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La magia del Natale

Aperto da stelle dell'auriga, 30 Novembre 2019, 18:21:33 PM

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Magi nell'arte

Seguire le "orme" dei Magi diventa uno straordinario cammino nella storia dell'arte occidentale.

Sono tanti gli artisti che nei secoli hanno raffigurato i Magi in pittura, scultura e mosaico, ad iniziare dagli affreschi delle catacombe, eseguiti da autori rimasti anonimi.

Le più antiche raffigurazioni dei Magi indicati nel Vangelo di Matteo sono nelle catacombe cristiane, come per esempio in quella di Priscilla a Roma, nella quale c'è la "Cappella Greca", così chiamata perché ci sono alcune iscrizioni in lingua greca dipinte nel cubicolo principale.  E' un'aula allungata  con volta a botte, tre absidi sul fondo e banconi in muratura lungo il perimetro per far sedere gli ospiti durante il rituale eucaristico cristiano in ricordo dei defunti. Sull'arcosolio  che divide in due la sala ci sono affreschi della seconda metà del II secolo. Uno di questi raffigura l'adorazione dei Magi. I tre hanno vestiti con colori diversi e vanno verso  la Madre con il Bambino.



Roma, catacombe di Priscilla: scena che raffigura l'adorazione dei Magi

Nei primi secoli dell'era cristiana gli artisti raffiguravano in modi simili la scena dell'adorazione dei Magi: questi camminano con le braccia protese e nelle mani nanno i vassoi o cofanetti contenenti i  doni per il neonato Gesù. 

Il loro abbigliamento è quasi sempre uguale: berretto frigio (cappello conico con la punta piegata in avanti), la clamide (mantello corto usato per cavalcare), il chitone (tunica), gli anaxyris: i  pantaloni tipici dei popoli orientali, in latino si chiamavano "braccae", da cui il termine "brache" ancora usato.

Un bellissimo esempio è nella raffigurazione musiva dell'Adorazione dei Magi in Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna.

 

Questo mosaico ebbe due diverse committenze.

Maria in trono con il Bambino, appartiene alla prima fase del mosaico, nel VI secolo, all'epoca del re ostrogoto Teodorico (454 – 526), patrizio d'Italia dal 493 al 526, anno della sua morte. In quel tempo nella basilica veniva celebrato il culto ariano che non riconosceva la divinità del Cristo.

Invece la scena dei tre magi, fu aggiunta nel IX secolo, ed ebbe come committente il vescovo  di Ravenna, Andrea Agnello (800 – 850 circa).  

I Magi, guidati da una stella a otto punte,  offrono i loro doni al Cristo bambino. Indossano abiti orientali diversamente colorati e ricamati. Sulla testa  come copricapo hanno il berretto frigio; indossano la clamide, il chitone e gli anaxyris come pantaloni.
Sorreggono con le mani  i contenitori  con i doni  (oro, incenso e mirra) per Gesù bambino.

Il mosaico originale teodericiano  forse raffigurava un corteo di dignitari ariani che in seguito al rescritto di Giustiniano del 561 venne condannato alla cosiddetta damnatio memoriae e quindi sostituito nel IX secolo dal corteo delle sante precedute dai Re Magi mentre vanno Maria e Gesù.

Questa basilica fu fatta costruire nel 505 dal re ostrogoto Teodorico come chiesa palatina  di culto ariano, titolata a "Domini Nostri Jesu Christi".

Nel 540, durante la guerra gotica, Ravenna fu conquistata dai bizantini e l'imperatore romano d'Oriente, Giustiniano, trasferì alla Chiesa cattolica i beni immobili degli ariani. Le chiese furono adibite al culto cattolico.  La basilica ex teodoriciana venne riconsacrata a  San Martino di Tours, difensore della fede cattolica e avversario di ogni eresia. Nel IX secolo ebbe l'attuale denominazione.

Nell'ambito della scultura sono numerosi gli antichi reperti marmorei con scene della Natività e dell'adoratio magorum, come questo frammento di sarcofago del IV secolo  con la raffigurazione  dell'arrivo dei Magi per adorare Gesù (Musei Vaticani, Museo Pio cristiano).
 

Maria è seduta su un seggio, tiene in braccio il piccolo Gesù . I Magi, guidati dalla stella (è sopra la testa di Maria)  giungono con cammelli (dromedari ? )  portando i loro doni.

La scena dell'Epifania decorava frequentemente i sarcofagi infantili, per l'evidente richiamo alla rappresentazione di Gesù come bambino.

Anche i Vangeli apocrifi riguardanti l'infanzia di Gesù furono la base letteraria per rappresentare la Natività. il "Vangelo dello pseudo-Matteo" (16, 1) afferma che i Magi giunsero a Betlemme due anni dopo la nascita del Bambino. Nel mosaico del V secolo sull'arco trionfale della basilica romana di Santa Maria Maggiore  il piccolo Gesù è raffigurato come un bambino di due anni assiso in trono mentre riceve i doni dai Magi.

Dal X secolo si cominciò a raffigurare i Magi con abiti regali e la corona sul capo per rappresentare l'avverarsi delle antiche profezie bibliche, le quali avevano predetto che il Messia sarebbe stato adorato dai re della Terra.

Nel duomo di Fidenza (prov. di Parma)  i tre "Re Magi"  sono scolpiti in bassorilievo  del XII secolo sul lato frontale della torre campanaria di sinistra.


I tre Re Magi, duomo di Fidenza.

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Magi nell'arte /2

Dalla seconda metà del XIV secolo alla prima metà del XV secolo, ci fu la diffusione dello stile "Gotico internazionale", con esso l'ispirazione artistica fu spostata : l'adoratio magorum   divenne  solo un pretesto per  raffigurare fastosi cortei  con i Magi considerati re, non più collegati alla tradizione letteraria e  simbolica.
Ecco quattro esempi:
1)

Benozzo Gozzoli, "Adorazione dei Magi, affresco  del 1459 nella "Cappella dei Magi" nel Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
In questo caso il corteo anziché essere guidato dai Magi è condotto da Lorenzo il Magnifico, seguito da suo padre Piero e suo nonno Cosimo il Vecchio.

La "Cappella dei Magi" era la cappella privata di famiglia dei Medici, di forma quadrangolare.
Nelle tre pareti maggiori è raffigurata la "Cavalcata dei Magi", che fa da pretesto per rappresentare un preciso soggetto politico che diede lustro alla casata dei Medici, cioè il corteo con papa Pio II Piccolomini, e numerose personalità, che arrivò a Firenze nell'aprile del 1458, diretto a Mantova. In tale città il pontefice aveva chiamato principi e autorità ecclesiastiche a partecipare ad un incontro per progettare una crociata in difesa della cristianità contro l'avanzata turca in Europa. Pio II fu preceduto da vari principi italiani che sostarono a Firenze per unirsi al seguito papale.  
 
2)
 

Gentile da Fabriano, "Adorazione dei Magi",1423, tempera e oro su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze.
E' una pala d'altare, commissionata dal facoltoso cittadino fiorentino Palla Strozzi per la cappella di famiglia nella basilica di Santa Trinita, che Lorenzo Ghiberti stava terminando in quegli anni.
Questo dipinto è considerato capolavoro dell'artista e del Gotico internazionale in Italia. Stile allora dominante, pur essendo già noti gli esperimenti proto rinascimentali  di Masaccio e Brunelleschi.
 
 
3)
 

Domenico Ghirlandaio, "Adorazione dei Magi degli Innocenti", 1485 – 1488, tempera su tavola, Galleria dello Spedale degli Innocenti, Firenze
 
 
/4
 


Filippino Lippi, "Adorazione dei Magi",  1496, tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Questo dipinto fu commissionato per sostituire la mai terminata "Adorazione dei Magi" di Leonardo da Vinci, che la cominciò nel 1481 e lasciata in abbozzo perché si trasferì a Milano.

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6 gennaio: Epifanìa

Epifania (nome completo: "Epifania del Signore") festa cristiana che viene celebrata dodici giorni dopo il Natale, il 6 gennai, per le Chiese che seguono il calendario gregoriano, il 19 gennaio per gli ortodossi che  seguono il calendario giuliano.

Il nome "Epifania" deriva dal latino  "epiphanìa", e questo dal verbo greco "epiphàino" (= "mi rendo manifesto"), dal sostantivo femminile  greco "epiphàneia", che significa  rivelazione, apparizione,  manifestazione della divinità  di Gesù. Questo lemma veniva utilizzato dagli antichi Greci per indicare l'azione o la manifestazione di una divinità mediante segni, visioni, miracoli, ecc..

Gli ortodossi denominano l'Epifania in modo più appropriato, la chiamano "Teofania" (= rivelazione),  dal greco "theophàneia" (="manifestazione della divinità").

L'Epifania evoca il Vangelo di Matteo:  "Ed ecco la stella, che (i Magi) avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra"(2, 9 – 11).

L'Epifania è collegata anche al Salmo 72: "I re di Tarsis e le isole gli pagheranno il tributo, i re di Sceba e di Seba gli offriranno doni; e tutti i re gli si prostreranno dinanzi, tutte le nazioni lo serviranno" (10 – 11). 

Il teologo e apologeta Tito Flavio Clemente, conosciuto come Clemente Alessandrino (nato ad Atene nel 150 circa e morto in Cappadocia nel 215 circa) attesta che le comunità cristiane ad Alessandria d'Egitto celebravano il battesimo e l'epifania di  Gesù Cristo nel quindicesimo giorno del mese di Tybi dell'antico  calendario alessandrino, corrispondente al nostro 6 gennaio.

Dal III secolo le comunità cristiane del Vicino Oriente associarono il termine Epifania ai tre segni rivelatori di Gesù Cristo: l'adorazione dei  Magi, il battesimo di Gesù adulto nel fiume Giordano e il primo miracolo di Gesù alle nozze di Cana.  

La pellegrina Egèria, anche nota come Eteria, vissuta negli anni tra la fine del IV secolo e l'inizio del V secolo,   in una lunga lettera, poi denominata "Peregrinatio Aetheriae" o "Itinerarium Aetheriae" (giunta a noi nella sua parte centrale),  racconta le sue tappe nei luoghi santi per la cristianità  dal dicembre dell'anno 383  al giugno del 384, quando fece ritorno  a Costantinopoli.

Egèria narra che nella notte dal 5 al 6 gennaio, il clero e il popolo cristiano di Gerusalemme si recavano in processione a Betlemme, distante circa 10 km,  e si  riunivano in corteo al clero e ai fedeli di Betlemme. Dopo  la fermata nel luogo presunto dell'annuncio dell'angelo ai pastori,  si recavano nella basilica della Natività per una veglia notturna che terminava con la celebrazione dell'Eucarestia. Dopo i fedeli di Gerusalemme tornavano nella loro città.

In Occidente la prima menzione della celebrazione dell'Epifania è nella Gallia. Lo storico Ammiano Marcellino (330 circa – 397 circa) narra che nel 361 a Vienne (Francia meridionale) l'imperatore pagano Flavio Claudio Giuliano, detto "Giuliano l'apostata" dai cristiani, assistette alle cerimonie religiose per l'Epifania, considerata soltanto come "adventus Salvatoris".

Nel IV secolo la celebrazione dell'Epifania si diffuse in Occidente, e fu adottata anche dalla Chiesa di Roma nel V secolo, durante il pontificato di Innocenzo I, dal 401 al 417, anno della sua morte. 

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6 gennaio: Epifanìa /2

Nei presepi che si allestiscono nelle nostre case  a volte si usa collocare le statuine dei Magi  ad uno degli angoli della scenografia, per poi spostarle un po' in avanti ogni giorno per farli arrivare a "Betlemme" per l'Epifania, guidati nel loro cammino dalla  cosiddetta  stella.

Dal 7 gennaio si smonta il presepio e si tolgono le decorazioni dall'albero di Natale. La festa è finita! Un detto popolare afferma che "con l'Epifania tutte le feste vanno via".

Ma ci sono persone che espongono il loro presepe  fino al 2 febbraio (presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme), il "giorno della Candelora" , perché in questo giorno si benedicono le candele simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il Bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio.

La Candelora chiude il periodo delle celebrazioni natalizie ed apre il cammino verso la Pasqua.

Dall'Epifania alla Befana. Questo nome deriva dalla corruzione lessicale di Epifanìa, col passaggio nel tempo da parte dei parlanti nei lemmi "bifanìa" e "befanìa", "incarnata" in una donna anziana che vola a cavalcioni su una scopa magica nella notte dell'Epifanìa, tra il 5 e il 6 gennaio, mentre sulle spalle sorregge il sacco con i doni  da portare ai bambini "buoni" e il carbone, dolce o vero,  a quelli "cattivi".  

I pargoli di solito  scrivono (scrivevano ?) la letterina con i regali desiderati e la mettono nella lunga calza per farla leggere alla Befana.
Stupore, mistero, un po' di paura: sono le emozioni dei fanciulli in attesa della "vecchia signora". Verrà ?  Lascerà il suo dono nella calza appesa sul camino o vicino la finestra ?

La calza viene collocata nella cappa del camino, perché, si sa, la Befana  riesce a scendere attraverso i comignoli per depositare ciò che reputa giusto. Gli "infanti"  vanno a dormire con fiduciosa attesa e al mattino  successivo corrono in cucina con la speranza di trovare i giocattoli  che vogliono.

Fino  agli anni '60 dello scorso secolo il prestigio della Befana era indiscutibile. Babbo Natale ancora non era diffuso in Italia e c'era l'usanza dell'offerta dei doni soltanto il 6 gennaio.
Poi dagli Stati Uniti arrivò l'uomo paffuto, col viso rubicondo  e col pancione, vestito di rosso e munito di slitta trainata da renne;  con l'aiuto dei mass media si fece largo, e si affermò, riuscendo ad emarginare  la "vecchia signora italiana".  

Molti bambini ormai non credono alla Befana ed è Babbo Natale che ad essi porta i regali, senza i pezzetti di carbone vero oppure dolce, che  i genitori usavano mettere insieme ai regali nella "calza" come monito e funzione pedagogica per le disobbedienze.

La "vecchina che vola sulla scopa" fu  emarginata anche dalle decisioni governative, che in otto anni abolirono e poi ripristinarono la festa civile dell'Epifania. Infatti il 27 dicembre 1985 il Consiglio dei ministri ripristinò con un decreto legge la festività, soppressa dal Parlamento nel marzo del 1977 per diminuire le giornate festive e aumentare i giorni lavorativi.

Ormai Babbo Natale è  pienamente inserito nella "civiltà dei consumi, invece la Befana fa parte della civiltà contadina e patriarcale.  

Comunque nella nostra nazione in occasione di questa festività  ancora si svolgono folcloristici cortei con i magi , sagre, pranzi e doni offerti ai poveri, piccoli e grandi.

A Siviglia, in Spagna, i regali ai bimbi li portano i Magi. La sera della vigilia dell'Epifania i fanciulli girano festosamente per le strade per assistere alla "Cabalcada de los Reyes Magos", un corteo sontuoso di carrozze con figuranti che impersonano i Magi e distribuiscono caramelle durante la sfilata.

Per comprendere perché l'immaginario collettivo abbia creato nel passato un'anziana donna, non bella ed un po' strega, si debbono esaminare in varie parti d'Europa alcune feste popolari, durante le quali veniva segato o bruciato un fantoccio con sembianze di vecchia, la quale  impersona l'arcaica figura di "madre natura" giunta invecchiata alla fine dell'anno. Ma prima di morire offre dei doni: le sementi, da piantare nella terra per germogliare e fiorire in primavera, e riapparire  nella forma di giovane "madre natura".

E il carbone ? Oltre alla funzione pedagogica per i bambini simboleggia il "fuoco celato", pronto a rivivere, acceso dal nuovo Sole primaverile. Si suppone che questa usanza del carbone, diffusa anche in Spagna e in Scozia, provenga dai Celti, e successivamente cristianizzata in chiave morale.

Gli epiteti della Befana:

La "vecchina": evoca l'indulgenza, la bontà verso l'infanzia.

La "vecchiaccia", invece, è la metafora dei doveri e delle punizioni, perciò viene rappresentata come la strega delle favole, brutta e sdentata, avvolta in un mantello nero, le scarpe rotte, un nero cappello conico, che nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio vola sui tetti in sella ad una scopa, tenendola però, al contrario delle streghe, con il manico davanti a sé.  

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Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Nella dottrina cristiana con l'espressione  "Santa famiglia" o "Sacra famiglia" s'intende la famiglia di Gesù con i suoi genitori.



 La "Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe" viene celebrata nella domenica  tra il Natale e il Capodanno; in assenza della domenica la si festeggia il 30 dicembre, secondo il calendario della forma ordinaria del rito liturgico romano, il più diffuso nella Chiesa cattolica.  Nell'antichità era uno dei tanti riti occidentali. Le maggiori chiese locali, infatti, esprimevano tutte un proprio rito. Il Concilio di Trento stabilì che rimanessero solo quelli che potessero vantare un'antichità di almeno duecento anni, come il rito ambrosiano, che celebra la "santa famiglia"  nella terza o quarta  domenica successiva all'Epifania.

La celebrazione della "Santa famiglia" fu istituita per esaltare la famiglia come istituzione sociale e cardine del vivere cristianamente. 

Nel 1893 il pontefice  Leone XIII  stabilì la festa della Sacra famiglia nella terza domenica dopo l'Epifania.

Nel 1921 il pontefice  Benedetto XV estese a tutta la Chiesa la celebrazione della Santa Famiglia, fissando la ricorrenza alla domenica compresa nell'ottava dell'Epifania.

Nella liturgia il termine "ottava"  viene usato in due diversi significati: celebrazione della festa protratta per otto giorni consecutivi, compreso il giorno della festa, oppure, indica l'ottavo giorno dopo la festa.

Papa Giovanni XXIII  fece collocare questa festa alla prima domenica dopo l'Epifania. 

Dopo il Concilio Vaticano II ci fu un ulteriore spostamento alla commemorazione.

Il tema iconografico della Santa Famiglia è stato nei secoli oggetto di raffigurazioni artistiche, in particolare nella pittura e scultura.



Raffaello Sanzio:"Sacra Famiglia con palma"(con riferimento all'albero che si vede sul fondale); 1506 circa. In origine questo  dipinto ad olio  era su tavola, successivamente fu trasferito su tela, conservata nella National Gallery of Scotland, ad Edimburgo.

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Santa Famiglia: ritorno a Nazaret o fuga in Egitto ?

Credere all'evangelista Luca o a Matteo ?

Luca ci informa che Giuseppe, Maria ed il bambino  dopo i precetti nel Tempio di Gerusalemme, 40 giorni dopo la nascita di Gesù, "fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret" (Lc 2, 39), si presume nella quotidianità della vita normale dopo lo straordinario evento della nascita  del Figlio di Dio.

Essi andarono nel Tempio per la  "purificazione"  di Maria e la "presentazione" del figlio  maschio primogenito, come da precetto della cosiddetta "legge mosaica".

Nel "Libro del Levitico" è stabilito che la donna che ha partorito  un maschio, nel quarantesimo giorno dalla nascita del figlio deve recarsi nel Tempio offrire come sacrificio di purificazione  un agnello ed un colombo oppure una tortora. Se è povera può sacrificare due tortore o due colombi.

"L'Eterno parlò ancora a Mosè,
dicendo: 'Parla così ai figli d'Israele:
Quando una donna sarà rimasta
incinta e partorirà un maschio, sarà
impura sette giorni; sarà impura come
nel tempo de' suoi corsi mensuali.
L'ottavo giorno si circonciderà la
carne del prepuzio del bambino.
 Poi, ella resterà ancora trentatre
giorni a purificarsi del suo sangue; non
toccherà alcuna cosa santa, e non
entrerà nel santuario finché non siano
compiuti i giorni della sua
purificazione.
Ma, se partorisce una bambina, sarà
impura due settimane come al tempo
de' suoi corsi mensuali; e resterà
sessantasei giorni a purificarsi del suo
sangue".
(Lv 12, 1 – 5)

Questa  parashah (sezione) della Torah afferma che  la donna è impura per sette giorni dopo il parto e in quei giorni non può avvicinarsi alle cose sacre. All'ottavo giorno il figlio maschio deve essere circonciso.
Il periodo di impurità della donna che ha partorito prosegue per altri 33  giorni se il figlio  è maschio (in totale 40 giorni) se invece è femmina dura  il doppio, 66 giorni, in totale 80 giorni. 


Il concetto ebraico di purità-impurità non è collegato in questo caso con lo sporco o con il peccato, ma lo si dee intendere come non adatto al sacro.

L'evangelista Luca dice che  Maria offrì il sacrificio dei poveri (Lc 2, 24), anche se non aveva bisogno di essere purificata a seguito del parto di Gesù voluto da Dio,  ma ella obbedì alla legge mosaica,  aderì al rito per dimostrare la sua obbedienza ai precetti religiosi ebraici.


Dopo il rituale  per la sua "purificazione" Maria presentò Gesù davanti al tabernacolo per "offrirlo"  a  JHWH,  perché  ogni maschio  primogenito appartiene al Signore  (Lc 2, 23; Nm 18, 15 -16; Es 13, 2; Es 13, 12 s. 15) ", ma può essere "riscattato"  tornando in proprietà dei genitori offrendo 5 sicli al sacerdote.

Luca non dice  se Gesù fu riscattato con il pagamento dell'offerta. Si desume che il neonato fu consacrato a Dio.

Per questo evangelista l'evento ha un significato teologico. Infatti per la purificazione della puerpera e l'offerta del primogenito non era necessario andare al Tempio di Gerusalemme: questi atti potevano essere effettuati in tutta la Palestina da qualsiasi sacerdote.

Dopo questo atto cultuale seguì l'incontro della santa famiglia con gli anziani profeti Simeone ed Anna, che vedevano in Gesù il Messia atteso. Simeone lo reputò anche  "luce per illuminare le genti" (Lc  2, 32) . Questa frase simbolica dette origine in Occidente alla celebrazione della "presentazione  di Gesù al Tempio", fissata dalla Chiesa cattolica  al 2 febbraio, 40 giorni dalla nascita di Gesù.

La conclusione dell'episodio con il rientro a Nazaret appare in contrasto con il  vangelo di Matteo che pone il trasferimento a Nazaret al ritorno dalla  fuga in Egitto. Secondo alcuni studiosi l'intento di Luca non sarebbe quello di indicare un preciso riferimento temporale del viaggio a Nazaret, ma di comunicare che Maria e Giuseppe erano ebrei osservanti ed eseguirono le prescritte pratiche religiose, che Gesù, Messia atteso, era stato inserito nella legge di Mosé  e che la sua vita futura si sarebbe svolta a Nazaret.
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Santa Famiglia: ritorno a Nazaret o fuga in Egitto ? /2

L'evangelista Matteo narra che  "Essi (i Magi) erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: 'Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode  sta cercando il bambino per ucciderlo'.
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio'".
(Mt 2, 13 – 15)

Il profeta cui fa riferimento Matteo è Osea:
"Quando Israele era fanciullo,
io l'ho amato
e dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi."
(11, 1 – 2).


Il versetto evoca l'esodo degli Ebrei dall'Egitto. Il popolo di Israele è chiamato da Dio "mio figlio", come nel "Libro dell'Esodo" (4, 22 – 23), e la fuga della Santa Famiglia in Egitto è considerata da Matteo come "nuovo esodo".

Osea (VIII sec. a.C.) racconta la storia di Israele, come una storia d'amore tra Dio ed il suo popolo.
Joseph Ratzinger nel suo libro "L'infanzia di Gesù" dice che l'attenzione premurosa di Dio verso Israele non viene descritta da Osea come amore sponsale, ma come amore dei genitori per la propria prole, perciò Israele è definito "figlio".

Secondo l'evangelista Matteo il profeta Osea  si riferiva a Gesù Cristo e non al popolo di Israele, Egli è il vero Figlio e non Israele. E' lui che Dio ama e chiama in Egitto, tramite il padre Giuseppe, che agisce secondo gli ordini che nuovamente riceve in sogno da un angelo.

L'evento raccontato da Matteo sarebbe la sua versione cristiana dell'"haggadah" di Mosé, la sua vicenda infantile. I dotti avevano predetto al faraone  che sarebbe nato da stirpe ebrea un bambino (Mosé) che da adulto avrebbe distrutto il dominio degli Egizi e reso potenti gli Israeliti. Allora il faraone avrebbe ordinato di buttare nel fiume ed uccidere tutti i  neonati maschi ebrei subito dopo la nascita. Al padre di Mosé, però, sarebbe apparso Dio in sogno e avrebbe promesso di salvare il bambino.

Ovviamente le analogie non bastano per far apparire il racconto matteiano come variante cristiana dell'haggadah di Mosé.


Nell'esegesi dei testi sacri ebraico-cristiani bisogna aver presente due aspetti, quello storico e quello teologico. L'evangelista Matteo  dà l'interpretazione teologica e non storica della "fuga" in Egitto della "Sacra Famiglia" e della cosiddetta "strage degli innocenti"mai avvenuta.  Infatti la narrazione della nascita di Cristo, il Messia, è modellata su quella della nascita di Mosé; la stella che guida i Magi ( i sapienti) è l'astro regale citato in Giacobbe (Numeri 24, 17); i Magi che offrono i loro doni al Bambino Gesù, venerato come "re dei Giudei", richiamano alla mente sia gli oracoli messianici citati nel salmo 72 sia il pellegrinaggio dei popoli verso Gerusalemme: "tutti costoro verranno da Saba portando oro ed incenso (Is. 60, 49, 23).
Il "furore persecutore" di Erode evoca quello del faraone egiziano che "ordinò" l'uccisione di tutti i bambini ebrei, ma il piccolo Mosé fu salvato.


Il racconto sarebbe servito  a Matteo per spiegare la nascita di Gesù a Betlemme e il successivo ritorno a Nazaret per ispirazione divina. Inoltre avrebbe avuto la funzione teologica di dimostrare agli Ebrei, a cui il vangelo matteiano era diretto, che Gesù era il nuovo Mosé e che in lui si era avverata la profezia di Osea.

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Ritorno dall'Egitto della Santa Famiglia e dimora a Nàzaret

Dal Vangelo di Matteo: "Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: 'Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va nel paese d'Israele, perchè sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino'.  Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre ed entrò nel paese d'Israele.
Avendo però saputo che era re della Giudea Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi.
Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perche si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: 'Sarà chiamato Nazareno'"
(2, 19-23) .



Veduta di Nazaret

L'episodio della fuga in Egitto e del ritorno in Palestina della "santa famiglia"  è citato soltanto dall'evangelista Matteo, che non dice nulla  riguardo  ai mesi o  gli  anni  da loro trascorsi in Egitto: cosa fecero ? Dove vissero ?  Quanto tempo vi rimasero ?  Per saperlo bisogna consultare alcuni vangeli apocrifi, con notizie inverosimili e miracolose. Sicuramente ebbero subito bisogno di una casa e di un lavoro per Giuseppe.


Questo racconto di Matteo non è storico ma teologico ed evoca il biblico "Libro dell'esodo"  nella parte dove dice  che "Il Signore disse a Mosè in Madian: 'Và, torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!'. Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto." (Es 4, 19-20).
Secondo la tradizione Mosè da bambino scampò  alla persecuzione voluta dal faraone,  perché venne salvato dalla figlia di quest'ultimo ed educato alla corte egizia, da dove fuggì nell'età adulta dopo aver commesso un omicidio. Uccise un sorvegliante egiziano che stava picchiando un ebreo. Mosé si rifugiò a Madian, dove sposò Zippora, figlia del sacerdote locale, e vi abitò per  40 anni.  

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Commiato

I Magi sono partiti, anche la Santa Famiglia se n'è andata dopo i precetti religiosi nel Tempio di Gerusalemme. Tutti si sono avviati senza dire la loro destinazione. C'è chi dice che Maria, Giuseppe e il bambino Gesù siano tornati a Nazaret, altri, invece, affermano che si siano recati in Egitto.

Che fare ? Lascio la Palestina e torno in Italia per concludere con questo post le mie incursioni nel  topic dedicato al Natale dal nick Isfrael.

Dal cielo odo il coro angelico che dice "Deo gratia. Finalmente è giunto il momento del tuo commiato. Non ne potevamo più dei tuoi noiosi post".

Si, d'accordo, però  in loro c'è qualche notizia storica interessante. Il topic ha avuto un alto indice di gradimento,  finora oltre 1500 contatti, per maggior gloria del forum Logos.

Ho argomentato sul principio della vita terrena di Gesù, ma considero intrigante ed attraente  anche il  suo fine vita.

Il principio e la fine, l'Alfa (Α)  e l'Omega (Ω):  sono la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco. Questa coppia di lettere è usata come simbolo cristiano.

Giovanni nel libro dell'Apocalisse: "Dice il Signore Dio: Io sono l'Alfa e l'Omega, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!" (1, 8. E ribadisce la frase nell'ultimo capitolo: "Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine" (22, 13).

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