Il Dubbio (e la filosofia)

Aperto da Apeiron, 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM

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Angelo Cannata

#15
Citazione di: paul11 il 09 Maggio 2017, 23:59:39 PMCome trovare l'equilibrio?
Questa domanda mi sembra che contenga il nocciolo della questione. Parlando di equilibrio, io amo pensare alla bicicletta: su di essa si riesce a stare in equilibrio per due motivi: uno è perché si procede, si cerca di andare avanti; l'altro è perché in realtà ci si squilibra in continuazione, un po' a destra, un po' a sinistra: il manubrio di uno che va in bicicletta non è mai fermo, ma svolta in continuazione a destra e a sinistra.
Ne segue che cercare un equilibrio stabile, perfetto, statico, è una ricerca che produrrà incongruenze, insoddisfazioni inutili. Quindi il dubbio ha bisogno della certezza e la certezza ha bisogno del dubbio; entrambi possono coesistere nella nostra umanità grazie all'esistenza del tempo, in quale consente alternanze di squilibri.
Così ho risposto anche alla domanda di gree demetr, a proposito del dubbio come blocco o come apertura di possibilità
Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2017, 14:13:19 PMChe in te convivano 2 così diversi modi di sentire?

Lou

#16
Citazione di: Apeiron il 09 Maggio 2017, 23:06:00 PM@paul11/@Lou. Aprite una discussione interessante. Il Dubbio dunque è un esercizio filosofico o devo renderlo una pratica di vita?
A mio parere l'esercizio del dubbio è una esperienza irrinunciabile in quanto costitutiva dell'essere umano, una fisiologia propria del pensare e, oltre a quanto affermato da paul che condivido,  propulsiva per soffermarsi e sviluppare interrogazioni, verso sè stessi, il mondo, le relazioni, il proprio agire, le proprie credenze ed esperienze verso tutto ciò che diamo per scontato convintissimi e certi di agire sapendo quel che stiamo facendo e pensando sia in svolto in tutta autonomia, quando forse sono i saperi, gli abiti mentali,  dispositivi precostituiti e automatismi che ci agiscono più di quanto sospettiamo.  Detto ciò, trovo tuttavia, che nel momento in cui questo esercizio non individua alcuna necessità di sopensione avvitandosi su sè stesso, ritengo che la vita pratica e quotidiana e ovvia risulterebbe del tutto inagibile.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

green demetr

x apeiron

sono d'accordo con Lou, se il dubbio su cui ci dobbiamo interrogare è di carattere negativo, allora ci avvitiamo su noi stessi.
E per inciso è esattamente quello che succede a chi cerca una oggettività atemporale.
(tra l'altro mi viene in mente, che ci cerca il rettilineo sovente rimane chiuso in una spirale).

Forse apeiron puoi trovare l'oggettività nell'equilibrio di cui parla Angelo. Ossia una oggettività che ogni tanto ha bisogno di piccoli aggiustamenti, di modo che se la realtà è una curva, tutti questi aggiustamenti produrranno il risultato reale di una curva.
Ma nondimeno nel breve periodo son una piccola linea retta, o meglio dei punti fissi.
Forse per te che cerchi l'oggettività è un immagine che torna (e tra l'altro non è forse nei concetti di fisica che studi: la realtà come insieme punteggiato? o era la matematica? ;) boh)
Se invece la realtà che cerchi deve essere rettilinea, allora devi sperare che la realtà lo sia per davvero!
Molto suggestiva l'immagine della bici. :D  :D  :D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Freedom

Sono talmente poche le cose che conosciamo con ragionevole certezza che il dubbio diventa uno stato d'animo esistenziale. Un inseparabile compagno di viaggio nell'avventura della vita. Se si è onesti con se stessi ritengo che questo stato di cose sia del tutto inevitabile.

Il problema che si pone è dunque come conviverci.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

davintro

Il dubbio è un metodo, lo strumento imprescindibile, per ricercare in modo critico e razionale la verità. Quanto più si lascia in sospeso tutto ciò che non è evidente dell' esperienza del mondo, tanto più giungono a manifestarsi gli aspetti essenziali e universalmente veri delle cose. La nostra finitezza esistenziale ci impedirà sempre di giungere a una visione esaustiva e totalizzante di tali aspetti, il nostro essere in divenire, in ricerca fa sì che la condizione del dubbio sia una condizione inaggirabile in quanto costitutiva del nostro essere. Ma non è detto che seppur in misura parziale non sia possibile individuare e distinguere delle certezze sebbene conviventi con le incertezze. Non è necessario, per riuscire a isolare delle particolari certezze, di poter giungere a un sapere globale  e assolute in cui tutte le possibili questioni sono risolte. Ecco perché personalmente sono critico verso gli atteggiamenti pseudo-intellettuali che idolatrano il dubbio identificando il dubitare con l'essere intelligenti e l'avere certezze con l'essere degli stupidi dogmatici. Non è così, o comunque non è sempre così. Esiste l'atteggiamento ingenuo di chi non si pone mai domande e di chi ha certezze che ha non sono la conseguenza di una ricerca, ma dal mero assorbire passivo e acritico di un condizionamento dettato dall'ambiente in cui si vive, l'educazione familiare, le autorità scolastiche e accademiche ecc., ma esistono anche le certezze che sono il risultato del dubbio, della sua radicalizzazione, le certezze delle persone che hanno portato all'estremo il dubbio, e proprio in questo modo sono riusciti ad isolare degli aspetti evidenti, identificabili in particolare con l'avvertimento autocoscienziale della nostra soggettività pensante e vivente (penso in particolar modo alla triade Agostino-Cartesio-Husserl). E non per questo tali persone sono dogmatici o presuntuosi, non dogmatici perché se le certezze sono state ricavate dall'esercizio del dubbio nulla impedirà in futuro di poter tornare sui loro passi, e mettere in discussione ciò che in un primo momento appare evidente. Non presuntuosi, perché come detto sopra, l'avere individuato delle particolari certezze non vuol dire negare il riconoscimento dei limiti della nostra conoscenza, che ci portano a restare in dubbio su molti aspetti delle cose. Il momento analitico della conoscenza è ciò che permette proprio di scomporre la complesso delle questioni sulla realtà in delle questioni "semplici", nel senso di non ulteriormente scomponibili, che pur sempre in relazione con l'intero, possono essere superate con delle certezze, senza pretendere che la certezza si estenda alle altre. E come esiste un dogmatismo della certezza, esiste un dogmatismo del dubbio, nel momento in cui un'evidenza oggettiva contrastante con i nostri valori soggettivi ( conflitto fra "realtà così come è" e "realtà come vorrei che fosse") e tale evidenza viene rigettata, restando con l'atteggiamento del dubbio, mentre si reprime la consapevolezza che la questione è risolta, perché la risposta non ci piace, allora a mio avviso si può parlare di "dogmatismo" nella stessa misura di chi ha certezze senza esser passato per il filtro del dubbio. La differenza tra criticità e dogmatismo sta cioè nell'onesta o disonestà intellettuale del ricercatore. Onestà che è un tratto caratteriale psicologico dell'individuo, non elemento determinato dal contenuto teoretico o ideologico che si sostiene. Si piò affermare in modo critico e onesto intellettualmente la possibilità di raggiungere delle certezze, così come affermare dogmaticamente che si deve dubitare di tutto

Apeiron

Sono più o meno d'accordo con quanto sostiene @davidintro: negli ultimi due secoli si è fatto l'Elogio del Dubbio dimenticandosi che ciò in realtà genera l'indeicisione e l'indecisione porta o all'inazione oppure al Caos. Il Dubbio dei filosofi che citi, @davidintro, è un dubbio che ha un fine. Il Dubbio elogiato oggi sembra non avere nessuno scopo, si dubita per dubitare.

@Freedom, d'accordo anche con te. La difficoltà è proprio conviverci.

@paul11, la visione pedagogica che proponi mi piace: in sostanza il Dubbio di cui parli è una sorta di cammino - è un dubbio finalizzato, tipico di una persona che ha un certo equilibrio mentale.

@Lou... Già la vita quotidiana. Alle volte vorrei ri-iniziare la mia vita e passare più tempo ad imparare a vivere "normalmente", ad imparare le cose "concrete". In ogni caso il problema non è solo mio ma della mia generazione: ci siamo dimenticati la saggezza della vita. A 23 anni ci comportiamo ancora come 100 anni fa si comportavano i quindicenni.

@greendemetr Personalmente credo di essere attratto dalla fisica, dalla matematica e dalla filosofia per la mia incapacità di tollerare l'incertezza. Ci si aspetterebbe che tale incertezza allontani dal dubbio e invece lo alimenta. Si cerca l'"ordine matematico" ovunque, in ogni ambito della vita, si vuole il controllo: il dubbio può essere un segnale anche di questo. "Chi è in preda al dubbio" forse lo è proprio perchè non vuole dubitare. Forse la soluzione è "lasciarsi andare", accettare il Dubbio e perdere l'Avversione contro di esso. Perfino tra i trentenni a volte fatico a vedere un adulto...


@AngeloCannata: complimenti per la metafora della bicicletta ;) 



P.S./Off_topic Mi piace anche per un altro motivo. Il movimento ad elica: il moto di un punto della ruota è una composizione di moto rettilineo e circolare. Così la mia mente mi ripropone ciclicamente le stesse idee, mi ripesca idee che avevo sepolto e me la fa però vedere con occhi diversi. Ma tutto ciò ha un verso, una direzione. Tale è samsara (per come lo vedo, togliendo tutto l'aspetto "sovramondano" e mitologico): il movimento elicoidale, un movimento che si ripete ma che allo stesso tempo progredisce e ogni circolo è impermanente.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Lou

#21
@apeiron
La vita quotidiana forse la viviamo tutti. tu no?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Apeiron

@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare.
Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio.

L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#23
Citazione di: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare. Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio. L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.

Io intendo il filosofare secondo la concezione di Shopenhauer: filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere...
« Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio."
Quindi, su questo percorso , la filosofia diventa necessariamente ricerca di un modo di vivere' filosofico' che punti alla comprensione e poi liberazione dal dolore di vivere, quindi essenzialmente filosofia pratica, morale o etica. Mentre la filosofia occidentale ha messo in secondo piano questo aspetto per cercare soprattutto la conoscenza, quindi è diventata filosofia teoretica. La figura del "saggio" è stata sostituita da quella dell'amico-studioso, colui che ricerca pur essendo convinto che la verità sia irraggiungibile. Il 'saggio' dell'Orienta pensa per figure. L'Amico del sapere pensa per concetti.
Il dubbio investe, a mio parere, principalmente la filosofia teoretica ed è funzionale ad essa. mentre in quella pratica  si risolve nella 'visione' figurativa che il suo esistere è inerente a quel dolore di vivere di cui parla il buon Arthur...
Ne consegue che preferisco ovviamente il 'saggio' all' 'erudito'... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2017, 14:38:14 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare. Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio. L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.
Io intendo il filosofare secondo la concezione di Shopenhauer: filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere... « Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio." Quindi, su questo percorso , la filosofia diventa necessariamente ricerca di un modo di vivere' filosofico' che punti alla comprensione e poi liberazione dal dolore di vivere, quindi essenzialmente filosofia pratica, morale o etica. Mentre la filosofia occidentale ha messo in secondo piano questo aspetto per cercare soprattutto la conoscenza, quindi è diventata filosofia teoretica. La figura del "saggio" è stata sostituita da quella dell'amico-studioso, colui che ricerca pur essendo convinto che la verità sia irraggiungibile. Il 'saggio' dell'Orienta pensa per figure. L'Amico del sapere pensa per concetti. Il dubbio investe, a mio parere, principalmente la filosofia teoretica ed è funzionale ad essa. mentre in quella pratica si risolve nella 'visione' figurativa che il suo esistere è inerente a quel dolore di vivere di cui parla il buon Arthur... Ne consegue che preferisco ovviamente il 'saggio' all' 'erudito'... :)

Esatto, esatto, esatto @Sariputra e Schopenhauer. Non a caso sia tu che Arthur siete appassionati di filosofia orientale, buddismo in particolare. Le differenze dottrinali tra buddismo, alcune scuole dell'induismo e taoismo non sono davvero importanti. Il loro obbiettivo è sempre la "Liberazione". Come dici tu il "saggio dell'oriente" pensa per metafore e cerca di descrivere la sua esperienza mentre in occidente ognuno prende ciò che ha scoperto lui della realtà per tutta la realtà. Dunque stando così le cose la vita per l'uomo di conoscenza, l'amico del sapere, non riuscirà mai ad essere soddisfacente perchè la vita è finita e le nostre capacità sono finite mentre l'oggetto della conoscenza è infinito. La strada d'uscita dall'empasse dunque è proprio l'esperienza, la "cessazione" del desiderio, della sete (pali: tanha) di conoscenza. "Chi si dedica allo studio ogni giorno aggiunge, chi pratica il Tao ogni giorno toglie..." (Tao Te Ching). Il Mistero della vita è che sembra che tutti sappiano questo ma nessuno lo mette in pratica. Abbiamo forse un problema di volontà? Non è che continuiamo a fare le cose che diciamo di non voler fare perchè in fin dei conti le vogliamo?

A questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PM
A questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte, dai sistemi politici totalitari e da chiunque abbia interesse a distogliere la gente dal pensare e dal servirsi del senso critico. Trovo poi particolarmente curioso che tu giunga a presentare questa via come raccomandata da parte del Dubbio, addirittura con la D maiuscola. Insomma, in sostanza hai scritto che il Dubbio mi dice questo: "Rinuncia a dubitare, rinuncia a pensare, ad usare il senso critico". Ma come può il Dubbio propormi di non dubitare?

Mi sembra che si cada in un sacco di stalli, di empasse, come tu hai detto, non solo in questa discussione, ma in un sacco di discussioni di questo forum Logos, perché si affrontano le questioni in una visione statica, si perde completamente di vista che siamo storia, che tutto diviene. La metafora della bicicletta che avevo proposto comprende ciò, perché avevo detto che in bicicletta si riesce a stare in equilibrio solo a patto di muoversi in avanti. Se tieni la bici bloccata, ferma con i freni, cadrai a terra.

È la storia che ci consente da sempre di uscire dall'empasse del dubbio, non la rinuncia a dubitare e il ricorso a modifiche artificiali della volontà.

Storia significa che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre nella mente di qualcuno. È questo che ci si ostina a dimenticare, un oblio peraltro comprensibile, che non è altro che l'essere tutti impastati tuttoggi, inconsapevolmente, di filosofia greca. Dubbio nella mente di qualcuno significa che questo qualcuno ha sempre una storia alle spalle, che gli fornisce una fisionomia tutta sua, particolaristica. Si esce dal dubbio raccogliendo nel presente tutta la storia che abbiamo alle spalle e a partire da tale sintesi effettuando delle scelte di cui ci si assume la responsabilità. Poi si passa il tempo a correggere gli errori.

Pensare di modificare la volontà, così, gratuitamente, senza alcuna base, significa creare nella gente sensi di colpa devastanti: "Se tu fai il male, vuol dire che tu vuoi il male, e allora vuol dire che tu sei cattivo". Meraviglioso in questo senso san Paolo, quando dice "Io faccio il male che non voglio!".

Se uno che ha problemi va dallo psicologo o psichiatra, quest'ultimo farebbe malissimo ad indirizzarlo sullo sforzo di correggere direttamente la volontà: bisogna vedere quali problemi stanno dietro, cos'è che ha indotto al crearsi di quella volontà.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMA questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte, dai sistemi politici totalitari e da chiunque abbia interesse a distogliere la gente dal pensare e dal servirsi del senso critico. Trovo poi particolarmente curioso che tu giunga a presentare questa via come raccomandata da parte del Dubbio, addirittura con la D maiuscola. Insomma, in sostanza hai scritto che il Dubbio mi dice questo: "Rinuncia a dubitare, rinuncia a pensare, ad usare il senso critico". Ma come può il Dubbio propormi di non dubitare? Mi sembra che si cada in un sacco di stalli, di empasse, come tu hai detto, non solo in questa discussione, ma in un sacco di discussioni di questo forum Logos, perché si affrontano le questioni in una visione statica, si perde completamente di vista che siamo storia, che tutto diviene. La metafora della bicicletta che avevo proposto comprende ciò, perché avevo detto che in bicicletta si riesce a stare in equilibrio solo a patto di muoversi in avanti. Se tieni la bici bloccata, ferma con i freni, cadrai a terra. È la storia che ci consente da sempre di uscire dall'empasse del dubbio, non la rinuncia a dubitare e il ricorso a modifiche artificiali della volontà. Storia significa che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre nella mente di qualcuno. È questo che ci si ostina a dimenticare, un oblio peraltro comprensibile, che non è altro che l'essere tutti impastati tuttoggi, inconsapevolmente, di filosofia greca. Dubbio nella mente di qualcuno significa che questo qualcuno ha sempre una storia alle spalle, che gli fornisce una fisionomia tutta sua, particolaristica. Si esce dal dubbio raccogliendo nel presente tutta la storia che abbiamo alle spalle e a partire da tale sintesi effettuando delle scelte di cui ci si assume la responsabilità. Poi si passa il tempo a correggere gli errori. Pensare di modificare la volontà, così, gratuitamente, senza alcuna base, significa creare nella gente sensi di colpa devastanti: "Se tu fai il male, vuol dire che tu vuoi il male, e allora vuol dire che tu sei cattivo". Meraviglioso in questo senso san Paolo, quando dice "Io faccio il male che non voglio!". Se uno che ha problemi va dallo psicologo o psichiatra, quest'ultimo farebbe malissimo ad indirizzarlo sullo sforzo di correggere direttamente la volontà: bisogna vedere quali problemi stanno dietro, cos'è che ha indotto al crearsi di quella volontà.

Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo ( pur con le ovvie differenze). Non si tratta affatto di rinunciare al dubbio, ma di comprenderlo all'interno della pratica e non di una "teoria del dubbio" come stai facendo tu. Se durante una pratica meditativa o etica insorgono dubbi sulla pratica stessa, non significa affatto che la pratica sia sbagliata, ma posso anche cominciare a dubitare del mio approccio alla stessa. S'instaura una dialettica continua tra la pratica e il praticante  fino a giungere, col tempo, a far andare la pratica al ritmo del praticante. In questo senso la "bicicletta" di cui parli è la pratica ( meditativa o etica) stessa e il ciclista colui che se ne serve per spostarsi da una posizione di aggrovigliamento su se stesso ad una in cui si gusta semplicemente l'andare per i campi in bicicletta. E questo è storia, perché il praticare non cambia solo te stesso ma anche ciò che ti circonda ( non solo l'odio e l'egoismo sono contagiosi, per fortuna...). la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà infatti per uscire dal groviglio interiore, dalla "giungla del teorizzare" continuo e non c'è mai lo 'spegnimento del cervello' anzi, la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...). Ovvio che serve maturità e che non ci si deve avvicinare semplicemente per risolvere paturnie psicologiche. Ma ci si avvicina con l'intento di "vedere" ( e qui torna il discorso figurativo del filosofare pratico o etico stesso...) e con la serietà necessaria; serietà necessaria e imprescindibile per 'gustare' il frutto stesso della pratica scelta. Quindi non capisco perché dici che questo significa rinunciare a 'storia', scelte e responsabilità. La tua storia è il tuo agire stesso ( e non una teoria sull'agire...), la tua scelta ti cambia e cambia ciò che ti circonda, prendendosi a cuore con estrema responsabilità il tuo bene operi con responsabilità anche verso il bene degli altri.
Ciao  :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 13 Maggio 2017, 20:33:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMmutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte
Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo
.... la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà
... la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...).
Ho l'impressione che prima mi dici che ho travisato, ma poi confermi ciò che ho detto.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 20:47:52 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Maggio 2017, 20:33:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMmutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte
Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo .... la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà ... la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...).
Ho l'impressione che prima mi dici che ho travisato, ma poi confermi ciò che ho detto.

E' ormai storicamente accertato che siamo destinati a non capirci... ;D ;D 
Non posso ovviamente parlare per Apeiron. Da parte mia posso solo dire che serve una grande forza di volontà per seguire una filosofia pratica nella propria vita: meditativa , etica o morale che sia e per essere fedeli ad una scelta. D'altronde, anche il bambino, se gli cambi continuamente bicicletta sotto il sedere mentre prova, fa molta, molta fatica ad imparare ad andarci... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Lou

#29
CitazioneMa d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio.
Forse il dubbio socratico non fu un dubbio scettico assoluto, in ambito teoretico, ma è proprio per questo ritengo fu uno scettico pratico impareggiabile, colui che traccia il modello di prassi scettica capace di ispirare e muovere ogni ricerca, ma ne sappiamo poco.
:)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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