E' possibile non provare invidia?

Aperto da Riccardo, 13 Settembre 2016, 23:46:01 PM

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Riccardo

Salve a tutti, sono nuovo nel forum e vorrei condividere una esperienza per ricevere, eventualmente, consiglio.
Sembrerà tutto molto superficiale e banale, ma capire se l'invidia è un sentimento vergognoso o meno, o se è modificabile o meno, è molto importante, in quanto influisce anche sui rapporti che ho con gli amici più stretti a cui sono molto legato.
Io ho sempre provato invidia nei confronti di chi sta meglio di me, specificatamente nei confronti di chi ha dei genitori che lo amano, di chi è più ricco e di chi è più bello. Mi sono chiesto il motivo della mia invidia, e la risposta è sempre la stessa: sono invidioso delle persone che hanno ciò che hanno senza avere fatto nulla per averlo.
Chi ha dei genitori che lo amano non ha fatto nulla, indipendentemente dal suo carattere lo amerebbero lo stesso. Chi nasce bello non ha fatto nulla, è solo una mera combinazione di DNA andata a buon fine. Chi nasce in una famiglia ricca non ha fatto nulla, è solo nato al momento giusto nel posto giusto. Però dalla combinazione di questi eventi casuali nascono enormi vantaggi. Avere dei genitori che ti amano ti renderà più sicuro di te nella vita, perchè sai che avrai sempre qualcuno che ti sosterrà e sarà al tuo fianco. Essere belli ti permetterà di avere successo con le ragazze più facilmente. Essere ricchi ti permetterà di non lavorare e dedicarti alle tue passioni a tempo pieno.
Ora, è inutile dire che io non rientro in nessuno dei suddetti casi, essendo un uomo medio o meglio un pò bruttino, nato in una famiglia violenta che più volte mi ha rinfacciato di esistere e pure una famiglia senza soldi (lavorava solo mio padre, professore di liceo e doveva mantenere me, mia sorella e mia madre, più un altro figlio avuto dalla moglie precedente).
Sono consapevole di non essere una persona universalmente sfortunata, in fin dei conti sono nato in un paese civilizzato, ho accesso a cibo, acqua, servizi sanitari e svariati altri comfort. Non ho vissuto gli orrori della guerra e fino ad ora non ho mai avuto malattie gravi e nessuna delle persone a me care è mai stata male.
Eppure la consapevolezza di questo non è sufficiente a spegnere il sentimento di invidia per chi ha più di me. Questo sentimento è aggravato ancora di più dalla consapevolezza che, essendo tutto solo una questione di fortuna, io non posso mutare la mia condizione. Non posso cambiare il mio DNA per essere più bello. Non posso cambiare famiglia per essere amato nè tantomeno rinascere in una famiglia ricca. E non posso diventare ricco con le mie forze perchè le ricchezze, nella nostra società, sono ereditarie. Questo sentimento di impotenza è frustrante.

Ora vi chiedo: è possibile non provare invidia? Ed è forse un sentimento di cui doversi vergognare?

Grazie per la vostra opinione.

Sariputra

#1
E' possibilissimo non provare alcuna invidia. Io ne sono la testimonianza vivente... ;D . Ascolta...ho un'auto che perde le ruote, non sono per niente bello ( però sono un "tipo"...insomma piaccio lo stesso alle donne  :-[ ), non ho un lavoro serio perchè sono una specie di esodato senza Esodo ( pur avendo letto attentamente l'omonimo libro), troppo vecchio e malmesso per lavorare  e troppo giovane e in salute per percepire la carità dello Stato ( bontà sua...). Al mattino osservo tranquillamente tutti i vicini che, ansiosamente, freneticamente si lanciano sulle strade inveendo agli ingorghi, su giganteschi Suv appena immatricolati, mentre assaporo un buon caffè ( di solito prendo quelli scontati, i famosi prendi due e paghi uno...). Vedo crescere mia figlia e ho molto tempo per ascoltarla e per amarla. Facciamo delle belle passeggiate, salutari, insieme ( i pomeriggi settembrini, quando il Sole tocca i tetti delle case e le ombre si allungano, sono incantevoli...). Per il mondo sono un perdente, ma...non ho mai perso nulla. Se un parente o un amico si compra l'auto nuova o una nuova casa ( Villa Sariputra è ormai cadente...) gli chiedo:-Posso salire? Posso vederla?- Gli faccio i miei più sinceri complimenti ( provo piacere nel vedere le persone felici, anche solo per un attimo...non mi costa nulla una lode) ben sapendo che la gioia del possesso dura meno di un batter d'ali di gabbiano, di quelli che aspettano che abbandoniamo le spiagge alla fine della balneazione.
Alla sera imbocco i dementi e osservo il loro dolore, che in nessun modo posso sanare. Quando esco all'aperto, un giardino meraviglioso, che profuma d'estate mi accoglie. Senza pensare al passato o al futuro mi siedo alla sua ombra. Molti di loro eran belli, erano ricchi, erano amati. Ora...non sono più. Nemmeno un figlio va ad imboccarli. Non hanno tempo: il lavoro, l'ufficio, l'amante, il Suv...
Riccardo...non perdere la tua vita invidiando gli altri. Non c'è nulla da invidiare. Lascia andare un pò l'attaccamento alle cose e al pensiero che avendo quelle cose sarai accettato e amato. Non è vero! Se qualcosa che somiglia all'amore si può trovare, non è nelle cose, ma nella libertà da esse.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Riccardo

#2
Spero di non risultare offensivo, ma sei sicuro che non provi invidia solo perchè hai smesso di volere delle cose?
C'è stato un periodo della mia vita in cui non provavo invidia, ma col senno di poi ho capito che non la provavo solo perchè avevo smesso di volere. Mi ero annullato nel grande vortice della vita e accettavo tutto per quello che era, come dici tu. Eppure non ero felice, ero semplicemente non triste. Ne parlai con un amico che considero un fratello, e lui mi disse che se non volevo niente, non potevo essere felice, perchè è il desiderio di realizzare qualcosa che crea il moto nell'uomo. Un uomo che non vuole niente è immobile, perchè dovrebbe agire? Chi glielo fa fare? Ma c'è chi dice che nel non agire risieda la morte stessa, che poi sia vero non lo so. Alcuni la chiamano apatia.
Comunque, dopo quello che mi disse il mio amico, mi chiesi che cosa volevo e le risposte erano sempre le stesse, seppur banali. Essere libero ed essere amato, dai genitori o da chi altri.
Volevo essere libero dalla schiavitù del lavoro, in primis, poichè il lavoro (così come è strutturato nella nostra società, che ti lega a ripetere per 8 ore al giorno sempre al stessa azione per il resto della tua vita) distrugge l'uomo. E come potevo essere libero dal lavoro? Risposta: essendo ricco. E come potevo essere ricco? Risposta: non potevo, essendo nato in una famiglia povera.
Stesso si applica agli altri desideri, tutti irrealizzabili per mere questioni di fortuna. Qualcuno potrebbe dire che avere successo con le ragazze è una cosa che dipende dal carattere ed in parte è vero, ma quando continuamente vedi che chi è bello ha successo anche senza aprire bocca, quando invece tu sei costretto a fare salti mortali per attirare l'attenzione di una ragazza ogni cento (che puntualmente non è quella che ti piaceva) e devi affrontare ogni giorno il rifiuto, che ti distrugge emotivamente, alla fine diventi invidioso di chi è "nato con la camicia". Per quel che riguarda l'amore della famiglia nemmeno mi esprimo, non ho chiesto di venire al mondo e se mi hanno odiato è perchè i mei genitori erano infelici a loro volta e hanno scaricato tutto sui figli.
Non volere niente è l'unica soluzione, ma a non volere niente si è davvero felici?

Sariputra

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 01:27:24 AMSpero di non risultare offensivo, ma sei sicuro che non provi invidia solo perchè hai smesso di volere delle cose? C'è stato un periodo della mia vita in cui non provavo invidia, ma col senno di poi ho capito che non la provavo solo perchè avevo smesso di volere. Mi ero annullato nel grande vortice della vita e accettavo tutto per quello che era, come dici tu. Eppure non ero felice, ero semplicemente non triste. Ne parlai con un amico che considero un fratello, e lui mi disse che se non volevo niente, non potevo essere felice, perchè è il desiderio di realizzare qualcosa che crea il moto nell'uomo. Un uomo che non vuole niente è immobile, perchè dovrebbe agire? Chi glielo fa fare? Ma c'è chi dice che nel non agire risieda la morte stessa, che poi sia vero non lo so. Alcuni la chiamano apatia. Comunque, dopo quello che mi disse il mio amico, mi chiesi che cosa volevo e le risposte erano sempre le stesse, seppur banali. Essere libero ed essere amato, dai genitori o da chi altri. Volevo essere libero dalla schiavitù del lavoro, in primis, poichè il lavoro (così come è strutturato nella nostra società, che ti lega a ripetere per 8 ore al giorno sempre al stessa azione per il resto della tua vita) distrugge l'uomo. E come potevo essere libero dal lavoro? Risposta: essendo ricco. E come potevo essere ricco? Risposta: non potevo, essendo nato in una famiglia povera. Stesso si applica agli altri desideri, tutti irrealizzabili per mere questioni di fortuna. Qualcuno potrebbe dire che avere successo con le ragazze è una cosa che dipende dal carattere ed in parte è vero, ma quando continuamente vedi che chi è bello ha successo anche senza aprire bocca, quando invece tu sei costretto a fare salti mortali per attirare l'attenzione di una ragazza ogni cento (che puntualmente non è quella che ti piaceva) e devi affrontare ogni giorno il rifiuto, che ti distrugge emotivamente, alla fine diventi invidioso di chi è "nato con la camicia". Per quel che riguarda l'amore della famiglia nemmeno mi esprimo, non ho chiesto di venire al mondo e se mi hanno odiato è perchè i mei genitori erano infelici a loro volta e hanno scaricato tutto sui figli. Non volere niente è l'unica soluzione, ma a non volere niente si è davvero felici?

Non sei offensivo , è una domanda lecita. Ma il non attaccamento alle cose non ha nulla a che fare con l'apatia. Al contrario apre un campo enorme di possibilità d'agire. Solo che sarà un agire autentico, privo di illusioni. E non significa nemmeno non voler niente. Per esempio, domani vorrei poter finire di verniciare gli infissi di Villa Sariputra. Ma, nel caso non dovessi farcela, non ne proverei frustrazione.
Non è un "non far niente". Si fa tutto quello che va fatto, semplicemente senza attaccarcisi sopra...
Se vedo una bella auto osservo il mio desiderio di possederla. Vedo come sorge questo desiderio e lo lascio andare per la sua strada...
Pensa a tutte le cose che magari hai avuto nella tua vita finora e che...non son riuscite a farti felice. Si passa tutta la vita sperando che altre lo possano fare. E poi altre ancora e altre ancora. La felicità è sempre più in là. Irragiungibile. L'attaccamento è paragonato ad un fuoco che brucia senza sosta. Pensi che il gesto di ritrarre la mano sia poco saggio ?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

acquario69

Citazione di: Riccardo il 13 Settembre 2016, 23:46:01 PM
Salve a tutti, sono nuovo nel forum e vorrei condividere una esperienza per ricevere, eventualmente, consiglio.
Sembrerà tutto molto superficiale e banale, ma capire se l'invidia è un sentimento vergognoso o meno, o se è modificabile o meno, è molto importante, in quanto influisce anche sui rapporti che ho con gli amici più stretti a cui sono molto legato.
Io ho sempre provato invidia nei confronti di chi sta meglio di me, specificatamente nei confronti di chi ha dei genitori che lo amano, di chi è più ricco e di chi è più bello. Mi sono chiesto il motivo della mia invidia, e la risposta è sempre la stessa: sono invidioso delle persone che hanno ciò che hanno senza avere fatto nulla per averlo.
Chi ha dei genitori che lo amano non ha fatto nulla, indipendentemente dal suo carattere lo amerebbero lo stesso. Chi nasce bello non ha fatto nulla, è solo una mera combinazione di DNA andata a buon fine. Chi nasce in una famiglia ricca non ha fatto nulla, è solo nato al momento giusto nel posto giusto. Però dalla combinazione di questi eventi casuali nascono enormi vantaggi. Avere dei genitori che ti amano ti renderà più sicuro di te nella vita, perchè sai che avrai sempre qualcuno che ti sosterrà e sarà al tuo fianco. Essere belli ti permetterà di avere successo con le ragazze più facilmente. Essere ricchi ti permetterà di non lavorare e dedicarti alle tue passioni a tempo pieno.
Ora, è inutile dire che io non rientro in nessuno dei suddetti casi, essendo un uomo medio o meglio un pò bruttino, nato in una famiglia violenta che più volte mi ha rinfacciato di esistere e pure una famiglia senza soldi (lavorava solo mio padre, professore di liceo e doveva mantenere me, mia sorella e mia madre, più un altro figlio avuto dalla moglie precedente).
Sono consapevole di non essere una persona universalmente sfortunata, in fin dei conti sono nato in un paese civilizzato, ho accesso a cibo, acqua, servizi sanitari e svariati altri comfort. Non ho vissuto gli orrori della guerra e fino ad ora non ho mai avuto malattie gravi e nessuna delle persone a me care è mai stata male.
Eppure la consapevolezza di questo non è sufficiente a spegnere il sentimento di invidia per chi ha più di me. Questo sentimento è aggravato ancora di più dalla consapevolezza che, essendo tutto solo una questione di fortuna, io non posso mutare la mia condizione. Non posso cambiare il mio DNA per essere più bello. Non posso cambiare famiglia per essere amato nè tantomeno rinascere in una famiglia ricca. E non posso diventare ricco con le mie forze perchè le ricchezze, nella nostra società, sono ereditarie. Questo sentimento di impotenza è frustrante.

Ora vi chiedo: è possibile non provare invidia? Ed è forse un sentimento di cui doversi vergognare?

Grazie per la vostra opinione.

Ciao Riccardo
anche a me e' capitato di fare un po il tuo ragionamento mettendo appunto in risalto un ipotetica "ingiustizia" di fondo del chi ha senza aver fatto nulla ma di averlo,diciamo così, acquisito in partenza.
e questo e' perlomeno quello che risulterebbe a prima vista.
io credo,almeno per la mia esperienza personale che quando si e' molto giovani (presumo non sia più il tuo caso) questi sentimenti e queste "comparazioni" siano più frequenti,probabilmente perché non ci conosciamo ancora abbastanza per poter distinguere e fare chiarezza rispetto al mondo esterno e ai suoi valori in cui ci ritroviamo a vivere,sia in ambito sociale e del suo tempo storico,sia quello corrispettivo e connesso a quello del soggetto e del suo ambiente più ristretto e personale.
credo non ci possono essere dubbi che noi tutti siamo nati e viviamo in un contesto dove conta più l'apparire e l'avere anziché l'essere,viviamo praticamente nell'epoca dei valori rovesciati ed e' effettivamente molto più difficile far uscire la nostra più autentica natura,e la nostra anima,dunque la rivelazione dello spirito e sopratutto quando si e' molto giovani,perché come sicuramente già saprai da te,da giovani si ha pure la necessita di un riconoscimento e di una maggiore identificazione,ed e' un processo naturale,solo che appunto oggi (l'epoca attuale materialista al massimo grado) non consente questo passaggio,il singolo individuo deve percio fare uno sforzo molto maggiore per rendersi davvero autonomo e autenticamente libero.
Siamo praticamente bombardati ogni istante da messaggi che alla fine inducono alla vuota apparenza,alla competizione e percio all'invidia,che difatti e' il "motore" del sistema stesso che viene così introiettato dentro di noi per far si che diventiamo congegni e parti meccaniche ben oliati dell'intero gigantesco apparato,del mostro che deve continuare macinare e produrre e noi per lui!

da questo mostro che ci succhia l'anima come un vampiro bisogna assolutamente uscire e questo e' il primo punto...io l'ho letteralmente mandato a quel paese e mi sento leggerissimo

in secondo luogo credo che sia necessario e realistico considerare la nostra situazione senza metterla a confronto con quella degli altri,partire da cio che abbiamo,cioè dalle nostre qualità potenziali..sicuramente ognuno di noi ha già in se l'unicità che ci contraddistingue e questo e' il valore fondamentale che va coltivato e da cui scaturisce il resto ..ma se mi rifaccio sempre all'esterno,finisco per trascurare proprio l'unica cosa reale e a cui posso concretamente riferirmi,cioè me stesso e a tutto cio che può conseguire ...quindi per prima cosa devo amare me stesso e questo può avvenire conoscendo me stesso,anche perché come detto poco fa e' anche l'unica cosa che posso davvero conoscere.

infatti non conoscerò mai l'altro se lo paragono..se ne faccio una comparazione a me esterna,perché poi succede che ci vedrei solo quello che a me manca,frutto di una mia proiezione (quando ci guardiamo "fuori" di noi e' logico che ci manca tutto perché tutto sta gia dentro di noi e non il contrario! - e come vogliono farci credere,spiegato all'inizio -...questo significa conosci te stesso)

inoltre sei proprio sicuro che gli altri (l'invidia parte sempre dagli altri) che tu magari vedi belli,ricchi e sicuri di se,non siano nella stragrande maggioranza dei casi solo dei poveri infelici,delle banali marionette  manovrate dal sistema?! a me viene facilmente da pensarlo perché se mi guardo intorno lo riscontro quasi sempre (e ogni volta con maggiore frequenza esponenziale) e non mi sembra che sia difficile da capire...sono perlopiù personaggi eterodiretti che credono di avere una personalità ma si comportano e agiscono non secondo i loro autentici criteri...non sono affatto liberi e pensano pure di esserlo.
e poi siccome gli antichi erano molto più intelligenti di noi mi rifaccio a un proverbio popolare che dice; "non tutto e' oro quello che luccica"...e a dire di più,personalmente ho quasi sempre riscontrato che  spesso colui che in apparenza da l'idea di non brilluccicare all'esterno si e' poi rivelata la persona dai tesori nascosti e al contrario quelli che sembrano tanto brillanti fuori,indossavano solo una bella maschera per nascondere il buio più fitto e la disperazione più cupa!

Riccardo

#5
Condivido pienamente, una volta scrissi una canzone il cui testo diceva appunto: "Una perla persa in fondo al mare, giureresti che non ha valore?". Volevo sottolineare che il solo fatto che questa perla non sia stata ancora trovata da nessuno, non ne pregiudica la bellezza e quindi il suo valore. E' facile il paragone con l'animo umano. Un uomo di grande valore, è forse di meno valore se non lo conosce nessuno? Difficile rispondere vero?

Però vorrei sottolineare anche un altro importante aspetto. Il conoscere sè stessi non basta ad essere felici, perchè la felicità poggia gran parte della sua forza sull'accettazione del gruppo. Se il gruppo non ti accetta, tu puoi anche pensare di essere il più gran intelligentone, simpaticone, figone del pianeta, ma è l'ambiente esterno che ti conferma questi pensieri. Un uomo da solo, completamente isolato da tutti, è un uomo solo in potenza, e potenzialmente può essere tutto, quindi niente.
Perciò il semplice fatto di credere di conoscersi, o di conoscersi davvero, non potrà mai renderti felice, perchè sarai sempre felice in potenza e mai in atto.
Da qui nasce l'importanza dell'ambiente esterno. Possiamo dare tutte le colpe che vogliamo a questa società, governata da mercanti, in cui non esiste più il valore interiore, ma io scommetto che il desiderio di essere amati e liberi è lo stesso da milioni di anni, a priori del tipo di società. Se io fossi nato in una tribù primitiva sarei stato invidioso del compagno che magari, avendo un fisico migliore del mio, piace di più alle femmine del branco. Oppure sarei stato invidioso di chi, avendo una vista migliore della mia, è un miglior cacciatore e quindi riconosciuto come più importante dai maschi del branco. Come vedi questa società oppure un'altra non fa differenza, il problema è sempre una mera questione di fortuna. Questa maledetta fortuna che non ha corpo e non si può sconfiggere.

acquario69

#6
Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 03:49:44 AM
Condivido pienamente, una volta scrissi una canzone il cui testo diceva appunto: "Una perla persa in fondo al mare, giureresti che non ha valore?". Volevo sottolineare che il solo fatto che questa perla non sia stata ancora trovata da nessuno, non ne pregiudica la bellezza e quindi il suo valore. E' facile il paragone con l'animo umano. Un uomo di grande valore, è forse di meno valore se non lo conosce nessuno? Difficile rispondere vero?

Però vorrei sottolineare anche un altro importante aspetto. Il conoscere sè stessi non basta ad essere felici, perchè la felicità poggia gran parte della sua forza sull'accettazione del gruppo. Se il gruppo non ti accetta, tu puoi anche pensare di essere il più gran intelligentone, simpaticone, figone del pianeta, ma è l'ambiente esterno che ti conferma questi pensieri. Un uomo da solo, completamente isolato da tutti, è un uomo solo in potenza, e potenzialmente può essere tutto, quindi niente.
Perciò il semplice fatto di credere di conoscersi, o di conoscersi davvero, non potrà mai renderti felice, perchè sarai sempre felice in potenza e mai in atto.
Da qui nasce l'importanza dell'ambiente esterno. Possiamo dare tutte le colpe che vogliamo a questa società, governata da mercanti, in cui non esiste più il valore interiore, ma io scommetto che il desiderio di essere amati e liberi è lo stesso da milioni di anni, a priori del tipo di società. Se io fossi nato in una tribù primitiva sarei stato invidioso del compagno che magari, avendo un fisico migliore del mio, piace di più alle femmine del branco. Oppure sarei stato invidioso di chi, avendo una vista migliore della mia, è un miglior cacciatore e quindi riconosciuto come più importante dai maschi del branco. Come vedi questa società oppure un'altra non fa differenza, il problema è sempre una mera questione di fortuna. Questa maledetta fortuna che non ha corpo e non si può sconfiggere.

credo di capire cosa vuoi dire e non siamo entità isolate e non solo socialmente ma anche per nostra stessa intrinseca natura.
ma se speri che sia il mondo ad accettarti per quello che senti di essere e che pensi di non avere,arriverai a rincorrere inutilmente l'orizzonte che ti apparirà tutte le volte davanti senza mai raggiungerlo.
se non sei tu il primo ad accettare te stesso non riuscirai mai a trovare nessuno disposto a farlo al posto tuo,anche perché,pur volendo ne sarebbe pure impossibilitato ..e questa non e' una questione di fortuna
ad ogni modo,essere amati ed accettati e' del tutto normale ma per questo e' sufficiente (a parer mio) crearsi intorno a se una cernita (questa necessaria,sopratutto oggi a mio avviso) di rapporti affidabili e che io credo sia inevitabilmente ristretto.
quindi vale la qualità dei rapporti e non la quantità.

inoltre credo che i rapporti non siano da intendere solo attraverso le relazioni tra persone..la "relazione" e' innanzitutto con noi stessi e di conseguenza anche con tutto cio che ci circonda e a prescindere.
in questo caso la presunta solitudine e' solo un fattore interiore e non il contrario...posso essere solo ma non sentirmi affatto solo o al contrario,avere un mucchio di persone intorno e provare la più angosciosa solitudine.

ma per ritornare al punto specifico a me per esempio,non me ne mai fregato niente di avere un numero indecifrabili di persone che poi alla fine,per tutte le cose che ho provato a descriverti prima,sarebbe come non averle.
nel mio caso e' sempre stato così e le amicizie o i legami che ho avuto ed ho tuttora mi fanno stare sereno proprio perché innanzitutto parte da me e la cosa e' ovviamente reciproca.
la mia rete di relazioni interpersonali e' basata sulla durata e questa si può avere solo attraverso le qualità interiori,quelle che appunto non periscono mai

Aniel

Ciao Riccardo,
-se non ho un giardino vado nel parco
se non ho la macchina, prendo la bicicletta e pedalo...
-se non ho un quadro di Chagall lo ammiro al museo
-se avessi...se potessi...se non fossi nato 'sfigato'...
-eliminando tutte le 'complessita' vivo nella semplicita',
-mi sono da termpo riprogrammata: l'nvidia, la gelosia sono veleno, non mi appartengono,
-sono consapevole che tutte le'esperienze' sono necessaria al fine del mio 'evolvermi'.
-'Meglio soli che male accompagnati'
-poi tutto verra' da se...secondo un principio di CAUSALITA, attenzione non di CASUALITA'!!!!
-Buona giornata a te...

Sariputra

Citazione di: Aniel il 14 Settembre 2016, 09:18:36 AMCiao Riccardo, -se non ho un giardino vado nel parco se non ho la macchina, prendo la bicicletta e pedalo... -se non ho un quadro di Chagall lo ammiro al museo -se avessi...se potessi...se non fossi nato 'sfigato'... -eliminando tutte le 'complessita' vivo nella semplicita', -mi sono da termpo riprogrammata: l'nvidia, la gelosia sono veleno, non mi appartengono, -sono consapevole che tutte le'esperienze' sono necessaria al fine del mio 'evolvermi'. -'Meglio soli che male accompagnati' -poi tutto verra' da se...secondo un principio di CAUSALITA, attenzione non di CASUALITA'!!!! -Buona giornata a te...

Beh!...Che dire Aniel?...L'hai detta meglio di me. Semplice, immediata ed efficace. Hai parenti anglosassoni per caso? ;D
Credo che il mio "poetare attorno" non abbia molto convinto Riccardo...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Riccardo

#9
@ Aniel
I tuoi esempi non mi sembrano essere pertinenti, senza offesa. Mi spiego meglio provando ad applicare il tuo ragionamento alle mie mancanze:  
- se non sono bello....cosa faccio? Vado dal chirurgo plastico? Lasciamo stare.
- se non sono ricco....cosa faccio? Entro in banca e gli schiedo se per favore mi regalano dei soldi? Oppure mi faccio il c**o a lavorare per 50 anni risparmiando ogni centesimo e poi divento ricco a 70 quando a malapena mi reggo col bastone in piedi? Scusa ma non mi chiamo Mazzarò. O si nasce ricchi o non lo si diventa, a parte in estremi rarissimi casi.
- se i miei genitori non mi amano....cosa faccio? Entro in casa di qualcuno e mi faccio adottare?
Come vedi le tue soluzioni non sono applicabili, ma sono sicuramente d'accordo con te sul fatto che la gelosia e l'invidia siano velenose. Ecco perchè ho chiesto qualche vostro parere, siccome su questo forum mi sembra esserci un certo numero di persone competenti e, diciamo così, "sopra la media". Sinceramente non sono felice di provare invidia, ma non riesco a non provarla perchè essa si poggia su basi troppo solide di ragionamento, che in un certo senso spererei voi foste in grado di "smontare".
Riguardo al "Meglio soli che male accompagnati" faccio presto a rispondere: "Meglio bene accompagnati che soli".
Mi pare che tu elimini il problema alla radice facendo semplicemente finta che esso non esista, "Tutto verrà da sè" è una frase molto fatalista. Alla fine è facile ignorare ciò che non ci piace, il difficile è vederlo e affrontarlo e ancora di più accettare di non poterlo affrontare.

@acquario69
- Il mio problema è che io non posso accettare me stesso, perchè è proprio quello che sono che mi rende infelice. O meglio, vorrei essere me stesso in un altro corpo, in un altro tempo e in un altro spazio. Spesso mi sento imprigionato in questa carcassa di carne che mi è stata affibbiata senza che potessi scegliere quale mi piacesse di più.
- La cernita di amici selezionati me la sono già creata, sono due e sono come dei fratelli per me. Ma non è questo il mio problema, non provo invidia per le cose che ho ma per quelle che non ho.
- Riguardo alla relazione con noi stessi, io sono della profonda convinzione che un uomo da solo può essere tutto, e solo il modo in cui lo percepiscono gli altri lo definisce in uno schema. Cerco di spiegarmi meglio.
Prendiamo come esempio un uomo che vive nella nostra società attuale, egli sa benissimo che azioni come rubare, stuprare, uccidere, mentire etcc...sono intese come negative, quindi egli cercherà di reprimere questi comportamenti per essere accettato dalla società. Ora prendiamo un uomo che è nato in una tribù di cannibali dell'amazzonia, per lui uccidere e mangiare un altro essere umano è normale e non cercerà di reprimere questo istinto, anzi è possibile che se lo facesse sarebbe visto come "lo strano" e allontanato dalla società.  Oppure un altro esempio, un soldato in guerra che vorrebbe essere altruista e risparmiare la vita dei nemici. Come sarebbe visto? O come un debole, o come un pericolo per i suoi compagni oppure come un traditore, quindi in guerra l'altruismo va represso perchè non è visto come positivo.
Questi esempi per dire cosa? Che un uomo, senza le relazioni con il prossimo, in potenza può essere qualunque cosa. Solo il prossimo ti limita, perchè i bisogni di tanti individui diversi devono essere regolati da leggi altrimenti sarebbe il caos più completo. Che un uomo può essere qualunque cosa significa che può essre altruista, allegro, buono, cattivo, assassino, malvivente, filantropo e così via...ogni uomo contiente tutti gli aspetti della natura umana nello stesso tempo, ma sceglie di mostrare solo quelli che vengono accettati dalla società in cui è nato, o in cui si trova al momento, e che non necessariamente sono quelli che lo rendono felice.
Benissimo, quando mi sento dire che "Devo accettare me stesso", o che "La relazione è innanzitutto con noi stessi" mi nasce spontanea una domanda: Se io sono in potenza tutti gli uomini in un unico uomo, quale di questi milioni di aspetti di me stesso dovrei accettare? Se li accettassi tutti, e quindi mi mostrassi per la pluralità di tutte le mie possibili sfaccettature, probabilmente la società mi sbatterebbe in un manicomio bollandomi come "personalità schizoide" o "multipolare", e non sarei felice. Se invece ne accettassi solo alcuni e decidessi di mostrare solo quelli, che necessariamente sarebbero quelli considerati accettabili dalla società in cui vivo, sarei infelice perchè sto sopprimendo tutti gli altri me stessi. In qualunque caso, sarei infelice ed impossibilitato ad accettare la totalità di me stesso.

Riccardo

Citazione di: Sariputra il 14 Settembre 2016, 01:55:25 AM
Non sei offensivo , è una domanda lecita. Ma il non attaccamento alle cose non ha nulla a che fare con l'apatia. Al contrario apre un campo enorme di possibilità d'agire. Solo che sarà un agire autentico, privo di illusioni. E non significa nemmeno non voler niente. Per esempio, domani vorrei poter finire di verniciare gli infissi di Villa Sariputra. Ma, nel caso non dovessi farcela, non ne proverei frustrazione.
Non è un "non far niente". Si fa tutto quello che va fatto, semplicemente senza attaccarcisi sopra...
Se vedo una bella auto osservo il mio desiderio di possederla. Vedo come sorge questo desiderio e lo lascio andare per la sua strada...
Pensa a tutte le cose che magari hai avuto nella tua vita finora e che...non son riuscite a farti felice. Si passa tutta la vita sperando che altre lo possano fare. E poi altre ancora e altre ancora. La felicità è sempre più in là. Irragiungibile. L'attaccamento è paragonato ad un fuoco che brucia senza sosta. Pensi che il gesto di ritrarre la mano sia poco saggio ?
Capisco quello che dici, ma è come un cane che si morde la coda. Se non posso essere felice per quello che ho, poichè lo dò per scontato, e non posso essere felice per quello che non ho, poichè mi è impossibile averlo, allora l'unica cosa che mi resta è l'infelicità.

Sariputra

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 22:31:52 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Settembre 2016, 01:55:25 AMNon sei offensivo , è una domanda lecita. Ma il non attaccamento alle cose non ha nulla a che fare con l'apatia. Al contrario apre un campo enorme di possibilità d'agire. Solo che sarà un agire autentico, privo di illusioni. E non significa nemmeno non voler niente. Per esempio, domani vorrei poter finire di verniciare gli infissi di Villa Sariputra. Ma, nel caso non dovessi farcela, non ne proverei frustrazione. Non è un "non far niente". Si fa tutto quello che va fatto, semplicemente senza attaccarcisi sopra... Se vedo una bella auto osservo il mio desiderio di possederla. Vedo come sorge questo desiderio e lo lascio andare per la sua strada... Pensa a tutte le cose che magari hai avuto nella tua vita finora e che...non son riuscite a farti felice. Si passa tutta la vita sperando che altre lo possano fare. E poi altre ancora e altre ancora. La felicità è sempre più in là. Irragiungibile. L'attaccamento è paragonato ad un fuoco che brucia senza sosta. Pensi che il gesto di ritrarre la mano sia poco saggio ?
Capisco quello che dici, ma è come un cane che si morde la coda. Se non posso essere felice per quello che ho, poichè lo dò per scontato, e non posso essere felice per quello che non ho, poichè mi è impossibile averlo, allora l'unica cosa che mi resta è l'infelicità.

Ma la tua felicità consiste solo nel possedere le cose?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Riccardo

Praticamente mi sono risposto da solo alla domanda che mi ero posto.
E' possibile non provare invidia?
No, non è possibile e vi spiego perchè.
Come sappiamo la vita è un continuo mutamento, e così come il corpo cambia, anche i desideri cambiano. Il moto della vita è dato dal desiderio, se non si desidera nulla non ha senso fare nulla.
Quindi tutto nasce da un desiderio, il desiderio di creare, fare o avere. Ma dopo che una cosa è stata creata, fatta o posseduta, essa non vale più nulla perchè ne si vuole un'altra.
Se non se ne volesse un'altra, allora significherebbe che la nostra esistenza avrebbe perso ogni significato, poichè è il mutamento l'essenza stessa della vita.
Il mutamento è però il continuo tendere verso ciò che non si ha,  e ciò che non si ha è ciò che genera l'invidia.

Vita = Mutamento
Mutamento = Invidia
Vita = Invidia

Chi non prova invidia ha smesso di mutare, quindi di vivere.

Riccardo

Citazione di: Sariputra il 14 Settembre 2016, 22:45:57 PMMa la tua felicità consiste solo nel possedere le cose?

Non stai tenendo a mente ciò che ho detto.
Le mie mancanze sono il voler avere un altro corpo, il voler avere una famiglia che mi ami, il voler avere l'accettazione da parte del prossimo e il volere avere la libertà.
Non sono "cose" da possedere, ma desideri emotivi.
"Cose" sono un DVD, una bicicletta, un telefono etc...
Non capisco perchè dici che voglio possedere cose.

Sariputra

Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 22:54:03 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Settembre 2016, 22:45:57 PMMa la tua felicità consiste solo nel possedere le cose?
Non stai tenendo a mente ciò che ho detto. Le mie mancanze sono il voler avere un altro corpo, il voler avere una famiglia che mi ami, il voler avere l'accettazione da parte del prossimo e il volere avere la libertà. Non sono "cose" da possedere, ma desideri emotivi. "Cose" sono un DVD, una bicicletta, un telefono etc... Non capisco perchè dici che voglio possedere cose.

Ma le desideri come fossero cose! Dimentichi che, per definizione, l'invidia è un sentimento di astiosa irritazione . Il desiderio può essere uno sprone potente a migliorare o un vortice che, per l'appunto va ad alimentare l'odio che proviamo per quelli che riteniamo più fortunati di noi. Può essere produttivo passare la vita in uno stato di astiosa ( odiosa) irritazione verso gli altri? E visto che il mutamento delle cose è solo in parte in tuo potere ( non puoi cambiare , se non in minima parte, il tuo corpo. Non puoi cambiare la tua famiglia, ma provare un desiderio sano di costruirne una tua , diversa e che sappia amare. Non puoi pretendere che gli altri ti amino quando il primo che ti odia sei te stesso). La vita è cambiamento e proprio per questo c'è in noi la possibilità di cercare le radici del bene o scegliere, come sembra tuo desiderio, di seguire quelle del male che trovano nel sentimento astioso dell'invidia una triste fusione tra le tre più profonde radici della sofferenza che portiamo in noi: l'avidità, l'odio e l'illusione.
Se ci rifletti vedrai che l'invidia le contiene tutte e tre.
Il mutamento avviene sia che si tenda verso quello che non si ha, sia che non si tenda e ci si accontenti. Il volere si scontra sempre con il potere. E , amaramente, scopriamo, tutti noi, che il nostro volere è sempre più grande del nostro potere. Quindi mi azzardo, anche se so che non sei d'accordo , a ribaltare il tuo enunciato:
Chi vive e comprende il mutamento, non può provare invidia.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.