Il Dubbio (e la filosofia)

Aperto da Apeiron, 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM

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Sariputra

Il dubbio a volte è come un sottofondo del nostro agire, che può essere positivo o negativo per l'agire stesso. Mi immagino una grande festa ed io che sto ballando con una bellissima fanciulla. Mi muovo e seguo il ritmo della musica e quello della mia compagna. Mentre lo sto facendo, dubito : "Perché sono qui? E' la cosa giusta essere qui?". In questa fase il dubbio è positivo, mi pone in una posizione critica verso l'agire e mi induce ad 'osservare' ciò che mi circonda . Ma se, dopo aver capito che si tratta semplicemente di una festa, continuo a dubitare, la mia compagna, vedendomi 'lontano' e assorto nei dubbi, potrebbe dirmi: "Sari, dove sei adesso?" e si entra nella fase negativa del dubitare in eccesso, quella che mi impedisce di accorgermi dei meravigliosi occhi della fanciulla con cui sto ballando...
Si potrebbe obiettare:"Ma come faccio a non dubitare che sia semplicemente una festa"?...Al che mi verrebbe da rispondere. "Perché stanno tutti 'ballando'... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Lou

#31
Te dici che l'ipotesi della combriccola di sensi ingannatori con tanto di sommo genio maligno che ci fan passare come dei creduloni sarebbero proprio da mandare a quel paese che fan proprio la figura dei guastafeste nati per mettere in discussione che tutti stiano ballando?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Sariputra

#32
Citazione di: Lou il 14 Maggio 2017, 09:25:28 AMTe dici che l'ipotesi della combriccola di sensi ingannatori con tanto di sommo genio maligno che ci fan passare come dei creduloni sarebbero proprio da mandare a quel paese che fan proprio la figura dei guastafeste nati per mettere in discussione che tutti stiano ballando?

Prima sei 'ingenuo' e credi di partecipare ad una festa da ballo. Poi dubiti di partecipare 'veramente' ad una festa da ballo e non sei più ingenuo. Infine dubiti di tutti i dubbi creati dalla tua mente e partecipi alla festa da ballo e sei di nuovo ingenuo ( ma di un' 'ingenuità' diversa, passata attraverso il dubbio...). Non 'credi' più di partecipare, ma veramente partecipi e allora la tua compagna di ballo piroetta leggiadra, con abili mezzi ora trattenuta, ora lasciata andare,così da diventare la tua 'amica' con cui poi, alla fine, potrai far l'amore...( la compagna di ballo è ovviamente la "mente"...). ;D

P.S. Cosa c'entra con la filosofia? Con l'amore per il sapere? Mi dirai...ah! Non lo so proprio...forse c'entra qualcosa solo con il dubbio...ma torna sempre il discorso pratico, Cosa fare di quest'ingombrante "mente che mi mente" in continuazione? Perché la fanciulla è bellissima ma ha il brutto vizio di essere bugiarda, trovando sempre motivi per auto-giustificarsi e auto-assolversi... :(

Buona domenica! ...e scusami se scrivo un pò troppo per 'immagini' ( sarà una specie di deformazione professionale...) :-[
Spero che , anche da te, sia una meravigliosa giornata di maggio, come qui a Villa Sariputra...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Lou

Buona domenica anche a te: qui sole, nuvole e vento. Non c'è problema con le immagini, è che la metafora l'avevo forse confusa con la "vita", del resto ritengo si somiglino parecchio, la danza della mente ricalca in qualche modo i passi della vita.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Apeiron

@Angelo Cannata
La differenza con le sette è la seguente: non condanno il Dubbio. Il Dubbio in realtà è un ottimo alleato, finchè non diventa patologico. Il Dubbio serve per rendersi conto di quanto non si sa, tuttavia vivere col solo dubbio è un po' come dice Sariputra con la bicicletta e il bambino. Se uno continua a cambiare bicicletta non fa nessun progresso. Nel buddismo al trasalimento (samvega) è associato "pasada", la confidenza nella Liberazione che si "ottiene" grazie a uno dei vari Sentieri della Liberazione. Il Ristagno invece è proprio dovuto alla mancanza di confidenza. Se non avessero creduto in quello che dicevano e pensavano non avremo mai avuto nessun Socrate, Laozi, Platone, Anassimandro, Buddha, Gesù, Paolo, Plotino, Seneca, Sankhara, Kant, Nietzsche ecc.  Senza il Dubbio e la Confidenza (che è opposta al dubbio) non avremo mai avuto nulla. Servono entrambi, ma purtroppo nessuno dei due è la Liberazione. Inoltre un equilibrio tra i due è quasi impossibile: Cartesio per uscirne si inventò il soggetto, l'"io dubito" e da lì fece la sua filosofia. Ma il Dubbio purtroppo è esso stesso un ostacolo alla Pace Interiore. In ogni caso io parlavo di estinzione della volontà (desiderio) di dubitare, non del dubitare. Mi sono espresso male. Buddha - per quanto dice - viveva in una pace assoluta, ossia nella completa equanimità. Non so se teorizzava ancora ma se lo faceva, lo faceva senza attaccarsi. In ogni caso Buddha dice che "farsi troppe domande" è un ostacolo alla Liberazione. Lui vede il "farsi troppe domande" come quell'uomo ferito da una freccia che invece di curarsi chiede chi è stato il colpevole, qual era il motivo ecc... Noi (e mi ci metto dentro) non accettiamo una filosofia rinunciataria come questa ma d'altronde non posso non notare quanto a volte sia patologica la mia (ma non solo la mia)  tendenza al Dubbio. La Confidenza è un complemento più che un contrario. Se non si riesce a raggiungere la Liberazione è giusto cercare un equilibrio, altrimenti le conseguenze ci sono (e non parlo dell'aldilà a cui non credo ma di questa stessa vita).
Nel tuo caso Angelo, hai la Confidenza nel Dubbio, sembra un paradosso ma in realtà non lo è. Anzi in un certo senso è molto "taoista", ossia hai una mente ricettiva, non ti attacchi a nessun dogma. Non è il tuo dubitare che è patologico. Il Dubbio Patologico è quella volontà di Dubitare anche dello stesso Dubbio...

Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci  ;) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Questo parlare di patologia del dubbio mi fa ricordare certuni a cui mi è capitato di sentir dire che studiare troppo fa male. Un altro una volta mi disse: "Tu non devi pensare".

C'è un grave malinteso in questo tipo di affermazioni.

Il dubitare, lo studiare, il pensare, non hanno nulla di patologico e non hanno limiti a cui doversi attenere. Ciò che li può rendere problematici non è la quantità, ma il modo errato di praticarli. Ma questo vale per qualsiasi attività umana. Prendi per esempio la musica: ci sono maniere sbagliate di suonare uno strumento, maniere che ti fanno stancare, ti fanno venire i crampi alle mani, te lo fanno odiare. Ma il problema non è lo strumento, né la musica, è il fatto che si sta praticando quella certa attività in maniera sbagliata. Poi viene il maestro di quello strumento musicale, ti insegna le tecniche con cui tenerlo, quanto tempo far durare ogni seduta di studio, con quale mentalità accostarsi a quello strumento, ecc. ecc. ecc., ed ecco che puoi impiegare giornate intere a studiarlo, come di fatto fanno i musicisti, senza che ti vengano crampi, né odio per la musica. Per andare a cose più terra terra, con un coltello molto tagliente è un piacere fare certi lavori, ma se lo usi male puoi creare danni gravissimi a te stesso e ad altri.

Ora, il problema è che per certe cose la gente ha capito che non è da tutti usarle senza una preparazione: la gente ha capito che per guidare un'auto ci vuole un po' di scuola guida, ci vuole la patente. Ma da nessuno ti sentirai mai dire che per pensare ci vuole la patente, così come ci vuole per dubitare e per studiare. E così la gente si butta da sprovveduta, senza alcuna metodologia, senza cercare maestri, così, a capofitto, si buttano a pensare, a studiare, a dubitare, e il risultato è questo: gente che ti mette in guardia dal pensare troppo, dubitare troppo, studiare troppo.

Io non ho tutta questa paura del dubbio, del pensare, dello studiare, perché mi sono accostato a queste attività con metodo, cercando maestri, consapevole che queste attività vanno domate, devi conoscerne i trabocchetti, i tranelli, le insidie, ma poi ne vieni a conoscere anche la bellezza, il fascino, così come chi ha fatto certi lavori sa che tagliare con un coltello molto tagliente è non solo comodo, ma ti dà proprio piacere nel fare quel lavoro; però prima devi avere la pazienza di imparare con gradualità a maneggiare quel coltello.

Ora non vorrei apparire come un presuntuoso esperto di dubbi, di pensare e di studio: sono solo uno che cerca di camminare, ma soprattutto ha capito che un sacco di attività che la gente esercita a vanvera, a come capita prima, in realtà sono attività importantissime che meritano tirocinio; poi vengono però le soddisfazioni e puoi sperimentare che il dubbio non è affatto una bestia pericolosa da tenere alla larga, ma ti accarezza e ti conforta con la sua capacità di condurti dolcemente a fare nuove scoperte, nuove sorprese, nuove meraviglie. Ma prima ci vuole almeno un po' di necessario tirocinio.

In questo senso, se Buddha dice di non farsi troppe domande, deduco semplicemente che egli non ebbe un buon tirocinio, non ebbe buoni maestri che gl'insegnassero a gestire, maneggiare, destreggiarsi con le domande. Il problema non è il troppo, è il fare le cose male. Se le fai male, anche il poco diventa subito troppo.

Si può approfondire la questione notando che un modo di far male le cose consiste proprio nel troppo di alcuni aspetti nel farle: infatti sopra ho accennato, riguardo allo studio di uno strumento, alla durata di ogni seduta di studio. Proprio questo però evidenzia la differenza: un maestro non ti dirà genericamente di non fare troppo quell'attività, di non studiare troppo: ti darà informazioni specifiche su certi eccessi da evitare. È questa la differenza: la gente se ne viene sbrigativamente dicendo "troppo". Il maestro ti dice a quale tipo di troppo stare attento. La gente dice di non studiare troppo. Il maestro t'insegna qual è la durata ideale di una seduta di studio, con quale tipo di riposo alternarla, quante sedute fare in una giornata. E così anche riguardo al dubbio: non è questione di non esagerare nel dubitare: bisogna entrare nel dubitare e vedere, una volta entrati dentro, in quali aspetti del dubitare possono esserci degli eccessi, capire perché quegli eccessi sono eccessi, in modo da far fruttare il dubbio al massimo delle sue possibilità.

Tu hai parlato di dubbio patologico nel caso in cui si dubiti dello stesso dubbio. Hai fatto ricerche in proposito? Hai fatto studi specifici riguardo al dubitare del dubbio? Il problema è questo: tutti parliamo, parliamo e riteniamo che certe cose siano vere per il semplice motivo che le abbiamo pensate e le abbiamo dette.

Certo, di questo passo non potremmo parlare di niente, visto che è impossibile essere professionisti di tutto. In realtà si può parlare di tutto se solo si ha l'accortezza di non presentare ciò che ci passa per la testa come una cosa vera, solo perché ci è passata per la testa.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 14:27:13 PMQuesto parlare di patologia del dubbio mi fa ricordare certuni a cui mi è capitato di sentir dire che studiare troppo fa male. Un altro una volta mi disse: "Tu non devi pensare". C'è un grave malinteso in questo tipo di affermazioni. Il dubitare, lo studiare, il pensare, non hanno nulla di patologico e non hanno limiti a cui doversi attenere. Ciò che li può rendere problematici non è la quantità, ma il modo errato di praticarli. Ma questo vale per qualsiasi attività umana. Prendi per esempio la musica: ci sono maniere sbagliate di suonare uno strumento, maniere che ti fanno stancare, ti fanno venire i crampi alle mani, te lo fanno odiare. Ma il problema non è lo strumento, né la musica, è il fatto che si sta praticando quella certa attività in maniera sbagliata. Poi viene il maestro di quello strumento musicale, ti insegna le tecniche con cui tenerlo, quanto tempo far durare ogni seduta di studio, con quale mentalità accostarsi a quello strumento, ecc. ecc. ecc., ed ecco che puoi impiegare giornate intere a studiarlo, come di fatto fanno i musicisti, senza che ti vengano crampi, né odio per la musica. Per andare a cose più terra terra, con un coltello molto tagliente è un piacere fare certi lavori, ma se lo usi male puoi creare danni gravissimi a te stesso e ad altri. Ora, il problema è che per certe cose la gente ha capito che non è da tutti usarle senza una preparazione: la gente ha capito che per guidare un'auto ci vuole un po' di scuola guida, ci vuole la patente. Ma da nessuno ti sentirai mai dire che per pensare ci vuole la patente, così come ci vuole per dubitare e per studiare. E così la gente si butta da sprovveduta, senza alcuna metodologia, senza cercare maestri, così, a capofitto, si buttano a pensare, a studiare, a dubitare, e il risultato è questo: gente che ti mette in guardia dal pensare troppo, dubitare troppo, studiare troppo. Io non ho tutta questa paura del dubbio, del pensare, dello studiare, perché mi sono accostato a queste attività con metodo, cercando maestri, consapevole che queste attività vanno domate, devi conoscerne i trabocchetti, i tranelli, le insidie, ma poi ne vieni a conoscere anche la bellezza, il fascino, così come chi ha fatto certi lavori sa che tagliare con un coltello molto tagliente è non solo comodo, ma ti dà proprio piacere nel fare quel lavoro; però prima devi avere la pazienza di imparare con gradualità a maneggiare quel coltello. Ora non vorrei apparire come un presuntuoso esperto di dubbi, di pensare e di studio: sono solo uno che cerca di camminare, ma soprattutto ha capito che un sacco di attività che la gente esercita a vanvera, a come capita prima, in realtà sono attività importantissime che meritano tirocinio; poi vengono però le soddisfazioni e puoi sperimentare che il dubbio non è affatto una bestia pericolosa da tenere alla larga, ma ti accarezza e ti conforta con la sua capacità di condurti dolcemente a fare nuove scoperte, nuove sorprese, nuove meraviglie. Ma prima ci vuole almeno un po' di necessario tirocinio. In questo senso, se Buddha dice di non farsi troppe domande, deduco semplicemente che egli non ebbe un buon tirocinio, non ebbe buoni maestri che gl'insegnassero a gestire, maneggiare, destreggiarsi con le domande. Il problema non è il troppo, è il fare le cose male. Se le fai male, anche il poco diventa subito troppo. Si può approfondire la questione notando che un modo di far male le cose consiste proprio nel troppo di alcuni aspetti nel farle: infatti sopra ho accennato, riguardo allo studio di uno strumento, alla durata di ogni seduta di studio. Proprio questo però evidenzia la differenza: un maestro non ti dirà genericamente di non fare troppo quell'attività, di non studiare troppo: ti darà informazioni specifiche su certi eccessi da evitare. È questa la differenza: la gente se ne viene sbrigativamente dicendo "troppo". Il maestro ti dice a quale tipo di troppo stare attento. La gente dice di non studiare troppo. Il maestro t'insegna qual è la durata ideale di una seduta di studio, con quale tipo di riposo alternarla, quante sedute fare in una giornata. E così anche riguardo al dubbio: non è questione di non esagerare nel dubitare: bisogna entrare nel dubitare e vedere, una volta entrati dentro, in quali aspetti del dubitare possono esserci degli eccessi, capire perché quegli eccessi sono eccessi, in modo da far fruttare il dubbio al massimo delle sue possibilità. Tu hai parlato di dubbio patologico nel caso in cui si dubiti dello stesso dubbio. Hai fatto ricerche in proposito? Hai fatto studi specifici riguardo al dubitare del dubbio? Il problema è questo: tutti parliamo, parliamo e riteniamo che certe cose siano vere per il semplice motivo che le abbiamo pensate e le abbiamo dette. Certo, di questo passo non potremmo parlare di niente, visto che è impossibile essere professionisti di tutto. In realtà si può parlare di tutto se solo si ha l'accortezza di non presentare ciò che ci passa per la testa come una cosa vera, solo perché ci è passata per la testa.

Bella risposta Angelo :) in effetti sì hai ragione. Però nuovamente il discorso è lo stesso: in ogni caso siamo esseri limitati. Ci servono maestri e anche se è vero che tutte le domande e i dubbi sono legittimi, è anche vero che alcuni o non potranno mai aver soluzione (almeno nella nostra vita mortale) oppure vengono fatti al momento giusto. La differenza con le sette è che io non impongo una legge contro il dubbio bensì dico che a volte il Dubbio è pericoloso. Ancora peggio è l'attaccamento al Dubbio. Il tuo Dubbio è sereno, equilibrato ecc: come dici tu ci sono modi e modi. Ma i modi di per sé direzionano il dubbio, lo vincolano proprio per evitare di cadere nel ristagno. Ad esempio Cioran diceva che non ha imparato nulla dopo i 20 anni e tutta la vita ha detto di continuare a dubitare: questo è il dubbio "patologico".

Ti allego il link della citazione del Buddha: http://www.canonepali.net/mn/mn_63.htm. In particolare: Chi pretendesse: 'Io non condurrò vita religiosa presso il Sublime, se prima egli non mi farà partecipe di tutti questi problemi'; il Compiuto non giungerebbe a partecipargli abbastanza, che quegli se ne morrebbe.È come se un uomo fosse colpito da una freccia con la punta spalmata di veleno; ed i suoi amici e compagni, parenti e congiunti, gli procurassero un medico chirurgo; ed egli però dicesse: 'Non voglio fare estrarre questa freccia prima che io sappia che uomo mi ha colpito: se un guerriero, un sacerdote, un borghese o un servo'. Non voglio estrarre questa freccia prima che io sappia di che nome, di che gente è l'uomo che mi ha colpito. Se è alto o basso; se nero o bruno o giallo di pelle; di quale villaggio o borgata o città è abitante. Non voglio estrarre questa freccia prima che io sappia che arco mi ha colpito: se piccolo o grande; se la corda è di fune o filo o tendine o cordone o budella; se la freccia è di canna o di giunco, di che penne è fornita: se di avvoltoio o di airone o di corvo o di pavone o di beccaccia; se la freccia è guarnita di cuoio di bue o di bufalo o di cervo o di leone; se la punta è diritta o curva o uncinata o attorcigliata o a forma di dente di vaccina o di foglia di oleandro'. Non riuscirebbe, Mâlunkyâputto, quell'uomo a saperne abbastanza perché egli morrebbe prima. Lo stesso accadrebbe a colui che pretendesse di seguire la vita religiosa presso di me a patto che io chiarissi tutti i suoi dubbi: egli morrebbe prima. Il Dubbio che fa soffrire è quello che cerca per forza la risposta. Non è la semplice presa di conoscenza di "sapere di non sapere" ma pretende una chiarificazione che tolga, paradossalmente, ogni dubbio.


Quello che non abbiamo, che ci manca a noi occidentali, credo, è proprio un maestro che ne sappia di queste cose  ::)

Comunque il Dubbio che tu esponi a me pare quasi una "dotta ignoranza". Ad esempio il dubbio vuole sapere se "il cosmo è eterno o no" invece la "dotta ignoranza" no :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

@ Apeiron scrive:
Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci   forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente.

Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc.
Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...).
Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;)
Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Temevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.

Apeiron

#39
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.

Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso.
Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata.

Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso.

A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. "  Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine  ;D

@Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi.  

@
Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente  :(

Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2017, 18:14:29 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.

Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso.
Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata.

Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso.

A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. "  Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine  ;D

@Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi.  

@
Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente  :(

Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.

Se diamo ragione al pezzo citato da te, però il linguaggio che cela i pensieri, è anche da interpretare.

Vado a memoria, perchè per esempio il nostro dissenso in filosofia ci porterebbe a essere slegati, ma la nostra passione per la religione ci porterebbe a essere legati, ma alla fine quello che più mi avvicina a volerti ascoltare, sono proprio gli ultimi post, in cui parli di vissuto.

Cominciamo a distinguere quelli, perchè stiamo usando il linguaggio, e il linguaggio ha in sè dei trabochetti. Ma i pensieri quali sono?

nel post su citato, tu scrivi molto interessantemente che cerchi una via per unire due interessi. Quello scientifico e quello religisioso.

ma in cosa consiste esattamente? intendo non possiamo iniziare a confrontarci con quello?

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Credo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi.

Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali.

Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare.

Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria.

A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.

Apeiron

#42
Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:00:14 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2017, 18:14:29 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.
Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso. Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata. Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso. A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. " Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine ;D @Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi. @Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente :( Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.
Se diamo ragione al pezzo citato da te, però il linguaggio che cela i pensieri, è anche da interpretare. Vado a memoria, perchè per esempio il nostro dissenso in filosofia ci porterebbe a essere slegati, ma la nostra passione per la religione ci porterebbe a essere legati, ma alla fine quello che più mi avvicina a volerti ascoltare, sono proprio gli ultimi post, in cui parli di vissuto. Cominciamo a distinguere quelli, perchè stiamo usando il linguaggio, e il linguaggio ha in sè dei trabochetti. Ma i pensieri quali sono? nel post su citato, tu scrivi molto interessantemente che cerchi una via per unire due interessi. Quello scientifico e quello religisioso. ma in cosa consiste esattamente? intendo non possiamo iniziare a confrontarci con quello?

Forse è off-topic però per un dialogo produttivo tra noi due sull'incontro tra "dubbio" e "religione" non so quanto sia utile. Come le persone religiose io cerco la trascendenza, la verità, "Dio" se vuoi e credo che quando le persone parlano di Tao, Nirvana, Dio, Brahman non siano semplicemente "pazzi" ma parlino di qualcosa di molto più reale di quello che appare. Trovo bellissime espressioni nelle religioni di tutto (!!!) il mondo. Un cristiano invece prende una religione e per di più mooolto dualistica (salvezza/dannazione, paradiso/inferno, luce/tenebra...) basata sull'accettazione di dogmi su cui non si può discutere pena la "dannazione". Un cristiano perciò inserisce tutto se stesso in un sistema autoritario che chiude a tutte le esperienze religiose di questo mondo e in cambio si imprigiona, secondo me, un vero e proprio "splitting" mentale (in psicologia lo "splitting" è la netta separazione dualistica, ossia "pensare in bianco e in nero"). A me tutto questo sembra un modo di ragionare troppo vecchio anche se ha molti elementi che apprezzo molto, ergo sono ambivalente rispetto alla cristianità. Sul lato pratico poi la cristianità non offre nessuna tecnica meditativa ed è contraria alla speculazione filosofica. Purtroppo molte persone sopportano poco il dover essere imprigionati in riti, "verità" che non possono essere discusse, un Dio che pretende di essere ringraziato in ogni secondo. Non riesco a far mia l'idea di un Dio Personale e Amorevole da quanto so della dottrina cristiana: la mia coscienza si "ribella" a sentire certi atteggiamenti "attribuiti" a Dio. Tu magari sì visto che d'altronde c'è anche scritto "Deus Caritas est". Ma se iniziamo a discutere non finisce più, partiamo da mentalità troppo diverse (non mi esprimo sul futuro, ma per ora è così).

Tutto ciò lo dico perchè un terreno comune tra noi due è solo su una "trascendenza". Ma io purtroppo per me (?) non riesco a dire "qui la mia coscienza e la mia ragione non posso usarle perchè me lo dice Dio".  Personalmente sono uno che cerca, uno che gli piace indagare i misteri e ammirare il Mistero della Realtà. Mi pare che a te piacesse Nietzsche quindi lo cito per descrivermi: "Sono troppo curioso, troppo problematico, troppo tracotante...". In nessun versetto della Bibbia c'è scritto "fatevi domande" o "pensate con la vostra testa" o "interrogatevi". Uno stile di vita del genere per me è inaccettabile, quindi va bene il dialogo però non so quanto possa esserci utile. In ogni caso ti ammiro perchè nonostante la tua religione hai una mentalità molto aperta, così come ammiro molti amici cattolici. Se fossi cristiano io probabilmente sarei un fanatico, vista la mentalità "ossessionata dal controllo" (paradosso: io odio il pensiero "in bianco e in nero" e tuttavia istintivamente pensierei così...) che mi ritrovo, quindi forse è meglio che non lo sia. Anche perchè sarei un cristiano per paura e non per caritas. Ma aprirei un altro argomento per discutere di ciò...

P.S. Non riesco ad apprezzare l'idea di un Dio Personale. La ritengo un'idea troppo vecchia.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 18:29:30 PMCredo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi. Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali. Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare. Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria. A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.

Sottoscrivo tutto. Ho la sensazione sempre più opprimente di essere un pesce fuor d'acqua. Uno che non ha niente in comune con la maggior parte dei miei coetanei e non e per questo motivo a rischio di "follia". Mi sento come un marziano in mezzo a gente che non capisco. Con loro ho dei bei momenti. In verità ho molti amici tuttavia ho un senso opprimente di distacco, di lontanza, di solitudine. Talvolta questa lontananza è accompagnata da pensieri di "essere inutile". Ma quello che vorrei far capire è:
Hui Zi disse a Zhuangzi: "Ho un grande albero di ailanto, ma il suo tronco è così contorto
e nodoso che non si riuscirebbe a trarne un'asse diritta. I suoi rami sono così intricati che
squadra e compasso non sono di alcuna utilità su di essi. Si erge sul ciglio della strada, ma
nessun falegname lo degna di uno sguardo. Così sono anche le tue parole: grandi, ma
inutili, e nessuno sa che farsene."

Zhuangzi rispose: "Hai mai visto
un puma o un furetto? Si appiatta in agguato, aspettando
la preda, poi balza a destra e a sinistra, in alto e in basso. Ma alla fine cade in una trappola
o muore in una rete. E poi c'è lo yak, grande come una nuvola che oscura il cielo. Ma è
incapace di prendere un topo. Tu hai questo grande albero è ti preoccupi del fatto che è
inutile? Piantalo nel terreno del non essere, nel campo dell'illimitato, e tutti gli esseri
potranno ripararsi sotto di esso e addormentarsi nella sua ombra liberi e felici. Nessuna
ascia gli abbrevierà mai la vita. Proprio perché è inutile nulla può nuocergli."
(Zhuangzi,I)

Vorrei far capire l'utilità dell'inutile. Ma purtroppo il primo a dubitarne sono io. Per questo detesto il Dubbio...

Come risvegliare quindi il Dubbio all'uomo moderno? Secondo me è impossibile. C'è troppa comodità e dove c'è comodità ci si riposa sugli allori e non si pensa. La maggior parte delle persone si "risveglia" solo quando avverte un pericolo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Volendo si può reagire ribadendo ciò che hai detto, l'utilità dell'inutile, e quindi sostenendo che è il mondo a sbagliare. Però chiudersi in modo unilaterale in una posizione del genere significa chiudersi all'ascolto del mondo. Almeno credo che si debba tentare di mettere insieme le due cose e farle dialogare (il che non è una via di mezzo, personalmente odio le vie di mezzo).

Se dubiti dell'utilità dell'inutile, significa che dubiti dell'importanza dell'arte, di un saluto dato a un amico parlando del tempo che fa, di un brano di musica classica ascoltato appassionatamente o spassionatamente. Se dubiti di queste cose, per me è sintomo di un filosofare sbagliato (anche per filosofare ci vuole la patente, buttarcisi da sprovveduti è come giocare da inesperti con il coltello tagliente di cui ho parlato sopra).

Un filosofare sbagliato può essere per esempio restringere il filosofare all'uso del cervello e non mescolarci umanità, sensibilità, esperienze umane, coinvolgimento emozionale, che però devono lavorare per un dialogo col cervello, non dev'essere un puro mescolare. Altrimenti è logico che si va a finire nell'ostinazione a chiedere al cervello la spiegazione di tutto, il fondamento di tutto, la soluzione a tutto, dimenticando che, per certi versi, il nostro cervello si può considerare anche semplicemente come un organo al pari degli altri, come sono un braccio, un piede. La consapevolezza che il cervello ci dà è un'esperienza grande, enorme, ma non è tutto.

green demetr

Amico Apeiron,

A proposito di tranelli del linguaggio! io sono induista (lo yoga regale di patanjali, sono arrivato al quarto stadio.)
Mi sono interessato al buddismo di SON IKKYU. Mi sono interessato allo zen. Mi sono interessato alle forme devozionali e razionali dell'INDUISMO.
Non sono cristiano. Per questo ci unisce la passione per l'orientale.
Mi sto affacciando con curiosità sul mondo cristiano, penso che ogni religione contenga in sè una saggezza, che NON si può ignorare.
La dottrina cristiana per me non è stata così dannosa, in quanto non l'ho mai coltivata. ;)
Vieni insieme a me e Angelo a parlarne sul 3d la vita spirituale.

Dubbio e religione si sposano meglio che Dubbio e filosofia.
Mi vien da pensare così sul momento. ciao a presto. :)

Vai avanti tu che mi vien da ridere

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