Il senso della vita annullato dalla morte

Aperto da Elia, 14 Maggio 2018, 15:02:11 PM

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Angelo Cannata

Si potrebbe anche tener presente che il bisogno di senso, più che un'esigenza intellettuale, è in realtà un'esigenza pratica: corrisponde al bisogno di un sottofondo implicito, nascosto, che faccia da riferimento organizzativo a tutti i nostri pensieri, anche i più banali.

Ad esempio, anche quando vado a fare la spesa e la mia mente va a pensare alle cose da acquistare, in realtà c'è un sottofondo implicito di riferimento: a cosa mi servirà fare la spesa? A vivere. A cosa mi servirà vivere? Ed ecco il bisogno di senso che sta sempre in sottofondo.

Considerando le cose in questa maniera, però, si comprende che, per avere un riferimento di fondo alle nostre azioni e soprattutto ai nostri pensieri, non è necessario che questo ruolo debba essere assolto da qualcosa che funga da senso, da significato dell'esistenza. Se il problema è l'organizzazione di riferimento di fondo dei nostri pensieri, essi possono benissimo far riferimento ad altro che non abbia propriamente le caratteristiche di ciò che tradizionalmente concepiamo come "senso".

Un problema connesso a qualsiasi cosa che assumiamo come senso è che avrà comunque il difetto di essere qualcosa di troppo statico, che come tale prima o poi farà il suo tempo, mostrerà la sua inadeguatezza. Questo problema viene risolto in certi contesti religiosi facendo riferimento a realtà dinamiche, come per esempio Dio. In questo modo si può notare che il bisogno di dinamica viene ad essere realizzato in maniera talmente profonda che alla fine nasce la domanda se si stia davvero ancora seguendo la religione originaria. È così che nasce in tutte le religioni la tensione tra modernisti e tradizionalisti.

Personalmente, da diversi anni, ho adottato come riferimento il camminare, il cui frutto essenziale è la spiritualità. Il camminare può essere considerato un senso, ma in realtà è troppo dinamico per poter ricevere questa connotazione: infatti il camminare è talmente dinamico da essere in continuazione anche critica totale di sé stesso. Questa critica non viene a risultare distruttiva, perché nell'esperienza concreta la critica del camminare viene a risolversi in un camminare sempre migliore, che fa tesoro della critica del camminare precedente; non trattandosi di una religione, non c'è il problema di mantenersi fedeli a qualcosa di originario, cosicché ogni progresso nel camminare può permettersi di demolire totalmente tutti i riferimenti del camminare precedente.

Come sostituto di ciò che altri cercano nel tradizionale "senso" lo trovo più che valido.

Quindi, quando vado a fare la spesa e in sottofondo, senza che io ne sia del tutto consapevole, la mia mente s'interroga sulle ragioni ultime di ciò che sto facendo, mi rispondo: "Per portare avanti il mio camminare".

Quando la sofferenza e la morte mi tolgono la pace e il respiro, mi curo di soffrire e morire camminando. Si soffre e si muore lo stesso, come prima, ma senza l'ossessione della mancanza di senso; piuttosto, quando il camminare è diventato un'abitudine, ti accorgi, prima, durante, o poi, che, anche mentre soffri da morire e non riesci a pensare a niente, in realtà stai continuando a camminare lo stesso, perché ormai ti sei abituato a non fare altro che questo, sia quando ci pensi che quando la mente sogna o vaga liberamente su qualsiasi altra cosa.

Da questo punto vista la canzone di Vasco Rossi mi viene a risultare troppo indefinita, vaga, vuota: si tratta di un vivere alla giornata senza alcun entusiasmo, senza speranza di scoprire o inventare cose nuove, senza interesse; mi sembra il risultato di un modo di pensare che tutto sommato è ancora schiavo della filosofia greca, insomma, è la solita mentalità occidentale che si rivolta su sé stessa, ma rimane impantanata, proprio in sé stessa.

InVerno

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Maggio 2018, 08:10:55 AM
Non è strano che siate così pronti ad asservire il valore della vita al senso? Perché dovrebbe essere il senso a regnare sulla vita, ad essere padrone della vita, cosicché in mancanza di senso siete pronti a disprezzare la vita con tutto il cuore? Perché dovremmo essere schiavi del senso, che motivo c'è? Stasera mi chiederò che senso ha mangiare e se non troverò un senso non mangerò? Mi chiederò che senso ha amare la moglie, il marito, i figli, e se non troverò un senso non amerò?

Siete sicuri che avere un senso sia un fatto favorevole alle cose o alla vita?

Personalmente mi è rimasta impressa un'intervista lampo che moltissimi anni fa fecero in TV ad Alberto Moravia, mentre stava scendendo dalla macchina, considero la sua risposta estremamente educativa per imparare a mettere in questione le domande che ci poniamo. Mi dispiace solo di non essere più riuscito a trovare da nessuna parte quest'intervista. Gli chiesero secondo lui che senso avesse la vita. Rispose, più o meno: "Con tutti mali che già nella vita ci sono, ci mancherebbe solo di aggiungere anche quest'altro, che debba avere un senso".
Io sono abbastanza sicuro (ma non ho fatto "prove" esaustive di tutte le possibilità) che se dividiamo in due gruppi le cose:
a) quelle di cui conosciamo il senso, o comunque riusciamo a rispondere "facilmente" con un "parere di senso" (es. automobile -> trasportare uomini)
b) quelle per cui non conosciamo il senso, o comunque per le quali le risposte sono insoddisfacenti sistematicamente (es. montagna -> senso ???)
Nel gruppo A ricadono quasi sempre cose artificiali o comunque di servizio all'uomo, nel gruppo b tutto il resto.
Ovvero il senso della vita può essere inteso solamente se si intende la vita come qualcosa a servizio all'uomo, o ancora meglio, la risposta di senso alla vita è di servizio a chi se la da, a confermare un proprio paradigma..senza servizio (e servitù) il senso rimane celato.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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