Filosofia e nevrosi (su richiesta di epicurus)

Aperto da Apeiron, 29 Luglio 2017, 18:46:45 PM

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Apeiron

@Angelo Cannata, sono d'accordo con te che cose meravigliose nella vita si trovano proprio perchè si ha sete :)  però anche qui bisogna fare delle disintizioni. A volte la sete appunto ha come risultato finale qualcosa di piacevole o fa in modo di apprezzare meglio quello che si ha(d'altronde Eraclito affermava che: " La malattia rende piacevole e buona la salute, la fame la sazietà, la fatica il riposo." - Complementarietà degli opposti Carlo  ;D ). Altre volte invece è una sete che non porta a nulla. In ogni caso la sete non è l'obbiettivo ma può essere un "effetto indisiderato" necessario per raggiungere un obbiettivo. In sostanza uno che come obbiettivo ha la sete in sé mi sembra quasi un masochista  ;D Quando dico ad esempio che filosofia può causare "nevrosi" intendo proprio questo: invece di avere come obbiettivo l'eudamonia molta speculazione filosofica finisce per avere come obbiettivo l'eccesso e ciò crea frustrazione, esaltazione ecc. Viceversa a volte è proprio la nevrosi (sia negativa che positiva) che crea in noi lo "spirito filosofico" nella speranza di dare "acqua all'assetato". La cosa interessante però è proprio che sembra quasi che siamo "chiamati" a diventare assetati... per raggiungere alla fine la pace...

@Carlo: beh ecco non è sempre vero (se presa fuori dal suo contesto). Per esempio se ricordi a chi ha subito un trauma l'evento in questione a volte finisci per peggiorare la sua salute mentale. Idem ad esempio rendersi conto della condizione umana a volte non è molto piacevole  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

anthonyi

Freud diceva che lo sviluppo del pensiero umano è il risultato della repressione degli istinti (in particolare secondo lui quelli sessuali). E' un po' la logica del detto: "La necessità aguzza l'ingegno" per cui una mente resa sofferente dalla repressione delle pulsioni genera tentativi di soluzione a questa sofferenza che diventano idee.
Ora dallo stesso autore abbiamo la tesi per cui, in alcuni casi, gli istinti repressi producono nevrosi.
Da ciò il collegamento filosofia-nevrosi tema del 3d, che sarebbero effetti della stessa causa.

Carlo Pierini

Citazione di: Apeiron il 01 Settembre 2017, 13:09:26 PM
@Carlo: beh ecco non è sempre vero (se presa fuori dal suo contesto). Per esempio se ricordi a chi ha subito un trauma l'evento in questione a volte finisci per peggiorare la sua salute mentale. Idem ad esempio rendersi conto della condizione umana a volte non è molto piacevole  ;D

Beh, certo. Se la "condizione umana" è quella desunta dall'osservazione empirica-razionale del mondo, (si nasce, si soffre, si muore, e ...buonanotte suonatori!), allora non solo non è molto piacevole, ma è addirittura mostruosa. Ma se la ragione, da sola, non avesse gli strumenti per giudicare qual'è la vera condizione umana, perché, come dicono anche i buddisti, la percezione ordinaria è maya, cioè, illusoria in quanto nasconde la Realtà assoluta che la sottende? Una Realtà assoluta non visibile ai nostri due occhi, ma solo al "terzo occhio"? Una Realtà fuori dallo spazio-tempo? ...Come dice Jung:

"Il fatto che le nostre capacità di rappresentazione non siano assolutamente in grado di immaginare una forma di realtà extra spazio-temporale, non prova che una tale realtà non sia possibile. [...] Le idee e i dubbi della fisica teorica contemporanea dovrebbero rendere guardingo anche lo psicologo: giacché cosa significa in fin dei conti la «limitatezza dello spazio» considerata filosoficamente, se non una relativizzazione della categoria spaziale? E anche alla categoria temporale (come alla causalità) potrebbe accadere qualcosa di simile.[...] Data questa estrema incertezza delle concezioni umane, la presuntuosa faciloneria illuministica, non è soltanto ridicola, ma desolatamente priva di spirito. [...] La conclusione che la psiche partecipi attivamente a una forma di realtà extra spazio-temporale e appartenga quindi a ciò che in modo inadeguato e simbolico viene detto "eternità", l'intelletto critico non potrebbe contrapporgli altro argomento che uno scientifico "non liquet" [non è chiaro]. Che questa sia una verità assoluta oppure no, non lo potremo mai provare, ma basta che esse siano presenti come "inclinazioni", e sappiamo a sufficienza che cosa significhi mettersi sconsideratamente in conflitto con tali verità: è come un non voler tener conto degli istinti". [JUNG: Realtà dell'anima - pg.163]

"[Le idee di immortalità-eternità dell'anima] sono dati irrazionali, condizioni a priori dell'immaginazione, che semplicemente sono e di cui la scienza non può scrutarne lo scopo che a posteriori. [...] Ai malati più anziani uso dire: la vostra immagine di Dio o la vostra idea di immortalità sono atrofiche, di conseguenza il vostro metabolismo psichico non è in regola. Il fármakon atanasìas, il farmaco dell'immortalità degli antichi, è più saggio e più profondo di quanto supponiamo".  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.432]

Apeiron

@Carlo. Il fatto che la verità possa far male non toglie ovviamente la "ragionevole speranza" che in ultima analisi con una mente bed addestrata e pronta si riesca a progredire anche nell'eudamonia. Togliersi tutte le "illusioni" tuttavia può essere un volo pindarico... ma d'altronde è quasi un dovere farlo. Concordo grossomodo con quanto afferma Jung.

@anthonyi in questo caso concordo anche con Freud. Non a caso d'altronde è l'uomo l'animale che soffre più di nevrosi e guarda caso è l'unico - oltre ogni ragionevole dubbio - che filosofa...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Apeiron il 29 Luglio 2017, 18:46:45 PM
[...] secondo me filosofia (seria) e nevrosi sono quasi inscindibili [...] Ovviamente la mia è l'esperienza personale ma secondo me c'è davvero uno stretto legame tra la nevrosi e lo spirito filosofico. Possiamo anzi dire che la nevrosi è l'effetto indisiderato della filosofia e la filosofia spesso nasce dalla nevrosi.
[...]
Dare importanza all'etica, ai principi morali: si finisce per sviluppare una forte conscienziosità, un forte senso di colpa, una umiltà quasi patologica nel confronto con "l'uomo ideale", ci si sente peccatori [...].
Dare importanza alla ricerca della verità: OCD esistenziale-filosofico nel quale ci si chiede in continuazione se il mondo esiste, se l'io esiste, se Dio esiste, qual è la verità. [...] Rischio: da una parte la depressione perchè il compito è impossibile e isolante, dall'altro si rischia di auto-esaltarsi per intuizioni più o meno fondate.
Dare importanza alla filosofia della religione-spiritualità: nuovamente OCD religioso e/o scrupolosità (pensare ossessivamente al senso della vita, chiedersi ossessivamente ad esempio se Dio ci manderà all'inferno o no, chiedersi se si rischia di reincarnarsi in qualche reame basso, continuare a pensare alla morte e spaventarsi dinanzi all'Oblio ecc [...].
In generale essere più consapevoli delle cose, quindi fare caso a problemi che altri non vedono. Avere pensieri a mille, essere dei sognatori ad occhi aperti, vedere che le cose possono essere meglio e avere forte tendenze idealistiche. Sicuramente altre cose che non mi vengono in mente
Innanzitutto mi scuso con Apeiron, che ha aperto questo argomento anche su mio stimolo, ma a cui io non ho mai risposto. Fino ad ora... Purtroppo non mi ero proprio accorto che fosse stato aperto questo topic e poi ho fatto un periodo considerevole di assenza dal forum. Quindi chiedo perdono.  :-[


Il punto centrale è il concetto di "dare troppa importanza a qualcosa". Il dare troppa (davvero troppa!) importanza a qualsiasi cosa porta ad una ossessione e quindi ad una qualche forma di nevrosi. Se un falegname continuerà a pensare incessantemente al legno e alla sua manipolazione, notte e giorno, in modo davvero eccessivo, allora avrà una forma di nevrosi. Questo è vero, diciamo, per definizione.

Inoltre, è ovvio che se si parte già da una situazione di disagio, allora si arriva a una filosofia nevrotica. Ma, anche qui, se si parte da una situazione di disagio si può portare tale disagio in qualsiasi altra attività. E abbiamo pure invertito la causa con l'effetto. Tornando alla questione se la filosofia causi una nevrosi, io non condivido affatto. La risposta breve è che dipende dai casi e da cosa ti ha portato a fare filosofia e come intendi la filosofia.

Diciamo che dipende da quanto si è predisposti a soffrire se alcune proprie idee vengono scoperte false. Faccio un esempio: poniamo che per me che esista Dio sia una cosa fondamentale, ma poi il mio ragionare mi porta a ritenere Dio inesistente. E' la filosofia che mi ha depresso? La risposta è: volevi tanto che una cosa fosse vera, quando poi ci hai ragionato e ti sei convinto che è falsa, allora ti sei depresso. Ma se l'esistenza di Dio non fosse fondamentale per me? Allora non sarei depresso.

Questo argomento è applicabile a tutti gli altri problemi filosofici. La filosofia mi può portare al malessere solo se io ho un attaccamento morboso a delle credenze che poi potrei scoprire false. Ma un essere umano può anche non avere questi attaccamenti morbosi, oppure può non arrivare mai a mettere in dubbio tali suoi fondamenti. In entrambi i casi il suo filosofare è immune da nevrosi.

In generale, tu dici che essere più coscienti delle cose, pensare di più, ti permette di vedere più problemi, quindi a soffrire. Anche qui, secondo me, dipende. Perché il mio pensare di più, l'essere più consapevole, non dovrebbe anche fornirmi più strumenti per superare i problemi? Non hai pensato a questo? Uno più consapevole, anche di sé, avrebbe più strumenti per essere forte, o per reinterpretare il mondo in modo più distaccato o più ironico o altro. Esempio. Vedo più facilmente dietro le bugie del prossimo, bugie che altri non vedono? Questo potrebbe essere fonte di sofferenza. Oppure, sono così consapevole, che oltre a vedere le loro bugie vedo anche che sono causate da loro sofferenze, da loro problemi irrisolti, e allora li perdono, ridimensiono il problema, ecc. Inoltre, se ragiono di più e sono più consapevole, potrei vedere non solo più problemi, ma anche più cose positive della media delle persone...

Come ti scrissi anche nell'altro topic, non solo credo che filosofare non implichi necessariamente un filosofo nevrotico, ma credo pure sia più proficuo avere un approccio alla filosofia non nevrotico. Cioè, io credo che uno stato di malessere esistenziale profondo possa più facilmente invalidare le proprie tesi e argomentazioni filosofiche, perché si è meno lucidi.

Kobayashi

Io credo ci sia un'esperienza di base di tipo gnostico in molte delle persone che poi si dedicano ad una ricerca filosofica o religiosa o genericamente spirituale: sentirsi di essere straniero in questo mondo, di avere dimenticato la propria nobiltà originaria e la propria missione.
Alla sofferenza che ne deriva si può reagire negando la verità di questa esperienza, interpretandola come il sintomo della propria inadeguatezza al mondo e definendola come nevrosi, un malessere mentale che va contenuto con tecniche psicologiche (e certo in parte anche compreso con discorsi esistenziali di tipo filosofico).
Oppure ritenendola autentica ispirazione, dando avvio così all'avventura della ricerca con tutto ciò che ne consegue in gioie immense e devastanti solitudini...

Apeiron

@epicurus,

sì effettivamente ho "esagerato" con la mia "enfasi" sulla "negatività"!

Concordo con te che effettivamente se uno trova delle "verità" (o pensa di trovarle  ;D ) che non sono scomode per lui (o anzi, sono "di suo gusto") allora può anche essere felice e non necessariamente depresso (nota però che anche un'eccesso di gioia può essere "nevrosi"!!).

Però vorrei soffermarmi di più sull'affermazione che fai sulla reazione alla filosofia. Qui sono d'accordo con te e anzi era l'obbiettivo di questo topic, in realtà. Hai centrato il segno. Uno più consapevole nota più "cose che non vanno" e la consapevolezza crea disagio. Ma come dici tu la maggiore consapevolezza può avere un risvolto positivo perchè aiuta a trovare una soluzione... Il punto è che in genere è più facile notare il problema che la soluzione (e se questa soluzione richiede molto sforzo è ancora più difficile). E allo stesso tempo a volte l'essere depresso tende a causare la ruminazione e la ruminazione è anch'essa attività interiore che a volte fa "scoprire" cose, non sempre positive. In sostanza si può riassumere tutto con:

un'elevata "vita interiore" può portare alla nevrosi? un'elevata "vita interiore" può portare alla filosofia?

E qui sta il bello: una elevata vita interiore porta a pensare di più, ad essere consapevoli ecc e quindi porta ad essere più filosofi. Ma può portare, secondo me, anche ad essere più sensibili, ad essere "idealisti", ad avere emozioni che possono essere legate semplicemente alla sfera intellettuale o "filosofica" e così via. E quindi oltre ad avere forse una causa comune le due cose possono alimentarsi tra di loro.

La soluzione? Ecco secondo me le "pratiche meditative, spirituali..." sono state introdotte proprio per questo. Senza di esse è facile essere "soprafatti" dalle proprie consapevolezze (specie se gli eventuali problemi richiedono soluzioni non semplici!). Da questo punto di vista gli antichi, compreso Epicuro ( ;D ), hanno visto giusto. Filosofia e "coltivazione interiore" non possono essere separate.


@Kobayashi, sono d'accordo con te, anche se la parola "gnostico" può essere fraintesa, visto che storicamente è legata ai quei gruppi che ritenevano che "questo mondo" fosse stato creato da un "malvagio demiurgo". Direi che, comunque, questo tipo di esperienze di cui parli tendono a mettere in moto la ricerca filosofica e allo stesso tempo le cosiddette "crisi esistenziali". Direi che hai anche tu centrato un aspetto molto importante della questione ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Apeiron il 06 Febbraio 2018, 12:35:09 PM
Concordo con te che effettivamente se uno trova delle "verità" (o pensa di trovarle  ;D ) che non sono scomode per lui (o anzi, sono "di suo gusto") allora può anche essere felice e non necessariamente depresso (nota però che anche un'eccesso di gioia può essere "nevrosi"!!).
Già qui concedi molto: la filosofia, in caso, può creare disagi solo se sia ha già un attaccamento fondamentale su qualcosa e solo se si scopre qualcosa che va contro quell'attaccamento. Devono valere due condizioni, quindi il legame diretto filosofia-nevrosi è rotto.  ;)

Citazione di: Apeiron il 06 Febbraio 2018, 12:35:09 PMPerò vorrei soffermarmi di più sull'affermazione che fai sulla reazione alla filosofia. Qui sono d'accordo con te e anzi era l'obbiettivo di questo topic, in realtà. Hai centrato il segno. Uno più consapevole nota più "cose che non vanno" e la consapevolezza crea disagio. Ma come dici tu la maggiore consapevolezza può avere un risvolto positivo perchè aiuta a trovare una soluzione... Il punto è che in genere è più facile notare il problema che la soluzione (e se questa soluzione richiede molto sforzo è ancora più difficile). E allo stesso tempo a volte l'essere depresso tende a causare la ruminazione e la ruminazione è anch'essa attività interiore che a volte fa "scoprire" cose, non sempre positive.
Potrei dire che, secondo me, una maggior consapevolezza potrebbe portare non solo a trovare problemi o soluzioni a problemi esterni, ma è proprio a un miglioramento di come si vedere il mondo e se stessi. Questa è la mia tesi. Non dico che più filosofia porta benessere psicofisico, dico solo che più filosofia non porta necessariamente ad un malessere psicofisico... dipendere da molte variabili, e, in primis, anche dalla predisposizione psicologica del soggetto.


Citazione di: Apeiron il 06 Febbraio 2018, 12:35:09 PMIn sostanza si può riassumere tutto con:

un'elevata "vita interiore" può portare alla nevrosi? un'elevata "vita interiore" può portare alla filosofia?

E qui sta il bello: una elevata vita interiore porta a pensare di più, ad essere consapevoli ecc e quindi porta ad essere più filosofi. Ma può portare, secondo me, anche ad essere più sensibili, ad essere "idealisti", ad avere emozioni che possono essere legate semplicemente alla sfera intellettuale o "filosofica" e così via. E quindi oltre ad avere forse una causa comune le due cose possono alimentarsi tra di loro.
"Può portare" come no. Come dicevo sopra, non vedrei questa correlazione così stretta tra filosofia e nevrosi. Riassumerei così: un filosofare nevrotico porta alla nevrosi e la nevrosi porta ad un filosofare nevrotico.  ;D

Citazione di: Apeiron il 06 Febbraio 2018, 12:35:09 PMLa soluzione? Ecco secondo me le "pratiche meditative, spirituali..." sono state introdotte proprio per questo. Senza di esse è facile essere "soprafatti" dalle proprie consapevolezze (specie se gli eventuali problemi richiedono soluzioni non semplici!). Da questo punto di vista gli antichi, compreso Epicuro ( ;D ), hanno visto giusto. Filosofia e "coltivazione interiore" non possono essere separate.
Qui un po' mi perdo, non essendo pratico di meditazione e spiritualità. Però, mi trovi concorde su pratiche più "terrente" come quelle di Epicuro... Ma, come forse puoi capire dai miei interventi, io non separo la filosofia dalla coltivazione interiore... Come dicevo sopra, una maggior consapevolezza potrebbe significare una maggior comprensione di noi e del mondo.

Apeiron

Sì in effetti non hai tutti i torti con le tue precisazioni, probabilmente sono influenzato troppo dalle mie letture, cosa che è possibile.

Ciò non toglie che la filosofia è per certi versi un rischio. Se uno si accontentasse vivendo come una sorta di "automa" in un certo senso sarebbe "contento". La filosofia può mettere in discussione ogni stile di vita e inoltre è strettamente legata al "bisogno di conoscere", che essendo un bisogno "in più" ci espone di più alla sofferenza. D'altro canto come fai notare tu la filosofia ci può anche far apprezzare di più la vita, ci può far essere più consapevoli delle cose positive ecc e quindi porta ad una soddisfazione migliore. Ma secondo me ciò avviene, per così dire, in una seconda fase dopo che appunto si è ricercato ciò che "fa stare meglio". Se non sentissimo in noi la mancanza di qualcosa secondo me non potremo nemmeno filosofare - d'altronde la curiosità deriva dalla convinzione che ci manca qualcosa da conoscere. Il dubbio nasce quando comprendiamo che ci manca la certezza. Cerchiamo una migliore soddisfazione quando ci rendiamo conto che ci manca una tale soddisfazione. Secondo me senza questa impressione di essere "carenti" di qualcosa la filosofia non ci sarebbe nemmeno. Da questo punto di vista sia il "Simposio" che il "Teeteto" di Platone sono ottimi. Ritengo che è quando vediamo in noi stessi che ci manca qualcosa che facciamo la filosofia.

Concordi con questo?


Riguardo al rapporto coltivazione interiore e filosofia... beh in realtà sono separate. La filosofia può essere anche un semplice "speculare". La coltivazione interiore unita alla filosofia porta ad un "ammaestramento" della propria mente, ad una chiarezza maggiore nelle proprie idee, alla correzione del modo in cui si ragiona ecc Ovvero è la parte "terapeutica" della filosofia che è legata alla coltivazione interiore, non quella speculativa. Secondo me sono importanti entrambe: senza quella speculativa la creatività sarebbe ridotta a zero (infatti quella speculativa è più incline a teorizzare prospettive e realtà nuove...) mentre senza quella terapeutica si rischia di far degenerare la speculazione nell'ossessione, nell'insensatezza, nell'errore (quella terapeutica dunque è più interessata all'ammaestramento della mente...). Secondo me è giusto trovare un equilibrio tra le due (chiaramente durante la vita in alcune fasi si può enfatizzare l'uno o l'altro aspetto...).

P.S. Ritengo Epicuro per certi versi il più saggio dei "materialisti"... il suo errore secondo me è quello di non accettare nient'altro che il "terra-terra" ;) detto questo rispetto moltissimo la sua moderazione, la sua razionalità, il suo buonsenso ecc
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Citazione di: Apeiron il 07 Febbraio 2018, 13:03:27 PMSe uno si accontentasse vivendo come una sorta di "automa" in un certo senso sarebbe "contento".
Io non sono così estremo nel ritenere che chi non filosofi sia un automa. Ma senza voler aprire anche questo vaso pandoriano, potrei dire che un automa non è "contento", ma vegeta (ma perché non si potrebbe essere meccanicamente contento o meccanicamente scontento?), mentre solo chi non è un automa può veramente provare qualcosa.

Citazione di: Apeiron il 07 Febbraio 2018, 13:03:27 PMSe non sentissimo in noi la mancanza di qualcosa secondo me non potremo nemmeno filosofare - d'altronde la curiosità deriva dalla convinzione che ci manca qualcosa da conoscere. Il dubbio nasce quando comprendiamo che ci manca la certezza. Cerchiamo una migliore soddisfazione quando ci rendiamo conto che ci manca una tale soddisfazione. Secondo me senza questa impressione di essere "carenti" di qualcosa la filosofia non ci sarebbe nemmeno. Da questo punto di vista sia il "Simposio" che il "Teeteto" di Platone sono ottimi. Ritengo che è quando vediamo in noi stessi che ci manca qualcosa che facciamo la filosofia.

Concordi con questo?
Non voglio fare il bastian contrario, ma non concordo. :D 
Pensa alla curiosità dei bambini, nasce dalla consapevolezza di sapersi manchevoli? No, è una propensione alla conoscenza istintiva, giocosa e con nessuna connotazione negativa.

Citazione di: Apeiron il 07 Febbraio 2018, 13:03:27 PM
Riguardo al rapporto coltivazione interiore e filosofia... beh in realtà sono separate. La filosofia può essere anche un semplice "speculare". La coltivazione interiore unita alla filosofia porta ad un "ammaestramento" della propria mente, ad una chiarezza maggiore nelle proprie idee, alla correzione del modo in cui si ragiona ecc Ovvero è la parte "terapeutica" della filosofia che è legata alla coltivazione interiore, non quella speculativa. Secondo me sono importanti entrambe: senza quella speculativa la creatività sarebbe ridotta a zero (infatti quella speculativa è più incline a teorizzare prospettive e realtà nuove...) mentre senza quella terapeutica si rischia di far degenerare la speculazione nell'ossessione, nell'insensatezza, nell'errore (quella terapeutica dunque è più interessata all'ammaestramento della mente...). Secondo me è giusto trovare un equilibrio tra le due (chiaramente durante la vita in alcune fasi si può enfatizzare l'uno o l'altro aspetto...).
Come accennato negli altri miei post, per me non c'è questa distinzione. Il mio filosofare lo rivolgo incondizionatamente in ogni direzione, verso il mondo esterno e verso di me.

Citazione di: Apeiron il 07 Febbraio 2018, 13:03:27 PMP.S. Ritengo Epicuro per certi versi il più saggio dei "materialisti"... il suo errore secondo me è quello di non accettare nient'altro che il "terra-terra" ;) detto questo rispetto moltissimo la sua moderazione, la sua razionalità, il suo buonsenso ecc
Visto il mio nickname, mi sento irrazionalmente lusingato.  ;D

Apeiron

EPICURUS
Io non sono così estremo nel ritenere che chi non filosofi sia un automa. Ma senza voler aprire anche questo vaso pandoriano, potrei dire che un automa non è "contento", ma vegeta (ma perché non si potrebbe essere meccanicamente contento o meccanicamente scontento?), mentre solo chi non è un automa può veramente provare qualcosa.

APEIRON
non era nemmeno la mia intenzione, in realtà! (ho esagerato con le parole, lo ammetto  :)  non prendetemi troppo sul serio quando "me ne esco" con espressioni sensazionalistiche  ;D ). Su questo però pare che concordiamo: chi più "prova" più vive una "vita intensa"! Ovviamente sia nel bene che nel male! Quello che intendevo era semplicemente che non mettere mai in discussione le cose o sé stessi di certo ci salva da molte ansie, preoccupazioni ecc ma come ben fai notare tu è difficile che non mettere mai in discussione niente porti alla felicità  ;) ... "Ignorance is bliss" (Matrix) non va, però è anche vero che lo stesso film "Matrix" ci diceva che non tutti vogliono "mettere in discussione" (questo chiaramente non significa che non sono automi!)

EPICURUS
Non voglio fare il bastian contrario, ma non concordo.  
Pensa alla curiosità dei bambini, nasce dalla consapevolezza di sapersi manchevoli? No, è una propensione alla conoscenza istintiva, giocosa e con nessuna connotazione negativa.

APEIRON
Nessun problema  ;)  ammetto che l'esempio della curiosità dei bambini non ha connotazioni negative (non volevo lasciare questo messaggio, anche se ammetto che un topic in cui si parla di "nevrosi" crea un sacco di ambiguità) e ammetto anche che di per sé la stessa "sensazione di mancanza" non è una vera "negatività", anzi. Anche qui, quello che intendevo era che la curiosità è come la "sete": naturale e certamente giocosa. Prova però ad immaginarti se questa "sete di conoscenza" diventa molta... ma ovviamente qui sto per dire una tautologia: chi eccede rischia. E grazie  ;D  Autocritica: "Apeiron, forse stavolta hai "fatto cilecca". Hai creato un problema su una tautologia: fare la filosofia in modo che può portare alla nevrosi può portare alla nevrosi e viceversa la nevrosi può portare alla filosofia. Ergo la montagna ha partorito il topolino  ;D "

EPICURUS
Come accennato negli altri miei post, per me non c'è questa distinzione. Il mio filosofare lo rivolgo incondizionatamente in ogni direzione, verso il mondo esterno e verso di me.

APEIRON
Idem. Però ciò non toglie che un altro possa filosofare solo in un senso o nell'altro. C'è chi solo fa "terapia" e chi solo fa "speculazione"...

P.S.
EPICURUS
Visto il mio nickname, mi sento irrazionalmente lusingato. 
APEIRON
Mi fa piacere  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Aperion, diciamo che a seguito dei vari botta-e-risposta siamo arrivati ad una posizione molto simile. Qualche venatura interpretativa diversa ma siamo lì come posizione.  ;D

Apeiron

@epicurus,

direi di sì. Più che altro la mia definizione di filosofia era effettivamente troppo "ristretta"  ;)  per certi versi quindi non ho cambiato idea, ma per altri sì. E contento di averlo fatto, comunque! Grazie delle obiezioni  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

Figurati, grazie a te per avermi dato modo di riflettere su un argomento che riguarda tutti noi da vicinissimo.  ;)

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