata oralmente, la composizione "The first Noel" fu pubblicata  nel 1833 in una collezione di "Christmas Carols".  

Il testo ha 9 strofe di contenuto religioso: la nascita di Gesù, l'annuncio dell'angelo ai pastori, l'arrivo dei Magi, ecc.. Tre delle nove strofe vengono spesso tralasciate nelle versioni contemporanee.

viator

Altamarea.......sono estasiato dal tuo eloquio. I tuoi interessi e conoscenze, che finora mi erano ignoti, li trovo intriganti. E te lo sta dicendo uno  i cui interessi ed il cui cinismo risiedono in ben altri universi. Complimenti veramente. Buon Natale anche se - come s'usa tra noi - non ti saluto.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

doxa

#88
Liete feste anche a te Viator.

Debbo mantenere la promessa al nick Isfrael di descriverle la Natività da diversi punti di vista. Il "cronoprogramma" prevede la conclusione dei miei post sul tema con l'arrivo e la partenza dei Magi. Poi me ne andrò con loro verso "Oriente".

Nel frattempo Jesus come uomo cresce d'età e lo incontrerò di nuovo alla fine della sua vita terrena. Il "meeting" avverrà a Gerusalemme nella "Domenica delle palme", poi, nel giorno della Pentecoste, io e lui ci  diremo addio per sempre. Su richiesta potrò argomentare sul suo "fine vita".

Tornando alla Natività, di cose da dire ce ne sono tante.  Ho cominciato a documentarmi da ragazzo per capire meglio, per distinguere la religiosità popolare, che aborro, dalla "verità storica".

Ciò che sto "postando" in questi giorni, non è la "faticaccia" in quest'ultimo mese, ma il copia e incolla di quanto ho archiviato negli anni, prima sul cartaceo e poi nei miei documenti virtuali, che a volte necessitano di aggiornamenti e correzioni.  

Per documentarmi ho frequentato varie biblioteche, comprese quelle conventuali e monastiche.

Un bel saluto Viator. Ormai sono "assuefatto" al tuo "salve", "saluti", e se non li scrivi mi viene la "crisi di astinenza". :)  

doxa

Il bue e l'asino
Il giorno di Natale è al tramonto. Non si può lasciarlo passare senza dire qualcosa di altri due "interpreti" della Natività: il bue e l'asino.


Andrea De Litio, "Natività", 1460 – 1470, particolare del ciclo di affreschi riguardanti le "Storie di Maria" nel coro del duomo di Atri, (prov. di Teramo).

Maria è in posizione orante. Al di sopra della capanna le colline, paesi turriti,  i pastori e i contadini che convergono verso il bambino divino.

Questi due animali furono scelti in base a  dei versetti veterotestamentari, uno del profeta Isaia (1, 3) e l'altro del profeta Abacuc (3, 2).

Isaia: "Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende"(1,3). Questo passo di Isaia non è connesso con la Natività di Gesù, invece la tradizione della Chiesa lo considera una profezia riguardante il Bambino Gesù nella stalla. Isaia lamenta che Israele non riconosce più il suo Dio, mentre persino le bestie riconoscono il loro padrone.

Abacuc: 
"Signore, ho ascoltato il tuo annunzio,
Signore, ho avuto timore della tua opera.
Nel corso degli anni manifestala
falla conoscere nel corso degli anni"(3, 2).

In questo versetto  di Abacuc non si parla di animali, ma nella versione dei Settanta dell'Antico Testamento in lingua greca, tradotta dall'ebraico ad Alessandria d'Egitto, il terzo rigo fu erroneamente interpretato e la frase "Nel corso degli anni manifestala", fu  tradotta "in mezzo ai due animali Tu ti manifesterai":  questa locuzione fu considerata la conferma della predetta profezia di Isaia sulla presenza del bue e l'asino alla nascita di Cristo.


E' davvero sorprendente  che la leggenda  e la tradizione "del bue e dell'asino" vicino la "mangiatoia-culla" del neonato Gesù siano nate da un errore di traduzione.

L'unico testo apocrifo che cita un bue e un asino vicino alla mangiatoia in cui fu sistemato Gesù appena nato è il Vangelo dello pseudo-Matteo: "Il terzo giorno dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla: mise il bambino nella mangiatoia e il bue e l'asino lo adorarono. Così si adempì ciò che era stato preannunziato dal profeta Isaia, che aveva detto: 'Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone'. Infatti questi animali, avendolo in mezzo a loro lo adoravano continuamente. E così si adempì ciò che era stato preannunziato dal profeta Abacuc, che aveva detto: 'Ti farai conoscere i mezzo a due animali'. In quel luogo Giuseppe e Maria rimasero col bambino per tre giorni" (14, 1).

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