E' possibile non provare invidia?

Aperto da Riccardo, 13 Settembre 2016, 23:46:01 PM

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Riccardo

Ma infatti, come hai ben detto, il desiderio sprona a migliorare.
Ma quando uno è spronato a migliorare qualcosa che non può essere migliorato (il proprio corpo, il proprio passato, la propria condizione sociale, per rimanere attinenti ai miei esempi), cosa rimane?
Frustrazione.
La frustrazione genera fastidio e il fastidio prolungato genera insofferenza, che alla lunga genera odio.
E' ovvio che io odio, non potrei fare altrimenti. Le cose che desidero cambiare non sono cambiabili.
PS: desiderare di avere una famiglia che ti ami non c'entra nulla con il farsi una propria famiglia. Tra l'altro, avere vissuto l'eperienza familiare come un trauma ti assicuro che spegne parecchio il desiderio di farsene una.

Sariputra

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 00:50:34 AMMa infatti, come hai ben detto, il desiderio sprona a migliorare. Ma quando uno è spronato a migliorare qualcosa che non può essere migliorato (il proprio corpo, il proprio passato, la propria condizione sociale, per rimanere attinenti ai miei esempi), cosa rimane? Frustrazione. La frustrazione genera fastidio e il fastidio prolungato genera insofferenza, che alla lunga genera odio. E' ovvio che io odio, non potrei fare altrimenti. Le cose che desidero cambiare non sono cambiabili. PS: desiderare di avere una famiglia che ti ami non c'entra nulla con il farsi una propria famiglia. Tra l'altro, avere vissuto l'eperienza familiare come un trauma ti assicuro che spegne parecchio il desiderio di farsene una.

Ma non è il desiderio di cose che non puoi cambiare che ti sprona a migliorare. Questo desiderio ti sprona solo ad odiare sempre di più te stesso e gli altri. Il desiderio è come un coltello: se lo usi bene è molto utile, se lo usi male può anche uccidere. Bisogna anche stare attenti  a non godere inconsciamente del fatto di reputarsi sfortunati. In fin dei conti consolida la nostra identità, no ? 
Il paragone della famiglia serve per evidenziare che sta a noi il voler superare questa condizione d'odio. Un vecchio proverbio dgli indiani d'America recita:
Prima di giudicare qualcuno (in questo caso quello che ritieni più fortunato di te) cammina almeno tre lune nei suoi mocassini. Ossia... tu conosci la tua sofferenza, ma non quella degli altri.
Se però, invece di un consiglio, cerchi una conferma alla validità delle tue pretese di essere giustificato ad odiare gli altri, mi dispiace...non posso seguirti su questa strada.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Riccardo

Io non odio gli altri, io odio il fatto che tutto si basi sulla fortuna.
E' un odio concettuale, non rivolto verso qualcuno in particolare.

acquario69

@Riccardo

probabilmente continuerai a rimanere sulle tue idee,volevo comunque aggiungere un paio di considerazioni;

da quanto hai scritto finora mi sembra che vengono molto spesso menzionate da parte tua le parola invidia ma anche felicita/infelicita...che del resto credo sia connesso,perché l'invidia non rende certo felici.

ora, non dico che non esiste la felicita ma non e' comunque ne un obbiettivo che si può raggiungere (come l'orizzonte) e ne uno stato permanente,almeno per noi comuni mortali,quindi secondo me andrebbe revisionato il concetto,che per come la vedo io dovrebbe essere diciamo sostituito da equilibrio e/o serenita interiore (che non significa inerzia e apatia) e che infatti puo essere e diventare tra l'altro lo scopo (che ritengo sia molto diverso dal semplice desiderare) e il significato stesso

Sariputra

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 01:21:08 AMIo non odio gli altri, io odio il fatto che tutto si basi sulla fortuna. E' un odio concettuale, non rivolto verso qualcuno in particolare.

Si tratta quindi di un "odio concettuale" verso il mondo che ritieni dominato dalla fortuna.
Ma questo odio concettuale verso il mondo lo proveresti se invece tu fossi "ricco, bello e teneramente amato"?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

doxa

L'invidia è un sentimento bipolare:  


positivo, se  suscita  ammirazione ed emulazione, se dà ambizione e sprona a darsi da fare onestamente per arrivare allo stesso livello di chi è ricco, ha successo, ha un elevato status sociale, ha un oggetto che ci piace molto, ecc.;

negativo se invece provoca afflizione, astio per la fortuna, i beni o le qualità fisiche che ha un altro e li vorrebbe avere. L'invidia può condurre all'omicidio. Infatti è proprio per invidia che avvenne il primo delitto della storia umana, l'uccisione di Abele da parte del fratello Caino.

L'invidia sociale:questo sentimentocosì intimo ed inammissibile si sedimenta sulla relazione diadica che intercorre tra l'invidioso e l'invidiato. L'invidioso avverte con strazio il proprio scarso valore rispetto a colui che, invece, ha successo.  

Di solito l'invidia è inconfessabile, perché socialmente stigmatizzata.

L'invidia sociale ha una figlia legittima, la frustrazione permanente, che si vede sempre sfuggire l'affermazione del proprio Io.


L'invidia sociale motiva l'individuo a pretendere l'uguaglianza sociale: nessuno deve emergere. Chi si distingue deve essere odiato ed emarginato. Siamo tutti uguali.


La scrittrice e filosofa d'origine sovietica Ayn Rand O'Connor, fondatrice della corrente filosofica dell'oggettivismo e sostenitrice dell'individualismo e dell'egoismo razionale, da lei considerati naturali ed importanti virtù, disse degli invidiosi:  "Non vogliono possedere la tua fortuna, vogliono che tu la perda; non vogliono riuscire, vogliono che tu fallisca".

Phil

@Riccardo
Ti propongo alcune considerazioni:
- Penso ti sia capitato, almeno in passato, di avere dei momenti di felicità; eppure tale felicità non è stata dovuta al fatto che tu fossi diventato improvvisamente ricco, bello e amato... se puoi quindi essere felice per come sei, che cosa dovresti invidiare agli altri? 

- Se ti sta a cuore la tua felicità, invidiare quella (eventuale e/o apparente) degli altri è un controsenso: è come se tu stessi scrivendo un tema (la tua storia) e ti soffermassi ad invidiare quanto scrivono veloci gli altri, quanto sono belle le loro penne, quale espressione gaia hanno in volto nello scrivere, etc. questo non ti aiuterà di certo a scrivere bene il tuo tema... decentrare troppo le tue attenzioni, secondo me, può essere solo deleterio se ti fa rimpiangere di essere ciò che sei; perché non usare quel tempo e quelle energie (anziché invidiare ed odiare) per tentare invece di migliorarsi, nei limiti del possibile
Una riflessione sulla "canalizzazione" dell'invidia potrebbe cominciare proprio da questa domanda...

- Questo mi sembra un passaggio biografico da non sottovalutare: 
Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 01:27:24 AM
C'è stato un periodo della mia vita in cui non provavo invidia, ma col senno di poi ho capito che non la provavo solo perchè avevo smesso di volere. Mi ero annullato nel grande vortice della vita e accettavo tutto per quello che era
hai dunque sperimentato che si può vivere anche senza invidiare, e questa è già la riposta alla domanda che fa da titolo al topic... potresti chiederti: è più "percorribile" la strada che porta da quella apatia alla serenità, oppure la strada che porta dall'attuale invidia alla felicità? Hai abbandonato quella indifferenza, ma hai guadagnato l'infelicità del non accettare la (tua) realtà: gli effetti collaterali di quella "rianimazione sociale" mi sembrano più drastici dei vantaggi (quali?). Forse conviene escogitare un'altra strada, magari più vicina alla vecchia che alla nuova (il che non significa che tu debba per forza diventare un monaco buddista...). 

- Credo stia a te "mettere" la tua felicità in "posti" dove tu possa raggiungerla... non è una contraddizione, si tratta di "educarsi al desiderio" mantenendo "il senso della (nostra) realtà", e ci viene insegnato sin da bambini: perché (vado per ipotesi) da fanciullo, a Natale, bastavano quattro o cinque regali sotto l'albero per farti felice? Perché avevi compreso che pretenderne cinquanta, avrebbe creato aspettative non realizzabili e quindi infelicità "sistematica"... perché, adesso, per farti felice (esempio banale, spero comunque tu riesca a sbarcare il lunario) non basta avere una Fiat e mille euro in banca , ma vuoi avere una Maserati e un milione di euro? C'è qualcosa su cui riflettere anche qui...

Mi permetto, sperando di non essere inopportuno, anche alcune osservazioni di passaggio su alcuni dei tuoi presupposti che strutturano il disagio dell'invidia/infelicità (lavorarci un po' potrebbe far crollare la spiacevole impalcatura...):
Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 03:49:44 AM
Il conoscere sè stessi non basta ad essere felici, perchè la felicità poggia gran parte della sua forza sull'accettazione del gruppo.
La tua felicità potrebbe anche essere indipendente dall'accettazione del gruppo: i tuoi traguardi di felicità potrebbero anche riguardare solo te (e un paio di persone); l'accettazione del gruppo produce sicurezza, che non è necessariamente felicità...

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 22:16:07 PM
quando mi sento dire che "Devo accettare me stesso", o che "La relazione è innanzitutto con noi stessi" mi nasce spontanea una domanda: Se io sono in potenza tutti gli uomini in un unico uomo, quale di questi milioni di aspetti di me stesso dovrei accettare? Se li accettassi tutti, e quindi mi mostrassi per la pluralità di tutte le mie possibili sfaccettature, probabilmente la società mi sbatterebbe in un manicomio bollandomi come "personalità schizoide" o "multipolare", e non sarei felice. Se invece ne accettassi solo alcuni e decidessi di mostrare solo quelli, che necessariamente sarebbero quelli considerati accettabili dalla società in cui vivo, sarei infelice perchè sto sopprimendo tutti gli altri me stessi. In qualunque caso, sarei infelice ed impossibilitato ad accettare la totalità di me stesso.
Non credo tu possa avere milioni di volti; non sottovaluterei il fatto che ormai, volente o nolente, tu abbia un solo carattere, una sola visione del mondo e, pur potendo cambiarli, non ci sono infinite possibilità di cambiamento (e se anche ci fossero si avvicenderebbero una alla volta...). Si tratta di distinguere le possibilità potenziali da quelle reali: potenzialmente, potresti essere sia un timido che un giullare del gruppo, sia un avventuroso che un pantofolaio, sia un misogino che un "femminista", etc. ma difficilmente la tua indole può assecondare realmente tutte queste possibilità (al di là dei vincoli sociali...).

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 22:31:52 PM
Se non posso essere felice per quello che ho, poichè lo dò per scontato, e non posso essere felice per quello che non ho, poichè mi è impossibile averlo, allora l'unica cosa che mi resta è l'infelicità.
Perchè non puoi essere felice per quello che hai? Non è affatto inevitabile darlo per scontato (vedi sopra il discorso sull'"educarsi alla realtà"...).

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 22:51:15 PM
Il mutamento è però il continuo tendere verso ciò che non si ha,  e ciò che non si ha è ciò che genera l'invidia.
[...]
Chi non prova invidia ha smesso di mutare, quindi di vivere. 
Ciò che non si ha non genera necessariamente invidia, può essere, come ricordato già da altri, uno stimolo ad impegnarsi per ottenerlo, se lo si ritiene possibile, altrimenti, se è impossibile, può generare ammirazione (ammiro l'estro di un artista o le doti atletiche di un atleta) oppure non-curanza (mi lascia indifferente che il mio vicino abbia una villa a Portofino, a me spetta occuparmi attivamente della mia mansarda in affitto...). Di conseguenza, si muta e si vive (meglio, direi  ;) ) anche senza invidia...

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 01:21:08 AMIo non odio gli altri, io odio il fatto che tutto si basi sulla fortuna.
Un po' come combattere contro i mulini a vento... forse conviene usare le forze e il tempo disponibili per amare ciò che si ha e per provare a raggiungere traguardi considerati possibili, no?

P.s. Mi scuso per la prolissità del messaggio... la predica è finita  ;D

Riccardo

@altamarea
"Non vogliono possedere la tua fortuna, vogliono che tu la perda; non vogliono riuscire, vogliono che tu fallisca"
A me non frega proprio niente che gli altri perdano le loro fortune/ricchezze, ti assicuro. Mi fa innervosire che non le ho anche io.

@Phil
- Penso ti sia capitato, almeno in passato, di avere dei momenti di felicità
Prima di poterti rispondere dovremmo raggiungere un accordo sulla definizione di felicità.

- Decentrare troppo le tue attenzioni, secondo me, può essere solo deleterio se ti fa rimpiangere di essere ciò che sei; perché non usare quel tempo e quelle energie (anziché invidiare ed odiare) per tentare invece di migliorarsi, nei limiti del possibile?
Come faccio a concentrare le mie attenzioni a migliorare ciò che non è migliorabile? Come hai appunto precisato, si può migliorare solo ciò che è "nei limiti del possibile" migliorabile. Ma, vedi, di ciò che rientra nei limiti del mio possibile io non provo invidia. io provo invidia per ciò che NON rientra dei limi del mio possibile.

Hai dunque sperimentato che si può vivere anche senza invidiare
No, non ho mai sperimentato che si può vivere senza invidiare, ma ho certamente sperimentato che si può vivere annullando il desiderio. Attenzione, annullare il desiderio non elimina l'invidia, è solo uno stratagemma per autoconvincersi di averla eliminata.Si fa presto a dire: "Eh guarda come sono felice io che non voglio quella Maserati!!!". Sotto sotto te la stai raccontando, quella Maserati la vorresti tantissimo ma se non ti convincessi che non la vuoi diventeresti pazzo di frustrazione e invidia. Il "convincersi di non volere" è un meccanismo di autodifesa del cervello, purtroppo però con me ha funzionato tra i 16 anni e i 19, dopodichè non sono più riuscito a mentire a me stesso con questa baggianata, ecco perchè ho vissuto la mia seguente vita con un costante ed ineliminabile senso di frustrazione per ciò che sono consapevole di non poter mai avere.

La tua felicità potrebbe anche essere indipendente dall'accettazione del gruppo: i traguardi di felicità potrebbero anche riguardare solo te (e un paio di persone); l'accettazione del gruppo produce sicurezza, che non è necessariamente felicità...
Ci sono entrambi, sicuramente, ma prova a soffermarti a pensare a una cosa: nelle carceri la massima punizione per i detenuti è l'isolamento. Uno dovrebbe dire: "Ma io sto in prigione con attorno a me solamente gentaglia della peggior specie, perciò se mi isolano mi fanno un favore.". Per la serie, appunto, "meglio soli che male accomagnati". Eppure, nonostante attorno a te ci sia solo della gran feccia umana, l'isolamento è comunque la peggior punizione possibile (tortura fisica a parte) infliggibile ad un essere umano.
Questo per farti soffermare a pensare quanto possa essere la proporzione tra "felicità che riguarda solo te" e "felicità derivante dall'accettazione del gruppo". A meno che tu non sia un narcisista patologico, pronto a sterminare l'umanità in nome del proprio io, direi che il secondo tipo di felicità è molto più importante, nella vita di un uomo, del secondo, pur esistendo entrambi.

Difficilmente la tua indole può assecondare realmente tutte queste possibilità (al di là dei vincoli sociali...).
Invece ti assicuro che le può assecondare tutte, dipende solo dal tipo di società in cui ti trovi. La mia "indole" non esiste, è solo un riflesso della società e dell'ambiente in cui sono cresciuto. Un uomo, prima di nascere, esiste solo in potenza, e l'esistenza in forma di potenza comprende l'infinito dell'essere.

Perchè non puoi essere felice per quello che hai? Non è affatto inevitabile darlo per scontato (vedi sopra il discorso sull'"educarsi alla realtà"...).
Sono d'accordo, non è inevitabile dare per scontato quello che si hama anche se sei felice per quello che hai, sei comunque ANCHE infelice per quello che non hai. Quindi, come vedi, valorizzare quello che hai non elimina l'invidia.

baylham

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 00:50:34 AM
Ma infatti, come hai ben detto, il desiderio sprona a migliorare.
Ma quando uno è spronato a migliorare qualcosa che non può essere migliorato (il proprio corpo, il proprio passato, la propria condizione sociale, per rimanere attinenti ai miei esempi), cosa rimane?

Mi capita qualche volta di invidiare qualcuno per due motivi: la relazione amorosa con una donna che mi piace; la speciale intelligenza, creatività di alcuni uomini e donne. E' un sentimento breve, non credo sia controllabile o reprimibile, non sfocia in odio, ma in ammirazione. Per la brevità dell'invidia c'è una ragione profonda: mi interessa relativamente la ricchezza e la bellezza, mi interessa profondamente la felicità, che è uno stato raro, fortunato e di breve durata. Conscio di ciò non riesco ad invidiare a lungo nessuno.

Non sono d'accordo con le tue premesse sopra citate: il proprio corpo (bellezza), la propria condizione sociale (ricchezza) possono cambiare in meglio, a volte basta un cambiamento di valutazione. Anche il proprio passato cambia: la memoria e l'interpretazione dei fatti accaduti cambiano per le nuove esperienze e nuove riflessioni maturate.

Nella sezione filosofica si ragiona di Machiavelli per il quale il successo politico dipendeva da un miscuglio di virtù e di fortuna. La stessa combinazione si può applicare alla bellezza, alla ricchezza, all'amore e alla felicità.

In ogni caso c'è un processo potente che si chiama adattamento, assuefazione, che riporta normalmente le emozioni, le sensazioni, belle o brutte che siano, all'ordinarietà.



Phil

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PM@Phil - Penso ti sia capitato, almeno in passato, di avere dei momenti di felicità Prima di poterti rispondere dovremmo raggiungere un accordo sulla definizione di felicità. 
Comunque tu la definisca, ti lascio questa domanda: l'hai messa in un posto raggiungibile? Se la risposta è no, forse conviene riposizionarla (senza presupporre fatalisticamente che essa sia una chimera che sfugge; a questo serve la suddetta "educazione alla realtà"...).

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMCome faccio a concentrare le mie attenzioni a migliorare ciò che non è migliorabile? 
Intendi che non sei più migliorabile (rispetto alle tue possibilità)? Suvvia ragazzo, un po' più di impegno  ;D

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMio provo invidia per ciò che NON rientra dei limi del mio possibile. 
Abbiamo già parlato di combattere i mulini a vento, vero?

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMnon ho mai sperimentato che si può vivere senza invidiare, ma ho certamente sperimentato che si può vivere annullando il desiderio. 
avevi già scritto spontaneamente
Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 01:27:24 AM
C'è stato un periodo della mia vita in cui non provavo invidia, ma col senno di poi ho capito che non la provavo solo perchè avevo smesso di volere.
Questo è il nodo della questione: se ritieni che l'invidia sia invincibile, non provare nemmeno a combatterla...  perché, anche pensando a quando magari non eri invidioso, ti dirai "sotto sotto stavo solo reprimendo l'invidia...", se in fondo non te ne vuoi liberare, forse, c'è una parte di te a cui non dispiace... e non ci sarebbe nulla di cui vergognarsi!

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMl'isolamento è comunque la peggior punizione possibile (tortura fisica a parte) infliggibile ad un essere umano. 
Ci sono eremiti o semplicemente persone solitarie, per cui il gruppo è solo scomodo e dispersivo. L'isolamento è tremendo nel contesto del carcere (a cui ti riferivi), ma nel contesto della vita fuori dal carcere non è affatto il male peggiore. Non hai mai visto qualcuno correre da solo al parco, o qualcuno leggere da solo in biblioteca? Non possono in quel momento essere felici di quello che fanno?
Per te, la fonte principale di felicità è avere a disposizione un gruppo che ti circonda sorridendo? Se tu poni la tua felicità lì, ti tocca poi affrontarne le conseguenze; scegli bene...

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMInvece ti assicuro che le può assecondare tutte, dipende solo dal tipo di società in cui ti trovi. La mia "indole" non esiste, è solo un riflesso della società e dell'ambiente in cui sono cresciuto. 
Tuttavia, questo riflesso ormai è indelebilmente cristallizzato (e forse non reversibile): non sei più un neonato, quindi hai, di fatto, un'indole (anche se non è innata, siamo d'accordo), un carattere, una volontà, costituite delle tue esperienze e dal modo in cui le hai elaborate (sorvolando sulla genetica...). D'altronde, se potessi essere davvero tutto ciò che è possibile essere, saresti facilmente anche non invidioso e questa conversazione non sarebbe mai avvenuta, no?  ;)


Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMnon è inevitabile dare per scontato quello che si hama anche se sei felice per quello che hai, sei comunque ANCHE infelice per quello che non hai. 
Non devi esserlo, non è una necessità; se tuttavia pensi l'invidia e l'infelicità come tali, allora solo tu puoi, dall'interno, modificarle o rimuoverle...

Citazione di: Riccardo il 15 Settembre 2016, 23:25:48 PMQuindi, come vedi, valorizzare quello che hai non elimina l'invidia.
Certo, non è una conseguenza; si può eliminare l'invidia anche senza valorizzare ciò che si ha... non a caso parlavo di "canalizzare" l'invidia verso qualcosa di più fruttuoso... per eliminare l'invidia, credo tu possa partire da tutte le riflessioni che ti sono state proposte sinora (sempre che tu lo voglia).

P.s. Non ho voluto insistere, ma solo cercare di spiegarmi meglio... è una tua questione personale, spero solo di averti dato qualche spunto di riflessione...