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La magia del Natale

Aperto da stelle dell'auriga, 30 Novembre 2019, 18:21:33 PM

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doxa


La casa a Natale: accogliente e festosaIntorno al presepe o all'albero di Natale ci sono le confezioni con i regali, le "strenne".

Il sostantivo "strenna" deriva dal latino "strēna".

"Strenae" erano i doni con significati simbolici o religiosi che i Romani usavano scambiarsi in particolari giorni di festa, come nei Saturnalia (17 – 23 dicembre in epoca domizianea) e alle calende di gennaio quale augurio per il nuovo anno. Tradizione poi passata alle cristiane festività natalizie.

In origine, alle calende di gennaio si donavano ramoscelli (verbenae) di alloro o di olivo, fichi, datteri e miele, perché l'anno fosse dolce come questi cibi. Col tempo  anziché questi doni furono offerte  anche somme di denaro.

Strēnĭa o Strēnŭa:  era una divinità della religione romana considerata protettrice della salute.  Secondo  Varrone e Festo  a questa dea erano dedicati un sacellum (altare) e un lucus (boschetto), il  "lucus Streniae", adiacenti la via Sacra, a Roma.  

Nel primo giorno dell'anno dell'antico calendario si svolgeva una processione: cominciava dal piccolo tempio dedicato alla dea Strenia. Le persone durante il cammino tenevano in mano un rametto verde staccato da alberi nel piccolo bosco, che era considerato sacro a questa divinità, ubicato nella zona del colle Esquilino.

La processione percorreva la via Sacra fino all'arco trionfale dedicato all'imperatore Tito nel foro major, poi  proseguiva verso la sommità della Rupe Tarpea, sul colle capitolino.

Il grammatico e letterato Marco Terenzio Varrone (116 a. C. – 27 a. C.) narra che il sacello dedicato alla dea Strēnĭa era ubicatotra i colli Celio ed Esquilino; secondo Ovidio era nelle vicinanze del Minervium, edificio templare dedicato a Minerva Capta o Capita, alle pendici del Celio.

doxa

#46
13 dicembre: Santa Lucia
Il nome Lucìa, con l'accento tonico sulla i, deriva dal latino "lux" (= luce). In questa lingua l'accento tonico nel nome anziché sulla i cadeva sulla u (lùcia): questa modulazione sonora fa comprendere meglio il collegamento con lux, lemma usato dai cristiani come segno e promessa di luce spirituale.

Lucia è il femminile del nome maschile "Lucius" (Lucio).

Lucia era anche il nome della ragazza nata nel 283 e vissuta a Siracusa che, secondo notizie agiografiche,  morì martire nella città natia il 13 dicembre del 304 durante la persecuzione anti-cristiana voluta dall'imperatore Diocleziano.

Il suo corpo fu deposto in un loculo nelle catacombe che da lei presero il nome. Fu venerata come santa dai siracusani e il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi.

Il culto per santa Lucia si diffuse fuori dalla Sicilia in altre parti d'Italia. A Roma vennero dedicate in suo onore circa 20 chiese. A Ravenna, nella basilica di Sant'Apollinare Nuovo è effigiata nella "Processione delle Vergini".


"Processio delle vergini".  Questo mosaico è nella navata. Lucia è la seconda da destra.

Dante Alighieri nel "Convivio" (III-IX, 15) afferma di aver subìto in gioventù una lunga e pericolosa alterazione agli occhi, ottenendo poi la guarigione per intercessione della santa siracusana. Per gratitudine e ammirazione il poeta le attribuì un ruolo allegorico nella "Divina Commedia". Nelle tre cantiche santa Lucia diventa il simbolo della "grazia illuminante".

Prima della riforma del calendario gregoriano nel 1582  la festa in onore di questa santa, il 13 dicembre, cadeva in prossimità del solstizio d'inverno, perciò il detto popolare "santa Lucia il giorno più corto che ci sia". Il pontefice Gregorio XIII per correggere le imperfezioni del calendario giuliano, che nei secoli aveva accumulato la sfasatura astronomica di circa 10 giorni,  decretò che si passasse direttamente dal 4 al 15 ottobre. E la celebrazione di Santa Lucia, il 13 dicembre, rimase distante dal solstizio d'inverno, che nel nostro emisfero avviene il 21 o il 22 dicembre: il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima: è la notte più lunga ed il giorno più corto dell'anno. Nei giorni successivi la luce solare torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d'estate. 

Nell' antichità il solstizio d'inverno simboleggiava la fine di un anno e l'inizio di quello successivo, e si festeggiava il Sol invictus (per esteso "Deus Sol invictus"), considerato una divinità.  

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Sariputra

#47
E se Babbo Natale venisse per davvero?
Se la letterina e il desiderio
detto così... senza crederci nevvero...
venisse preso invece sul serio?

Se quel regno di fiaba e di mistero
ti toccasse proprio accanto al fuoco?
Se al mattino di un giorno sincero
il bambolotto, la pistola,  il piccolo cuoco
o quel peluche dal musetto nero
placassero il tuo sentirti straniero?

Se la nostra bella sicurezza
nella scienza umana e nella dea ragione
che ci serve come una pezza
per ripararci dal mutar della stagione
si rivelasse un'imperdonabile leggerezza?

Se venisse sul serio?
Silenzio! Hai sentito?
Cammina piano per favore
non fare nessun rumore.

Attento a non svegliare i ragazzi!
Che guaio sarebbe per noi
loro non son per niente pazzi
così colti e intelligenti...e poi
brevettati miscredenti
sono capaci di darcelo sui denti.

Fai piano piano, se puoi...

Molto liberamente ispirato da una poesia di Dino Buzzati


Quale papà non ricorda il "fare piano", mentre i figli dormono al caldo, mentre si sistemano i regali sotto l'albero o sul tavolo? Mettevo anche mezzo bicchiere di vino e qualche scorza di mandarino , per far finta che Babbo natale si era 'rifocillato'. ;D  Lasciavo poi la stufa semiaperta...Al mattino mia figlia piccola metteva quasi la testolina dentro stupefatta: "Ma come ha fatto a passare per il camino?".. :o
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

doxa

#48
13 dicembre: santa Lucia/2

Per l'etimologia del suo nome (lux, luce) santa Lucia è invocata come protettrice della vista e dalle malattie degli occhi; è patrona dei medici oculisti e dei non vedenti.

Fu scelta come protettrice della vista perchè alcuni agiografi le attribuirono la frase che avrebbe pronunciato durante il martirio: "ai non credenti toglierò l'accecamento", frase che aveva una valenza spirituale ma venne interpretata in senso "oftalmico".
Altri agiografi, invece, attribuirono alla martire siracusana una leggenda medievale riferita ad un'altra Lucia, terziaria domenicana, che per non cedere alle tentazioni del fidanzato si "strappò" gli occhi. Ovviamente è un episodio fantastico e le raffigurazioni degli occhi  di santa Lucia posati su un piatto o in una ciotola derivano dalla devozione popolare.



Nell'iconografia cristiana dal XIV secolo Lucia venne raffigurata con i suoi occhi strappati e posati in un piattino. In precedenza veniva rappresentata soltanto con la palma del martirio ed una lampada,  simbolo della luce e della fede che illumina il dubbio.
 
Il suo corpo fu  sepolto in un arcosolio scavato nel tufo delle catacombe di Siracusa, che nell'878  fu invasa dai Saraceni. I cristiani del luogo per tutelare i resti della santa li prelevarono dal sepolcro e li nascosero. 

Nel 1039, il macedone Giorgio Maniace (998 – 1043),  generale bizantino e catapano (governatore) d'Italia come ricompensa per aver liberato Siracusa dagli Arabi, pretese il corpo  di santa Lucia  e lo portò con sé a Costantinopoli, capitale dell'impero romano d'Oriente,  insieme ai corpi di sant'Agata di Catania e altri santi siciliani, per farne dono alla co-imperatrice Teodora, sorella dell'imperatrice Zoe.


A Siracusa di santa Lucia rimasero alcuni presunti o falsi oggetti personali:  la sua tunica, le scarpe ed il velo,  che furono custoditi nel duomo della città.


Nel 1204, durante la quarta crociata, il doge veneziano Enrico Dandolo fece prelevare a Costantinopoli  i resti del corpo di santa Lucia e li inviò a Venezia, dove già era affermato il culto della martire e c'era anche una chiesa a Lei dedicata.  Ma nel capoluogo lagunare si preferì collocare le reliquie nella chiesa di San Giorgio Maggiore.  Nel 1280 furono  trasferite  nella chiesa dell'Annunziata. Non basta. Nella stessa città fu costruita una nuova chiesa, consacrata nel 1313 e titolata a Santa Lucia, che accolse i resti della martire siracusana. Successivamente, nel 1860, questo sacro edificio fu demolito per costruire  nella città la prima stazione ferroviaria (inaugurata nel 1954) e i resti della santa furono ancora una volta traslati, nella vicina chiesa di San Geremia, poi denominata chiesa dei Santi Geremia e Lucia, dove tuttora si venerano. Ma il luogo di culto principale è a Siracusa, nella chiesa di Santa Lucia al Sepolcro.   

doxa

Il culto per Santa Lucia è diffuso in Europa.

In Svezia, al mattino del 13 dicembre migliaia di bambine o adolescenti vengono vestite con una tunica bianca, sorreggono in mano una candela accesa e sul capo una coroncina di candele, alimentate con le batterie per motivi di sicurezza. Si formano le processioni guidate da una bambina che rappresenta santa Lucia e simboleggia la luce spirituale; al seguito, damigelle e paggetti. Mentre sfilano cantano canzoni tradizionali natalizie ed illuminano l'oscurità con le loro candele.  





Lucia e le sue damigelle donano brioche allo zafferano e biscotti allo zenzero agli spettatori.

Questa tradizione del Settecento si ripete in chiese, scuole, ospedali e luoghi di lavoro in tutto il Paese e non sarebbe Natale in Svezia senza Lucia, che segna il passaggio alle ultime due settimane di Avvento. 



Annualmente viene incoronata una Lucia in ogni cittá. Le candidate sono giovani residenti e vengono pubblicizzate dai quotidiani e TV locali. La Lucia, che viene scelta dal pubblico, e le altre candidate che diventano le sue damigelle, devono saper cantare per poter poi esibirsi nelle piazze della cittá, negli ospedali, nei centri per gli anziani, nei centri commerciali e nelle fabbriche. Questa iniziativa risale al 1927. In quell'anno  un quotidiano di Stoccolma decise un concorso per eleggere la "Lucia di Svezia", che con una corona di sette candele sul capo e accompagnata da altre ragazze vestite come lei con tunica bianca doveva raccogliere i doni da distribuire il 13 dicembre ai bisognosi, ai malati ed agli anziani. L'iniziativa è ormai una tradizione nazionale. 


Il 13 dicembre in alcune località Santa Lucia porta regali, per esempio nel Veneto e nel nord Europa. 

doxa

Lucia era già stata martirizzata a Siracusa da circa 10 anni, nel 304, quando nel febbraio del 313 a Milano (all'epoca capitale dell'Impero Romano) fu firmato il cosiddetto "editto di Costantino". Non fu un editto ma un rescriptum, da rescribĕre (= rispondere per scritto) firmato all'epoca dai due augusti dell'impero romano (Costantino per l'Occidente e Licinio per la pars Orientalis) per dare disposizioni ai governatori delle province romane di attuare le decisioni contenute nell''editto di Serdica (o editto di Galerio, Galerius Valerius Maximianus, che governò dal 305 al 311 d. C.), emanato il 30 aprile 311 a Serdica (attuale Sòfia, capitale della Bulgaria) dal primus augustus Galerio a nome del collegio tetrarchico che reggeva l'Impero romano. Con esso il cristianesimo otteneva implicitamente lo status di religio licita, di culto riconosciuto ed ammesso dall'Impero. Fu il primo editto di tolleranza dei cristiani, con il quale si pose fine alle persecuzioni.

Comunque il rescritto di Milano permise e favorì la diffusione del cristianesimo.
Secondo l'interpretazione tradizionale Costantino e Licinio firmarono quel rescritto per concedere a tutti i cittadini, quindi anche ai cristiani, la libertà di venerare le proprie divinità.

C'è da aggiungere, per quanto riguarda la martire Lucia,  che a Siracusa il suo corpo fu collocato nelle locali catacombe e la cittadinanza,  in suo onore fece costruire una chiesa a lei dedicata, poi danneggiata da un terremoto e distrutta durante la dominazione araba.


Siracusa: le catacombe, dove deposero nel 304 il corpo della martire Lucia.
 


Siracusa: in primo piano il "tempietto del sepolcro" con il reliquiario di santa Lucia.  Vicino al tempietto c'è la basilica-santuario di Santa Lucia al Sepolcro. Scorcio panoramico sulla piazza Santa Lucia e sull'omonimo quartiere. 

Il cosiddetto "tempietto del sepolcro" è una chiesa ottagonale costruita nel XVII secolo al centro dell'area catacombale.  Internamente la chiesa ospita il loculo sepolcrale




Siracusa: chiesa di Santa Lucia al Sepolcro.

stelle dell'auriga

«Sul mare luccica

l'astro d'argento;

placida è l'onda,

prospero il vento.

Venite all'agile

barchetta mia!

Santa Lucia,

Santa Lucia!

Con questo zeffiro

così soave

oh com'è bello

star sulla nave!

Su passaggeri,

venite via!

Santa Lucia,

Santa Lucia!

In fra le tende

bandir la cena

in una sera

così serena

chi non dimanda,

chi non desia?

Santa Lucia,

Santa Lucia!»

https://www.youtube.com/watch?v=3eueQ9L9xE4

:D

doxa

#52
La Natività tra dramma liturgico e sacra rappresentazione

Nel IX secolo i benedettini, in alcuni conventi europei, come San Gallo (in Svizzera) e Limoges (in Francia)  nel canto delle lodi sperimentarono l'introduzione dei  "tropi".

Il sostantivo "tropo" è polisemico. Qui viene inteso come integrazione di parole, di un verso al testo liturgico.

Simili ai tropi erano gli "stichi" bizantini: versetti dialogati del Salmo 67, intercalati con gli "stichirà", versi cantati ispirati dalle omelie pasquali.

Queste interpretazioni diventarono dialoghi, prima nell'Introitus - con l'Interrogatio e la Responsio -, poi per tutti i tropi della Pasqua, del Natale e  dell'Ascensione, specialmente nelle chiese benedettine ed episcopali.

Al monaco Tuotilo (abbazia di San Gallo, in Svizzera) indicato come anche Tutilone (850 circa – 915 circa), si fa convenzionalmente risalire l'inizio del dramma liturgico  con il  tropo pasquale "Quem quaeritis in sepulchro ?",  che è la domanda iniziale dell'angelo alle  "tre Marie" (tradizionalmente identificate con Maria, la madre di Gesù, Maria di Magdala e Maria di Cleofa) che visitano il sepolcro e lo trovano vuoto poiché il Cristo è risorto.




La mistione dei tropi con i testi canonici diede luogo agli "offici drammatici", in particolare del tempo di Pasqua e di Natale.

La Pasqua con l'Officium Sepulchri (o Visitatio Sepulchri), noto come "Quem quaeritis", invece  la nascita di Gesù con l'Officium pastorum e l'Officium stellae, di cui dirò in seguito.

L'Officium Sepulchri veniva recitato al mattino della "Domenica di Pasqua" da diaconi e chierici. Alcuni di essi interpretavano le pie donne e l'angelo presso il sepolcro vuoto. La recitazione di solito si svolgeva nella zona riservata al coro oppure nel transetto della chiesa.

Dall'incontro tra l'angelo e le pie donne  cominciava il dialogo cantato in quattro versi.

Chiede l'angelo: "Quem quaeritis in sepulchro, o christicolae ?" (Chi cercate nel sepolcro, oh fedeli cristiane ?"

Rispondono le tre donne: "Jesum Nazarenum crucifixum, o caelicola" (Gesù Nazareno che è stato crocifisso, o spirito celeste).


Replica l'angelo: "Non est hic, surrexit sicut praedixerat. / Ite, nuntiate quia surrexit de sepulchro" (Non è qui, è risorto come aveva predetto. Andate, annunciate che Egli è risorto dal sepolcro).  Seguiva il canto corale del "Te Deum".


Questo primo Quem quaeritis pasquale ispirò in seguito le recitazioni natalizie, ma ovviamente l'angelo si rivolgeva ai pastori e ai re magi.

La scenografia fu dapprima costituita dall'altare, poi dal "sepolcro" e dal presepe: in ultimo dai palchi scenici  nelle piazze; gli attori furono gli stessi ministri del culto, poi gli aspiranti alla vita clericale e monastica, finché finirono col parteciparvi tutte le classi sociali, dagli artigiani ai giullari, i membri delle confraternite e in seguito gli attori di professione.

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doxa

Nel precedente post ho  scritto che l'uso dei tropi condusse al dramma liturgico.  

Il sostantivo "dramma"  deriva dal greco "drama" e questo dal verbo "drao" (= azione).  E' un'azione con più persone.

Nella lingua italiana il lemma "dramma" è polisemico.

Dramma liturgico o dramma religioso medievale. Aveva uno scopo catechetico e didattico nei confronti  dei fedeli che assistevano allo "spettacolo".

Inizialmente gli "attori" erano diaconi e chierici. Indossavano  indumenti che connotavano i personaggi interpretati: paramenti sacri, come la  dalmatica o la mitria, ed altri accessori. Successivamente parteciparono alla teatralizzazione anche i laici delle  "fraternite", poi "confraternite".

I temi erano collegati alla Pasqua, successivamente anche al ciclo natalizio.

Di solito i testi per i drammi liturgici  venivano redatti dagli scriptores delle schole monastiche ed episcopali. I testi venivano adattati al contesto liturgico di ricezione: monastero o chiesa cattedrale.

La Chiesa era severa verso il teatro e gli attori ma fu costretta ad accettare i drammi liturgici e le sacre rappresentazioni perché il  latino era diventato una lingua incomprensibile al popolo, perciò diventava accettabile la teatralizzazione per far comprendere il messaggio cristiano.

Il dramma religioso deriva in parte dai cosiddetti "misteri", eredi nel XV secolo della duecentesca lauda: questo nome deriva  dai Salmi, che venivano cantati durante l'ufficio del Mattutino e detti laudes.

Nella prima metà del XIII secolo la lauda  venne trasformata in una autonoma forma poetica di ispirazione religiosa, usata come preghiera di gruppo dalle confraternite.

Le laude in volgare tramandateci per iscritto pur mantenendo la struttura responsoriale (costruite sull'alternanza tra un solista che recita brevi orazioni e un coro che le intercala ripetendo "alleluja") hanno la forma poetica profana con la tendenza ad evolvere in forma teatrale.  In origine le strofe  venivano recitate  solo da due persone.

Il precursore della lauda in forma dialogica che generò la nascita della lauda drammatica fu Jacopone da Todi (1230 – 1306).  La sua lauda più celebre fu "Donna del Paradiso" (o "Pianto di Maria"). Come interpreti oltre alla Madonna c'è Gesù, il nunzio fedele (l'evangelista Giovanni), il popolo.

La lauda permette di spiegare il Vangelo commuovendo lo spettatore e di essere comprensibile al popolo, usando la cosiddetta lingua volgare.  

A Jacopone da Todi è tradizionalmente attribuito anche lo "Stabat Mater" (= "Stava la Madre"): è una "sequenza", un componimento poetico liturgico, veniva recitato o cantato nella celebrazione eucaristica.  Questo testo fa meditare sulle sofferenze di Maria, la madre di Gesù, durante la Passione e crocifissione del Figlio.  

"Stabat Mater dolorósa / iuxta crucem lacrimósa, / dum pendébat Fílius. / Cuius ánimam geméntem, / contristátam et doléntem / pertransívit gládius". [...]

Ho sopra scritto che nella tradizione cristiana il dramma religioso deriva in parte dai cosiddetti "misteri", un genere teatrale apparso nel XV secolo basato su testi in lingua volgare.  

La prima notizia storica dei "misteri" è collegata con la città di Firenze.  

Le confraternite mettevano in scena la Natività, la Passione e  la Risurrezione di Gesù, ma anche vite di santi e di martiri. Gli attori recitavano su impalcature in legno.

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Dramma liturgico e la natività

Dal  citato tropo pasquale  "Quem quaeritis" venne sviluppato anche il dramma liturgico natalizio, che veniva rappresentato tra il Natale e l'Epifania con diversi episodi:  "Officium pastorum", "Officium stellae", "Officium magorum".

Officium pastorum: sceneggia parte del secondo capitolo Vangelo di Luca (2, 8 – 20) e parte deriva dagli apocrifi Vangelo di Giacomo e Vangelo dello Pseudo Matteo nei quali si cita la presenza di una o due ostetriche accanto a Maria per la nascita di Gesù.

Dialogo fra "le ostetriche" e i pastori. Le levatrici chiedono ai pastori: "Quem quaeritis in praesepe, pastores, dicite ?" / Essi risposero: "Salvatorem, Christum Dominum, / infantem pannis involutum, / secundum sermonem angelicum". [...]

(= Dite, pastori, chi cercate nella mangiatoia ? / Essi risposero: "Il Salvatore, Cristo Signore, /
Il bimbo avvolto in fasce, / secondo le parole degli angeli". [...]

L'Officium pastorum fu seguito dall'Officium stellæ, inserito nella celebrazione dell'Epifania.  
 
"Officium stellae", cosiddetto dalla prima frase del dramma: "Stella fulgore nimio rutilat". 

Questa tipologia  è tratta dal Vangelo di Matteo  (2, 1 - 12). Fu elaborata in più versioni  tra il X e il XIII secolo ed è collegata alla celebrazione dell'Epifania. Riguarda l'arrivo dei Magi a Gerusalemme nel palazzo di Erode, poi a Betlemme  per la loro visita  al neonato Gesù  e l'offerta di doni, quindi  la loro partenza.
All'interno della chiesa dove si svolgeva questo dramma natalizio si formava una processione  con i figuranti: il corteo con i Magi e il loro seguito di servi attraversava la chiesa fino all'altare dove i Magi deponevano i tre doni: oro, incenso e  mirra.

Durante la Messa dell'Epifania, l'intonazione del Vangelo era introdotta dall'antifona "Ab Oriente venerunt": Ab Oriente venerunt Magi ut in Bethlehem adorarent  dominum et apertis thesauris suis pretiosa munera obtulerunt: aurum sicut regi magno, thus sicut deo vero, myrrham sepulture ejus, alleluia.
 
Per la Natività furono elaborati anche l'Ordo Rachelis e Ordo prophetarum.

Il temine latino "ordo" allude  all'ordine sequenziale delle varie fasi in cui può essere suddiviso un rito, un testo letterario, ecc.)

L'Ordo Rachelis evoca il pianto di Rachele per la (mai avvenuta) "strage degli innocenti" a Betlemme, secondo quanto narrato dal Vangelo di Matteo (2, 13 – 18), e la profezia di Geremia, ma di questo argomenterò in seguito.  

La seconda parte del dramma, interamente versificata, è occupata dalla "lamentatio" di Rachele con due consolatrici. 
 
L'Ordo Rachelis  veniva rappresentato  il 28 dicembre, giorno in cui il calendario commemora i "santi innocenti".

"Ordo prophetarum". Non ha origine nella drammatizzazione di un episodio biblico, ma da un sermone del quinto secolo elaborato dal vescovo di Cartagine, Quodvultdeus: questo nome significa "quello che Dio vuole". Nacque a Cartagine ma morì a Napoli nel 454.  Fu ordinato diacono nel 421 circa da Agostino, vescovo di Ippona.

Quodvultdeus nel suo sermone polemizza con gli ebrei (Contra Judaeos) accusandoli di non voler accettare Gesù come il messia promesso. Chiama  a testimoniare i profeti d'Israele che avrebbero predetto la nascita del messia. Si alternano così Mosè, Isaia, Geremia, Daniele, Abacuc, Davide, la regina di Saba, Balaam, Simeone, Elisabetta e Giovanni Battista. Ma testimoniano anche personalità  pagane come il poeta Virgilio, Nabucodonosor e la Sibilla.
La processione dei "profeti" entrava in cattedrale e saliva sul presbiterio, accompagnata dall'orchestra. Il Maestro del coro (praecentor) chiamava singolarmente ciascuno dei profeti a testimoniare l'arrivo di Gesù Cristo, il Messia.

Il dramma liturgico "Ordo prophetarum"  ebbe popolarità in Francia nella forma di dialogo cantato, ma  fu dimenticato alla fine del Medioevo.

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Sacra rappresentazione: genere teatrale di argomento religioso in lingua volgare  con finalità pedagogiche. Fu in auge nei secoli XIII-XVI,  fino all'epoca della Controriforma cattolica. C'era l'accompagnamento musicale e  la partecipazione di più attori.  La sceneggiatura subiva l'influenza delle prediche, dell'ars predicandi: "docere et probare,   delectare, flectere (movere), secondo l'affermazione ciceroniana. Doveva informare e convincere, divertire, attrarre l'attenzione dello spettatore, commuoverlo.

Erano gli Ordini mendicanti con le confraternite a loro associate ad allestire le sacre rappresentazioni, nell'intento di coinvolgere i laici nelle festività liturgiche,  sviluppate progressivamente verso forme spettacolari e complesse con il contributo di artisti e architetti e lo sconfinamento del soggetto nel romanzesco. Sulle storie di Cristo prevalevano immaginarie vite di santi, leggende popolari e persino favole profane.

Gli studiosi considerano come prima sacra rappresentazione quella del presepe vivente che Francesco d'Assisi organizzò nel 1223 a Greccio.

Poi ci fu il Concilio di Trento (1545 – 1563) con la Controriforma cattolica che mise in crisi la profusione di riti e rappresentazioni locali, distinguendo in modo rigoroso il sacro dal profano. Non vennero più accettati numerosi criteri delle confraternite e furono definiti i modelli di espressione rituale. Alla Passio Christi di tipo teatrale venne preferita la Via Crucis e la processione del Cristo morto nel Venerdì Santo, ancora diffuse.

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Secondo periodo dell'Avvento e tempo di Natale

Come già detto, il periodo dell' Avvento è liturgicamente suddiviso in due parti:  la prima parte, fino al 16 dicembre,  orienta i fedeli all'attesa dell'arrivo di Cristo; la seconda parte (17 - 24 dicembre)  è incentrata sulla nascita del figlio di Dio.

Nel secondo periodo dell'Avvento è compresa la novena di Natale, periodo di nove giorni consecutivi dedicati alle  preghiere e devozioni  verso Dio e  la Theotókos (= colei che genera Dio):  "Ecco, la Vergine concepirà e darà alla luce un figlio: e il Suo Nome sarà Emanuele [= Dio con noi]"  predisse Isaia in una delle sue profezie messianiche (7, 14). 

Secondo gli esperti la giusta traduzione è "la fanciulla" e non "la vergine".

Queste parole di Isaia (vissuto dal 740 circa a. C. – VIII sec. a. C.) furono ripetute quasi uguali dall'arcangelo Gabriele quando annunciò a Maria il concepimento di Gesù: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figlio e gli darai il nome Gesù. Egli sarà chiamato il Figlio dell'Altissimo" (Luca 1, 30-32).

La profezia di Isaia si accorda anche con i versetti iniziali nel prologo del Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo, / il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio" (1, 1) [...] "E il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi;" (1, 14).

Queste parole evidenziano  la divinità di Cristo, l'incarnazione e la maternità di Maria.

A me sembra un accostamento forzato tra le parole di Isaia e la nascita di Gesù. L'ebraismo ancora attende il Messia.

Comunque Isaia tra le tante cose predisse  pure "l'arrivo dei Magi" per adorare il neonato Messia e "identificò" perfino i doni che essi avrebbero offerto: "Sorgi, splendi, o Gerusalemme: perchè è giunta la tua luce, e la gloria del Signore è sorta su di te... E le genti cammineranno alla tua luce, e i re allo splendore che sorgerà da te.... Una moltitudine di cammelli ti coprirà, i dromedari di Madian ed Efa. Tutti quelli di Saba verranno, portando oro e incenso e dando lode al Signore" (60,1-6).

La profezia è anche sostenuta da un versetto del Salmo 71, 10: "I re di Tarsis e delle isole offriranno regali: i re dell'Arabia e di Saba porteranno doni".

Chi non crede le considera illecite estrapolazioni per affermazioni fantasiose. Ma non bastano.

Anche il profeta Michea apre l'orizzonte messianico dicendo: "E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; ...Dio li metterà  (gli israeliti) in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà." (5, 1 – 2). 
"Betlemme di Efrata": antico toponimo del villaggio. Nella Bibbia viene anche chiamata "Betlemme di Giuda" (della tribù di Giuda) per evitare confusione con un altro villaggio denominato "Beth – Lehem", a circa 12 km da Nazaret.

Per di più nei Vangeli  di  Matteo e Giovanni si dice che il Cristo (Messia) appartiene alla stirpe di Davide,  nato a Betlemme, lo stesso villaggio che fu dell'antico re d'Israele (7, 42). 

Quando nacque Gesù la Galilea era governata dal tetrarca Erode Antipa, figlio del re Erode "il Grande", alleato dei Romani.

Il teologo e filosofo Origene di Alessandria (d'Egitto, 185 – 254 d.C.), nella sua tredicesima omelia riguardante l'evangelista Luca, aggiunse delle fake news alla natività di Gesù: la presenza nella stalla del bue e dell'asino.

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Nel  Vangelo  di Matteo ci sono circa settanta citazioni dell'Antico Testamento e continue allusioni per collegare in modo forzoso l'attesa del popolo  d'Israele alla figura e alla parola di Gesù.

Le citazioni profetiche che Matteo connette a Gesù bambino sono di solito frasi di "compimento": "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta". Questa formulazione tipica di Matteo, c'è  14 volte nel suo Vangelo anche se con varianti.

Perché i due evangelisti,  Matteo e Luca,  Matteo in particolare, si sono preoccupati di questo raccordo tra il Cristo e l'alleanza di Dio con Israele? La risposta è duplice. Innanzitutto essi hanno voluto identificare l'esistenza di un filo  continuo tra le Scritture ebraiche e il Cristo per ragioni "apologetiche", cioè per argomentare, nei confronti della comunità giudaica di allora, che la fede in Gesù Cristo era nella linea dell'attesa dei profeti e di tutta la Rivelazione biblica. 

Un'altra ragione era, invece, di ordine catechetico e si indirizzava ai convertiti per mostrare loro che gli eventi della vita di Gesù entravano nel disegno divino già annunziato dalle Scritture. È per questo che anche elementi secondari della vicenda del Cristo venivano "appoggiati" ad un testo profetico, spesso in forma libera e non storico-letteraria. Lo scopo, infatti, era quello di far rilevare l'unità tra i due Testamenti e dimostrare come il Cristo fosse il sigillo ultimo dell'attesa e della speranza dell'Israele di Dio. Perciò per i cristiani le profezie  dell'Antico Testamento preconizzano la nascita di Gesù.

Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) nel suo libro "Gesù di Nazaret. Dal battesimo alla trasfigurazione", si domanda che significato può avere la fede in Gesù il Cristo, Figlio del Dio vivente, se egli  come uomo era diverso da come lo presentano gli evangelisti e da come  lo annuncia la Chiesa. Il papa emerito conferma che le poche notizie certe  su Gesù possono rendere incerta la fede dei credenti nella sua divinità.

Con la ricerca storico-critica non si riesce a raggiungere una visione affidabile del Gesù di Nazaret, perché  sul Cristo dei Vangeli  ci sono strati di tradizione sovrapposti, attraverso i quali si può solo ipotizzare il "vero" Gesù, scrisse l'esegeta cattolico Rudolf Schnackenburg nel suo libro "La persona di Gesù Cristo nei quattro Vangeli".

Molti studiosi contemporanei, sia di formazione laica sia cristiana considerano i racconti evangelici della natività non fondati storicamente. Le narrazioni sono successive agli avvenimenti e redatte sulla base delle profezie messianiche contenute nell'Antico Testamento, che vengono espressamente o implicitamente citate, in particolare da Matteo, che isola citazioni, frasi, legami simbolici  per convincere che Cristo sia l'atteso messia.   Ecco alcune profezie veterotestamentarie  che spesso parlano di altro ma desunte da questo evangelista per attestare la loro realizzazione in Gesù:

- la nascita virginale deriva, come già detto nel precedente post, dal profeta Isaia (che non parla di verginità, ma di giovane donna, 7, 14), citato da Matteo nella prospettiva messianica di Gesù;

- dal profeta Michea ha desunto il luogo di nascita per Gesù: "E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele..." (Mi, 5, 2);

- dal profeta Osea ha dedotto l'idea per immaginare  la fuga in Egitto della sacra famiglia: "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio..."(11, 1);

- dal profeta Geremia ha tratto lo spunto per la strage degli innocenti: "Un grido si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta di essere consolata perché non sono più" (Ger 31, 15).
 
Nel Vecchio Testamento le pagine profetiche evidenziano l'attesa dell'intervento definitivo di Dio attraverso un uomo ideale, il Messia. Nel Nuovo Testamento la speranza messianica è esaudita con la nascita divina di Gesù. 

myfriend

#58
Vale la pena ricordare che gli ebrei, il popolo della Bibbia, non riconosce che Gesù sia il Messia atteso.
Non solo.
Gli ebrei nemmeno hanno mai sostenuto che il Messia sia esso stesso Dio. Questo concetto per l'ebraismo è una bestemmia. Perchè, per l'ebraismo, Dio è uno.

Non è escluso che il Gesù storico pensasse di essere il Messia. Di fatto, altri prima di lui e dopo di lui si sono attribuiti la qualifica di Messia.
Quindi questo può essere più che plausibile. Anzi...è quasi certamente vero, se guardiamo alle motivazioni della sentenza dei romani: Gesù, infatti, fu crocifisso per "lesa maestà", perchè si dichiarò Re dei Giudei. E' quindi molto probabile che Gesù si propose come Messia.
Di certo, però, il Gesù storico non ha MAI detto di essere Dio. Il concetto di Gesù-Dio è un concetto teologico che nasce intorno al 100dc, col vangelo di Giovanni (che poi non era di Giovanni, il discepolo).
Nè deve ingannare il termine "figlio di Dio" usato nei tre vangeli sinottici.
Per l'ebraismo (e i tre vangeli sinottici sono nati nell'ambito della cultura ebraica) il termine "figlio di Dio" non voleva assulutamente significare Dio. "Figlio di Dio" era una qualifica che gli ebrei davano a un uomo "scelto da Dio" e "inviato da Dio"...che aveva con Dio un rapporto speciale. Ma la qualifica di "Figlio di Dio" per l'ebraismo non voleva assolutamente significare Dio.
E infatti, in Marco, Matteo e Luca MAI Gesù dice di sè stesso di essere Dio.
E' solo nel vangelo di Giovanni che Gesù dice apertamente di essere Dio. Ma, come già detto, la teologia di Giovanni è una teologia "tarda"...che risale all'anno 100 quando ormai la teologia cristiana aveva quasi del tutto perso i caratteri dell'ebraismo puro e si era staccata dal Messianesimo ebraico.

In ogni caso, festeggiamo come è giusto che sia, la nascita di questo uomo che portò una "visione nuova" nell'umanità.
Oddio...non tanto nuova, perchè il suo insegnamento è tutto contenuto nell'ebraismo e, quindi, di nuovo non c'era nulla.
Diciamo che ha portato una visione radicale dell'ebraismo, mettendo al centro l'essenza della Legge più che l'adesione formale ai precetti della Legge.
In questo consiste la sua "novità".
Una novità che ha cambiato il mondo. Poichè il mondo era ormai pronto per recepirla.
E' del tutto evidente, infatti, che la società romana (e la cultura classica in generale), basata su una èlite che dominava un mondo di "schiavi" (non umani), non era più adeguata ai tempi e aveva, ormai, fatto il suo tempo.
Già con Spartacus si erano avute le prime avvisaglie. Gli schiavi (che nell'Impero erano milioni e vivevano in condizioni sub-umane) cominciavano a premere sulla società classica.
Il cristianesimo fu il collante "ideologico" che permise ai "reietti" di rivendicare ed affermare la propria dignità.
Non per niente, il cristianesimo fu la religione dei "reietti"....degli ultimi della società romana.
E costituì il collante della società e della cultura che vennero dopo il mondo classico e presero il posto del mondo classico.
Nella nascita di questo bambino, quindi, c'è tutta l'ammirazione per la portata rivoluzionaria del suo messaggio. Un messaggio che ha cambiato il mondo.

Un bambino, quindi, che ha tutto il mio affetto.
Perchè, nel mondo, la pretesa delle èlite di tornare alla visione del mondo romano con l'Imperatore-Dio attorniato dall'èlite dominante, e tutti gli altri sono "schiavi", cova sempre sotto la cenere. Non è mai definitivamente tramontata. E queste èlite vedono proprio in quel bambino il loro peggior nemico. Quello che li ha sconfitti 2mila anni fa e che continua a sconfiggerli ancora oggi.
Gesù ha determinato la sconfitta della visione classica dell'Imperatore-Dio e della èlite dominatrice su una massa indistinta di "schiavi".
Ed è per questo che lo onoriamo come si addice a un grande uomo.
Ed è grazie a lui che ogni anno, a Natale, celebriamo il fatto che la visione dell'Imperatore-Dio attorniato dalla èlite dominante è ormai CENERE. E faremo di tutto perchè continui a rimanere CENERE.  ;D
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

doxa

Grazie Myfriend per il tuo interessante contributo storico.

Spesso le parole o le azioni di Gesù (Joshua bar Joseph, come usi chiamarlo) sono riportate nei vangeli  in modi diversi. Non è sicuro che un fatto sia avvenuto là dove un racconto evangelico lo situa.

Comunque su un punto i vangeli concordano: nel non collocare l'attività di Gesù nelle "grandi città" dell'epoca in Palestina.  Gerusalemme è l'unica eccezione.

Il nazareno raccontato dall'evangelista Marco è un uomo che predica nei villaggi. Questa preminenza è confermata da Matteo e da Luca.  
Egli non sceglieva la marginalità dei villaggi come ripiego o rinuncia, ma come punto di forza. Anche l'evangelista Giovanni conferma che Gesù preferiva frequentare piccoli insediamenti urbani per proporre il regno dei cieli a reietti e peccatori, inclusi pubblicani e prostitute.

Come hai ben evidenziato,  nel Vangelo di Giovanni c'è distanza tra gli eventi narrati e la cultura del redattore o dei redattori del testo.

L'antropologa culturale Adriana Destro e Mauro Pesce, docente di storia del cristianesimo, nel loro libro titolato "Antropologia delle origini cristiane" affermano che il vangelo giovanneo fu redatto negli anni 90 fuori dalla Palestina, perciò presenta la vicenda Gesù in base a un'esperienza religiosa e a un ambito culturale differenti.  

Qualcuno si scandalizza se dico che Gesù non era cristiano ? Credo di no, perché è un'ovvietà. Era un ebreo osservante, rimasto tale fino alla morte. Mai avrebbe immaginato di dar vita a una nuova religione  e mai si proclamò Messia.

Gli autori dei vangeli erano persone appartenenti alla cultura ellenistico-romana, che parlavano e scrivevano in greco, non riportavano le parole che forse Gesù aveva detto nella sua lingua, l'aramaico.

C'è da dire che nei primi due secoli diverse correnti di pensiero ci danno del Cristo immagini diverse, perciò nessuna poteva pretendere di essere più autentica o esclusiva rispetto alle altre.

Nei primi 150 anni dalla morte di Gesù coesistevano differenti tendenze del cristianesimo nascente e c'era la necessità di un cristianesimo normativo da tutti accettato e seguito.

Nella seconda metà del II secolo  si affermò  l'opinione che la devianza da una norma era da considerare un'eresia, perciò condannabile.

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