Il mistero del "Passo di Dyatlov"

Aperto da Eutidemo, 07 Luglio 2021, 14:25:11 PM

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Eutidemo

                                                   PREMESSA
Il caso del "Passo di Dyatlov", che ha preso il nome da uno di quegli sventurati che ci hanno lasciato la pelle (in realtà avvenne sul versante orientale del monte Cholatčachl, negli Urali settentrionali), è molto più complicato di quello di Elisa Lan.
E, questo, soprattutto perchè:
- è ormai passato troppo tempo dal 1959;
- all'epoca le tecniche di indagine, soprattutto quelle autoptiche, erano alquanto rozze (soprattutto in Russia);
- le autorità sovietiche erano maestre nell'avvolgere  in fitte cortine fumogene gli eventi spiacevoli che accadevano da quelle parti (e nel confondere le acque per chi volesse indagare al riguardo).
- dopo il crollo dell'URSS, quando la vicenda potè tornare sotto la piena luce dei riflettori, molti particolari vennero eccessivamente enfatizzati o distorti per rendere più appetibile la storia al pubblico occidentale (soprattutto quello composto da "complottisti", "ufologi", e "paranormalisti").
***
Comunque, effettivamente, la vicenda presenta tanti e tali dettagli strani e singolari (ammesso che siano tutti veri), che, secondo me, volerli spiegare e far combaciare tutti, è quasi impossibile!
Per cui, pur non avendo io la benchè minima pretesa di avere la soluzione dell'enigma, vorrei però prospettarvi una mia personale "ipotesi" di lavoro, che vale quanto (e forse molto meno) di tante altre teorie al riguardo.
Però, anche in questo caso, ci ho messo un "briciolo" di esperienza personale, sebbene molto marginale; il che mi ha indotto ad inserire il presente topic in questo settore.

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                                                                  I FATTI
A fine gennaio del 1959, dieci giovani decisero di recarsi fino a Vizhai, nella provincia settentrionale di Sverdlovsk, negli Urali del Nord, per cimentarsi nella salita del monte Otorten.
La squadra di escursionisti, era composta:
- dal capospedizione Igor Alekseevič Djatlov (dal quale prese poi nome il passo);
- dal maestro di sci Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv;
- da tre ingegneri nuclerari: Rustem Vladimirovič Slobodin, Jurij Alekseevič Krivoniščenko, Nikolaj Vasil'evič Thibeaux–Brignolles;
- da cinque studenti: Jurij Nikolaevič Dorošenko, Zinaida Alekseevna Kolmogorova, Ljudmila Aleksandrovna Dubinina, Aleksandr Sergeevič Kolevatov, Jurij Efimovič Judin.
Di tutti costoro si salvò solo quest'ultimo, in quanto all'ultimo momento, rinunciò all'impresa.
Gli altri morirono tutti, dal primo all'ultimo, in circostanze alquanto misteriose.
***
La squadra, ridotta a nove (dei "dieci indiani"), iniziò la scalata il 27 gennaio e per cinque giorni procedette in fila indiana, fino a raggiungere, il primo febbraio,  il cosiddetto "Passo Dyatlov"; dove, come risulta anche dai loro diari, era previsto che si accampassero sulle pendici meridionali della montagna.
Però, sempre stando ai loro diari, una terribile tempesta di neve li indusse, alla fine, a posizionare il campo verso Ovest ai piedi del monte Cholatčachl; laddove piantarono la loro tenda.
***
Quasi tutti coloro che trattano la vicenda, per fare maggior sensazione, traducono "Cholatčachl'" con "Montagna dei Morti" ovvero "Montagna della Morte" conferendo così al luogo una fama sinistra;  però, in effetti, il vero nome sarebbe "Cholat Sjachyl", che, in lingua russa, vuol dire semplicemente "Montagna Morta" (Холатчахль o Холат-Сяхыл), nel senso che è un luogo completamente deserto.
Ma di questo non sono sicuro, perchè si tratta di un russo contaminato dalla lingua "Mansi"; costoro costuiscono un primitivo gruppo etnico indigeno della Russia, che parla una lingua appartenente al sottogruppo "obugrico" della famiglia linguistica uralica.
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Ma, tornando alla nostra vicenda, l'errore dei nove giovani fu di installare la tenda, alle ore 17 del pomeriggio, sopra un pendio ghiacciato e non nel bosco, che distava poche centinaia di metri; laddove certamente avrebbero trovato un maggior riparo dalle intemperie.
Non si capisce proprio come il capospedizione Igor Alekseevič Djatlov abbia potuto consentire al gruppo una simile sciocchezza!
***
Altra sciocchezza commessa, fu che non si erano portati dietro una radio ad onde corte, per non appesantire il loro bagaglio; in tal modo, però, si trovarono completamente isolati, e impossibilitati a chiedere soccorso.
Fino al giorno di San Valentino, nessuno si preoccupò, perchè Djatlov, aveva detto ai familiari che li avrebbe contattati con un telegramma per avvisarli del loro rientro nei giorni tra il 10 e il 14 febbraio; non prima di tale data.
Però, visto che tale messaggio non arrivò mai,  i genitori dei nove giovani  decisero di avvisare le autorità della scomparsa dei loro figli; per cui,  il 20 febbraio una numerosa squadra composta da polizia, esercito, studenti e insegnati del Politecnico si mosse verso gli Urali con la speranza di poter trovare in vita almeno qualcuno degli escursionisti.
Quando il tempo lo consentì (non prima), si ricorse anche all'intervento di elicotteri ed aerei oltre alle squadre di terra; ma le prime tracce del gruppo furono rinvenute solo il 26 febbraio.
- una tenda vuota, in parte lacerata con un coltello;
- le impronte di tutti e nove, che, in fila indiana, dalla tenda si dirigevano verso il bosco (nessuna altra impronta, umana, animale, o extraterrestre).
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Le impronte nella neve proseguivano per circa cinquecento metri, per finire, come prima tappa, sotto a un grande albero; dove i soccorritori trovarono le tracce di un fuoco e i corpi di Jurij Nikolaevič Dorošenko e Jurij Alekseevič Krivoniščenko, morti per ipotermia, e che indossavano solamente la biancheria intima.
Al riguardo, dai resoconti a cui ho avuto modo di accedere, non è chiaro se i loro abiti fossero deposti vicino ai corpi, oppure no; ma questo è un punto che esamineremo più avanti.
***
I corpi di Igor Alekseevič Djatlov, Zinaida Alekseevna Kolmogorova, Rustem Vladimirovič Slobodin furono ritrovati poco dopo nello spazio compreso tra l'albero e il campo base; come se stessero cercando di tornare indietro.
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I corpi di Nikolaj Vasil'evič Thibeaux-Brignolles, Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv, Ljudmila Aleksandrovna Dubinina e Aleksandr Sergeevič Kolevatov furono ritrovati molto più tardi, sotto due metri di neve in un burrone all'interno del bosco, nel quale erano evidentemente precipitati; ovvero in cui avevano disperatamente cercato di trovare rifugio, e parte del quale era poi crollato loro addosso.
Il ritrovamento dei corpi fu più arduo, perchè, a causa della tempesta di vento, le impronte lasciate dai fuggiaschi nel bosco erano state in gran parte ricoperte dalla neve scrollata dai rami.
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Questi ultimi quattro ritrovamenti, a differenza dei primi in cui era quasi certa la morte per ipotermia (nonostante Slobodin avesse una leggera frattura cranica), mostravano gravi lesioni interne con costole spezzate, gravi fratture craniche e, addirittura;  Vasil'evič fu trovata senza lingua con una parte di mascella ed entrambi gli occhi mancanti.
Ma anche questo è un punto che esamineremo e cercheremo di spiegare più avanti.
***
Alcuni degli indumenti recuperati presentavano un elevato livello di radioattività; ma anche questo è un punto che esamineremo e cercheremo di spiegare più avanti.

                                                                     SEGUE

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                                          INTERPRETAZIONE DEI FATTI
Al riguardo, secondo me occorre in primo luogo focalizzare l'attenzione sui tre "step" principali della triste vicenda; i quali, secondo me,  non sono sempre stati analizzati con la necessaria ponderazione.
1)
I nove giovani, per raggiungere il luogo dove poi piantarono la tenda, utilizzarono una tecnica abbastanza comune in montagna:  procedettero in fila indiana con un uomo che batteva il terreno (o meglio, la neve), prima dell'avanzata degli altri.
2)
Una volta nella tenda, dopo qualche tempo, accadde qualcosa che li spinse a fuggirne via in tutta fretta, ma non dal sua regolare apertura, bensì aprendo un varco in una parete con il coltello; e lo fecero con tanta urgenza, che alcuni di loro non fecero neanche in tempo a infilarsi gli scarponi, e, così, uscirono nella neve addirittura a piedi nudi (o meglio, soltanto con i calzettoni), o, secondo alcune ricostruzioni, persino in mutande.
3)
Una volta usciti dalla tenda, però non fuggirono affatto via in "ordine sparso", come sarebbe stato naturale nel  caso di un'"aggressione" da parte di qualcuno, bensì si incamminarono in fila indiana, in direzione del bosco; peraltro, dalle impronte che ho visto in fotografia, a me non sembra neanche che corressero (anche perchè correre in fila indiana è un po' difficile).
***
Secondo alcune teorie, invece, i nove giovani sarebbero stati aggrediti e poi uccisi:
- dai membri di una tribù di Mansi che aveva il villaggio nelle vicinanze;
- oppure da alcuni delinquenti evasi da un Gulag distante un centinaio di chilometri;
- oppure da militari sovietici, che avevano una base non troppo distante.
***
Tutte e tre le ipotesi, secondo me, non hanno il benchè minimo fondamento, in quanto non sono suffragate da alcuna prova o indizio circostanziale; salvo, forse, il ritrovamento nella tenda di una sciarpa militare, la quale, però, poteva benissimo appartenere ad una delle vittime (non era raro che ciò accadesse).
***
Secondo me, invece:
a)
Sussistono "prove negative" che escludono una aggressione da parte di "chicchessia"; orsi e Yeti compresi!
Ed infatti, se così fosse stato, nella neve, oltre a quelle delle vittime, si sarebbero dovute trovare anche le impronte degli aggressori; le quali impronte, invece, risultarono del tutto assenti.
Peraltro, se ci fossero state, sarebbe stato impossibile cancellarle, perchè la neve era troppo alta; ogni impronta, infatti, avrebbe costituito un profondo buco da riempire, scavando necessariamente un altro buco al suo fianco.
b)
L'ipotesi di un attacco dall'aria, per mezzo di un elicottero, è altrettanto da escludere, perchè la bufera non lo avrebbe assolutamente consentito; soprattutto considerando l'arcaicità degli elicotteri dell'epoca.
Inoltre un elicottero non avrebbe mai potuto seguire i fuggiaschi rifugiatisi nel bosco, perchè gli alberi erano troppo alti.
c)
Inoltre i nove ragazzi sono usciti in fretta e furia dalla tenda, evidentemente a causa di un grave pericolo incombente "all'interno" della tenda stessa; ma poi se ne sono allontanati in fila indiana, il che è incompatibile con l'ipotesi di un'aggressione "esterna", perchè, in tal caso, sarebbero fuggiti in ordine sparso (e molto più in fretta).
d)
Allontanandosi in fila indiana, sono morti un po' alla volta lungo il percorso, sei membri del gruppo per ipotermia, mentre gli altri tre per una combinazione di ipotermia e traumi fatali, come meglio spiegato sopra; nel caso di un'aggressione, invece, la "statistica delle cause di morte", e le sue modalità, sarebbero state ben differenti.
***
Secondo me, il principale punto da chiarire è quello b); cioè, per quale motivo sono fuggiti con tale fretta e furia dalla tenda, lacerandone col coltello una parete?
***
Al riguardo ci sono tre teorie:
1)
Sarebbe scoppiato improvvisamente un incendio all'interno della tenda, il quale, essendosi sviluppato davanti alla porta di uscita, avrebbe loro impedito di accedervi.
Tale ipotesi, però, incontra due ostacoli:
- la stufetta portatile è stata trovata ancora imballata;
- non risultano tracce di incendio all'interno della tenda.
Tuttavia il cadavere di Doroshenko presentava  ustioni sul piede destro e la tempia destra, mentre quello di  Krivonischenko aveva ustioni alla gamba sinistra e al piede sinistro, per cui l'ipotesi dell'incendio non si può escludere del tutto; sebbene, visto che non risultanto tracce di incendio all'interno della tenda, è più probabile che si siano bruciati cercando di scaldarsi accanto ad un fuoco di fortuna acceso all'esterno della tenda.
2)
A seguito dell'uso di droghe, qualcuno potrebbe essere impazzito all'interno della tenda, ed avrebbe aggredito gli altri, costringendoli a fuggire; il che risulterebbe avvalorato da alcuni presunti indizi di "rissa" (ad esempio, una delle vittime aveva le nocche della mano destra abrase, come se avesse dato un pugno a qualcuno).
Anche tale ipotesi, però, incontra due ostacoli:
- perchè non sono fuggiti dalla porta?
- perchè non sono fuggiti in ordine sparso (morendo invece, un po' alla volta in fila indiana)?
3)
Sarebbero impazziti tutti, per uso di droghe o per altro motivo, per cui sarebbero irrazionalmente fuggiti da uno squarcio della tenda invece che dalla porta.
Anche tale ipotesi, però, incontra due ostacoli:
- dalle indagini autoptiche non sembra che avessero assunto droghe;
- il loro comportamento una volta usciti dalla tenda risulta essere stato del tutto razionale.
4)
Infine, secondo le teorie dell'aggressione esterna, accorgendosi che qualcuno cercava violentemente di forzare l'entrata, sarebbero tutti fuggiti da uno squarcio nella parete.
Però, come ho detto sopra, l'ipotesi di un'aggressione da parte di esseri umani o animali feroci:
- non risulta comprovata da alcun indizio o prova circostanziale;
- risulta invece smentita dagli indizi e e dalle prove circostanziali  riscontrati sul luogo.

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                                 L'IPOTESI PIU' PLAUSIBILE
Escluse tali ipotesi (sia pure con cauto beneficio d'inventario), che cosa avrebbe quindi spinto i nove giovani a fuggire in tutta fretta dalla tenda, squarciandone una delle pareti?
Secondo me, l'unica altra ipotesi possibile è che fossero stati terrorizzati dal rischio di restarci sepolti dentro, sommersi dalla neve; la quale, probabilmente a causa di una slavina, aveva già occluso irrimediabilmente l'entrata.
Quindi, sondando tattilmente le varie pareti, hanno squarciato l'unica ancora libera dalla neve.
Tra l'altro, almeno basandomi sulla mia esperienza delle "tende militari" in uso ancora nel 1975, la cui cosiddetta "chiusura di sicurezza" era parecchio difficile aprire, non mi stupisce che per uscire in fretta dalla tenda abbiano preferito squarciarne una parete.
***
Una volta usciti dalla tenda, però, come sostenuto da un'altra teoria (che ritengo una della più plausibili):
- non solo si sono trovati a dover cercare un altro rifugio a circa 30 gradi sotto zero, sommariamente vestiti e senza scarpe;
- ma, per giunta, sono stati costretti a farlo sotto la sferza  di un cosiddetto "vento di discesa" proveniente dal crinale, il quale, molto probabilmente, li ha bombardarti non solo con la neve, ma anche con oggetti volanti contundenti di ogni genere e specie (soprattutto rami e pietre).
Secondo me, una volta usciti dalla tenda, il loro destino era comunque segnato!
***
Al riguardo, pur essendo io un "cittadino", esperto di montagna quanto può esserlo una foca, in un'occasione ho però avuto modo di sperimentare di persona (fortunatamente in "versione per bambini") cosa sia un cosiddetto "vento di discesa"; il cui nome mi fu rivelato, per la prima volta nella mia vita, dalla guida che mi accompagnava.
Potete farvene un'idea se, in pianura, avete mai assistito ad una "tromba d'aria"; ci somiglia molto, con la differenza, però, che oggetti di tutti i generi volano "in orizzontale", come proiettili sparati da un cannone impazzito!
L'unico modo saggio di affrontare un vento del genere, è evitare di affrontarlo!
***
Più recentemente, poi, ho scoperto che il "vento di discesa", viene metereologicamente definito "vento catabatico" (dal termine greco katabatikos, che significa "che va in discesa"); ed infatti, è un vento che soffia scendendo da un inclinazione topografica, come una collina, o una montagna, quale, appunto, il versante orientale del monte Cholatčachl.
Questo tipo di vento, particolarmente quando spira su una vasta area, viene talvolta chiamato anche "vento di caduta."
***
Al riguardo, quando si parla del "mistero irrisolto" del  "Passo di Dyatlov" del 1959, non si accenna mai al "mistero risolto" del "Passo di Anaris Mountain" del 1978, nel quale otto escursionisti svedesi restarono uccisi a causa in un "vento catabatico";  la topografia dei  luoghi era molto simile a quella del "Passo di Dyatlov" , e, così, anche le cause e le modalità di morte delle vittime.
In entrambi i casi, gli escursionisti erano in nove, con l'unica differenza che:
- i russi morirono tutti e nove;
- dei nove svedesi, uno si salvò (semiassiderato) e potè quindi raccontare quello che era accaduto.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/7f/94/f7/ME13LCQV_t.jpg
***
Per cui, tenendo conto di tale analogo evento, non è affatto da escludere che anche nel "Passo di Dyatlov", nel 1959,  un improvviso "vento catabatico" abbia reso impossibile rimanere nella tenda; per cui la linea d'azione più razionale era, appunto, che gli escursionisti cercassero riparo dietro il limite del bosco.
Come, appunto, hanno tentato di fare!
In cima alla tenda, c'era anche una torcia lasciata accesa, forse lasciata lì intenzionalmente in modo che gli escursionisti potessero ritrovare la strada per tornare alla tenda una volta che i venti si fossero placati; evitando, nel frattempo, il rischio di restare intrappolati in una tenda sepolta dalla neve o travolta dalla caduta di alberi e rami.
Probabilmente, dai resti ritrovati, sembra che i poveretti cercarono di costruire, alla meglio, due rifugi bivacco; uno dei quali è crollato, lasciando sepolti quattro degli escursionisti con le gravi ferite osservate.
***
Quanto alle "ferite", la stranezza delle quali ha dato luogo alle ipotesi più disparate e fantasiose, se le "autopsie" fossero state eseguite in modo più accurato, ortodosso e moderno, esse si sarebbero dovute distinguere quali:
- lesioni pre-mortem;
- lesioni peri-mortem;
- lesioni post-mortem.
Ma non sempre è stato fatto.
***
In ogni caso, in generale:
a)
Molti dei "traumi" riscontrati sui cadaveri erano stati provocati da impatti compatibili con l'urto di oggetti scagliati con violenza sugli escursionisti dal "vento catabatico" (rami ed altro); come, peraltro, accadde anche ad "Anaris Mountain" nel 1978.
Le gravi lesioni interne con costole spezzate, e le gravi fratture craniche riscontrate sui quattro precipitati nel burrone, invece, possono essere spiegate anche dalla caduta; ovvero da entrambe le cose
b)
Altre atroci lesioni riscontrate sui cadaveri, sono state sicuramente provocate "post mortem" dagli animali della foresta; generalmente, infatti, le condizioni in cui vengono trovati, dopo qualche giorno, i cadaveri insepolti  in un tranquillo boschetto o in un parco vicino l'abitato, non vengono molto "pubblicizzate", però non sono molto dissimili da quelle in cui sono stati ritrovati i cadaveri degli escursionisti russi (soprattutto per quanto riguarda l'asportazione delle parti molli del volto, quali occhi, naso, orecchie e lingua).
Questo, ad esempio, è il caso della Vasil'evič, che fu trovata senza lingua con una parte di mascella ed entrambi gli occhi mancanti; la sua foto, infatti, è molto simile a quella di un bambino morto pochi anni fa in un tranquillo bosco italiano (nel qual caso pare che siano intervenuti gli scoiattoli grigi, cioè la specie Sciurus Carolinensis).
Potrei riportare foto di casi analoghi, molto simili a quelli dei cadaveri russi; ma me ne astengo perchè sono troppo orribili (le une e le altre)!
c)
Le condizioni estreme dei luoghi (dilavamento delle acque, vento ecc.), hanno accentuato la "bizzaria" dei traumi e delle lesioni di cui ai punti a) e b), rendendole ancora più sorprendenti; almeno per un pubblico non molto esperto nel ritrovamento di cadaveri insepolti in zone selvagge.
***
Quanto alla circostanza che alcuni corpi morti per ipotermia come quelli di Jurij Nikolaevič Dorošenko e di Jurij Alekseevič Krivoniščenko), indossassero solamente la biancheria intima, questo si spiega in due modi, a seconda che gli indumenti siano stati ritrovati al loro fianco o meno (circostanza che non ho trovato sempre specificata):
a)
Se sono stati ritrovati al loro fianco, evidentemente, se li sono tolti da soli,   per il noto fenomeno "psicofisiologico" denominato  "paradoxical undressing" (spogliamento paradossale), che si registra in alcuni casi nei quali le persone che stanno morendo per ipotermia tendono a svestirsi; fenomeno che, molto probabilmente, si è verificato anche nel caso di Elisa Lam.
b)
Se, invece, non sono stati ritrovati al loro fianco, i casi sono due:
- o per la fretta li avevano lasciati nella tenda (circostanza alquanto improbabile);
- oppure sono stati tolti loro dai compagni, dopo che erano morti, per proteggersi meglio dal freddo (circostanza molto più probabile, e che, in taluni casi, risultò oggettivamente comprovata).
***
C'è da aggiungere che alcuni particolari sono stati:
- o del tutto inventati;
- ovvero riportati in modo distorto, per "sensazionalizzare" ancora di più la vicenda.
I "bufalari", purtroppo, sono gli animali "necrofagi" più agguerriti!

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                                                      PUNTI OSCURI
Ciò premesso, però, fra i tanti "punti oscuri" del tutto immaginari, frutto della fervida fantasia dei "complottisti" (normali o paranormali che essi siano), un punto effettivamente "oscuro" della vicenda, o quantomeno "poco spiegabile", sussiste anche per me.
***
Ed infatti:
a)
Si sono costruite le teorie più fantasiose sulle tracce radioattive rintracciate sugli indumenti di alcuni partecipanti alla spedizione; ma si trattava proprio di quelli che lavoravano in un laboratorio atomico, per cui, di per sè, la cosa non risulta affatto sorprendente.
Soprattutto considerando che i Russi, in materia di precauzioni contro la contaminazione radioattiva, non si può certo dire che siano mai stati dei campioni!
Figuriamoci nel 1959!
b)
Però, dopo il "disseppelimento post-sovietico" dell'indagine, sembra che sia incontrovertibilmente venuto alla luce che la squadra di ricerca dei dispersi era dotata di rilevatori GEIGER; il che, secondo me, risulta alquanto singolare.
Ed infatti, come ho detto, io sono esperto di montagna quanto può esserlo una foca (zoppa); però mi sembra davvero strano che, se qualcuno si perde in montagna, lo si vada a ricercare portandosi dietro addirittura dei rilevatori GEIGER.
***
Per cui:
- se la circostanza sub a) (tracce radioattive rintracciate sugli indumenti), considerata a sè stante, non la trovo particolarmente sospetta;
- comincia però a sembrarmi un tantino sospetta se correlata alla circostanza sub b), e, cioè, che la squadra di ricerca dei dispersi era dotata di rilevatori GEIGER.
***
Puntualizzato questo, però, se mi chiedete che cosa possano significare tali concomitanti circostanze (ammesso che la concomitanza non sia del tutto casuale), sinceramente non saprei proprio cosa rispondervi; o meglio, forse potrei fare al riguardo delle illazioni di carattere, per così dire, "spionistico".
Ma, per i miei gusti, sarebbero un po' troppo "congetturali" e prive di riscontri concreti per proporvele; tanto più che escluderei che scambi di materiali e/o informazioni di carattere segreto, potessero ragionevolmente avvenire ad alta quota, in mezzo agli Urali.
Ovviamente, "tutto è possibile", ma sarei davvero curioso di sapere quale capo di servizio segreto sarebbe stato così matto da organizzare un così bizzarro "rendez-vous" spionistico; per giunta in equilibrio su un filo teso, per non lasciare impronte nella neve (visto che gli elicotteri, specie stranieri, sono da escludere in un caso del genere).
                                                                CONCLUSIONE
Concludendo, come avevo premesso, secondo me non si saprà mai con "certezza" quello che accadde veramente, nel 1959, nei pressi del cosiddetto "Passo Dyatlov"; ritengo, per i motivi da me esposti, che l'ipotesi più plausibile sia quella dei "venti catabatici", però non escludo affatto che alla catastrofe possano aver contribuito, quantomeno "incidentalmente", altri fattori.
O, addirittura, che, in quel tempo ormai remoto, e su quelle lontane montagne, si siano contestualmente verificate vicende parallele, senza alcuna connessione tra di loro; se non di carattere meramente "sincronico".
"Felix qui potuit rerum cognoscere causas!" (fortunato colui che ha potuto conoscere le cause -di queste- cose).


InVerno

Hai davvero preso la palla al balzo, e sei arrivato ad una analisi quasi completa in poco tempo, complimenti (sei in vacanza?  ::) ) unica pecca ti posso dire che in questo caso particolare una rappresentazione grafica dell'accaduto avrebbe giovato immensamente, almeno per me (che a volte gioco a fare "orienteering" e quindi do molta importanza all'orografia). Posso provvedere io con una di tante versioni.Hai ragione a soffermarti sul Geiger anzichè su altri dettagli strani, perchè anche se sarai una foca in montagna saprai sicuramente quantoè importante preparare i pesi per una spedizione del genere, e ogni grammo è importante assolva ad una funzione almeno, meglio multiple. Non ci si porta cose perchè "potrebbero servire", come ho sperimentato coi miei 35kili attraverso la Siberia sapendo potevano essere 25, perciò il Geiger doveva servire a qualcosa, si trattava ,dettaglio che hai omesso, di alpinisti ragionevolmente esperti e non di gente alle prime armi. Il fatto che, per i motivi giustamente premetti, il caso sia di praticamente impossibile perfetta soluzione, mi ha fatto desistere dall'approfondirlo oltre a quanto hai fatto tu, perciò non ho realmente qualcosa da aggiungere.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Eutidemo

#6
Ciao Inverno. :)
Hai ragione, una rappresentazione grafica dell'accaduto aiuterebbe molto a capire quello che è successo; però, purtroppo, la cronologia degli eventi e dei decessi è un po' controversa, per cui, a seconda delle diverse ricostruzioni cronologiche, la rappresentazione grafica non è sempre "esattamente" la stessa.
L'unica cosa certa sono i punti dove sono stati ritrovati i cadaveri, e le loro tracce: cioè, le impronte nella neve, i rami spezzati, le tracce di un fuoco, e i segni di caduta di quattro di loro.
Pertanto, forse, la più attendibile rappresentazione grafica dell'accaduto potrebbe essere la seguente:
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/0f/a2/76/ME13MB2N_t.jpg
1) Posizione della tenda
2) Fuggono tutti dalla tenda
3) Raccolgono i rami di un albero per accendere un fuoco
4) Resti del fuoco (con due cadaveri accanto)
5) Cercando di tornare verso la tenda, quattro di loro cadono in un burrone (in cui restano quattro cadaveri)
6) Distanza in linea d'aria
7) Nel percorso di ritorno alla tenda, gli ultimi tre superstiti muoiono assiderati (lasciando tre cadaveri a non molta distanza l'uno dall'altro).
Le croci, ovviamente, rappresentano i luoghi dove sono stati ritrovati i corpi.
***
Quanto sia importante preparare i pesi per una spedizione, in modo tale che ogni grammo sia importante ed  assolva almeno ad una funzione  -meglio se multiple-, lo so benissimo; ed infatti qualche "spedizione" l'ho fatta anche io, da giovane, sebbene non proprio in "alta" montagna (a parte una sola volta).
Tuttavia il "rilevatore geiger" la squadra di ricerca dei dispersi lo trasportò principalmente in elicottero (quelli del '59 erano piuttosto pesanti e ingombranti); per cui il problema del trasporto era abbastanza relativo.
Ma il punto è, per quale diamine di motivo se lo sono portato dietro?
***
Quanto alla Siberia, io sono stato una volta a Novosibirsk, ma le "zone selvagge" le ho viste solo dal finestrino del treno; mi rallegro ancora di non averle dovute attraversare a piedi.
Per cui ti faccio i miei complimenti, anche per i 35 kg che ti sei portato in spalla; io, nelle mie ben più modeste "spedizioni", non ho mai trasportato più di 20 kg in tutto (fucile a parte).
***
Un saluto! :)
***
P.S.
Sì, sono in vacanza!

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