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La Grotta

Aperto da InVerno, 08 Ottobre 2019, 18:54:22 PM

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Phil

Citazione di: Jacopus il 29 Ottobre 2021, 23:02:24 PM
è questa "virtualizzazione" dei messaggi ad essere impressionante e a far sorgere la certezza della cristallizzazione delle strutture sociali dominanti, a causa dell'impossibilità di ogni critica "reale", perché ogni critica reale viene assorbita da una macchina virtuale che intrattiene ed incassa, divaricando così ogni nesso fra opera del pensiero ed azione politica.
La distanza che intravvedo fra arte e prassi di (reale) impegno sociale, passando per le dinamiche di comunicazione autorali, è quella fra due strade che magari si incrociano ma hanno essenzialmente destinazioni differenti, ovvero l'impegno sociale può essere pragmatico ma per farlo non può che prendere le distanze dalla strada dell'arte che, in quanto tale, ispira ma non agisce, con il rischio potenziale che troppa ispirazione inibisca l'azione. Secondo me c'è infatti poca "distanza logica" fra i famigerati "laureati in virologia su facebook" e "i laureati in politologia/sociologia al cinema": se una volta l'arte figurativa narrava le storie della Bibbia agli analfabeti, oggi forse ci si augura che il cinema spieghi le dinamiche sociali anche agli analfabeti funzionali, per quanto in entrambi i casi si tratti di una scadente scorciatoia per riparare ad una carenza di alfabetizzazione (e lo scrive un analfabeta di geopolitica, economia, etc.). Nel momento in cui si è in grado di leggere, reperire fonti (e, oggi più che mai, filtrarle), approfondire, etc. il plus-valore (cognitivo, prima che pragmatico) di un film sulle ingiustizie sociali tende allo zero, così come se si è stati attenti quando a scuola si parlava delle persecuzioni naziste agli ebrei, guardare "Schindler's list" dovrebbe risultare poco più di un appello alle emozioni (se invece si è stati distratti, quel film può magari essere una lezione di recupero, uno strumento "di sostegno", per chi si è perso quella spiegazione). Se l'arte fa intrattenimento (edonismo, come dicevo sopra), se l'arte fa l'arte, senza sostituirsi al giornale o al saggio di approfondimento, senza dare ripetizioni di sociologia o politica, secondo me può persino essere un modo per indirizzare chi ha sinceri interessi socio-politici verso fonti più serie (e noiose, certo, ma la ricerca e il ragionamento approfondito su certe questioni non sono compatibili con il sollazzo dei sensi) e al contempo ridurre le possibilità che l'attivismo di certi "militanti socialmente impegnati" inizi con l'entrare al cinema e finisca con lo scrivere un post di commento post-film su un social. Un recente esempio, per quanto infelice nei contenuti, di come non serva la "sensibilizzazione e promozione artistica" per (s)muovere le folle, può essere quanto successo al Congresso americano all'uscita di scena di Trump: invasione farcita da selfie e volgarità varie, con toni grotteschi degni di un film trash, ma che, pur nella sua gravità istituzionale, è stato un evento che incarna, suo malgrado, la "spirito" della famosa tesi di Feuerbach sul "agire trasformativo" che scalza il pensoso interpretare dei filosofi (anche se a tale evento non mi risulta siano seguite grosse trasformazioni, è stato comunque un gesto collettivo decisamente pragmatico; come dire: mentre qualcuno è in sala, che sia per un "cinepanettone" o un docufilm socialmente impegnato, altri sono in strada e non importa quanto è critico della società il film che è in proiezione, la storia, grande e piccola, si scrive fuori dal cinema).

Va anche detto che oggi non è tutta una "società dello spettacolo": ci sono testi, documentari, inchieste, etc. in cui il messaggio non è certo il medium (anche se non siamo al livello dei vangeli o de "Il capitale" ed è inevitabile che non si possa esserlo), ma esso è l'insieme di contenuti e il taglio interpretativo (magari opinabile) con cui questi sono "confezionati"; tuttavia tali produzioni sono solitamente carenti d'arte proprio perché devono fare i conti con la realtà e con il loro voler dire qualcosa di informativo, di stimolante per la riflessione, senza essere ambiguamente metaforici o allusivi. L'opera di intrattenimento può invece concentrarsi sull'estetica a scapito del valore veritativo e della trasparenza espositiva (per cui la stessa opera può prestarsi a più interpretazioni, mentre, ad esempio, il senso di "the social dilemma" è piuttosto univoco). Tornando a quanto accennato sopra, direi che resta importante distinguere chiaramente, nella triangolazione autore-opera-senso, che tipo di relazione è in gioco con la realtà: si tratta di cronaca, di proposta di come il mondo dovrebbe essere (secondo l'autore), di intrattenimento o altro?
Per quanto nella contemporaneità il ritmo di eventi ed opinioni possa essere frastornante, credo sia comunque possibile fare una "reale critica del reale" senza passare per l'irrealtà (e la "semplificazione per amor di metafora") della narrazione artistica, lasciando ovviamente che l'arte strizzi pure l'occhio a tematiche sociali e serie, ma (per me) non è in quell'occhio che troveremo la trave da togliere per costruire un'impalcatura sociale più consona ai nostri desiderata, mentre con la pagliuzza che potremmo eventualmente rinvenirci possiamo al massimo accendere la pipa delle nostre riflessioni (perché a fumar la pagliuzza, essendo minuta, si consumerebbe troppo presto...).

Kobayashi

Su Squid Game, concordando con buona parte delle critiche di InVerno, aggiungo solo un paio di cose.
Il limite ideologico del racconto (e la ragione del suo successo planetario) sta nell'aver scelto, per il ruolo di giocatori, coloro che hanno fatto bancarotta. Cioè, coloro che il sistema, per varie ragioni, ha stritolato e ha come riportato ad una specie di stato di natura in cui si lotta per la sopravvivenza.
È l'anticapitalismo che quindi non vuole la fine del capitalismo, ma un po' di risorse anche per i più poveri. Quindi un'adorazione del denaro che si mantiene intatta, anche se espressa con invidia o spirito depresso.
Ben più interessante sarebbe stato un reclutamento dei giocatori fra persone che hanno già tutto l'essenziale (una casa decente, un lavoro, il denaro necessario per vivere dignitosamente etc.).

E tuttavia c'è una scena interessante, quella del gioco con le biglie nella ricostruzione di un villaggio tradizionale, illuminato da un tramonto o forse da un'alba, cioè da una luce fuori dal tempo di certi sogni melanconici e terribilmente realistici, che rimanda al fatto che fuori dall'illusione del benessere prodotto dal liberismo, a cui la Corea del Sud si è votata in pochi decenni in modo traumatico, non c'è più niente, rimane solo il ricordo di qualcosa di perduto per sempre.

InVerno

#242
Sono invece rimasto seriamente impressionato dal documentario su Stanislaw Szukalski, di cui metto trailer, e che consiglio vivamente:
https://www.youtube.com/watch?v=sPkoW4cmqT8

Non tanto per il documentario in sè, che è a mio avviso ben confezionato ma nulla di più, ma sopratutto per la storia del personaggio, e la sua arte, che assolutamente, e direi quasi criminalmente non conoscevo. Come vedete ho pure voluto aggiornare il mio avatar per omaggiare il suo Copernico, mettendo in cantina il Newton di Blake.

Per la sua arte chioserò immediatamente, in quanto essendo notoriamente questione di gusti, posso dire semplicemente che per quel che ho visto (e per quel che è possibile vedere, essendo andata persa la maggior parte delle opere) a mio avviso e da profano, non è per niente un sensazionalismo "traileristico" quello di paragonarla a giganti come Michelangelo, veramente incredibile, e penso che mi adopererò per trovare delle repliche..

Il documentario tenta di accostarlo ad altri geni del grottesco underground, tra i quali Robert Crumb (altro protagonista di documentario che andrebbe visto tassativamente se non altro per il suo valore psichiatrico) ma è un accostamento sbagliato, perchè il grottesco di Szukalski è coronato da un aura di solennità quasi religiosa per nulla underground, ci si trova di fronte ad una maestosità e ad un eleganza mescolata ad un misticismo carnale che è più consona ad un Bosch o appunto un Blake, che ai fumettisti di cui si circondò Szukalski nella seconda parte della sua vita. Un uomo che ha imparato anatomia vivisezionando il suo amato padre, è un uomo che è veramente capace di entrare dentro la grotta a testa alta.

Gli autori fanno sapere che indagando per il documentario si sono imbattuti in una "verità scomoda" e ci girano intorno come se avessero trovato chissà quale merda sotto le scarpe, per scoprire semplicemente che Szukalski partecipò al periodo nazionalistico polacco degli anni 30 come figura artistica centrale, invischiandosi anche in alcune sciocchezze antisemite.. Wao! Non penso non andasse raccontato o celato, ma l'idea di fare un chiaroscuro con delle sciocchezze del genere è veramente patetica, può avere senso solamente per spiegare come mai i neonazisti polacchi lo usino indebitamente oggigiorno, ma riguardo alla sua personalità, sembra quasi che gli autori non abbiano mai incontrato narcisi iper-estroversi e quanto duttili siano di fronte alle seduzioni del potere.

Un vero caso di morte dell'autore, la perdita di tutte le sue opere nel bombardamento di Varsavia, totalmente dimenticato dalla Polonia comunista  e dagli USA che lo impiegarono in una fabbrica, riscoperto quasi per caso dopo decenni, senza avere più in mano nulla di quell'arte meravigliosa, ma capace di rievocarla  solamente attraverso la sua persona, mentre si cimentava in un opera "da buttare nella stufa" (come avrebbe fatto la Hedda di Ibsen) con l'ambizione di riscrivere la storia umana. Semplicemente meraviglioso, ho incontrato personaggi che potevano assomigliare a Szukalski, ma per quanto ho capito, l'ego di Szukalski avrebbe potuto contenerli tutti.

E' quasi un peccato che sia stato fatto questo documentario, perchè almeno parzialmente penso che aiuterà a "resuscitarlo". Penso che certe cose non dovrebbero mai diventare popolari e rimanere esoteriche, e invidio profondamente il tizio che lo ha incontrato quando era un vecchietto dimenticato e sconosciuto. Penso che vedere questo documentario mi ha portato a rivivere una serie di incontri nella mia vita, dove mi resi conto di aver davanti un genio totalmente sconosciuto, il piacere del venir preso da quell'entusiasmo, come se stessi esplorando un nuovo continente.
Putroppo, la mia esperienza è che più passa il tempo, più questi personaggi sono destinati a deluderti amaramente, alla fine del loro ego sta un baratro, e in un certo senso anche il narratore di questo documentario sembra abbia vissuto lo stesso. Ma finchè dura, è una delle esperienze umane più preziose, una febbre erotica che raramente colpisce, ma il cui ricordo rimane indelebile per tutta la vita.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia


InVerno

#244
Volevo festeggiare il fatto che il governo Italiano dopo anni a parlare di olgettine e migranti ha sviluppato un piano di sviluppo economico.. LEGGENDOLO.
Mi sembrava un ottimo modo per ottemperare un obbligo non scritto della democrazia, informarmi.. ma ho dovuto fermarmi quasi immediatamente a riflettere su qualcosa che a prima vista potrebbe sembrare puerile, se non uno schiribizzo da lessicologi, ma che secondo me ha delle implicazioni rilevanti: IL TITOLO.

E infatti sulla pagina del sito governativo https://www.governo.it/it/approfondimento/rivoluzione-verde-e-transizione-ecologica/16703

LEGGO:La seconda Missione, denominata Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica, si occupa dei grandi temi dell'agricoltura sostenibile [...]

Immaginate per esempio, se il governo francese intitolasse il proprio piano di sviluppo "Rivoluzione Francese". Evidentemente nessuno la confonderebbe con "quella" rivoluzione francese, eppure a me sortirebbe qualche dubbio, per esempio: Ma non sanno che ve ne è già stata una? Perchè in tal caso avrebbero dovuto chiamarla "Seconda rivoluzione francese" oppure usare direttamente un altro appellativo, onde non generare inutili confusioni e strane allusioni. Il mio sospetto è che chi ha redatto questo documento, che non ha lo stesso peso di una pubblicità di uno yogurt o una discussione al bar dove sono apertissimo nel sentir parlare di "rivoluzione verde", non abbia ben chiaro che di rivoluzione verde c'è n'è già stata una, ed è proprio l'origine di gran parte dei nostri mali ecologici. Strano vero? Sarebbe bastato andare su wikipedia, in qualsiasi lingua, per scoprire che la rivoluzione verde è già avvenuta: https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_verde

Perchè trovo questa ignoranza estremamente pericolosa? Perchè sta a significare che non si è ancora capito molto bene come sono andate le cose, altrimenti di "rivoluzione verde" ci si vedrebbe bene del parlare, perlomeno in termini così retoricamente positivi! La pagina wikipedia intende "rivoluzione verde" in senso stretto, cioè la riorganizzazione industriale dell'agricoltura del dopoguerra che viene quasi sempre attribuita alle idee del premio nobel Borlaug. Siamo ancora nella lettura eroica della storia, dove Borlaug esce dall'uovo e grazie al suo genio rivoluziona il mondo. Diciamo che la "rivoluzione verde" era già in atto alla fine dell'ottocento sfruttando le idee di centinaia di ricecatori e scienziati, e quando è arrivato Borlaug il grosso del lavoro era già fatto in parecchie zone del pianeta, e lui ha "semplicemente" catalizzato gli sforzi industriali che fino a lì si erano spontamentamente e disorganizzati manifestati, e li ha trasformati in un modello che ha esportato anche in paesi poveri. Diciamo anche che in molte zone del pianeta questo è significato togliere dalla fame e dalla miseria milioni di persone, e che non voglio certamente contestare i meriti per cui il suddetto  è stato insignito del nobel.

Però voglio  sottolineare anche un'altra cosa, ovvero che la "rivoluzione verde" è anche quella cosa che ci ha portato dall'essere un miliardo sul pianeta, ad essere sette in crescita verso i dieci. Non penso di sconvolgere la vita a nessuno se dicessi che se fossimo ancora un miliardo sul pianeta,come prima della "rivoluzione verde", non avremmo alcun problema con la co2, e probabimente potremmo bruciare benzina a caso, per semplice divertimento, perchè il pianeta sarebbe in grado di riassorbirla. E' proprio il fatto che siamo così tanti, a rendere tutte le opzioni di riparazione dei danni di veramente difficile praticabilità, se non impossibili.  In più ci sarebbe anche da considerare altri fattori come il fatto che la meccanizzazione dell'agricoltura ha condotto il potere in mano di pochissimi che non hanno gli stessi interessi dei tantissimi, e pensano di svignarsela su Marte etc etc. Insomma, la rivoluzione verde unita alla totale disibinizione demografica, è ciò che ci ha portato qui, strano qualcuno voglia usare lo stesso nome per una ipotetica via d'uscita, ancora più strano che questa ipotetica via d'uscita ha gli stessi difetti sistemici della via d'entrata.

Ma questo lo dice InVerno vero? Perchè c'ha la fissa con il controllo demografico, poverino è un disco rotto.. E invece no, lo ha detto Borlaug, cioè l'ideatore della rivoluzione verde, colui che sconfisse le previsioni di Malthus, l'ha ripetuto spesso, e per assicurarsi che non sfuggisse anche ai più testoni, lo ha ripetuto anche nel discorso con cui ha accettato il nobel:

[...]Man also has acquired the means to reduce the rate of human reproduction effectively and humanely. He is using his powers for increasing the  rate and amount of food production. But he is not yet using adequately his potential for decreasing the rate of human reproduction. The result  is that the rate of population increase exceeds the rate of increase in food production in some areas.

There can be no permanent progress in the battle against hunger until the agencies that fight for increased food production and those that fight  for population control unite in a common effort. Fighting alone, they may win temporary skirmishes, but united they can win a decisive and lasting  victory to provide food and other amenities of a progressive civilization for the benefit of all mankind.


Facciamo così perciò, se non dobbiamo fare un altra "rivoluzione verde", e vogliamo continuare o completare la prima, seguiamo perlomeno il suo ideatore, e cerchiamo di limitare attivamente le nascite nei paesi dove esse sono notoriamente fuori controllo, ma anche in quelli che ce la stanno facendo, per piacere, smettiamola coi bonus bebè...per dirla col poeta..


Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:
ma non ho creato dolore.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Più che sconfiggere Malthus, la rivoluzione verde ha dato un po' di respiro all'impronta antropica, compensando con la maggiore produttività l'incremento demografico. Con retroazioni negative ben elencate in wp. Sia lode ai cinesi, che da marxisti pragmatici hanno accolto la lezione del matematico Maltus , ma non dell'economista  liberal-liberista. Per il resto concordo. Se non vogliamo soccombere alle schifezze alimentari e alla bomba demografica bisogna sconfiggere l'irresponsabilità procreativa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

#246
Beh, sconfitte come un atleta dopato "sconfigge" un record, quando lo richiami a gareggiare senza doping (idrocarburi) ti trovi di fronte al suo reale valore. Tralaltro, ho visto che più volte hai elogiato le politiche cinesi di controllo delle nascite, ti consiglierei prudenza, in particolar modo vista la tua verve femminista. Imporre la politica del figlio unico ad una società ancora principalmente legata al lavoro delle braccia, significa avere davanti un innumerabile quantità di bambine abbandonate, non registrate, o ammazzate, la stessa cosa potrebbe accadere in africa. Si possono creare problemi gravissimi con il controllo delle nascite coatto, bisogna andarci coi piedi di piombo non con il machete. Madre natura voleva aiutarci con il coronavirus, in maniera egualitaria e indiscriminata, ma non abbiamo saputo apprezzare il dono. Magari la prossima volta ci farà un offerta che non potremo rifiutare.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sapa

Ciao Inverno, bel post il tuo sulla "rivoluzione verde", i cui contenuti mi riservo di approfondire. Ti chiedo, en passant, cosa intendi quando dici" come il fatto che la meccanizzazione dell'agricoltura ha condotto il potere in mano di pochissimi che non hanno gli stessi interessi dei tantissimi, e pensano di svignarsela su Marte etc etc..."? In realtà, per come la vedo io, la meccanizzazione agricola ha tolto dalla schiavitù gli agricoltori, permettendo loro di non rompersi la schiena da buio a buio, tutti i giorni. Purtroppo, le logiche del mercato, perchè questo a mio avviso rimane il principale problema, hanno fatto sì che dove prima vivevano in 15, dopo la rivoluzione verde non riesce più a vivere nessuno. E mi riferisco alle nostre montagne, escludendo le Alpi dove si vive di turismo e non più di agri/selvicoltura.Ma anche in pianura, i casolari abbandonati sono lì a testimoniare dove prima vivevano nuclei corposi di persone, oggi in rovina. In realtà, a mio avviso, la rivoluzione verde degli anni 40-70 del secolo scorso ha portato de-antropizzazione nel territorio del nostro mondo, favorendo però il fenomeno inverso nei paesi poveri. Quando penso che su un poderino di 5-6 ettari mezzo secolo fa viveva abbastanza agiatamente una famiglia di 4-5 persone, mentre adesso per far vivere lo stesso numero di persone ce ne vogliono almeno 20-30 qui da noi, mi rendo conto che ci troviamo in decrescita, di sicuro non in crescita. Forse, è per questo che la si vuole chiamare "rivoluzione verde", perchè, all'inverso di prima, si tratta di far ingollare agli agricoltori il concetto che il ruolo che si riconosce loro sarà sempre più quello di custodi ambientali e sempre meno quello di fornitori di beni di prima necessità. Almeno, nelle intenzioni.....Infatti, non capisco bene cosa intendi quando affermi:" strano qualcuno voglia usare lo stesso nome per una ipotetica via d'uscita, ancora più strano che questa ipotetica via d'uscita ha gli stessi difetti sistemici della via d'entrata...", ma non ho letto bene, per ora,  il testo che hai linkato. In realtà, la mia sensazione è che si voglia tornare indietro, a livello di rivoluzione verde in agricoltura (perchè in quegli anni ce n'è stata anche una, significativa, a livello forestale, quando in tutta Europa, Italia compresa, si sono piantati molti boschi e oggi, effettivamente, abbiamo un patrimonio forestale molto più ingente di 1 secolo fa), il problema alimentare noi non ce l'abbiamo più, è un problema che hanno (sempre) avuto i poveri, noi dobbiamo solo limitare gli input, gli apporti, e lasciar fare un po' di più alla natura. Il che è più facile dirlo, che farlo, finchè dovremo lottare con le logiche di mercato. A me, personalmente, può star bene limitare le produzioni, ma mi si deve consentire un reddito dignitoso. E' ovvio che, in una simile situazione, difficilmente sarò invogliato a fare figli. Paradossalmente, si può dire che è la povertà a favorire la procreazione e che il benessere la riduce? Da noi è successo in mezzo secolo....

viator

Salve sapa. Citandoti : "Paradossalmente, si può dire che è la povertà a favorire la procreazione e che il benessere la riduce?".

E perchè mai trovi ciò paradossale ? Chiarito che il problema principale (che genera e sovrasta sia il problema ecologico che quello energetico, che quello tecnologico, che quello etico, che quello geopolitico.......), il problema principale - dicevo - resta la DEMOGRAFIA....................ovvio che la procreazione sia influenzata UNICAMENTE del bilancio tra le risorse che una nuova vita consumerà e quelle che essa produrrà.


In povertà i figli sono l'unica "ricchezza" generabile, e sono una ricchezza perchè essi saranno di peso alla famiglia per pochi anni, poi diventando - per un tempo che si crede e spera assai più lungo - una risorsa massimamente produttiva e l'unico tipo di "assicurazione" per la vecchiaia dei genitori

Perciò, a parte ancora i problemi di mortalità perinatale elevata ed ogni altro incidente od intenzione nel farli, i figli sono l'investimento fondamentale e - tra l'altro - l'unica ragione pratica per la quale esistono i matrimoni.

Vivendo nel benessere i figli si tende a non farne poichè il loro costo aumenta in modo spropositato (devi mantenerli a tempo indeterminato fornendo loro tutto ciò che è connesso al costosissimo benessere che li circonda, inoltre alla vecchiaia dei genitori potranno pensare le adatte previdenze sociali o private).In tali condizioni, infatti, diminuirà grandemente anche l'importanza del matrimonio.

Pertanto per i poveri che debbono produrre tanto e consumare poco.....i figli saranno una ricchezza, per i ricchi magari parassitari e dediti solo al consumo di risorse........risulteranno una specie di capriccioso lusso !!. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno

Citazione di: sapa il 13 Dicembre 2021, 20:45:58 PM
Ciao Inverno, bel post il tuo sulla "rivoluzione verde", i cui contenuti mi riservo di approfondire. Ti chiedo, en passant, cosa intendi quando dici" come il fatto che la meccanizzazione dell'agricoltura ha condotto il potere in mano di pochissimi che non hanno gli stessi interessi dei tantissimi, e pensano di svignarsela su Marte etc etc..."? In realtà, per come la vedo io, la meccanizzazione agricola ha tolto dalla schiavitù gli agricoltori, permettendo loro di non rompersi la schiena da buio a buio, tutti i giorni. Purtroppo, le logiche del mercato, perchè questo a mio avviso rimane il principale problema, hanno fatto sì che dove prima vivevano in 15, dopo la rivoluzione verde non riesce più a vivere nessuno. E mi riferisco alle nostre montagne, escludendo le Alpi dove si vive di turismo e non più di agri/selvicoltura.Ma anche in pianura, i casolari abbandonati sono lì a testimoniare dove prima vivevano nuclei corposi di persone, oggi in rovina. In realtà, a mio avviso, la rivoluzione verde degli anni 40-70 del secolo scorso ha portato de-antropizzazione nel territorio del nostro mondo, favorendo però il fenomeno inverso nei paesi poveri. Quando penso che su un poderino di 5-6 ettari mezzo secolo fa viveva abbastanza agiatamente una famiglia di 4-5 persone, mentre adesso per far vivere lo stesso numero di persone ce ne vogliono almeno 20-30 qui da noi, mi rendo conto che ci troviamo in decrescita, di sicuro non in crescita. Forse, è per questo che la si vuole chiamare "rivoluzione verde", perchè, all'inverso di prima, si tratta di far ingollare agli agricoltori il concetto che il ruolo che si riconosce loro sarà sempre più quello di custodi ambientali e sempre meno quello di fornitori di beni di prima necessità. Almeno, nelle intenzioni.....Infatti, non capisco bene cosa intendi quando affermi:" strano qualcuno voglia usare lo stesso nome per una ipotetica via d'uscita, ancora più strano che questa ipotetica via d'uscita ha gli stessi difetti sistemici della via d'entrata...", ma non ho letto bene, per ora,  il testo che hai linkato. In realtà, la mia sensazione è che si voglia tornare indietro, a livello di rivoluzione verde in agricoltura (perchè in quegli anni ce n'è stata anche una, significativa, a livello forestale, quando in tutta Europa, Italia compresa, si sono piantati molti boschi e oggi, effettivamente, abbiamo un patrimonio forestale molto più ingente di 1 secolo fa), il problema alimentare noi non ce l'abbiamo più, è un problema che hanno (sempre) avuto i poveri, noi dobbiamo solo limitare gli input, gli apporti, e lasciar fare un po' di più alla natura. Il che è più facile dirlo, che farlo, finchè dovremo lottare con le logiche di mercato. A me, personalmente, può star bene limitare le produzioni, ma mi si deve consentire un reddito dignitoso. E' ovvio che, in una simile situazione, difficilmente sarò invogliato a fare figli. Paradossalmente, si può dire che è la povertà a favorire la procreazione e che il benessere la riduce? Da noi è successo in mezzo secolo....
Ti sei risposto da solo, anche se attribuisci alle logiche di mercato quello che sono le naturali conseguenze della rivoluzione verde, se la tua capacità di produrre aumenta di 4/5 volte è impensabile che tu possa continuare a sopravvivere sullo stesso appezzamento, ma la terra non è aumentata, per ottenere quelle metrature dovrai per forza comprarle ad altri che non hanno lo stesso accesso al capitale. Perciò dove prima insistevano 4/5 aziende ora ce n'è una, e questo è in Italia dove il capitalismo più che farlo lo subiamo, guarda per esempio cosa succede negli USA [1].
L'idioma "braccia rubate all'agricoltura" intende che l'agricoltura è un attività disponibile a tutti, non dopo la rivoluzione verde, i costi necessari per essere competitivi sono centuplicati, e a quei costi può concorrervi meglio chi ha più capitale a disposizione. Con la "nuova rivoluzione verde" dove ulteriore ingegnerizzazione e specializzazione saranno necessarie per produrre secondo i dettami "green", aprire un azienda diventerà ancora più costoso, più facile sarà prendere in affitto terra e mezzi da chi ha davvero accesso al capitale come Billy Gates, però a quel punto sarai alle sue condizioni, e dei profitti vedrai i margini. E' il capitalismo che pian piano regredisce in feudalesimo.. tecnofeudalesimo. Il vantaggio immediato dell'ingegneria è chiaro, meno chiaro il costo sociale. Anche in Egitto nel 4.000ac erano tutti molto felici quando si costruiva una diga, nessuno doveva più portare l'acqua coi secchi e l'irrigazione canalizzata sostituiva il lavoro di migliaia di uomini, però di quella diga qualcuno aveva il tappo, lo chiamavano "faraone" e poteva controllare la vita di migliaia di persone con un tappo.


[1] https://www.youtube.com/watch?v=MJVL9HegCr4
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sapa

Citazione di: viator il 13 Dicembre 2021, 21:31:58 PM
Salve sapa. Citandoti : "Paradossalmente, si può dire che è la povertà a favorire la procreazione e che il benessere la riduce?".

E perchè mai trovi ciò paradossale ? Chiarito che il problema principale (che genera e sovrasta sia il problema ecologico che quello energetico, che quello tecnologico, che quello etico, che quello geopolitico.......), il problema principale - dicevo - resta la DEMOGRAFIA....................ovvio che la procreazione sia influenzata UNICAMENTE del bilancio tra le risorse che una nuova vita consumerà e quelle che essa produrrà.


In povertà i figli sono l'unica "ricchezza" generabile, e sono una ricchezza perchè essi saranno di peso alla famiglia per pochi anni, poi diventando - per un tempo che si crede e spera assai più lungo - una risorsa massimamente produttiva e l'unico tipo di "assicurazione" per la vecchiaia dei genitori

Perciò, a parte ancora i problemi di mortalità perinatale elevata ed ogni altro incidente od intenzione nel farli, i figli sono l'investimento fondamentale e - tra l'altro - l'unica ragione pratica per la quale esistono i matrimoni.

Vivendo nel benessere i figli si tende a non farne poichè il loro costo aumenta in modo spropositato (devi mantenerli a tempo indeterminato fornendo loro tutto ciò che è connesso al costosissimo benessere che li circonda, inoltre alla vecchiaia dei genitori potranno pensare le adatte previdenze sociali o private).In tali condizioni, infatti, diminuirà grandemente anche l'importanza del matrimonio.

Pertanto per i poveri che debbono produrre tanto e consumare poco.....i figli saranno una ricchezza, per i ricchi magari parassitari e dediti solo al consumo di risorse........risulteranno una specie di capriccioso lusso !!. Saluti.
Sì, viator, concordo. Allora, però, diventa prioritario assicurare il cosiddetto benessere anche ai paesi poveri, per far sì che anche per loro far figli diventi solo un "capriccioso lusso" e smettano di farne. Se la povertà è il vero motore dell'esplosione demografica, basterà abolirla, come da noi è stato fatto....O no?


viator

Salve sapa. Hai perfettamente ragione. Infatti si tratta solo cominciare. I soldi cominci a metterceli tu?. Salutissimi.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sapa

Citazione di: viator il 14 Dicembre 2021, 11:48:05 AM
Salve sapa. Hai perfettamente ragione. Infatti si tratta solo cominciare. I soldi cominci a metterceli tu?. Salutissimi.
Ciao viator, i soldi li stiamo già mettendo, il problema è che servono dei mezzi tecnici, se si vuole fare la cosiddetta rivoluzione verde nei paesi in via di sviluppo, che sono, del resto, gli unici nei quali ciò può avvenire. Da noi, qualsiasi rivoluzione in agricoltura è una contro-rivoluzione. Come ha detto, giustamente, Inverno, dopo aver praticamente distrutto il latifondo, per ragioni di censo, lo si sta ricostituendo, per logiche economiche. Se bastasse abolire la povertà (come lo si vedrà..), per fermare la crescita demografica, bisogna lavorare lì. Qui da noi, i bonus bebè, per fortuna, sortiscono risultati miserevoli.

InVerno

#253
La mia impronta? Porto il 44.


Di solito il modo più comune di cominciare questa storia comincia con uno spot americano degli anni '70, il famoso spot dell'indiano che piange https://www.youtube.com/watch?v=h0sxwGlTLWw

E' con il motto di questo spot, che diventerà un meme nella cultura americana: "People start pollution, people can stop it"  che le industrie petrolchimiche cominciarono una lunga campagna di "sensibilizzazione" contro l'inquinamento, o meglio come recita la fine dello spot, "things YOU can do". Lo spot era pagato infatti dalla CocaCola e da altre aziende leader del settore bevande, ed è notoriamente conosciuto come l'inizio di uno scaricabarile ecologico che accrescerà e maturerà nei decenni successivi: è colpa tua se c'è inquinamento, del tuo stile di vita, delle tue abitudini, di te che butti il sacchetto dal finestrino*.
E indubbiamente di primo acchito viene da pensare così, loro producono ciò che il consumatore chiede, ma il sottotesto di queste campagne è quello di suggerire che sia sufficiente che le persone si regolino individualmente attraverso il loro compasso morale, per modificare  le loro la domanda e perciò l'offerta. Ma è davvero così? https://www.youtube.com/watch?v=zvJ4_sa4gno

Seguono trent'anni del martello che batte lo stesso chiodo, finchè nel 2004, la British Petroleum che nel frattempo si era rinominata Beyond Petroleum  in uno dei primi e più ecclatanti casi di greenwashing (ad oggi investe il 2.5% del proprio budget in energia rinnovabile), pubblicava sul proprio sito il calcolatore di "carbon footprint" personale innestando nel lessico comune il concetto di "impronta di carbonio", ovvero quanta CO2 la nostra routine quotidiana genera, e a cascata tutta una serie di derivazioni, dalla "dieta a co2 ridotta" ai "vestiti con bassa impronta di carbonio" ai "viaggi green" e centinaia di versioni diverse di questi calcolatori, tutti pronti a dirci quanto siamo responsabili della situazione attuale prendendo la macchina, o bevendo la CocaCola. Tutte le aziende cominciano a vendere prodotti sempre più green e sempre più ecologici, pronti a ridurre la nostra impronta individuale e salvarci dall'inferno morale e climatico, grazie al fatto che tali marchi  ed etichette non hanno alcun tipo di validità scientifica o scala metrica internazionale. E' l'inizio del greenwashing di massa, dove tutti vogliono  green e tutti si devono sentire individualmente responsabili delle emissioni di co2.. ma che fine hanno fatto le industrie  petrolchimiche che pagavano gli spot? Hanno vinto, occultando la più semplice delle realtà:

Se le persone credono che un determinato prodotto o comportamento abbia un rapporto costo ambientale troppo negativo se confrontato con i benefici che ne ottengono, anzichè sperare che le altre persone le seguano nei loro virtuosismi morali perchè sono "brava gggggente", possono chiedere ai propri politici di riferimento di fare delle leggi che obblighino tutti, produttori compresi, a seguire nuovi standard.

Il concetto di "responsabilità individuale" di qualcosa che è invece è un problema collettivo, nasce esattamente nella speranza (fino ad ora ben riposta) che queste leggi non vedano mai la luce, e che i consumi rimangano intatti offrendo ai singoli individui il contentino di essere "consumatori green". Eppure qualcosa non torna.. Dopo un anno di lockdown quasi globale anche se a fasi alterne, dove nessuno girava in macchina o produceva co2 dandosi al lusso sfrenato, le emissioni di co2 hanno subito solamente una modesta flessione. Come si poteva ridurre più di così l'impronta individuale di co2? Eppure non ha funzionato..Se non si ha avuto prova più empiricamente inappuntabile di questa, che l'ecologismo da lampadina è inutile, cosa altro serve?


* Il sacchetto dal finestrino e che rimane nell'ambiente è co2 catturata e bloccata per centinaia di anni nel sacchetto, se il sacchetto fosse di plastica biodegradabile come va di moda oggi per essere "green", sarebbe co2 emessa nell'atmosfera a seguito della decomposizione.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

viator

#254
Salve InVerno. Citandoti :"Come si poteva ridurre più di così l'impronta individuale di co2? Eppure non ha funzionato..Se non si ha avuto prova più empiricamente inappuntabile di questa, che l'ecologismo da lampadina è inutile, cosa altro serve?".


Veramente ti mostri attento ed aggiornato sia circa l'attualità che circa la storia dell'ecologia umanamente interpretata.

Trovo però un poco deludente la domanda che infine ti/ci poni. Ma veramente non sai cosa risponderti ? Ciò che di altro e di risolutivo serve............esisterebbe ma non verrà mai messo in pratica dall'umanità.

Ci penserà la natura a risolvere il problema dei problemi. LA DEMOGRAFIA. Oppure non credi che sia quest'ultimo il problema da risolvere, e pensi che i rimedi giungeranno dalla scienza, dalla finanza, dalla politica, dall'etica individuale, dalla morale collettiva, dalla democrazia, dalle preghiere di qualche anima pia ? (Guarda che il mio motto personale "Solo l'amore ci salverà" - purtroppo - rappresenta solamente un mio augurio, non una mia previsione). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.