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L'insoddisfazione

Aperto da Sariputra, 26 Luglio 2017, 10:04:20 AM

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Sariputra

Una delle caratteristiche basilari dell'essere umano è la sua continua insoddisfazione. L'uomo non riesce a soddisfarsi. Ci prova continuamente, per tutta la vita ma...non ci riesce proprio! Se sta mangiando, per esempio, a volte è insoddisfatto dalla quantità di cibo, altre dalla qualità, altre ancora, se la quantità e la qualità sono adeguate...dal fatto di aver mangiato troppo e dal sentir la panza spingere sulla cintura delle braghe. Se va con una donna è insoddisfatto del momento, a volte del luogo, più spesso dell'esito. A volte , proprio nel momento dell'estasi amorosa, si ritrova a dover immaginare di essere con un'altra...per riuscire nell'intento! Poi è insoddisfatto del fatto che il partner è rimasto insoddisfatto e ciò lo rende ancor più insoddisfatto. Quando vuol predicare qualcosa agli altri, ai familiari o agli amici, la frustrazione lo assale immediatamente quando realizza che gli altri sono disinteressati o insoddisfatti della predica. Il fatto che il prossimo non lo soddisfi è ancor più pungente; sembra che nessun essere con cui intavoliamo una relazione, alla fine, chi prima chi dopo, ci soddisfi pienamente. Il fatto poi di dover realizzare che noi stessi siamo fonte di insoddisfazione per gli esseri che ci stanno attorno, ci rende malinconicamente...insoddisfatti! Per non parlare dell'insoddisfazione rapida che proviamo verso i beni materiali che ci prodighiamo di acquistare e consumare in gran quantità.  Che profonda insoddisfazione si prova nel constatare che, l'auto nuova appena acquistata, oltre a palesare difetti incompatibili con l'assegno che abbiamo dovuto staccare, è rapidamente sovrastata dal maestoso Suv che nostro cognato , due giorni dopo il nostro acquisto, viene prontamente a farci vedere...Come siamo rapidi nel nascondere il  telefono appena acquistato ( e di cui siamo per un attimo orgogliosi...) mentre il nostro più caro amico tira fuori il suo nuovo Iphone per farci vedere le foto del suo ultimo weekend a Mikonos...
Anche gli esseri che si credono più spirituali degli altri provano continuamente l'insoddisfazione di ritenersi spirituali e di non vedere però alcun aumento di felicità. Alla fine vedi vecchi sacerdoti che discutono aspramente con la perpetua perché sono insoddisfatti della pulizia della chiesa o del pranzo preparato e giovani bonzi buddhisti con la cicca tra le labbra, occhiali da sole e la prima fila del vagoncino del tagadà prenotata ( con tanto di selfie naturalmente...). Ah, l'insoddisfazione!...Alcuni saggi dicono che,  proprio perché è perennemente insoddisfatto,  l'uomo è progredito così tanto nella storia e ha creato così tante civiltà ( di cui però era insoddisfatto...). Ma...qual'è l'esito? L'insoddisfazione! Non si riesce a placarla. Attualmente siamo gli esseri più goduriosi della storia e...siamo sempre insoddisfatti! Anzi...sembra quasi che, più ci diamo da fare per soddisfarla, più l'insoddisfazione con annessa nevrosi ci assale continuamente e , siccome disponiamo di un ammasso di beni e di relazioni ( beh! più o meno naturalmente...) enorme, ecco pure l'enormità della nostra insoddisfazione attuale. Se il contadino della campagna latina di duemila anni fa era principalmente insoddisfatto della moglie e della zappa, ora dobbiamo stilare una lista senza fine di cose che ci rendono insoddisfatti. Progresso?...Mah!  :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Si potrebbe osservare che non tutte le insoddisfazioni si lasciano apprezzare dalla nostra umanità allo stesso modo: percepiamo differenza tra l'insoddisfazione per una caramella che non è di nostro gusto e l'insoddisfazione per le ingiustizie del mondo. Da questo punto di vista ci sono insoddisfazioni nobili, che addirittura ci possono risultare meritevoli di essere coltivate. In questo senso la discussione diventa molto simile a quella già in corso sulla noia.

Apeiron

Per come la vedo io la generale insosddisfazione che si vede nel mondo è dovuta al fatto che si continuano a cercare piaceri "condizionati" (ossia dipendente da certe condizioni) e su di essi si basa la propria "pace interiore". Siccome non vediamo nulla "in questo mondo" di "in-condizionato" continuiamo ad accumulare ricchezze,  fare confronti con gli altri... ossia vogliamo in qualche modo cercare di rendere il "condizionato" "in-condizionato". Tutto questo mette in atto il meccanismo dell'"identificazione-autorità-attaccamento-avversione": cerchiamo di mantenere la nostra "pace interiore" con tutti i nostri sforzi, diventiamo anche violenti per essa. Ma in realtà tutto ciò dipendendente in ultima analisi dal "caso", visto che tutte le cose condizionate sono appunto dipendenti, ossia "inaffidabili". L'umanità dopo la "morte di Dio" ("Dio"="qualsiasi cosa che da significato/valore all'esistenza" o comunque "qualcosa di incondizionato come il Nirvana")  mi sembra che sia affannata a fare due cose: (1) governare il mondo in modo da tenerlo secondo i nostri gusti (2) amplificare le nostre aspirazioni in modo da trovare modi migliori da governare il mondo. Il problema è che da questo punto di vista si maschera una cosa: siamo insoddisfatti "in profundis" quindi dobbiamo sforzarci di "avere autorità" sulle cose. Così mi immagino lo scenario dovuto per esempio all'eruzione di un super-vulcano o una mega-tempesta solare che distrugge la tecnologia: perdiamo tutto, diventiamo disperati e guarda a caso facciamo "risorgere Dio"(e simili). Poi passano gli anni, "Dio muore" e torniamo a voler trattenere tutto.

Quindi oggi non mi sorprende che i religiosi, perfino monaci buddisti, si dedichino ai "piaceri condizionati": d'altronde a chi interessa oggi del Nirvana, di Dio, della Forma del Bene, della Verità ecc quando lo stomaco è sempre pieno, la solitudine la inganniamo con la Rete, la scienza non trova NULLA di sovrannaturale o di particolarmente "eccezionale"...?  D'altronde se ci sono solo "piaceri condizionati" perchè dovrei mettermi a perderli per il NULLA?

Citazione di: Angelo Cannata il 26 Luglio 2017, 12:02:18 PMSi potrebbe osservare che non tutte le insoddisfazioni si lasciano apprezzare dalla nostra umanità allo stesso modo: percepiamo differenza tra l'insoddisfazione per una caramella che non è di nostro gusto e l'insoddisfazione per le ingiustizie del mondo. Da questo punto di vista ci sono insoddisfazioni nobili, che addirittura ci possono risultare meritevoli di essere coltivate. In questo senso la discussione diventa molto simile a quella già in corso sulla noia.
I

In quella discussione sembrava che io fossi contrario alla noia. In verità ritengo che la noia a volte è nobile, però non è da prendersi come un obbiettivo. Idem stavolta, quando vedi i "mali del mondo" ti arriva la "crisi esistenziale" https://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/crisi-esistenziale/ (a distanza di un anno scriverei le stesse cose). Ossia vedi quanto è delirante (e ingiusta) tutta la pretesa di controllare un mondo incontrollabile e quanto questa pretesa è ormai radicata nel nostro profondo. Si diventa religiosi/filosofi/artisti d'altronde solamente DOPO essersi resi conto che il modo normale di vivere è un vicolo cieco. Si cade così nella profonda insoddisfazione, in cui ti senti "sconnesso". L'uomo moderno (ossia da 300 anni...) in crisi esistenziale non crede più a nessun "Dio", ergo la sua vita non supera questa fase. Ti arriva il "samvega" (termine buddista che indica il tremore di quanto ci si rende conto del "delirio" della pretesa della feelicità incondizionata nelle cose condizionate) ma senza "pasada" (confidenza che si può superare questa fase, perchè al Nirvana non ci crede più nessuno). Quindi io spero che questa "crisi esistenziale" (l'insoddisfazione dal capire che non si è mai davvero soddisfatti) abbia "valore". Ma "spero"... non me la sento di dire che è "davvero così".

P.S. (Per il Sari soprattutto ma non solo) Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Cit. da Apeiron:
Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia.

Un regno di devas senza volto a cui è stato appiccicato un numero che non conoscono, mentre il soma scorre a fiumi. Tecnologia per asservire il mondo all'uomo e l'uomo che finisce asservito alla tecnologia stessa...tutto perché...non sappiamo fermarci! L'insoddisfazione ci pungola continuamente, ci risveglia nel cuore della notte, ci riempie d'ansia. Sogniamo una vita diversa, un mondo migliore ma, alla fine, non sappiamo come dovrebbe essere questa vita e questo mondo diversi e allora... ci inebetiamo di oggetti e gadget inutili, tutti disciplinati in lunghe file davanti a porte automatiche di ipermercati. Perché no? Se la vita è tutta qui...tante vale cercare di godercela più che possiamo ma...perché non funziona? Cosa c' è che non va in me? Ci chiediamo...gli altri ci sembrano soddisfatti del loro ultimo gadget, succhiano gelati con volti sorridenti, ci osservano, valutano i nostri vestiti...che siano insoddisfatti dei propri? Non ci sentiamo soddisfatti veramente dei nostri vestiti...Perché diavolo non funziona? E sì che stiamo facendo tutto quello che vediamo fare agli altri per essere felici! Che dubbio atroce...che anche gli altri fingano di essere felici? Stanno recitando come me?  A ben guardare...quei sorrisi...sembrano più dei ghigni...Dio! Son finti anche loro!...Che vuoto spaventoso! Dio , aiutaci...ma non puoi, sei morto!...Ma...questi esseri insoddisfatti come noi...possono aiutarci? E come? E' impossibile...son più scemi di noi!
Dateci ancora del soma, preghiamo, ci aiuta a dimenticare che Dio è morto. Vogliamo inebriarci fino alla morte!...Ma...Dio! Non funziona più nemmeno questo! Com'è possibile?Siamo insoddisfatti pure del soma...sta perdendo sapore...Nooo!!
Fermati! Fermati! Il mondo ci implora, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Dove devo andare oggi per essere soddisfatto? Cosa devo fare? Cosa comprare? Non posso fermarmi a pregare, non posso...Dio è morto!...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

baylham

Siamo in una sezione dedicata alle esperienze personali. Sui sentimenti, sulle emozioni è prevalente l'esperienza individuale, quindi posso fare riferimento alla mia esperienza per contestare le generalizzazioni qui espresse.

L'uomo perennemente insoddisfatto non corrisponde alla mia esperienza. Mi soddisfa l'amore, l'amicizia, la reciprocità, fare bene il mio lavoro e le cose. Sono affezionato alla piccola raccolta di libri e di cd musicali, alla vecchia bicicletta ed autovettura, non faccio resse agli iper-supermercati, nemmeno mi sfiora l'idea di entrarci i giorni festivi per boicottaggio.

Mi soddisfa l'ateismo, che dall'adolescenza ad oggi è diventato sempre più consapevole e maturo, non sento affatto il bisogno di dio, tanto meno della sua morte, del nirvana e  di altre cose impossibili, e per questo non soffro di crisi esistenziale.  Ateismo che affermo perché mi ha aiutato nella liberazione dall'educazione e dalla morale contrarie alla vita e alla libertà delle principali religioni.

E' vero che la soddisfazione, il benessere, a maggior ragione la felicità e la gioia,  sono normalmente passeggeri, impermanenti, ma questo vale allora anche per i sentimenti contrari.
E' vero che non posso controllare o conoscere il sistema di cui faccio parte, ma posso controllare o conoscere qualcosa. 

Apeiron

#5
Citazione di: Sariputra il 27 Luglio 2017, 10:52:06 AMCit. da Apeiron: Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia. Un regno di devas senza volto a cui è stato appiccicato un numero che non conoscono, mentre il soma scorre a fiumi. Tecnologia per asservire il mondo all'uomo e l'uomo che finisce asservito alla tecnologia stessa...tutto perché...non sappiamo fermarci! L'insoddisfazione ci pungola continuamente, ci risveglia nel cuore della notte, ci riempie d'ansia. Sogniamo una vita diversa, un mondo migliore ma, alla fine, non sappiamo come dovrebbe essere questa vita e questo mondo diversi e allora... ci inebetiamo di oggetti e gadget inutili, tutti disciplinati in lunghe file davanti a porte automatiche di ipermercati. Perché no? Se la vita è tutta qui...tante vale cercare di godercela più che possiamo ma...perché non funziona? Cosa c' è che non va in me? Ci chiediamo...gli altri ci sembrano soddisfatti del loro ultimo gadget, succhiano gelati con volti sorridenti, ci osservano, valutano i nostri vestiti...che siano insoddisfatti dei propri? Non ci sentiamo soddisfatti veramente dei nostri vestiti...Perché diavolo non funziona? E sì che stiamo facendo tutto quello che vediamo fare agli altri per essere felici! Che dubbio atroce...che anche gli altri fingano di essere felici? Stanno recitando come me? A ben guardare...quei sorrisi...sembrano più dei ghigni...Dio! Son finti anche loro!...Che vuoto spaventoso! Dio , aiutaci...ma non puoi, sei morto!...Ma...questi esseri insoddisfatti come noi...possono aiutarci? E come? E' impossibile...son più scemi di noi! Dateci ancora del soma, preghiamo, ci aiuta a dimenticare che Dio è morto. Vogliamo inebriarci fino alla morte!...Ma...Dio! Non funziona più nemmeno questo! Com'è possibile?Siamo insoddisfatti pure del soma...sta perdendo sapore...Nooo!! Fermati! Fermati! Il mondo ci implora, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Dove devo andare oggi per essere soddisfatto? Cosa devo fare? Cosa comprare? Non posso fermarmi a pregare, non posso...Dio è morto!...

Già... intendevo proprio questo :) in futuro forse la soluzione che si troverà sarà proprio la creazione della coscienza collettiva e quindi l'abbandono della propria individualità https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/coscienza-collettiva-se-si-riuscisse-a-crearla-con-la-tecnologia/  

Citazione di: baylham il 27 Luglio 2017, 15:54:50 PMSiamo in una sezione dedicata alle esperienze personali. Sui sentimenti, sulle emozioni è prevalente l'esperienza individuale, quindi posso fare riferimento alla mia esperienza per contestare le generalizzazioni qui espresse. L'uomo perennemente insoddisfatto non corrisponde alla mia esperienza. Mi soddisfa l'amore, l'amicizia, la reciprocità, fare bene il mio lavoro e le cose. Sono affezionato alla piccola raccolta di libri e di cd musicali, alla vecchia bicicletta ed autovettura, non faccio resse agli iper-supermercati, nemmeno mi sfiora l'idea di entrarci i giorni festivi per boicottaggio. Mi soddisfa l'ateismo, che dall'adolescenza ad oggi è diventato sempre più consapevole e maturo, non sento affatto il bisogno di dio, tanto meno della sua morte, del nirvana e di altre cose impossibili, e per questo non soffro di crisi esistenziale. Ateismo che affermo perché mi ha aiutato nella liberazione dall'educazione e dalla morale contrarie alla vita e alla libertà delle principali religioni. E' vero che la soddisfazione, il benessere, a maggior ragione la felicità e la gioia, sono normalmente passeggeri, impermanenti, ma questo vale allora anche per i sentimenti contrari. E' vero che non posso controllare o conoscere il sistema di cui faccio parte, ma posso controllare o conoscere qualcosa.

"Ateismo" è una parola alquanto ambigua perchè in un certo senso (ossia se si intende la negazione dell'equazione Realtà Suprema= Dio Personale) buddismo, quasi tutto l'induismo, il daoismo, lo shintoismo, la religione azteca, il platonismo (se lo si considera un "misticismo filosofico")... sono tutte "atee". Quindi non rimane che distinguere tra i vari ateismi. Ora quasi tutti i "misticismi" religiosi e/o filosofici propongono l'esistenza dell'Incondizionato, a parte forse certe scuole buddiste che propongono l'equazione "Nirvana=Nulla". Di certo ovviamente ci sono scuole come l'epicureanesimo, l'atomismo di Leucippo-Democrito e il moderno materialismo che negano l'esistenza di qualcosa di Incondizionato. Ma davvero se vogliamo vedere una prospettiva più grande della nostra vita possiamo veramente accontentarci?

Vedi: osserva il mondo, appunto senza nessuna "Realtà Suprema", senza nessun Nirvana (non inteso come Nulla), senza nessun Tao... Leoni che sbranano gazzelle per necessità, cuccioli di gazzella che perdono la loro madre perchè la madre leonessa doveva sfamare i suoi cuccioli. Questo nel regno animale. Nel regno umano: continuiamo a edificare palazzi, città, andiamo avanti con la tecnologia, cerchiamo di controllare il mondo. Continuiamo di generazione in generazione a costruire, scoprire, inventare... Eppure basta uno sbuffo del Sole, un piccolo sasso cosmico che ci colpisce, una malattia nuova formata da esserini che non vediamo neanche, uno sbuffo di un supervulcano per compromettere la nostra sopravvivenza. Ma cosa dico? basta una crisi del nostro sistema finanziario, andiamo in crisi economica, non riusciamo più a sfamare i nostri piccoli e così il ladro diventa il padre (o la madre) di famiglia che è disperato (ammettendo con l'umanità sia abbastanza compassionevole da non suicidarsi in una guerra mondiale). Il materialismo (o meglio "l'ateismo scientifico occidentale") è nichilismo se si trascende lo sguardo dalla prospettiva personale o sociale e ci si apre alla prospettiva cosmica. Non ci vuole molto per vedere quanto la nostra esistenza come umanità, anzi non solo come totalità degli animali e delle persone che popolano questo pianeta, è fragile e destinata un giorno a finire in un modo che si spera essere il meno doloroso possibile. Tutto: scienze, arti, religioni, filosofie, amori, amicizie... ma anche conflitti, guerre, litigi, depressioni, malattie, reati... Tutto svanirà. Tutto un giorno svanirà, tornarà nell'Oblio. Così mi immagino gli ultimi uomini che vedranno la Fine: cosa vedranno? Non penseranno nemmeno che tutto era una sorta di film di una qualche SuperMente, no! Non rimarrà neanche il ricordo. Capiremo che non solo la vita di ogni singolo individuo ma la vita di tutti non era che "Tutto manca di sostanza, e la vita è soltanto una piroetta nel vuoto" (Emil Cioran). Quei poeti giapponesi che hanno scritto "mono no aware" credo che siano tra le persone con cui ho più sintonia: con le cose impermanenti ho un misto di nostalgia, di compassione, di essere incantato da quella bellezza, da quella Vita, da quelle storie. Mono no aware, la comprensione dell'impermanenza e la malinconia per tutto questo continuo scorrere.



https://it.wikipedia.org/wiki/Mono_no_aware


E poi visto che non abbiamo il controllo e visto che la nostra felicità dipende da cose che non possiamo in ultima analisi controllare: cosa diremo alle nostre future generazioni? Guardate: benvenuti su questo mondo privo di sostanzialità, soggetto alla morte e al conflitto, al Conflitto che un filosofo (secondo me delirante) ha definito "padre di tutte le cose" (e quando si studia un po' di Darwinismo non si può che dargli ragione). Ecco, benvenuti in questo campo di battaglia, noi ci proteggiamo così con la nostra tecnologia, con le nostre illusioni, con il tentativo di colmare la nostra insoddisfazione... E poi cosa diranno in futuro? Lo stesso! Ecco il problema dell'ateismo scientifico moderno! L'Uomo ha anche una prospettiva Eterna e con essa si misura ma oggi cerchiamo in tutti i modi di negarlo... Questo secondo me!

Altri che rispetto invece non vedono tutto questo come un problema... C'est la vie

Dimenticavo: "La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)" (Schopenhauer) - (credo che anche Sariputra sia d''accordo con questa particolare citazione del controverso filosofo di Danzica)

P.S. Forse baylham volevi dire che il mio post non era una riflessione riguardante un'esperienza strettamente personale (è una supposizione, se non è vero ignora). In un certo senso è corretto, ma personalmente devo dire che anche la visione "filosofica" del mondo è parte molto integrante della mia esperienza personale :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Quello di baylham può essere considerato secondo me un avvertimento, più importante di quanto sembri.

L'insoddisfazione, la noia, la sofferenza, possono essere considerate metafisicamente inconfutabili: del bene si può dubitare, ma, se proviamo a dubitare del male, esso non tarderà ad imporre la sua realtà. Possiamo dubitare del male da un punto di vista teorico, astratto, ma esso non tarderà a prendersi una rivincita irresistibile sull'esperienza concreta, riuscendo a mettere in crisi anche il più accanito degli stoici, colpendo la sua carne e la sua mente. Questo mi porta a concludere che il male è la realtà metafisica, il male è l'universalizzazione.

La risposta è quella che trovo contenuta in quello che considero un importante avvertimento di baylham: lasciar perdere gli assolutismi e rivolgere l'attenzione al particolare, alle storicità, che in realtà sono universi per certi versi più infiniti dell'infinito universale a cui siamo soliti pensare. Questa secondo me è la migliore via che abbiamo per trovare risposte che abbiano qualche validità contro gli inconvenienti e i drammi dell'assolutizzare. È quello che ho sostenuto nel mio ultimo video, a cui mi sono già riferito in un altro contesto.

Sariputra

#7
cit.da Apeiron:
Dimenticavo: "La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)" (Schopenhauer) - (credo che anche Sariputra sia d''accordo con questa particolare citazione del controverso filosofo di Danzica)

E' così, Apeiron! Anch'io, se osservo il dolore , le difficoltà, l'impermanenza e la tragicità delle vite umane provo una grande compassione  e quel senso di mono-no-aware delle cose che così bene e poeticamente descrivi. Ma d'altro canto, se osservo le umane vicissitudini con l'occhio distaccato, non posso fare a meno di trovarle ...esilaranti! Labile è il confine tra la tragicità e il grottesco delle nostre esistenze che ci rende proprio dei  "goffi tipi da commedia" ( confesso...ma che resti tra noi s'intende...che provo netta quest'impressione riflettendomi nel grande specchio barocco che riempie una parete di Villa Sariputra...e allora mi esercito in smorfie e boccacce da buffone).
Al soddisfatto Baylham vorrei applicare, se fosse possibile e se esistesse, l'insoddisfanometro per verificare , come con quegli aggeggi che chiamano "macchine della verità", l'autentico grado di soddisfazione raggiunta e...se ha detto la verità  ;D ( scherzo, ovviamente ma...facile a dire o scrivere che siamo soddisfatti della vita...difficile convincere veramente il nostro cuore...tant'è che io, onestamente , devo dire che, in vita mia, non ne ho ancora incontrato nessuno che lo fosse realmente... :( ).
L'equazione fede nel trascendente=soddisfazione opposta ad ateismo=insoddisfazione l'ho già rigettata quando, nell'apertura della discussione, ho parlato di sacerdoti e monaci insoddisfatti. Nello stesso tempo sono da rigettare le equazioni fede nel trascendente=insoddisfazione e ateismo=soddisfazione. L'insoddisfazione, a mio parere, ha radici ben più profonde delle convinzioni che ci costruiamo  ed è legata a quella "sete d'esistere" ( tanha) sotterranea che ci sferza in continuazione e che si manifesta nel desiderare e nell'attaccamento continuo alle persone e alle cose.

P.S. Leggo adesso l'ultimo post di Angelo Cannata e devo dire che non era mia intenzione fare dell'insoddisfazione un assoluto. Nonostante non abbia pregiudizi verso qualcosa di "assoluto" ovviamente...
E' come se , discutendo del comportamento dei cani, riflettessimo sul fatto che tutti scodinzolano e ci domandassimo il perché. Similmente volevo "provocare" una riflessione sul perché gli esseri umani appaiano sempre così "agitati" e insoddisfatti della loro vita... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

#8
Accetto i consigli di baylham e Cannata (però secondo me nuovamente il materialismo umanistico-scientifico moderno non vuole aprire gli occhi sulla dimensione "cosmica"... proprio per evitare le crisi esistenziali. Un ateo come Nietzsche metteva in guardia anche di questo...). Però a livello "filosofico" non posso che concordare con quanto dice Sariputra. Tanha d'altronde è proprio molto profonda, spesso non ce ne accorgiamo e diciamo di non esserne presi, ma più indago me stesso più mi accorgo che è pervasiva. D'altronde qua sul forum parliamo di cose che provocano, che possono essere scomode, che possono sconvolgere la vita ecc. Altrimenti diventa anche questo una commediata.

In ogni caso in questi giorni sono preso da due tipi di euforia (sì e scrivo di essere "triste"). Una euforia (mi viene per brevissimi momenti - massimo minuti - da un qualche mesi) è se vogliamo filosofica e deriva dalla vacuità: a volte mi sento come se avessi realizzato di non possedere niente, di non avere nulla di "mio". Questo sembra un altro assoluto e in verità da un senso di libertà incredibile: non avendo il controllo su niente sono al settimo cielo perchè non sono schiavo delle cose o degli esseri senzienti e allo stesso tempo capisco che "non avere niente" significa non imporsi su niente e lasciare liberi gli altri (sì un po' di fede dell'Incondizionato ce l'ho: d'altronde se uno non può raggiungerla con i propri sforzi, forse basta domare tanha, la sete, e si "percepisce" l'Incondizionato). L'altra euforia (mi è partita pochi giorni fa) in verità è uno stato quasi d'esaltazione, "ipomaniaco" (curiosamente ciò dovrebbe portarmi all'insonnia ma dormo come un neonato): pensieri a raffica che vanno a mille, auto-esaltazione (che cerco di ignorare e di trattenere con la meditazione), vedo connessioni tra scritti di saggezza (es tra Chaung-Tzu, Buddha, Socrate ecc) che forse non esistono, cammino avanti e indietro per la cosa con gioia, scrivo pagine e pagine di riflessioni personali (riesco a scrivere 3 pagine al PC all'ora a volte) di argomento filosofico, mi sembra di avere "intuizioni" che altri non hanno, mi è tornata la motivazione nello studio, lo stesso mangiare adesso è diventato un piacere che non vedo come "scontato" ma quasi come un "dono" ecc ecc - mi sento a momenti o libero e vuoto come l'aria oppure creativo e "potente". Ma allo stesso tempo ho pensieri intrusivi irrazionali che i "sbattono a terra": penso a cosa potrà succedermi dopo la morte, scrupolosità, mi sento minacciato, ho paura di impazzire ecc. Ovviamente tutto questo è irrazionale (ogni giorno mi auto-analizzo razionalmente per evitare di cadere negli estremi di "depressione" o "mania" o "panico"): la gioia che ho, di entrambi i tipi, è irrazionale perchè non sono un Realizzato, so benissimo che basta che domani mi venga un mal di testa violento e torno nel dolore e nell'avversione. So benissimo che se uno mi offende ci rimango male e resto pervaso dall'odio. Quindi sì la "crisi esistenziale" di cui parlo NON mi rende un depresso cronico (in questi giorni nella maggior parte del tempo sono probabilmente la creatura meno depressa del mondo  ;D ) ma è una diagnosi secondo me razionale di quello che avviene nel mondo, che ci piaccia o no e che secondo me deve essere affrontata nel modo giusto, anche per evitare l'auto-esaltazione di cui parlo. Ma non essendo realizzato in profundis so di essere insoddisfatto perchè queste mie "gioie" ed euforie dipendono da condizioni. Quando queste condizioni cessano, cessa anche la mia gioia. Idem per quella di altre persone... Tutto ciò ha, come giustamente Schoppy afferma, qualcosa di tragico e comico...

Quindi secondo me il buddismo ha ragione. Cercare solo gioie condizionate (ossia avere gioie che dipendono da altro) secondo me è mettere la vita e il nostro benessere alla mercé del Caso. Concordo poi col Sari quando dice che sono errate entrambe le equazioni (e chi può dirlo magari un Realizzato può essere anche un "ateo materialista"  8) , d'altronde la filosofia (o la religione) personale su questo punto di vista a volte dice poco).

P.S. Nemmeno Leopardi (!) era triste sempre: l'Infinito mi sembra una poesia che nasce dall'Estasi e non le era quando era innamorato di Silvia o Fanny. Ma questi momenti di gioia non li hanno impedito di sviluppare una filosofia "pessimista". Idem vale per lo stesso Schopenhauer. Per Angelo: nemmeno Schoppy diceva che "tutto è male". Anche per lui con l'arte, la compassione e con la "noluntas" (che ricorda l'assenza di tanha) si può essere "gioiosi" o addirittura "liberi". Nemmeno io dico che "tutto è male". Anzi ho come l'intuizione che l'Incondizionato ci sia e sia tipo "lo stato naturale" ma non posso provarlo ma posso solo constatare quanto noi siamo lontani da questo "stato".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra


cit.da Apeiron:P.S. Nemmeno Leopardi (!) era triste sempre: l'Infinito mi sembra una poesia che nasce dall'Estasi e non le era quando era innamorato di Silvia o Fanny. Ma questi momenti di gioia non li hanno impedito di sviluppare una filosofia "pessimista". Idem vale per lo stesso Schopenhauer. Per Angelo: nemmeno Schoppy diceva che "tutto è male". Anche per lui con l'arte, la compassione e con la "noluntas" (che ricorda l'assenza di tanha) si può essere "gioiosi" o addirittura "liberi". Nemmeno io dico che "tutto è male". Anzi ho come l'intuizione che l'Incondizionato ci sia e sia tipo "lo stato naturale" ma non posso provarlo ma posso solo constatare quanto noi siamo lontani da questo "stato".


L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio.

Se non è un'esperienza estatica messa in poesia questa...
Ma la difficoltà  della mente e il suo attaccamento si manifestano quando, mentre siamo presi con tutto noi stessi da questo rapimento, da questa profona riflessione che ci riempie l'animo...ecco! Nostra madre ci ordina di andare a spazzare le foglie secche che il vento ha deposto nel giardino. Ma come!...Sto riflettendo e assaporando l'incondizionato; sento questa profonda intuizione...mi sento così spirituale e...devo andare a spazzare le foglie...Nooo! Ecco la frustrazione e subito l'insoddisfazione! Ma perché devo fare una cosa così banale? Sto scrivendo pagine e pagine di riflessioni...non posso adesso...aaaahh, come mi sento insoddisfatto!...Ecco subito l'avversione. Se coltiviamo la presenza mentale però possiamo imparare da questa insoddisfazione; possiamo vedere come l'istintiva  tendenza della mente ad aggrapparsi a tutto sia all'opera anche mentre stiamo riflettendo sull'attaccamento della mente alle cose, pensando di essercene liberati per qualche momento...così finiamo per aggrapparci e attaccarci pure al "tra questa immensità s'annega il pensier mio".
Riusciamo invece a vedere la profonda bellezza dello "spazzare le foglie secche nel giardino"?  :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

baylham

La prospettiva, dimensione cosmica? Esiste qualcuno o qualcosa che sia in grado di cancellare gli eterni momenti di gioia, o di dolore, vissuti?

Non sono né scientista materialista, né nichilista. Sono ateo perché ho compreso che l'assoluto, dio, il nirvana, il nulla, l'essere, la materia, lo spirito, l'uno non esistono. La mia stessa esistenza è la negazione di questi assoluti. Ho capito che sono una parte che mai potrà conoscere o controllare il tutto, che di per sé non esiste. Niente può togliermi la soddisfazione di questo raggiungimento.

Non mi ritrovo nelle filosofie di Schopenhauer, Cioran o Budda. Del buddismo apprezzo proprio l'ìmpermanenza, purché sia coerente sino in fondo, permanente, senza eccezioni per il dolore, il nirvana o il vuoto.

Non c'è bisogno del soddisfattometro per misurare il mio grado di soddisfazione quotidiano: oscilla in modo irregolare (la fortuna, o sfortuna, il caso, è importante), ma è normalmente positivo. Evito di pormi fini impossibili, godo i piaceri della vita e sopporto dignitosamente i dispiaceri che capitano. Non credo che per gli altri uomini sia così tanto diverso, l'infrastruttura, la biologia, è simile.

Phil

Citazione di: baylham il 28 Luglio 2017, 18:04:04 PMEvito di pormi fini impossibili, godo i piaceri della vita e sopporto dignitosamente i dispiaceri che capitano
Ricetta "eudemonologica" saggia e condivisibile... dentro la domanda "perché non siamo soddisfatti?" c'è la meta-domanda "che cosa dobbiamo/vogliamo soddisfare? Bisogni oppure sogni?", domanda che apre la prospettiva della (auto)responsabilità, individuale e scevra da ogni fatalismo, e che chiama in causa l'(auto)educazione esistenziale: rincorro le ombre, ma sono davvero costretto a farlo? Dare la colpa alla società, ai tempi e agli altri, dipingersi come vittime impotenti, non è forse un modo per assolversi e (re)stare al gioco (masochistico)? Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Giustamente baylham osserva che ci sono oscillazioni, "giornate nere" e "giornate di grazia", ma ciò non implica che il bilancio (sempre provvisorio) non possa per qualcuno essere positivo (senza che egli sia uno sceicco fortunato sia al gioco che in amore ;D).
Forse più che "allenarsi" a cambiare spesso cellulare/auto/fidanzata/obiettivi/mèta-delle-vacanze/etc. , conviene "insegnarsi" a cambiare punto di vista, per saper intravvedere la soddisfazione che soggiace in molte delle (auto)indotte insoddisfazioni ;)

Sariputra

Mi sembra che siamo esseri che parlano un linguaggio diverso e, per molti aspetti, incomprensibile uno all'altro ;D . Intanto stiamo parlando dello stato di insoddisfazione che spinge continuamente l'uomo a cercare qualcos'altro che lo soddisfi. Non stiamo certo parlando di  "di cancellare gli eterni momenti di gioia, o di dolore, vissuti".  Quindi la gioia e il dolore sono sempre presenti, sono la nostra condizione esistenziale corrente, ma l'insoddisfazione è qualcos'altro ed ha a che fare con la nostra errata concezione del mondo che ci spinge ad afferrarci alle cose ritenendo che possano darci felicità duratura. Pertanto le "giornate nere" e "quelle di grazia" si rincorrono ma noi ci identifichiamo con lo stato d'animo che vive questi momenti, ossia riteniamo che "siamo noi" che viviamo giornate nere e di grazia, che c'è "qualcuno" che si ritiene soddisfatto o insoddisfatto dalla vita.

Cit.Phil:
Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Io sono convinto che, sì, l'assioma non conceda eccezioni finchè ci si identifica con gli stati d'animo della soddisfazione e dell'insoddisfazione e sono addirittura convinto che quelli che sostengono di essere soddisfatti dalla vita ( e sono volutamente provocatorio...) mentono a se stessi per paura di confrontarsi con la propria insoddisfazione ( questo mette in discussione molte cose ovviamente...). Anzi, ancor più provocatorio perché fa caldo e quindi...,  ritengo che non sia "normale" sentirsi soddisfatti della propria vita  :) . "Normale" è sentirsi insoddisfatti perchè è la natura stessa dell'esistenza condizionata, a mio parere, é la "fame" stessa di questa natura, che chiede sempre di più.

Cit.Baylham
Del buddismo apprezzo proprio l'ìmpermanenza, purché sia coerente sino in fondo, permanente, senza eccezioni per il dolore, il nirvana o il vuoto. 

Per il buddhismo tutto ciò che ha origine dipendente è impermanente ( quindi anche il dolore). Il Nirvana, essendo uno stato che non ha origine dipendente non può giocoforza essere impermanente. Il vuoto è la natura stessa di tutte le cose che hanno origine dipendente, secondo questa concezione.

Cit.baylham
Evito di pormi fini impossibili

Perché impossibili? E' possibile liberarsi dagli stati di insoddisfazione, non richiede particolare intelligenza, non serve essere filosofi, è alla portata di tutti. Certo bisogna volerlo e aver fede che sia possibile ... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
Cit.Phil:
Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Io sono convinto che, sì, l'assioma non conceda eccezioni finchè ci si identifica con gli stati d'animo della soddisfazione e dell'insoddisfazione
Eppure, proprio se ci si identifica con lo stato d'animo della soddisfazione si è già nell'eccezione all'insoddisfazione perenne  ;)
Certo, se si è convinti che quell'assioma non abbia casi anomali/anormali, concluderemo che
Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
che quelli che sostengono di essere soddisfatti dalla vita ( e sono volutamente provocatorio...) mentono a se stessi per paura di confrontarsi con la propria insoddisfazione ( questo mette in discussione molte cose ovviamente...).
tuttavia, per smascherarli, basterebbe guardare la vita pratica di questi sedicenti soddisfatti: fanno una fila di ore per acquistare l'ultimo modello di Iphone, pur avendo già in tasca il penultimo modello ancora in garanzia e perfettamente funzionante? Allora forse stanno bluffando... se invece non hanno davvero comportamenti che tradiscono insoddisfazione, allora... vuoi vedere che sono davvero soddisfatti di quello che hanno/sono (pur non avendo rinunciato al concetto di Io o Sé ;) )?

Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
Anzi, ancor più provocatorio perché fa caldo e quindi...,  ritengo che non sia "normale" sentirsi soddisfatti della propria vita  :) . "Normale" è sentirsi insoddisfatti perchè è la natura stessa dell'esistenza condizionata, a mio parere, é la "fame" stessa di questa natura, che chiede sempre di più.
Certo, tale natura è istintiva e ce l'abbiamo "di fabbrica", ma non per questo è immodificabile... parlavo non a caso di (auto)educazione: così come l'istinto ci farebbe saltare addosso ad ogni donzella appetibile, ma invece ci educhiamo ad addomesticare i nostri guizzi ormonali per non assalire ogni gonnella come un leone farebbe con una gazzella nella savana, parimenti l'insoddisfazione capricciosa di fondo può ben essere "riprogrammata" verso un punto di vista meno avido e volubile... che questa "riprogrammazione" ci renda freddi robot? Non sarei così drastico, anche perché non mi risulta sia possibile alienarsi a tal punto dalla propria natura... si corre invece il rischio di ritrovarsi maledettamente soddisfatti della propria vita (e persino soddisfatti di esserlo!)  ;D 

P.s.
L'etimologia di "soddisfazione" è "aver fatto abbastanza": quanto più esuliamo dai bisogni primari, tanto più la quantità che corrisponde a tale "abbastanza" spesso siamo proprio noi a deciderla (più o meno "gregariamente"); purtroppo non ce ne rendiamo sempre conto...

doxa

Nel topic riguardante la "noia endogena" ho fra l'altro scritto  che può essere causata anche dall'insoddisfazione. Questo sostantivo allude alle frustrazioni derivanti dai progetti o desideri irrealizzati, dalla spiacevole vita soggettiva, dal non sentirsi amati, dal non sentirsi realizzati professionalmente, ecc..

L'insoddisfazione temporanea colpisce tutti, è "normale". Può motivare alla reazione per tentare di raggiungere la soddisfazione. 

Gli errori commessi servono anche per imparare ad elaborare azioni o scelte più efficaci. Se l'insoddisfazione persiste può indurre la depressione oppure all'abuso di alcol o sostanze stupefacenti. 

Ci sono persone che non riescono ad essere contente, anche se hanno la vita ricca di avvenimenti e risultati. Può dipendere dal contrasto tra l'io ideale e la persona reale, che induce a "non accettarsi" per quel che si è. 

Dietro l'insoddisfazione ci potrebbe essere pure la cosiddetta "ferita dei non amati", che incide durante l'infanzia o l'adolescenza, periodi cruciali dal punto di vista psicologico, perché determinano una parte importante del destino del soggetto. 

A volte per vincere l'insoddisfazione è utile pensare al proprio passato per ricordare la strada percorsa per giungere dove si è nella vita, senza dimenticare le cose realizzate, senza paragonarsi agli altri, senza invidiare chi ha successo, anche se l'invidia, nella giusta misura, spinge all'emulazione, serve per avere ambizione.