Il Dubbio (e la filosofia)

Aperto da Apeiron, 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM

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Angelo Cannata

Purtroppo termini come Nibbana sono per me del tutto sconosciuti. Ritengo inutile informarmi sulla parola singola, perché mi creerei un concetto estraniato da tutto il contesto del Buddhismo. Dovrei quindi organizzarmi una mia formazione sul Buddhismo ben sistemata. Vedremo, se avrò tempo.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 18:29:30 PM
Credo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi.

Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali.

Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare.

Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria.

A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.

Sono d'accordo. Come dico sempre c'è qualcosa di ossessivo nella filosofia.

Le reazioni sono la cosa più complessa da elaborare.

Sto ancora elaborando il lutto della filosofia.

Si tratterebbe di limare il suo carattere ossessivo.

L'apertura agli altri mi pare quantomeno complicata.

Molte volte mi hanno consigliato la semplicità, la costeggio, ma un senso viscerale di nausea
mi prende totalmente, ho bisogno così di paletti.
Di consuetudini.

Che funzionano nei momenti in cui la filosofia rimane ai margini.
Ma come in questo momento, quando la filosofia torna a domandare, e torna a riempire il tempo.
E' come se ogni volta mi risveglio da un lungo sonno, e mi ritrovo nell'incubo del reale.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

A mio parere il destino della filosofia è avvicinarsi il più possibile al pratico, poi ogni filosofo individuerà i propri modi di farlo. C'è chi cerca di interessarsi di politica, problemi sociali, chi si candida in cariche politiche; per ho trovato congeniale la spiritualità, che già di per sé si può intendere come pratica, ma proprio ultimamente riflettevo sul fatto che non può accontentarsi di essere pratica interiore che poi crea, tra l'altro scelte esterne; dev'essere più esplicitamente spiritualità, dell'amore, dell'altruismo, e mi sta sembrando che forse in questo campo soffriamo ancora di idee errate inculcate dal cattolicesimo, in particolare l'idea che se ci amassimo saremmo tutti felici; se ci rifletto mi pare di notare che non è vero, ma ora non voglio entrare qui nei dettagli. Mi limito a dire che l'altruismo ci vuole, ma senza illusioni di questo tipo.

Quanto alla semplicità, credo che se ne possa parlare solo in contesti in cui sia chiaro che non s'intende essere precisi, ma solo vaghi, intuitivi; altrimenti parlare di semplicità mi sembra solo un mezzo per indurre l'altro (o anche noi stessi) a non riflettere e così dominarlo meglio.

Le consuetudini a mio parere sono buone, danno conforto, purché non diventino rituali sacralizzati che è vietato modificare.

Effettivamente il reale può essere considerato un incubo secondo me; io non mi faccio scrupolo di definirlo radicalmente "il male", perché il reale s'impone alla mia esperienza con la sua assenza di senso e con le sue violenze. Possiamo tentare di reagire con le nostre tecnologie, ma siccome sembra restare sempre una dimensione di insuperabilità del male, mi pare che sia utile orientarci, per quanto è possibile, nel rivolgere piuttosto l'attenzione al bene che è possibile creare tra noi umani, e così torna il discorso dell'amore e dell'altruismo.

Apeiron

La filosofia è implosa a mio giudizio per due motivi. Il primo è dovuto secondo me alla massificazione della cultura. Oggi i "filosofi" sono gli studenti di filosofia, i quali più che pensare, più che cercare di trovare la loro strada (il loro "dao"  ;D ) sono più propensi a studiare le cose "interessanti" dette dagli altri e ammucchiare un sacco di "nozioni". Certo, così fai cultura, ma quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Secondo: la guerra delle ideologie. Veniamo da un Medioevo e una prima età moderna in cui c'era la moda dell'"Indice dei libri proibiti", delle crociate, dei roghi e dopo finita l'influenza della dittatura religiosa sono arrivate le ideologie "atee" in cui o si cercava di "coltivare" l'uomo fisicamente e mentalmente perfetto ("mens sana in corpore sano") e/o la società perfetta e/o i nazionalismi che ci hanno "regalato" una scienza senza scrupoli, due guerre mondiali, gli anni di piombo ecc. Vista la pericolosità delle ideologie è naturale che la società come ente collettivo rigetta la creazione delle stesse. Così stiamo celebrando il lutto della filosofia. E gli ultimi filosofi temo che finiranno o per trovare un compromesso o cercheranno l'eremitismo o...

P.S. Angelo Cannata, io non conosco davvero il buddismo. Così come non conosco il taoismo e l'induismo e il cristianesimo. Però per ricercare "il meglio" ho deciso che è giusto cercare un po' ovunque.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 09:13:17 AM
... quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona.



Vista la pericolosità delle ideologie...
Mi sembra di vedere una contraddizione: ciò che indichi nel primo spezzone che ho citato non è forse un'ideologia? Un'ideologia è un sistema di idee. Le ideologie sono cadute perché, a livello generalizzato, il mondo si è reso conto che non esistono né idee, né sistemi di idee in grado di autogiustificarsi, di avere senso, di essere migliori di altre. Solo che il mondo non ha portato ulteriormente avanti la riflessione e si è bloccato in una sfiducia generalizzata verso il pensare, verso la filosofia. Io ritengo che un'ideologia qualsiasi può essere sfruttata come strumento di dialogo e di ricerca, a patto di considerarla provvisoria e quindi in ascolto continuo di altro, sempre pronti a modificarla o a sostituirla con altro.
Le ideologie contengono la tentazione di dire "il mondo va male perché non fa o non pensa come dico io". Anche la mia potrebbe essere considerata un'ideologia, nel momento in cui dico che dovremmo utilizzare le ideologie come strumento; ma all'interno di ciò io provo ad astenermi dal dire che gli altri farebbero bene a fare come dico io; piuttosto cerco di mantenermi in ascolto e, se penso qualcosa, cerco di fare in modo che anche questo qualcosa contenga un ascoltare continuo e una disponibilità a modificarsi o sostituirisi. Cioè, più che "pensare", "faccio", senza pretesa di ritenere che ciò che faccio sia il meglio, e in questo fare cerco di far esistere anche ascolto.

Sariputra

@ Apeiron scrive:
Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona.

Quello che manca oggi, Apeiron è la coerenza, solo la coerenza...
Perché ritengo, per es., oggi , dopo 2.500 anni circa, più interessante studiare Siddhartha Gautama che non Arthur Schopenhauer ? Perché il primo, dopo aver insegnato per cinquant'anni a tutti, senza distinzione tra re o senza casta,  ormai morente e in preda a terribili dolori ( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...) ancora rimprovera il fido Ananda che non vuole che un asceta itinerante lo disturbi, un asceta che voleva conoscere il suo insegnamento...mentre il secondo , grande filosofo perdinci, che predica l'ascetismo e la compassione non esita a scaraventare giù dalle scale una vecchietta che "gli dava fastidio" ...
Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM
Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...
Non penso che cercare coerenza sia romanticismo, mi sembra una ricerca ottima.
Forse si potrebbe criticare chi cerca coerenza in una sola direzione, cioè nel senso che il comportamento debba rispecchiare le idee, mentre le idee non si curano di ascoltare il comportamento. Questo sì, penso che sia sospettabile di romanticismo: pensare che se ci volessimo bene saremmo tutti felici, mentre questo concetto non sta in ascolto del fatto che quando abbiamo del bene non è che sia nata in noi tutta questa felicità: se così fosse, l'amore per il prossimo si espanderebbe nel mondo a macchia d'olio, tutti saremmo irresistibilmente attratti dalla felicità che esso procura.
Proprio ultimamente sto riflettendo sul fatto che le nostre idee sull'amare, sull'altruismo, devono sforzarsi di non essere romantiche, perché questo tipo di romanticismo nuoce all'amore. Mi sembra che il Vangelo contenga questo romanticismo e continui a portare questo male nel mondo (lo dico da seguace attuale del Vangelo e di Gesù, nonostante mi consideri ateo: mi considero un seguace critico): presentando il bene come felicità non fa altro che creare sensi colpa  e confusione di idee.

green demetr

Il lutto della filosofia è la sua incapacità di dare una risposta alla filosofia dell'altro, del prossimo, della comunità.

Nelle sue forme più alte ha tentato di descrivere una trascendenza.
La metafisica classica è stata a lungo la gemma all'occhiello della filosofia.

Ma è stata solo una lunga illusione. Una metafisica che invece che sfociare nel pensiero sull'altro, VI SI SOSTITUISCE, diventa ideologia.

In questo senso anche le religioni dell'amore, falliscono il segno quando passano dall'umano al divino.

Ma il passaggio dall'umano al divino è esattamente ciò che tiene unite le unità umane. E' il terzo che si sostituisce al pensiero sia dell'umano che del divino.

IL passaggio diventa rito, è sempre stato rito, abitudine, consuetudine.

Non ultima, forse la religione più vicina alla filosofia, quella ebraica, illustra meglio di tutte la questione.
Nella sua punta massima (il filosofo Levinas) fa diventare la filosofia dell'altro, la filosofia dell'Altro.
Un tentativo di rendere umano un DIO che non può essere umano, diventa allora VOCE, lingugaggio astratto, differenza TOTALE.

Credo che le teologie negative (il protestantesimo, lo zen), siano l'ultimo grande tentativo di raccordo del RITO, del PASSAGGIO, del CAMMINO, della SPIRITUALITA'.

Ovvero sono l'ultimo tentativo disperato di mantenere in vita un fallimento che coinvolge un era, più che un secolo.

Noi siamo fantasmi che si aggirano persi, il resto di un fallimento generazionale.
Rimangono domande sparse, spunti, progetti.

Maestri a cui aggrapparsi, reminescenze del passato filosofico.

Si tratterebbe di elaborare il lutto allora innanzitutto.

Elaborare il lutto d'altronde non significa affatto dimenticare le nostre care figure di riferimento, i nostri amori.
Significa convivere con ciò che rimane di loro, nel reale.

L'elaborazione dunque è un analisi del reale, non una sua accettazione supina.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM
( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...)
P.S. A quanto mi sembra di capire stai male e mi dispiace. Se è così, auguri che tutto si risolva presto.

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:25:03 PM
Elaborare il lutto d'altronde non significa affatto dimenticare le nostre care figure di riferimento, i nostri amori.
Significa convivere con ciò che rimane di loro, nel reale.

L'elaborazione dunque è un analisi del reale, non una sua accettazione supina.
Quest'idea di elaborare mi fa nascere il sospetto che possa nascondere un tentativo di esorcizzare, anestetizzare, nei limiti del possibile. Questo mi richiama l'espressione di Gesù del bere il calice, in riferimento alla sua morte: mi pare che significhi che la sofferenza va giustamente guarita, evitata, per quanto le tecniche permettono, ma ci sono momenti in cui la vita ti chiede nient'altro che farti prendere da tutta l'amarezza della morte, del soffrire. In questi casi, ulteriori tentativi di esorcizzare, evadere con la mente verso qualcos'altro, possono significare nient'altro che rifugiarsi in una forma di ipocrisia, quindi diventa un vivere la sofferenza con ipocrisia, che poi non sarebbe altro che tentativo di atarassia, stoicismo. Il vantaggio di non nascondere a noi stessi l'amarezza che ci attraversa dovrebbe consistere nel far esistere dentro di noi un'esperienza interiore che si sforza di essere fedele, aderire a ciò che, per quanto riusciamo a capire, sta davvero succedendo. Questo sforzo di adaequatio rei et intellectus non è una metafisica, un tentativo di raggiungere una verità, ma un tentativo di portare avanti una spiritualità il più possibile fruttuosa, per come al momento ci sembra. In questo senso è anche analisi del reale, come tu hai scritto, ma un'analisi che ammette la possibilità che a un certo punto non ci rimanga altro che il soffrire, senza alcun rimedio intellettuale, il puro sperimentare l'amarezza che il soffrire comporta.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 13:45:32 PM
Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:25:03 PM
Elaborare il lutto d'altronde non significa affatto dimenticare le nostre care figure di riferimento, i nostri amori.
Significa convivere con ciò che rimane di loro, nel reale.

L'elaborazione dunque è un analisi del reale, non una sua accettazione supina.
Quest'idea di elaborare mi fa nascere il sospetto che possa nascondere un tentativo di esorcizzare, anestetizzare, nei limiti del possibile. Questo mi richiama l'espressione di Gesù del bere il calice, in riferimento alla sua morte: mi pare che significhi che la sofferenza va giustamente guarita, evitata, per quanto le tecniche permettono, ma ci sono momenti in cui la vita ti chiede nient'altro che farti prendere da tutta l'amarezza della morte, del soffrire. In questi casi, ulteriori tentativi di esorcizzare, evadere con la mente verso qualcos'altro, possono significare nient'altro che rifugiarsi in una forma di ipocrisia, quindi diventa un vivere la sofferenza con ipocrisia, che poi non sarebbe altro che tentativo di atarassia, stoicismo. Il vantaggio di non nascondere a noi stessi l'amarezza che ci attraversa dovrebbe consistere nel far esistere dentro di noi un'esperienza interiore che si sforza di essere fedele, aderire a ciò che, per quanto riusciamo a capire, sta davvero succedendo. Questo sforzo di adaequatio rei et intellectus non è una metafisica, un tentativo di raggiungere una verità, ma un tentativo di portare avanti una spiritualità il più possibile fruttuosa, per come al momento ci sembra. In questo senso è anche analisi del reale, come tu hai scritto, ma un'analisi che ammette la possibilità che a un certo punto non ci rimanga altro che il soffrire, senza alcun rimedio intellettuale, il puro sperimentare l'amarezza che il soffrire comporta.

L'elaborazione del lutto è necessaria alla vita.
Altrimenti il dolore ci inghiotte.

Altra cosa il passo successivo, ossia la resistenza, il convivere con il dolore.
Direi che è l'esatto opposto che l'anestetizzazione di cui parli.

E d'altronde anche la convivenza col dolore fa parte di una elaborazione del lutto.

Persino il Cristo ha dovuto elaborare la sua destinalità (Dio perchè mi hai abbandonato?), prima di poter accettare il dolore (sia fatta la tua Volontà, ossia la Croce).

E d'altronde nella tradizione ebraico-cristina, il dolore è sempre il pertugio verso DIO.
(dall'altra l'ESODO).

Poichè io credo che questi racconti siano solo metafore, che indicano una saggezza di destinalità, ecco che allora nella nostra epoca, dobbiamo riformulare un lutto.

Ma lungi da me banalizzare, anzi!

Il tuo tentativo Angelo non è poi in fondo quello? solo che credi più alla dimensione della conoscenza, piuttosto che della metafora, del simbolo.
E può darsi che hai ragione, forse io mi butto troppo presto sulla materia simbolica.

ciao!




Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#71
Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM@ Apeiron scrive: Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Quello che manca oggi, Apeiron è la coerenza, solo la coerenza... Perché ritengo, per es., oggi , dopo 2.500 anni circa, più interessante studiare Siddhartha Gautama che non Arthur Schopenhauer ? Perché il primo, dopo aver insegnato per cinquant'anni a tutti, senza distinzione tra re o senza casta, ormai morente e in preda a terribili dolori ( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...) ancora rimprovera il fido Ananda che non vuole che un asceta itinerante lo disturbi, un asceta che voleva conoscere il suo insegnamento...mentre il secondo , grande filosofo perdinci, che predica l'ascetismo e la compassione non esita a scaraventare giù dalle scale una vecchietta che "gli dava fastidio" ... Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...

Eh oggi ci manca la forza e la volontà di essere coerenti. Io sono il primo ad essere incoerente, sono uno Schopenhauer: penso, penso, dubito, faccio bei discorsetti sul trascendere sé stessi... E rimango il solito pirla. Se c'è un motivo per cui posso meritarmi l'inferno probabilmente è l'ipocrisia. Purtroppo hai ragione: siamo incoerenti. Quando dico di aver trasceso le ideologie finisco per andarci dentro come un pollo:

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:59:03 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 09:13:17 AM... quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Vista la pericolosità delle ideologie...
Mi sembra di vedere una contraddizione: ciò che indichi nel primo spezzone che ho citato non è forse un'ideologia? Un'ideologia è un sistema di idee. Le ideologie sono cadute perché, a livello generalizzato, il mondo si è reso conto che non esistono né idee, né sistemi di idee in grado di autogiustificarsi, di avere senso, di essere migliori di altre. Solo che il mondo non ha portato ulteriormente avanti la riflessione e si è bloccato in una sfiducia generalizzata verso il pensare, verso la filosofia. Io ritengo che un'ideologia qualsiasi può essere sfruttata come strumento di dialogo e di ricerca, a patto di considerarla provvisoria e quindi in ascolto continuo di altro, sempre pronti a modificarla o a sostituirla con altro. Le ideologie contengono la tentazione di dire "il mondo va male perché non fa o non pensa come dico io". Anche la mia potrebbe essere considerata un'ideologia, nel momento in cui dico che dovremmo utilizzare le ideologie come strumento; ma all'interno di ciò io provo ad astenermi dal dire che gli altri farebbero bene a fare come dico io; piuttosto cerco di mantenermi in ascolto e, se penso qualcosa, cerco di fare in modo che anche questo qualcosa contenga un ascoltare continuo e una disponibilità a modificarsi o sostituirisi. Cioè, più che "pensare", "faccio", senza pretesa di ritenere che ciò che faccio sia il meglio, e in questo fare cerco di far esistere anche ascolto.

Già predicare significa voler stabilire "la giusta via" (la via che può essere detta non è l'eterna via  ;D ). Lo so ma continuo a ipotizzare vie e soluzioni. Maledetto il mio "ego" che non ha confini.

(c'è un po' di esagerazione in questo post ma è una buona approssimazione dei pensieri che mi vengono quando - inevitabilmente - mi accorgo di essere il solito ipocrita...).

Un po' come Paolo "io sono per me stesso un enigma... faccio quello che detesto". La cosa interessante che trovo in me (ma forse è un discorso che si può estendere è che a volte ci piace fare robe a cui non siamo d'accordo).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 14:10:12 PM... io credo che questi racconti siano solo metafore
Che siano anche metafore è indubbio, che siano solo metafore, significherebbe negarne la storicità. Ma ora qui si aprirebbe una discussione molto lunga, poiché ogni singola riga della Bibbia ha un diverso grado di storicità. Di per sé la storicità dell'Esodo, effettivamente, è quasi zero, ma non si può dire lo stesso di Gesù, per lo meno della sua esistenza; lasciamo da parte la questione dei suoi detti per non dilungarci e andare off topic.

Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 14:10:12 PM
credi più alla dimensione della conoscenza, piuttosto che della metafora, del simbolo.
Non so da dove tu deduca questo, ma per me metafore e simboli sono importantissimi; per oltre vent'anni di sacerdozio ho vissuto di simboli (la Messa e tutti i sacramenti non sono altro che simboli e insiemi di simboli); la Bibbia si è prestata e si presta moltissimo a innumerevoli letture simboliche che per me sono di valore vitale. A me stesso piace tante volte scegliere con cura le parole con cui mi esprimo per mettere in esse significati più o meno simbolici.

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 18:29:53 PM
mi accorgo di essere il solito ipocrita...
In questo messaggio che hai scritto manca solo che tu prenda in mano un frustino per autofustigarti, in stile penitenziale da medioevo. Secondo me, una volta preso atto che tutti siamo ipocriti e con tanti altri difetti, non è molto produttivo sdegnarsi con se stessi, odiare i propri mali; trovo più adatto considerarci in cammino, in crescita e lavorare su questa crescita. Se una persona è in crescita, le si può perdonare tutto e, di conseguenza, ritengo che anche tale persona possa senza timore perdonare tutto a se stessa.

Sariputra

@Apeiron scrive:

Eh oggi ci manca la forza e la volontà di essere coerenti. Io sono il primo ad essere incoerente, sono uno Schopenhauer: penso, penso, dubito, faccio bei discorsetti sul trascendere sé stessi... E rimango il solito pirla. Se c'è un motivo per cui posso meritarmi l'inferno probabilmente è l'ipocrisia. Purtroppo hai ragione: siamo incoerenti. Quando dico di aver trasceso le ideologie finisco per andarci dentro come un pollo:

La crisi della 'volontà' nel tempo moderno è alla base della 'stasi' , per non dire di peggio, che viviamo  a livello umano e sociale e che cerchiamo di dimenticare affidandoci alla seduzione della tecnologia, a mio parere.
Se tutto è liquido, appare davvero assurdo impegnare la propria vita per qualcosa. Così viviamo di "vorrei, ma non posso", di "io non sarei così, ma mi devo adeguare", di "mi impegno, ma solo un pò", di "bello quel cammino spirituale, ma è troppo difficile", di "Meraviglioso il messaggio sull'agape, ma i preti son tutti falsi", di "Devo cambiare, ma inizierò domani". Se vuoi aggiungere...la lista delle nostre scuse è infinita. 
Il dubbio ha lavorato bene, come un tarlo che non ti accorgi che rosicchia le gambe della sedia, finché non ti trovi con il culo per terra. Così il dubbio ha rosicchiato, con amabile astuzia, la nostra volontà...infatti, appena appena ti balena l'idea di dedicare la tua vita, l'intera tua vita ( e non solo la testa) a qualcosa che ti sembra avere un senso, ecco che cominci subito a dubitare e...rinvii a domani...per rifletterci meglio sopra, ovviamente  ::)...

@ Angelo Cannata
Grazie per gli auguri. Oggi va un pò meglio. 
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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