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DOMANDE

Aperto da sgiombo, 23 Febbraio 2019, 11:34:31 AM

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Socrate78

@Ipazia: Io continuo a credere che esista un mondo ultraterreno e che la nostra ragione abbia dei limiti e non possa escludere il trascendente in linea assoluta. Non siamo portatori di una verità assoluta su ciò che esiste, immagina ad esempio la mente di un cane, egli vede una lampadina che si accende ma non potrà mai concepire l'esistenza dell'energia elettrica, perché la sua mente limitata non può comprendere e descrivere un tale concetto, è al di sopra delle sue possibilità. Così è secondo me per Dio e la realtà ultraterrena, noi con la nostra ragione non possiamo descrivere una realtà simile e siamo tendenzialmente portati a negarla da una prospettiva puramente razionale, tuttavia potrebbe essere come l'energia elettrica per il cane, qualcosa che la nostra mente non può comprendere appieno.

sgiombo

Citazione da: sgiombo - Oggi alle 11:38:01
CitazioneSg.:
Beh, questo non dimostra nulla, anche perché é una deduzione da una affermazione per lo meno discutibile, decisamente soggettiva e arbitraria, quella per la quale quello della sopravvivenza sarebbe il più forte dei nostri istinti (per me lo é quello della felicità, o per lo meno dell' assenza di infelicità).
Fr,:
A me pare sotto gli occhi di tutti che l'istinto di sopravvivenza prevale su tutto. Prendo atto della tua negazione. 
Citazione
Sgiombo:

Ma chi l' ha detto che sarebbe sotto gli occhi di tutti ? ! ? ! ? !

A me sembra evidente che per "istinto di sopravvivenza" possano essere intesi vari istinti atti a sopravvivere (mangiare, bere, riprodursi, ripararsi dalle intemperie e dai predatori, ecc.).
E allora negli animali privi di autocoscienza può essere considerato il più forte.
Ma negli uomini l' autocoscienza fa la differenza, in modo tale da farlo passare in subordine rispetto a quello alla felicità (o per lo meno auspicabile non eccessiva infelicità): é ben per questo che fra gli uomini accade anche il suicidio, per il fatto che in conseguenza dell' autocoscienza, l' istinto a cercare al felicità ed evitare l' infelicità supera per "forza", "potenza", "intensità" quello stesso alla sopravvivenza.







Citazione da: sgiombo - Oggi alle 11:38:01
CitazioneSg.:
Sì, é illegale a causa di una vergognosa e immorale pretesa della chiesa cattolica di imporre anche ai non credenti di comportarsi secondo le sue regole contro la loro propria volontà Una cosa decisamente vergognosa, obbrobriosa!

Fr.:
A me pare tu stia scambiando il suicidio con l'eutanasia. Temi attigui ma non coincidenti. Comunque il C.P. è stato scritto dallo Stato italiano e non dalla Chiesa cattolica. 


Citazione
Sgiombo:

Bella scoperta! 

Come se la chiesa cattolica non esercitasse il suo potere e la sua prepotenza sullo stato italiano ! ! !

Per dirlo con Aristotele, l' "eutanasia" é una specie nell' ambito del genere "suicidio".





Citazione da: sgiombo - Oggi alle 11:38:01
CitazioneSg.:
Ma per me "eutanasia" == suicidio in condizioni di minor sofferenza possibile in caso di sopravvivenza irrimediabilmente dolorosa (é una caso particolare del genere "suicidio").

Fr:
Credo che tu sbagli: "L'eutanasia, letteralmente buona morte è il procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica."
Citazione
Sgiombo:

Questa definizione é alquanto equivoca e maliziosa lasciando falsamente intendere che chi vuole legalizzare l' eutanasia intenda affidare ad altri che al diretto interessato (medici o "tutori") la decisione in proposito.

Se correttamente intesa come dai proponenti, cioé come eventuale buona morte procurata intenzionalmente e nel suo interesse a se stesso (e a nessun altro, nè per decisione di alcun altro) da parte di individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica, allora, come volevasi dimostrare, si tratta di un caso particolare nella più generale casistica del "suicidio".




Fr.:
Consentimi tuttavia una domanda atta a sondare il tuo concetto di suicidio accettabile: chi decide se il suicidio è consentito o meno?

Citazione
Sgiombo:

Ovviamente, se non si é spregevoli fondamentalisti religiosi intolleranti e che prepotentemente e iniquamente pretendono di imporre le proprie norme di comportamento agli altri anche se questi non le vogliono seguire, la risposta a questa domanda é ineqivocabilmente: 

Chiunque per se stesso e per nessun altro!





Fr.:
 In altre parole: se un tuo amico dichiara di volere la morte perché è stato lasciato da sua moglie (anche per avvenuta morte) e dichiara che non sopravvivrà a questo evento come si fa a decidere se è vero o meno? Cioè se, magari tra qualche mese, sarà in condizioni di superare l'evento luttuoso?

CitazioneSgiombo:

Se togliersi la sua propria vita o meno lo decide unicamente l' amico stesso e nessun altro, a meno di essere perfidi fondamentalisti religiosi coartatori dell' altrui libertà (da coercizioni estrinseche =/= libero arbitrio, amica Ipazia).

Tra qualche mese si saprà se (anzi: che) sarà stato in condizioni di superare l'evento luttuoso, solo se non si sarà suicidato.
Se invece purtroppo si sarà suicidato, allora nessuno potrebbe rispondere a una simile domanda, fondata sul presupposto contraddittorio che sia ancora in vita tra qualche mese, ovvero che -essendosi suicidato. non si é suicidato).

sgiombo

#62
Citazione di: Socrate78 il 01 Marzo 2019, 16:01:53 PM
E' difficile per un ateo avere fede in una realtà ultraterrena che esista dopo la vita fisica, ma perché l'ateo ha il pregiudizio che la realtà si esaurisca nella "materia" e che quindi una volta finito il ciclo materiale tutto termini. Invece l'ateo NON sa niente riguardo all'esistenza o meno di una realtà trascendente, egli è ignorante nel senso più deteriore del termine, perché crede di sapere spacciando il pregiudizio per verità. In realtà la nostra ragione ha dei limiti e ciò che sembra insensato o improbabile razionalmente può anche essere vero. Molte delle nostre certezze, su cui basiamo la nostra vita, non è detto che siano nemmeno vere, ad esempio noi diamo per certa l'esistenza della solidità della materia, ma se si guarda il mondo in una prospettiva infinitamente piccola si nota come tutto sia energia, anche la materia stessa lo è: infatti alcuni fisici quantistici parlano di illusione della materia, sottolineando il fatto che la realtà potrebbe essere diversa da come ci appare. Quindi se non possiamo nemmeno essere certi della verità della realtà che ci circonda, come possiamo escludere che esista un'altra dimensione ultraterrena? Se tutto è energia allora anche la nostra mente potrebbe sopravvivere al campo energetico del corpo.


In realtà nessuno (né ateo, né credente) può dire con sicurezza se la sua vita (esperienza cosciente) proseguirà dopo la sua morte.

Ma trovo molto più ragionevole credere che cesserà, dal momento che di esperienze coscienti abbiamo esperienza solo e unicamente in presenza di cervelli vivi e funzionanti (non in coma): il credente é per lo meno altrettanto ignorante e in maniera per lo meno altrettanto deteriore del miscredente perché crede altrettanto indimostrabilmente qualcosa che é per lo meno altrettanto "a rischio falsità".
Questo in generale, a prescindere in particolare dalle plateali contraddizioni logiche che rendono del tutto assurde le religioni "abramitiche": esistenza di un Dio onnipotente e immensamente buono e pure del male.

Il fatto che la nostra ragione ha dei limiti non é un buon motivo per credere a "di tutto e di più" (men che meno a insiemi di di credenze complessivamente contraddittori e dunque assurdi, senza senso).

Energia e fisica quantistica non c' entrano per nulla con l' ipotesi indimostrabile di qualsiasi eventuale sopravvivenza  delle esperienze coscienti alla morte fisica dei cervelli con i quali inevitabilmente le constatiamo coesistere- codivenire.

sgiombo

Citazione di: InVerno il 01 Marzo 2019, 16:03:44 PM
Non a caso abbiamo elaborato il concetto di "martire" che tuttavia a mio avviso è semplicemente una "sottocategoria" di quel che più in generale può essere considerato morte volontaria. Rimando in tal caso alle distinzioni fatte da Émile Durkheim, padre della sociologia moderna, riguardo al suicidio egoistico, anomico, e altruistico. L'eroismo (o il martirio) difende un bene superiore anche con la vita, ma chi è in grado di definire chi sia esattamente un eroe od un pezzente? Se una persona sente profondamente di essere "il peccato originale della propria vita", e considera la sua dipartita un bene per tutti (suicidio anomico) chi
sarebbe di preciso che dovrebbe valutare la correttezza della sua posizione? La chiesa? La storia? Gli amici? Bah.Non a caso gli ebrei non hanno mai considerato Cristo un martire, quanto magari uno sciocco.
Citazione
Ma c' é morte volontaria e morte volontaria.
 
E non distinguere fra morte eroicamente accetta con pieno appagamento delle proprie aspirazioni e suicidio (da disperazione) é un bell' esempio dell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere".
 
 
Chiunque non sia accecato da pregiudizi sa benissimo constatare se una morte é un atto di eroismo o un suicidio. Il suicida non riesce più a sopportare la vita, mentre l' eroe la vive fino in fondo.
 
Ognuno trova innanzitutto nella propria coscienza il giudice della propria condotta.
E questo in base a principi etici che ritengo universalmente diffusi nell' umanità nelle loro caratteristiche più generali astratte, variamente declinati nel corso della storia nei loro aspetti più particolare concreti (non dimostrabili in alcun modo, ma bene spiegabile dall' evoluzione biologica).



C'è una distinzione tra suicidio e martirio, ma per quanto ho capito io del cristianesimo delle origini,  l'idea che la "vita venga prima di tutto sempre e comunque" mi pare che sia BEN LUNGI dall'essere una posizione storicamente credibile per quanto riguarda Cristo e i suoi discepoli vicini e lontani, quanto un modernismo a-la "volemose bene" di cui la chiesa moderna è cosi tronfiamente campionessa. E' una questione di coerenza interna alla religione, più che del valore da dare all'eroismo, che può essere dibattuto.
Citazione
Dunque ne devo dedurre che secondo te il cristianesimo (correttamente inteso, non caricaturalmente deformato da un modernismo a-la "volemose bene" di cui la chiesa moderna è cosi tronfiamente campionessa) ammette suicidio ed eutanasia!

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2019, 16:34:18 PM
Rammento che l'invito a non fantasticare troppo su quello che potrebbe esserci e a concentrare l'attenzione su quello che può essere dimostrato esistere viene da un monaco francescano del XIV secolo era cristiana.


Un grande razionalista!

La prudenza, caro Sari, non dovrebbe solo indurci a lasciare sempre aperta la porta al dubbio su quanto ci sembra di constatare, ma ancor di più a non lasciarci andare a presunte certezze circa quanto nemmeno ci sembra di constatare.

Socrate78

Secondo me il "male" è tale solo se visto da un certo punto di vista, cambia la prospettiva e non è più un male. Mettiamo il caso di un uomo che perde il lavoro che gli serviva per vivere e finisce in miseria, tutti direbbero che se si tratta indubbiamente di un male molto grave, ma noi non sappiamo che cosa gli poteva capitare in seguito con quel lavoro, forse sarebbe stato in futuro mobbizzato con grandi sofferenze e quindi la perdita del lavoro diventa quasi un bene in questa prospettiva più ampia. Non possiamo quindi stabilire in assoluto che cosa sia davvero bene e che cosa male, perché non conoscendo il futuro e le diverse possibilità non possiamo sapere che cosa sarebbe accaduto SE quella cosa ritenuta cattiva non fosse successa. Ma andiamo oltre. Mettiamo il caso di un bambino che muoia in tenera età, ovviamente tutti direbbero che è un male gravissimo, forse il peggiore dei mali che possano capitare, ma è davvero così? Io da credente penso che Dio abbia permesso quel male per prenderlo con sé quando ancora era innocente e gli ha evitato di macchiarsi di peccati forse anche gravissimi in vita, forse se non moriva sarebbe diventato un criminale o comunque un uomo spietato ed arido, senza coscienza e quindi la sua anima si sarebbe dannata. Forse quel bambino aveva semplicemente esaurito il compito che Dio gli aveva dato in questa vita e  quindi la sua morte, ben lungi dall'essere una disgrazia terribile, diventerebbe in questa prospettiva addirittura un dono che Dio gli ha fatto, poiché essendo morto ancora innocente non dovrà espiare nessuna colpa nell'al di là.   Il peccato secondo me più grave che si può fare è proprio il suicidio, perché se io deciso di mettere fine alla mia vita è come se mi ribellassi (anche inconsapevolmente) a Dio che me l'ha data, è come se dicessi a Dio che ha creato e concepito un errore umano, che ha sbagliato tutto, e quindi con il suicidio l'anima muore in stato di opposizione alla fonte della vita, e la conseguenza non può che essere, dal mio punto di vista, devastante, il suicida continuerà a soffrire di un'angoscia indicibile per l'eternità, resterà per sempre in quella condizione di sconforto e solitudine in cui si trovava quando ha commesso l'atto.

InVerno

#66
Citazione di: sgiombo il 01 Marzo 2019, 17:52:48 PMDunque ne devo dedurre che secondo te il cristianesimo (correttamente inteso, non caricaturalmente deformato da un modernismo a-la "volemose bene" di cui la chiesa moderna è cosi tronfiamente campionessa) ammette suicidio ed eutanasia!
Che intendi per "ammette"? Se è suggerisce, invoglia, premia, giustifica il suicidio la risposta è NO. Se intendi che non lo condannasse, direi che fino a S.Agostino non si trova nessuna ingiunzione nettamente contraria a questa pratica, e al contempo si trovano caterve di "martiri" con diverse motivazioni (alcuni si buttavano anche dai crepacci, ma non so se fossero eroi, anche se tu dici che è facile distinguerli)..
Il cristianesimo certamente era, ma non è più almeno in seno alla chiesa cattolica, una dottrina apocalittica e lo rimane in parte per molte confessioni protestanti. E da questo punto di vista non si differenzia da tanti altri culti apocalittici anche moderni. Non è difficile capire perchè di fronte all'ipotesi della fine del mondo, alcuni individui "maggiormente integrati" prendano la decisione di voler raggiungere l'aldilà qualche giorno prima, sono quelli che non ci sperano più che hanno scoperto di essere incredibilmente attaccati alla vita!
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sgiombo

Citazione di: Socrate78 il 01 Marzo 2019, 18:06:17 PM
Secondo me il "male" è tale solo se visto da un certo punto di vista, cambia la prospettiva e non è più un male. Mettiamo il caso di un uomo che perde il lavoro che gli serviva per vivere e finisce in miseria, tutti direbbero che se si tratta indubbiamente di un male molto grave, ma noi non sappiamo che cosa gli poteva capitare in seguito con quel lavoro, forse sarebbe stato in futuro mobbizzato con grandi sofferenze e quindi la perdita del lavoro diventa quasi un bene in questa prospettiva più ampia. Non possiamo quindi stabilire in assoluto che cosa sia davvero bene e che cosa male, perché non conoscendo il futuro e le diverse possibilità non possiamo sapere che cosa sarebbe accaduto SE quella cosa ritenuta cattiva non fosse successa. Ma andiamo oltre. Mettiamo il caso di un bambino che muoia in tenera età, ovviamente tutti direbbero che è un male gravissimo, forse il peggiore dei mali che possano capitare, ma è davvero così? Io da credente penso che Dio abbia permesso quel male per prenderlo con sé quando ancora era innocente e gli ha evitato di macchiarsi di peccati forse anche gravissimi in vita, forse se non moriva sarebbe diventato un criminale o comunque un uomo spietato ed arido, senza coscienza e quindi la sua anima si sarebbe dannata. Forse quel bambino aveva semplicemente esaurito il compito che Dio gli aveva dato in questa vita e  quindi la sua morte, ben lungi dall'essere una disgrazia terribile, diventerebbe in questa prospettiva addirittura un dono che Dio gli ha fatto, poiché essendo morto ancora innocente non dovrà espiare nessuna colpa nell'al di là.   Il peccato secondo me più grave che si può fare è proprio il suicidio, perché se io deciso di mettere fine alla mia vita è come se mi ribellassi (anche inconsapevolmente) a Dio che me l'ha data, è come se dicessi a Dio che ha creato e concepito un errore umano, che ha sbagliato tutto, e quindi con il suicidio l'anima muore in stato di opposizione alla fonte della vita, e la conseguenza non può che essere, dal mio punto di vista, devastante, il suicida continuerà a soffrire di un'angoscia indicibile per l'eternità, resterà per sempre in quella condizione di sconforto e solitudine in cui si trovava quando ha commesso l'atto.

Si può "rigirare" come si vuole l' esistenza del male e considerare che dal male può anche nascere il bene (ma pure viceversa!), ma resta comunque insuperata la contraddizione (il-) logica delle tre proposizioni:

Esiste Dio onnipotente (e non: "quasi onnipotente".)

Il quale é immensamente buono (e non "molto buono, ma anche con qualche elemento di cattiveria").

Ed esiste anche il male (per quanto limitato, tale che ne può anche nascerne del bene, ecc.).



Le ultime affermazioni mi confermano nella convinzione (negata da altri cristiani a mio parere meno ortodossi) che la religione cristiana -e pure ebraica e musulmana- considera che si deve vivere comunque a qualsiasi costo e non alla condizione di esserne felici.

sgiombo

Citazione di: InVerno il 01 Marzo 2019, 18:50:16 PM
Che intendi per "ammette"? Se è suggerisce, invoglia, premia, giustifica il suicidio la risposta è NO. Se intendi che non lo condannasse, direi che fino a S.Agostino non si trova nessuna ingiunzione nettamente contraria a questa pratica, e al contempo si trovano caterve di "martiri" con diverse motivazioni (alcuni si buttavano anche dai crepacci, ma non so se fossero eroi, anche se tu dici che è facile distinguerli)..
Citazione
Il martirio é una cosa, il suicidio é ben altra cosa!
Se mi dici, come infatti mi dici (é un copia-incolla) che:

l'idea che la "vita venga prima di tutto sempre e comunque" mi pare che sia BEN LUNGI dall'essere una posizione storicamente credibile per quanto riguarda Cristo e i suoi discepoli vicini e lontani, quanto un modernismo a-la "volemose bene" di cui la chiesa moderna è cosi tronfiamente campionessa,

Allora ne deduco che il cristianesimo (secondo te) ammette suicidio ed eutanasia: il conservare la vita può ben "venire dopo" (fra l' altro) l' esigenza di evitare l' infelicità!




Il cristianesimo certamente era, ma non è più almeno in seno alla chiesa cattolica, una dottrina apocalittica e lo rimane in parte per molte confessioni protestanti. E da questo punto di vista non si differenzia da tanti altri culti apocalittici anche moderni. Non è difficile capire perchè di fronte all'ipotesi della fine del mondo, alcuni individui "maggiormente integrati" prendano la decisione di voler raggiungere l'aldilà qualche giorno prima, sono quelli che non ci sperano più che hanno scoperto di essere incredibilmente attaccati alla vita!
Citazione
Ma non mi sembra che negli Atti degli apostoli o in altri documenti sulla vita dei primi cristiani ci sia alcun esempio, men che meno approvato e consigliato come da imitare, di suicidio per "anticipare l' apocalissi".

davintro

scopro il topic in colpevole ritardo, chiedo scusa se mi inserisco rischiando di interferire in una discussione che, noto, ha già preso una tendenza che va al di là della semplice risposta alle domande di apertura

Per quanto riguarda il rapporto tra vivere e lavorare, penso sia necessario chiarire la motivazione primaria del "lavoro", nella misura in cui il lavoro si intende solo come attività che ha in una retribuzione economica il suo fine, allora certamente il lavoro ha senso solo in funzione della vita, e non viceversa. Questo perché il denaro è un mezzo e non un fine, il suo valore si riduce al permettere di acquistare degli oggetti di cui avvertiamo un bisogno. Per questo sono profondamente in disaccordo col principio che "chi non lavora, non mangia", chi pretende di misurare la dignità di un'esistenza sulla base del successo economico ottenuto tramite il lavoro, non è certo quello l'unico parametro per valutare il significato di una vita, nonché dello stesso lavoro, sarebbe come, esempio che avevo già utilizzato in altre discussioni, se uno scrittore di libri su oroscopi o libri di barzellette destinato a vendere molto di più rispetto a un autore di saggi su Platone o sull'astrofisica dovesse considerare per questo il suo lavoro come più nobile e dignitoso del secondo, anche se il suo successo commerciale è dato proprio dal trattare temi più banali e superficiali, di minor spessore culturale. Se invece si intende il lavoro come attività che, al di là della finalità economica, procura un piacere, una soddisfazione personale (la soddisfazione di rendersi utile alla società, di veder nei propri prodotti l'espressione delle proprie idee, o valori, sentirsi parte di una comunità di colleghi a cui affezionarsi ecc.) allora il lavoro non è più solo mezzo, ma come valore in sé, fermo restando che anche in questo caso non può mai esaurire la totalità degli interessi di una persona, cioè la persona mantiene un valore anche al di là del suo ruolo sociale, che sia piacevole o meno, fintanto che ha pensieri e sentimenti non rivolti solo all' attività lavorativa a cui si dedica.


Sono convinto che si viva per essere felici, e non si viva indipendentemente dalla felicità, ma questo vale per noi esseri umani, che in virtù del pensiero astratto che ci contraddistingue, non ci accontentiamo di soddisfare i bisogni primari, legati alla sopravvivenza biologica, ma sappiamo valutare la nostra vita in modo critico, relativizzandola sulla base del giudizio di aderenza a un ideale di felicità, e nel caso si riconosca un livello di distanza ampio oltre un certo limite tra vita reale e ideale regolativo di felicità, si ha disposizione la possibilità del suicidio, Tutto ciò, a condizione di non identificare il concetto di felicità con quello di "piacere sensibile". Identificandoli, la felicità non potrebbe essere assunto come ideale distinto dall'effettiva condizione materiale in cui si vive, al contrario noi poniamo, tramite l'immaginazione, uno scarto fra la vita come è e l'ideale di vita come vorremmo fosse, in quanto l'immaginazione implica sempre un'astrarsi dall'esperienza sensibile immediata diretta ai fatti. 



è vero che il cristianesimo condanna il suicidio e l'eutanasia, ma questo non implica che l'idea di vivere in funzione della felicità sia prerogativa unicamente degli atei/materialisti, son infatti convinto che nel porre la preservazione della vita biologica come un valore assoluto, in qualche modo il cristianesimo sconti una certa componente "materialista" consistente nella credenza in un Dio che si fa carne, per la quale forse si hanno delle ritrosie a considerare ragione e volontà individuale come facoltà legittimate a mettere in discussione il corso biologico dell'esistenza, come per un timore ad attribuire allo "spirito" una libertà e superiorità troppo nette sul corpo. Se da un lato è vero che il cristianesimo esalta e santifica i martiri che hanno accettato di sacrificare la loro vita pur di non abiurare alla loro fede, è anche vero che in questo caso non si può parlare di "suicidio" in senso autentico, in quanto il martire non desidera morire, ma in linea teorica, pur anteponendo alla propria vita un valore superiore, resta pur sempre speranzoso, fino all'ultimo, di un miracolo, cioè l'intervento divino che li salva dalla morte, senza bisogno di salvarsi commettendo peccato, è una sfumatura importante. Per quanto mi riguarda, trovo che la vita sia un valore relativo a un ideale di felicità di fronte al quale sarebbe anche legittimo scegliere di smettere di vivere, quindi mi distanzio dalla posizione cristiana in merito, ma non da un punto di vista ateo, ma, al contrario da uno ancora più "spiritualistico" di quello cristiano: si potrebbe definire un "deismo", credo nell'esistenza di un Principio puramente spirituale, che però non può essere rappresentato in una rivelazione umana, e dunque in alcuna confessione storica organizzata, condizionata dall'esperienza sensibile, e quindi in base a ciò riconoscere che la componente della persona che elabora aspettative di senso e ideali di realizzazione debba avere la priorità rispetto al puro corso biologico della vita, e quindi accettare la possibilità di sospendere quest'ultimo (la materia) quando troppo in contrasto con l'ideale esistenziale (lo "spirito")

InVerno

Citazione di: sgiombo il 01 Marzo 2019, 19:28:59 PMAllora ne deduco che il cristianesimo (secondo te) ammette suicidio ed eutanasia: il conservare la vita può ben "venire dopo" (fra l' altro) l' esigenza di evitare l' infelicità!
Il cristianesimo (o meglio il cattolicesimo) attualmente è in una situazione così confusa che i suoi prelati sono assolutamente inflessibili su questioni che nel vangelo non vengono nemmeno menzionate di striscio (dalle questioni sessuali al suicidio). Mentre invece sono dispostissimi a discutere anche per anni, dell'unica cosa a cui Cristo ha fornito una soluzione precisa, pragmatica, e per niente rispettosa della vita: cosa farsene dei pedofili. Trovare la quadra in questo bailamme non spetta certamente a me, anche i culti commettono "suicidio" in un certo senso. Mi fa semplicemente sorridere che l'unica religione al mondo, passato e presente, che ha come nodo gordiano un sacrificio umano, con tutto ciò che ne consegue (nel bene e nel male, anche MOLTO di bene) vada poi a pontificare sulle ragioni degli altri. Il mondo va così, è bizzarro, e ce ne dobbiamo far ragione.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Citazione di: Socrate78 il 01 Marzo 2019, 16:53:03 PM
@Ipazia: Io continuo a credere che esista un mondo ultraterreno e che la nostra ragione abbia dei limiti e non possa escludere il trascendente in linea assoluta. Non siamo portatori di una verità assoluta su ciò che esiste, immagina ad esempio la mente di un cane, egli vede una lampadina che si accende ma non potrà mai concepire l'esistenza dell'energia elettrica, perché la sua mente limitata non può comprendere e descrivere un tale concetto, è al di sopra delle sue possibilità. Così è secondo me per Dio e la realtà ultraterrena, noi con la nostra ragione non possiamo descrivere una realtà simile e siamo tendenzialmente portati a negarla da una prospettiva puramente razionale, tuttavia potrebbe essere come l'energia elettrica per il cane, qualcosa che la nostra mente non può comprendere appieno.

Non intendo negare a nessuno la possibilità che la natura gli concede di immaginarsi la realtà oltre le colonne d'Ercole del mondo conosciuto, ma l'esempio da te portato non è esente da una contraddizione interna: per superare i limiti cognitivi del cane è necessario un uomo in carne ed ossa, non semplicemente postulato, che sappia di elettricità. Quello stesso uomo che spiega scientificamente i terremoti attribuiti un tempo agli dei e gli uragani attribuiti ai kami. Spiegazioni che il monaco medioevale sopra citato ritiene più esaustive di quelle sovrannaturali.

Quindi l'ipotesi di un cane uomo che non sa, in assenza di un nume che sa (non verificabile, ma solo ipotizzabile), resta, per così dire, leggermente sospesa per aria.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: davintro il 01 Marzo 2019, 20:03:24 PM

Per quanto mi riguarda, trovo che la vita sia un valore relativo a un ideale di felicità di fronte al quale sarebbe anche legittimo scegliere di smettere di vivere, quindi mi distanzio dalla posizione cristiana in merito, ma non da un punto di vista ateo, ma, al contrario da uno ancora più "spiritualistico" di quello cristiano: si potrebbe definire un "deismo", credo nell'esistenza di un Principio puramente spirituale, che però non può essere rappresentato in una rivelazione umana, e dunque in alcuna confessione storica organizzata, condizionata dall'esperienza sensibile, e quindi in base a ciò riconoscere che la componente della persona che elabora aspettative di senso e ideali di realizzazione debba avere la priorità rispetto al puro corso biologico della vita, e quindi accettare la possibilità di sospendere quest'ultimo (la materia) quando troppo in contrasto con l'ideale esistenziale (lo "spirito")

Caro davintro la tua filosofia è espressione di una hybris intellettuale estrema perché quel Principio puramente spirituale non puoi che essere tu, ovvero una tua emanazione, che si erge ad arbitro unico e indiscusso della tua vita a partire da una visione valoriale (ideale esistenziale) che non può rimandare che a te, su cui tu misuri tutte le cose come dovrebbero essere.

Ci vuole davvero molto "spirito" per una hybris così radicale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: davintro il 01 Marzo 2019, 20:03:24 PM
 Questo perché il denaro è un mezzo e non un fine, il suo valore si riduce al permettere di acquistare degli oggetti di cui avvertiamo un bisogno. Per questo sono profondamente in disaccordo col principio che "chi non lavora, non mangia", chi pretende di misurare la dignità di un'esistenza sulla base del successo economico ottenuto tramite il lavoro, non è certo quello l'unico parametro per valutare il significato di una vita, nonché dello stesso lavoro,
Citazione
Però la dignità di un' esistenza non si identifica nemmeno con il diritto a mangiare senza lavorare.
Questo, in un ordinamento sociale giusto dovrebbe essere subordinato alla produzione dei mezzi di sussistenza (con cui fra l' altro alimentarsi), salvo "casi di forza maggiore", e non sull' indebita appropriazione di mezzi prodotti da altri al nostro posto.






è vero che il cristianesimo condanna il suicidio e l'eutanasia, ma questo non implica che l'idea di vivere in funzione della felicità sia prerogativa unicamente degli atei/materialisti,
Citazione
Però implica che sia prerogativa unicamente degli atei (non necessariamente materialisti) il considerarsi in diritto di togliersi la vita in caso di eccessiva infelicità.



Sul resto di quanto scrivi o sono pienamente d' accordo o comunque, malgrado divergenze (in particolare: da "mi distanzio dalla posizione cristiana in merito, ma non da un punto di vista ateo, ma, al contrario da uno ancora più "spiritualistico" di quello cristiano: si potrebbe definire un "deismo", credo nell'esistenza di un Principio puramente spirituale, che però non può essere rappresentato in una rivelazione umana, e dunque in alcuna confessione storica organizzata, condizionata dall'esperienza sensibile"), non ho obiezioni da opporre.

Grazie per aver accetto l' invito al confronto di opinioni.


davintro

Per Ipazia

Riconoscere l'esistenza di un principio puramente spirituale non è una proiezione di me stesso, dato che quel principio non sono certo io, che come essere umano finito, ammetto la presenza di uno "spirito" come unito alla materia, impossibilitato a porsi come "spirito puro". Anzi, se si vuole, troverei più forte espressione di hybris l'idea di valutare i limiti di possibilità dell'esistenza di categorie come appunto "spirito" usando come metro di misura il modo in cui tale categorie esistono all'interno di un contesto determinato particolare come l'essere umano. Cioè, trovo più indice di antropocentrismo negare la possibilità di esistenza di un principio puramente spirituale sulla base del fatto che l'unica spiritualità di cui abbiamo umana esperienza non esiste in forma pura e nella sua pienezza, piuttosto che riconoscere una trascendenza proprio sulla base della percezione del limite della nostra visuale: senso del trascendente e del limite sono sempre connessi: proprio il riconoscere la nostra limitatezza avvertiamo la presenza di un "oltre" in relazione a cui siamo limitati: tutto l'opposto della hybris