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La Grotta

Aperto da InVerno, 08 Ottobre 2019, 18:54:22 PM

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InVerno

#120
Nei primi anni dell'USSR uno slogan invadeva costantemente la vita dei cittadini-compagni, esso faceva leva sul fatto che "villaggio" e "città" fossero maschile e femminile per alludere ad un "matrimonio" tra di essi (il "genere" è invertito in lingua italiana) e per invogliare la gente dei villaggi a muoversi verso l'industrializzazione cittadina, lo slogan era così famoso che per alcuni compagni molto determinati divenne anche un nome proprio da affibbiare agli, sfortunati, nuovi nascituri in famiglia.
Nel postmarxismo la questione del "genere delle città" si fa "seria" e oggi vengo colpito da questo meraviglioso epitaffio del grottesco : https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/19/coronavirus-ambiente-e-benessere-al-centro-dopo-la-pandemia-ecco-perche-il-femminismo-geografico-e-il-futuro-dei-centri-urbani/5867999/

Ma come sempre per raggiungere le vette, bisogna muoversi nell'informale, ed ecco che accedendo al profilo twitter della "ricercatrice" (https://twitter.com/lellyk) ci si imbatte in una sequela di sciocchezze tragicomiche. Nel suo stesso nickname compare per esempio tra parentesi il perentorio indirizzo del paradiso "Una città femminista è una città senza polizia", perchè come tutti ben sappiamo, i ladri son tutti maschi. Poco più sotto la stessa si supera "A feminist city must be care-centered, not because women should remain largely responsible for care work, but because the city has the potential to spread care work more evenly" - " Una città femminista deve essere incentrata sulla cura, non perchè le donne debbano rimanere largamente responsabili dei lavori di cura della persona, ma perchè la città ha il potenziale di dividere equamente il lavoro". Ci era quasi cascata, nel peggior "stereotipo di genere", ma quasi quasi ci è cascata lo stesso. Basta con la fisica, i grattacieli fallocentrici devono cadere, è l'ora della casa a forma di vagina: entrata sferica, sotterranea, calda e umida: è la casa degli hobbit di Tolkien. Get ready!
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

InVerno

#121
Citazione di: InVerno il 03 Luglio 2020, 21:51:04 PM
Visto che si è fatto "tanto" parlare di emissioni e lockdown, e che la mia compagna ha fatto una ricerca molto articolata a riguardo, voglio snocciolare qualche dato di risulta, senza andare troppo nei dettagli che sono ancora incerti e precoci.

* In media, le nazioni che hanno adottato un lockdown forte hanno ridotto per il periodo del lockdown le emissioni in un range che va dal 20 al 30% rispetto agli stessi mesi del 2019

* Il pronostico per l'anno 2020, si aggira intorno ad una riduzione globale che va dal 4 al 8%, dove il primo numero indica un secondo semestre senza nessun nuovo lockdown e il secondo dato indica altri lockdown tra i maggiori inquinatori.

*Va però detto che gli stimoli economici di cui si tanto si parla, dal recovery found eu ai billioni americani, probabilmente potrebbero negare in parte o totalmente questo dato. Come successe durante la crisi finanziaria del 2009 dove a scapito di una riduzione delle emissioni del 1.5%, gli stimoli alla crescita fecero si che nel periodo immediatamente successivo le emissioni crebbero del 6%. (nel mondo alla rovescia la chiamano "crescita")

*E' ancora incerto che cosa effettivamente la presenza del virus possa significare in termini di abitudini di consumo. Per esempio se è vero che il virus ha stimolato fortemente metodi di lavoro virtuali, è anche vero che ha scoraggiato fortemente l'utilizzo di mezzi pubblici (etc)

*Ironicamente (?) l'8% annuo è circa la cifra conservativa che l'IPCC "consiglia" per appiattire la curva delle emissioni e ritornare in traiettoria pre industriale. E' una stima al ribasso"anti allarmismo", tuttavia si potrebbe dire che se globalmente avvenisse un lockdown severo ogni anno, di almeno due ma meglio quattro\cinque mesi, in una decina di anni, la curva delle emissioni comincerebbe ad appiattirsi. (questo dovrebbe anche dare un idea di quanto siamo lontani da questi obbiettivi)

*E' interessante notare che quasi il 70% delle emissioni risulta come "fisso" e non alterabile attraverso decisioni politiche per quanto restrittive.
E questo è quanto.
Visto che l'articolo è stato pubblicato lo linko, in modo da integrare questo riassunto con i grafici
https://naked-science.ru/article/nakedscience/povliyala-li-pandemiya-covid-19-na-izmenenie-klimata
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InVerno

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Phil

Una convergenza (dai possibili meandri grotteschi) fra l'arte politicamente "corretta" (in stile bar) sovvenzionata dal BAFTA, lo scanzonato rivisitatore di bandiere, il ruolo dei media e dei social, l'incombere (e l'incombenza, per alcuni) del pensiero unico nel dibattito culturale, il "sessimo tolemaico" della ricercatrice-attivista, etc. può essere rintracciata anche nella questione della «cancel culture», balzata all'attenzione della cronaca ormai un mese fa, con questa lettera firmata da 150 scrittori, giornalisti, docenti e professionisti vari (qui una traduzione in italiano).

InVerno

Citazione di: Phil il 10 Agosto 2020, 19:05:00 PM
Una convergenza (dai possibili meandri grotteschi) fra l'arte politicamente "corretta" (in stile bar) sovvenzionata dal BAFTA, lo scanzonato rivisitatore di bandiere, il ruolo dei media e dei social, l'incombere (e l'incombenza, per alcuni) del pensiero unico nel dibattito culturale, il "sessimo tolemaico" della ricercatrice-attivista, etc. può essere rintracciata anche nella questione della «cancel culture», balzata all'attenzione della cronaca ormai un mese fa, con questa lettera firmata da 150 scrittori, giornalisti, docenti e professionisti vari (qui una traduzione in italiano).
Non avendo molto tempo ed energie ho lasciato perdere, ma è circa due settimane che stavo pensando anche io di scrivere una lettera, ad una persona morta da una quarantina d'anni: Roland Barthes. Vorrei davvero fare buona necromanzia e che mi rispondesse, se ritiene ancora che l'autore sia morto e che il significato si generi tra testo e lettore in barba a qualsiasi biografia. A me pare che la sua teoria è invecchiata molto male e molto velocemente,nel 2020 ciò che interessa al lettore medio è principalmente la biografia dell'autore  dalla quale ricava non solo sciocche tutele dall'ipocrisia, ma anche, è convinto, il significato dell'opera stessa in quanto "confessione" di un beniamino\modello. Nel frattempo che trovo il tempo di scrivere a Barthes, mi guarderò qualche un film di WoodyAllen, non più commedie come si pensava un tempo, ma riflessi cinematografici della tortuosa mente di un (presunto) pedofilo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

InVerno

#125
Citazione di: InVerno il 14 Luglio 2020, 22:24:17 PM
Quando ho avvicinato questa notizia, piuttosto nascosta, devo dire che ero scettico sulla sua plausibilità, ma a seguito di ricerche devo confermare che si tratta della sacrosanta verità. La notizia sarebbe che il premio cinematografico BAFTA avrebbe aggiornato i suoi criteri di eleggibilità (per ora riguardante solo i finanziamenti, e non le premiazioni) includendo delle clausole per la "tutela delle minoranze". Siete giovani cineasti in erba, o scenegiattori in cerca di quattrini? BAFTA vi può aiutare se seguite certi critieri.. (la lista completa: https://www.bfi.org.uk/supporting-uk-film/diversity-inclusion/bfi-diversity-standards).
Ora io non ho tempo\voglia di mettermi a tradurre tutto, e spero che la maggior parte dei lettori saprà spulciare da solo questo vademecum divertentissimo (lo è davvero), mi basti citare che per accedere al finanzialmento almeno un paio di queste clausole dovrebbero essere rispettate:
- Rapporto personaggi uomini-donne 50\50             20% dei personaggi appartenente ad un gruppo etnico minoritario        10% personaggi Lgbqt        7% personaggi sordi o disabili     8% zucchero     12 grammi di lievito di birra (scherzo, sulle ultime due)

Gli stessi criteri sono poi in larga parte applicati anche a chi lavora al film, ai finanziatori, etc..è tutto nero su bianco e un riassunto è davvero impoverente del livello di grottesco raggiunto da questi signori, bisogna leggerlo tutto per capire che è stato scritto da persone che dietro alla facciata "buona" della tutela delle minoranze, vede agli esseri umani come prodotti industriali, e alla creatività artistica come alla manifattura degli stuzzicadenti. Si presentasse Dante domani alla porta del BAFTA gli respingerebbero la DivinaCommedia, perchè forse si è dimenticato il sordo, o non ha messo il 20% di watussi. Una traduzione però voglio farla, di uno dei passi più stucchevoli

"Please note that some of the under-represented groups above relate  slightly differently to on-screen representation than to how they do to production workforce.
For example, someone being a parent is not, generally, under-represented on-screen, but a crew/team member being a primary carer for a child can be under-represented in the screen industries and interventions made to enable them to work on the project could meet the criteria.

[Traduzione a braccio] "Per favore notare che alcuni gruppi minoritari menzionati si relazionano in maniera leggermente diversa a seconda si tratti della loro rappresentazione su schermo o se fanno parte della produzione. Per esempio, essere un genitore, generalmente non è una categoria sottorappresentata nel cinema, tuttavia intervenire affinchè  un genitore entri a far parte della produzione del film potrebbe contare come criterio di ammissibilità.


C'è solo da immaginare il modesto cervello di quella persona che ha pensato che questa era l'unico possibile fraintendimento della questione, e immaginare che grazie a questa nota l'infinito numero di gruppi e sottogruppi (minoritari o meno) fantasticabili dall'essere umano e la loro ipotetica ratio di rappresentazione, sarebbero stati risolti.
Tralaltro spulciando il sito del BAFTA ho notato che questi criteri sono diventati quelli di eleggibilità alla premiazione della novella categoria "videogiochi", dove il BAFTA si affaccia solo ora e quindi non ha da spiegare queste assurdità ad amici e finanziatori. E' solo questione di tempo perchè anche le premiazioni cinematografiche si interessino solo dei film con il 20% di watussi, a me non fregava niente del BAFTA prima e me ne fregherà anche meno dopo, ma per una volta devo dirlo: per fortuna che esiste il libero mercato a dare i "premi".
Chiamatemi veggente o intelligente, ma alla fine ci ho azzeccato: Anche gli oscar hanno messo paletti, e non sui finanziamenti come - oggi appare - timidamente aveva fatto il BAFTA, ma sulla premiazione stessa per il miglior film.
https://www.theguardian.com/film/2020/sep/08/oscars-academy-awards-diversity-race-gender(mi spiace non poter riportare la notizia in Italiano, ma non la trovo riportata, i giornali Italiani purtroppo sono passati dalla numerologia migratoria a quella del covid, non riportano notizie dalla fine della seconda guerra mondiale, ma nei prossimi giorni forse qualche scaltro giornalista la vedrà su facebook e la passerà sul google translate..)Quindi, con un ragionamento retroattivo si potrebbe dire che "Parasite" il prossimo anno non potrebbe vincere l'oscar. O forse si? In korea ovviamente l'etnia koreana non è una minoranza, e in Parasite non sono presenti il 30% di nessuna minoranza etnica o di genere. Tuttavia in america i koreani sono una minoranza etnica. Perciò la prima domanda che viene in mente è, se la minoranza rappresentata deve essere raffrontata al paese di appartenza, o al paese di distribuzione\premiazione, o addirittura al contesto del film. Ma in realtà le domande sarebbero altre centocinquanta, perciò non mi addentrerò in questo ginepraio.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Ogni autobus che viaggia trasportando solo "visi pallidi" non è automaticamente e necessariamente un affronto alla memoria di Rosa Park, così come nei film d'azione qualcuno deve pur fare la parte del "cattivo" (senza che ciò implichi la cattiveria estensiva di tutta la sua nazione, status sociale, etnia o altro) e in un romanzo d'amore non è inevitabilmente indice di omofobia il fatto che i Giulietta e Romeo di turno siano banalmente etero e cisgender. Come sempre è una questione di categorie interpretative e, soprattutto nell'arte, l'eccessiva politicizzazione e la programmatica ricerca di creare consenso anche nelle minoranze (e/o nel vasto pubblico che si sente più buono sotto l'egida di un'apparente attenzione alle minoranze) rischia di perdere di vista o deformare il contesto di base e le sue categorie essenziali (salvo volerne proporre una rifondazione uniformata e uniformante a scopi di demagogica "pubblicità progresso").
Usando la "ricetta" del BAFTA si potrebbe comunque fare un film filo-nazista o un'apologia di tutti gli stereotipi razzisti e sessisti, o persino una irriverente parodia della necessità stessa di usare tali "dosaggi" dei cliché nei media. Proprio come nelle ricette, è l'uso degli ingredienti, compresa l'assenza di alcuni, che determina le caratteristiche del prodotto finale, non solo le mere quantità (la pasta scotta o l'aranciata con scaglie di parmigiano non sono prelibatezze per tutti i palati).

Va riconosciuto nondimeno che ciò che viene dato in pasto alla massa condiziona sicuramente la prospettiva di una parte della massa (per questo alcuni vedono nelle vecchie barzellette, del tipo "ci sono un italiano, un americano e un cinese..." un'attenta opera di propaganda e lavaggio del cervello piuttosto che un sintomo delle acerbe semplificazioni che da sempre abitano barzellette e battute popolari): film che spingono al patriottismo o che mostrano il fascino di popolazioni esotiche o che documentano la lotta per dei valori sociali, hanno di fatto ricadute tanto nell'immaginario collettivo quanto nell'educazione di una parte delle generazioni più ricettive e sarebbe ingenuo pensare che «alla fine sono soltanto dei film...».
Tuttavia, cambiando esempio, se si decidesse che il prossimo Papa deve essere di colore (qualunque tranne bianco) o il prossimo presidente deve essere una donna (o dichiaratamente omosessuale o altro) verrebbe meno il senso di tali elezioni: se bisogna votare la persona più adatta, basarsi su un criterio non preminente nel contesto, potrebbe portare presumibilmente ad una scelta falsata (come se mi rifiutassi di mangiare in una pizzeria in cui non lavorano almeno un cinese, un rifugiato politico e un transessuale, al di là della bontà della pizza in sé).

Tornando alla questione dei film: impostare un handicap (...) nella scelta dei personaggi e dei lavoratori coinvolti, mischia drasticamente le carte in tavola fra ciò che è arte e chi la produce, fra il piano del messaggio e quello del'impianto che lo confeziona, ad ulteriore conferma che per cercare di imporre una rappresentanza per tutti i gruppi, la carica espressiva della rappresentazione è ciò che viene sacrificato anziché essere liberata. Ciò che va in scena non è più la capacità poietica e creativa di una narrazione umana, ma la programmata messa in mostra delle possibili declinazioni fisico-etno-culturali dell'homo sapiens, in un preimpostato campionario al soldo di un mecenatismo che, a pensar bene, per buona fede fa un cattivo scherzo all'arte.
In sintesi, fra il test della monetina di Brass e il test di Bechdel, come sempre, in medio stat virtus.

InVerno

#127
Citazione di: Phil il 09 Settembre 2020, 13:51:38 PM
Tornando alla questione dei film: impostare un handicap (...) nella scelta dei personaggi e dei lavoratori coinvolti, mischia drasticamente le carte in tavola fra ciò che è arte e chi la produce, fra il piano del messaggio e quello del'impianto che lo confeziona, ad ulteriore conferma che per cercare di imporre una rappresentanza per tutti i gruppi, la carica espressiva della rappresentazione è ciò che viene sacrificato anziché essere liberata. Ciò che va in scena non è più la capacità poietica e creativa di una narrazione umana, ma la programmata messa in mostra delle possibili declinazioni fisico-etno-culturali dell'homo sapiens, in un preimpostato campionario al soldo di un mecenatismo che, a pensar bene, per buona fede fa un cattivo scherzo all'arte.
In sintesi, fra il test della monetina di Brass e il test di Bechdel, come sempre, in medio stat virtus.
C'è un aneddoto che ripete spesso (perchè, alla fine, tutti finiscono per ripetersi?) un certo filosofo molto pop (il cui nome lascio incognito come "indovinello") che racconta che un "nativo americano" un giorno gli confidò di odiare questo termine che i "bianchi" utilizzavano per "rispettarlo", e aggiunse che avrebbe preferito essere chiamato "indiano", perchè perlomeno quest'ultimo testimoniava lessicalmente la stupidità dei bianchi e delle loro azioni passate, mentre il termine tecnico "nativo americano" suonava completamente vuoto.
La creazione di gruppi "tecnici" senza un anima persegue l'obbiettivo di adornarli di quel fascino esotico che interessa particolarmente ai curatori degli zoo (e ai venditori di pelliccie, auto e  altre patacche) è una riduzione dell'identità dell'essere umano alla sua identificazione (come ricordava invece spesso R.Pannikkar) è in fin dei conti, un "orientalismo pret a porter" in un mondo dove l'oriente non esiste più. Così come il fascino per l'oriente è stato una moda, anche l'interesse pernicioso che alcuni gruppi oggi magnetizzano potrebbe passare, e penso che molti sperino solamente di poterne trarre i vantaggi immediati più pragmatici sperando di rimanere sulla cresta dell'onda della cultura del risentimento il più a lungo possibile, sia che essi si presentino come parti attive o passive. Il pericolo è tuttavia non tanto lo svolgersi di questa o quell'altra moda, quanto il fatto che alcuni principi a cui si intende eccezionalmente eccepire vengano col tempo indeboliti a tal punto da renderli vuoti. In soldoni, se si accetta il fatto che la libertà di espressione possa essere mitigata o ristretta per un "buon motivo", sempre più gruppi (o sfruttatori di gruppi) vorranno presentare i propri motivi come "buoni motivi", in questo, il nuovo regolamento degli oscar non è altro che la logica conseguenza del già accettato ragionamento delle "quote rosa" .
Questa china ha secondo me storicamente due possibili svolgimenti, o un gruppo specifico ottiene il potere di regolare la libertà di espressione di tutti gli altri (es. stalinismo) o la società diventa impotente nel garantire una convivenza tra i diversi gruppi che non riconoscono più la validazione di un organismo centrale (tribalismo).La libertà di espressione è un principio a cui non si dovrebbe eccepire, neanche coi "reati d'opinione".
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Dante il Pedante

E' vero che dire "negro" è un reato? Cosa devo dire?Diversamente colorato?Ma negro non veniva da niger cioè abitante del Niger dove gli schiavisti andavano a catturare i poveri abitanti che non facevano del male a nessuno?
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

InVerno

Citazione di: Dante il Pedante il 10 Settembre 2020, 21:34:30 PM
E' vero che dire "negro" è un reato? Cosa devo dire?Diversamente colorato?Ma negro non veniva da niger cioè abitante del Niger dove gli schiavisti andavano a catturare i poveri abitanti che non facevano del male a nessuno?
Ti posso solo linkare questo interessante articolo, con particolare enfasi sul paragrafo finale, che riassume particolarmente bene la mia opinione.
https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/nero-negro-e-di-colore/734
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Dante il Pedante

Citazione di: InVerno il 10 Settembre 2020, 21:41:51 PM
Citazione di: Dante il Pedante il 10 Settembre 2020, 21:34:30 PM
E' vero che dire "negro" è un reato? Cosa devo dire?Diversamente colorato?Ma negro non veniva da niger cioè abitante del Niger dove gli schiavisti andavano a catturare i poveri abitanti che non facevano del male a nessuno?
Ti posso solo linkare questo interessante articolo, con particolare enfasi sul paragrafo finale, che riassume particolarmente bene la mia opinione.
https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/nero-negro-e-di-colore/734
Ho letto quasi tutto l'articolo.E' interessante.Sono d'accordo anch'io che,se non serve,non serve mettere se uno ha la pelle di un certo colore o no.Magari in ospedale può servire perché so che i diversamente colorati hanno magari un certo tipo di frequenza di certe malattie e meno di altre rispetto ai diversamente colorati.
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

InVerno

Ieri sera stavo ascoltando una intervista a Chomsky, il suo tono monotono è il miglior sonnifero in circolazione, tanto che qualche tempo avevo fantasticato di fare qualche pezzo di musica con la sua voce in sottofondo, sono sicuro avrebbe spopolato nel reparto musica per dormire. Stava parlando di linguistica, ma non ha potuto esimersi dal fare la solita intemerata politica, e l'ha compressa in una provocazione che mi ha dato da riflettere: il datore di lavoro medio ha un potere sui suoi dipendenti che nemmeno Stalin ha mai avuto nei confronti dei russi, può decidere a che ora devono pisciare, come, dove, o se devono farla in una bottiglia.
Principalmente sono d'accordo, in parte questo è dovuto al fatto che Stalin non è mai stato interessato nei cicli urinari dei russi, ma l'esempio è calzante, per otto al giorno c'è una sospensione della democrazia e si vive sotto l'egida di un autocrate che ha più potere nelle vite del dipendente di qualsiasi dittatore moderno.

Stamattina mi capita questa notizia e non posso che sorridere:
https://www.liberoquotidiano.it/news/scienze-tech/24604881/water-anti-fannulloni-inclinato-13-gradi-come-ti-costringono-lavorare.html
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

Anch'io ho pensato spesso a questo potere dittatoriale di certi datori di lavoro e lo collego anche al successo di una certa mentalità autoritaria. Ma fortunatamente non sono tutti così.  Questa estate ad esempio, mia figlia ha trovato lavoro in una gastronomia. Speravo che fosse bullizzata e schiavizzata così che potesse capire la necessità di riprendere gli studi. Ed invece questo rinnegato del capitalismo l'ha messa in regola, le ha pagato anche la parte di tredicesima che le spettava e la domenica le regalava dei manicaretti, al punto da aver classificato l'estate 2020 come l'estate del gourmet. Speriamo che al sud i capitalisti siano un po' più aderenti agli stereotipi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Basta lavorare in Amazon o essere un rider controllato da un bot per tornare al sano stereoprototipo imprenditoriale da manuale: riveduto e corretto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

A proposito di Stalin, l'anno scorso avevo visto questo film https://it.wikipedia.org/wiki/Morto_Stalin,_se_ne_fa_un_altro e devo dire che mi era molto piaciuto, ma non ero riuscito a capire il perchè, il film odorava di grottesco ma l'origine di questo sentore mi era sconosciuta. Qualche tempo fa l'ho rivisto, questa volta con la mia compagna, ed ella mi ha illuminato sull'ovvio motivo : i protagonisti non sembrano per niente russi. Non so come mi fosse potuto sfuggire alla prima visione, ma lei essendo russa l'ha visto certamente più velocemente di me.

Le gesticolazioni, la cadenza, il portamento, l'ironia, non c'è nulla di questi personaggi che sprizzi "russità", e la cosa è totalmente voluta, tanto che in lingua inglese gli attori mantengono il loro accento anglossasone di provenienza, nemmeno provando per un secondo a sembrare "russi", Beria assomiglia più ad un mastino di ScotlandYard che ad un russo. Il governo russo si è subito apprestato a censurare il film in patria, ed è evidente che lo ha fatto non tanto per i contenuti che sono innocui, ma per  una pretesa di "lesa maestà" : di Stalin possono parlare solo i Russi, anche in una commedia noir senza pretese storiche. I tipici strascichi di una religione in decadenza dove il nome di Dio è pronunciato propriamente solo dal clero, tutti gli altri bestemmiano a priori.

In occidente ci affrettiamo sempre ad autocondannarci di "orientalismo", di far macchietta di ogni serietà. Se uno guarda per esempio "L'ultimo samurai"  e conosce un minimo la storia feudale giapponese non potrà che storcere il naso verso tutta una serie di assurdità che si susseguono nel film, e non può far altro che inveire contro la Hollywood che tutto devasta. Il problema è che quando vedi che fanno i giapponesi con i samurai, nella migliore delle ipotesi ti capita Kurosawa, nella peggiore un superuomo volante che con una spada laser trafigge grattacieli e salva poppute donzelle a cui si alza la gonna con il vento mosso dal colpo della sua spada. Allo stesso modo, la differenza tra un western di JohnWayne e uno di Leone sono che, il primo con una pretesa di storicità si appresta a bollirti le gonadi con una piattezza artistica e una retoricità talmente palese da essere al confine con la propaganda, Leone essendo italiano non si sente titolato a fare "testamenti nazionali" e guarda al west con gli occhi di un bambino meravigliato e terrorizzato, è spettatore del suo stesso film, e questo si traduce in un opera d'arte.

Se un film sulla morte di Stalin fosse stato fatto dai russi, essi avrebbero escluso certamente qualsiasi dettaglio che fosse stato contrario al loro ideale di "russità". Può l'uomo di ferro morire in una pozza del suo piscio? Storicamente è accaduto, ma è irrilevante : taglia. Può un arci-russo passare le serate a guardare film western con altri arci-russi? Storicamente è accaduto, ma è irrilevante: taglia. Può un liberatore dal nazismo aver epurato tutti i dottori nel paese: storicamente è accaduto, ma è irrilevante: taglia. A suon di tagli il film sarebbe diventato, volente o nolente, e per aderire ad un certo ideale di "russità" una noia mortale, con personaggi monodimensioali consegnati direttamente dalle fredde cronache della storia. Ma è proprio vero che nella vita privata, questi personaggi fossero "russi"? Questo film se lo chiede, e interroga lo spettatore della stessa domanda presentando dei russi-non-russi-in russia.

Su chi debba parlare di noi stessi vale il proverbio: Degli amici mi guardi iddio, che dei nemici mi guardo io.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia