Desiderate la Vita Eterna?

Aperto da Adalberto, 08 Febbraio 2025, 13:06:11 PM

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Morpheus

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 09 Febbraio 2025, 15:19:45 PMPerché l'essere umano non meriterebbe un ipotetico Aldilà?
Probabilmente la sua è una generalizzazione soggettiva. Per lui gli esseri umani sono generalmente malvagi (concetto soggettivo) e quindi non meritevoli dell'aldilà di un "benevolo" (concetto soggettivo) dio.
P.S. Si è un fisico :) ma alla fin fine siamo tutti un po' filosofi...
Possiamo vedere infiniti motivi nel fatto che il cielo è azzurro, ma alla fine solo una è la verità: La Scienza.

InVerno

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 09 Febbraio 2025, 12:22:11 PMIo non ho paura di morire. Ho paura del dolore, della sofferenza, ma non della morte, perché ogni istante qualcosa in me muore. Non sono umano? 🤣
Mi pare strano che sia tu a dirlo, Aspirante, visto che leggendo i tuoi messaggi mi sembrava la tua ricerca filosofica fosse incentrata sulla ricerca di conferme riguardo alla possibilità di trascendere la morte, migrando in un altro corpo. Forse la parola "paura" non descrive bene quello che intendo dire che è ben più complesso, la sofferenza fa paura perchè è sofferenza, la morte fa un altra cosa, qualcosa di inevitabile, la sofferenza è evitabile, perciò fa paura.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Pio

#17
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 09 Febbraio 2025, 15:19:45 PMPerché l'essere umano non meriterebbe un ipotetico Aldilà?
Perché è un essere patetico, desideroso e rancoroso. Mai soddisfatto di nulla , come potrebbe esserlo di qualunque paradiso ? Starebbe continuamente a rompere le sfere celesti a Dio stesso: voglio questo, voglio quello, perché c'è questo, perché non c'è quello, e via discorrendo. Se qualche essere umano potesse stare in un paradiso sarebbe solo quello che non ha potuto creare il mostro dell'ego: il bimbo nato morto, il cerebroleso sofferente, ecc. Questi avrebbero la dignità morale di abitare un paradiso. Ne farebbero onore. Tutti gli altri giù, nella Geenna, dove è pianto e stridor di denti metaforici. L' inferno   è la pena per la volgarità dell'essere umano. Possono sussistere molti legittimi dubbi sul paradiso, ma sull'esistenza dell inferno non penso proprio: lo sperimentiamo di continuo e ci diamo tutti da fare per conservarlo in buone condizioni.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Aspirante Filosofo58

Citazione di: InVerno il 09 Febbraio 2025, 18:52:04 PMMi pare strano che sia tu a dirlo, Aspirante, visto che leggendo i tuoi messaggi mi sembrava la tua ricerca filosofica fosse incentrata sulla ricerca di conferme riguardo alla possibilità di trascendere la morte, migrando in un altro corpo. Forse la parola "paura" non descrive bene quello che intendo dire che è ben più complesso, la sofferenza fa paura perchè è sofferenza, la morte fa un altra cosa, qualcosa di inevitabile, la sofferenza è evitabile, perciò fa paura.
Non è proprio così. Io sono alla ricerca di me stesso. Voglio capire chi sono in realtà. La mia ricerca mi ha portato a escludere di essere solamente un corpo. Quindi vado avanti sulla strada che mi porterà a casa. 
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

Aspirante Filosofo58

Citazione di: Pio il 09 Febbraio 2025, 18:59:35 PMPerché è un essere patetico, desideroso e rancoroso. Mai soddisfatto di nulla , come potrebbe esserlo di qualunque paradiso ? Starebbe continuamente a rompere le sfere celesti a Dio stesso: voglio questo, voglio quello, perché c'è questo, perché non c'è quello, e via discorrendo. Se qualche essere umano potesse stare in un paradiso sarebbe solo quello che non ha potuto creare il mostro dell'ego: il bimbo nato morto, il cerebroleso sofferente, ecc. Questi avrebbero la dignità morale di abitare un paradiso. Ne farebbero onore. Tutti gli altri giù, nella Geenna, dove è pianto e stridor di denti metaforici. L' inferno  è la pena per la volgarità dell'essere umano. Possono sussistere molti legittimi dubbi sul paradiso, ma sull'esistenza dell inferno non penso proprio: lo sperimentiamo di continuo e ci diamo tutti da fare per conservarlo in buone condizioni.
Da quando ho letto il libro "Anime coraggiose", che  ho recensito nella sezione "ultimo libro letto" ho iniziato a considerare la possibilità che le cose stiano come suggerito dall'autore del libro, secondo il quale, la vita che viviamo sarebbe già stata decisa a linee generali dalle rispettive Anime. Non ho la certezza matematica di ciò, però considero la possibilità che sia così. 

La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

niko

#20
Non desidero quello che non esiste (aldila', concetti trascendenti, significazioni trascendenti del dato di fatto della morte, tra cui: cultura dell'effimero, del negativo, della morte come consolazione, riposo eccetera), nom desidero nulla di nulla di tutto cio',  per mia grande fortuna (piuttosto che merito)...

Quanto a quello che esiste (cioe' questa vita: e veniamo, finalmente, alle cose serie...), vado a momenti, piu' no che si', purtroppo.

Io penso che i mediocri hanno paura della (comunemente intesa) morte, cioe' della morte del se'; le persone, esistenzialmente o spiritualmente "grandi", hanno paura del lutto, cioe' della morte dell'altro. E con esso dell'ulteriore, della "trasformazione" in genere. E il significato della eternita', e' (certo) una eternita' di altro, non certo una eternita' di se', laddove, dell'eternita' stessa, non ci sarebbe bisogno. Difficile, da desiderare, ma non impossibile.

Bisogna comprendere che cosa davvero sia la morte, per comprendere se essa ci fa paura.

La morte, e' entificazione, sottrazione al divenire, e all'assurdo, per essere consegnati all'essere. Consegna, agli altri e al mondo, del (proprio) cadavere, cioe' dell'ente perfetto, e perfettamente razionale. La mietitrice, si', ma del grano in quanto prodotto umano rispetto alla natura selvaggia.

Di questa roba qui, se cosi' immagginata e concepita, e' giusto (cioe' etico) aver paura.

Se, invece, ancora la intendiamo, questa stessa morte dico, come sottrazione, di noi stessi, all'essere, per essere consegnati al divenire e al nulla, cioe' se ancora siamo immaturi, bambini nel senso peggiore del termine... allora...che dire...

Di questa roba qui non e' giusto (e non e' etico) aver paura. Meglio la reterica dell'eroe, dell'immortale, dell'esteta, del piantatore piu' o meno naturale o culturale di semi eterni eccetera. Cioe', "meglio", qui lo dico, nel senso di, meno, peggio.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

sapa

Citazione di: niko il 19 Febbraio 2025, 20:40:53 PMNon desidero quello che non esiste (aldila', concetti trascendenti, significazioni trascendenti del dato di fatto della morte, tra cui: cultura dell'effimero, del negativo, della morte come consolazione, riposo eccetera), nom desidero nulla di nulla di tutto cio',  per mia grande fortuna (piuttosto che merito)...

Quanto a quello che esiste (cioe' questa vita: e veniamo, finalmente, alle cose serie...), vado a momenti, piu' no che si', purtroppo.

Io penso che i mediocri hanno paura della (comunemente intesa) morte, cioe' della morte del se'; le persone, esistenzialmente o spiritualmente "grandi", hanno paura del lutto, cioe' della morte dell'altro. E con esso dell'ulteriore, della "trasformazione" in genere. E il significato della eternita', e' (certo) una eternita' di altro, non certo una eternita' di se', laddove, dell'eternita' stessa, non ci sarebbe bisogno. Difficile, da desiderare, ma non impossibile.

Bisogna comprendere che cosa davvero sia la morte, per comprendere se essa ci fa paura.

La morte, e' entificazione, sottrazione al divenire, e all'assurdo, per essere consegnati all'essere. Consegna, agli altri e al mondo, del (proprio) cadavere, cioe' dell'ente perfetto, e perfettamente razionale. La mietitrice, si', ma del grano in quanto prodotto umano rispetto alla natura selvaggia.

Di questa roba qui, se cosi' immagginata e concepita, e' giusto (cioe' etico) aver paura.

Se, invece, ancora la intendiamo, questa stessa morte dico, come sottrazione, di noi stessi, all'essere, per essere consegnati al divenire e al nulla, cioe' se ancora siamo immaturi, bambini nel senso peggiore del termine... allora...che dire...

Di questa roba qui non e' giusto (e non e' etico) aver paura. Meglio la reterica dell'eroe, dell'immortale, dell'esteta, del piantatore piu' o meno naturale o culturale di semi eterni eccetera. Cioe', "meglio", qui lo dico, nel senso di, meno, peggio.




La paura della morte è innata nel vivente e si chiama istinto di sopravvivenza. La vita eterna è un ossimoro.

niko

Citazione di: sapa il 20 Febbraio 2025, 09:44:15 AMLa paura della morte è innata nel vivente e si chiama istinto di sopravvivenza. La vita eterna è un ossimoro.


Te l'ho gia' detto in un'altra occasione, mentre cercavo di spiegarti come dal pensiero dell'eterno ritorno possa derivare una morale; incidentalmente, si diceva, una morale "superominstica"; ma anche, visto che non era affatto quello il problema che tu ponevi, sarebbe meglio dire, quasiasi, una morale qualsiasi; il tuo argomento era infatti che l'oblio tra una vita e l'altra renderebbe inderivabile
qualsivoglia morale a partire dall'eterno ritorno. E quindi, per ovvio automatismo, anche (per forza) una morale superomistica.

Io a quel punti ti ho spiegato come uno possa avere la consapevolezza, o comunque il dubbio, o il pensiero, di dover ripetere la propria vita innumerevoli volte. Sono cose che si possono sapere, se vuoi per "fede, che possono entrare nella cognizione umana, anche a prescindere da un effettivo "ricordo". 

Se ci pensi vale pure per teoria della reincarnazione: gli induisti credono cio' che credono, e fanno cio' che fanno, per fede, e per adesione a una certa codificata dottrina, non certo perche' tutti quanti loro "si ricordano", come se fosse ieri, le loro, presunte, vite precedenti. 
Io credo che gli induisti che accettano la loro dottrina per dato cognitivo e fideistico saranno, al mondo statisticamente, che ne so, cento milioni di persone; invece, quelli tra tutti questi induisti, (con tutto il rispetto: secondo me un po' suonati) che hanno la certezza assoluta, voglio dire dantesi al di la' della necessita' della fede, che la reincarnazione esista, perche' loro si ricordano, nitidamente, che  erano, nella loro vita precedente, un elefante, e si ricordano di quando per scherzo schizzavano gli altri elefanti del loro branco al ruscello con la proboscide, saranno, che ne so, tra tutti questi cento milioni, dieci, o al massimo cento.

Conclusione: > si puo' accettare la reincarnazione  o metmpsicosi, come dato cognitivo, e trarre da essa una morale, anche senza avere "ricordi" delle proprie vite precedenti.

Conclusione estesa: > lo stesso vale pure, per la dottrina dell'eterno ritorno. In cui i "ricordi" estendentisi tra una vita e l'altra, se pure vi fossero, sarebbero piu' che altro dei deja vu, o premonizioni. Che non sono strettamente necessari alla dottrina, e questo e' il punto. 

Non e' quindi vero il tuo paradigma, che pone:

Assenza di ricordi, tra una vita e l'altra 

= uguale =

 assenza, in assoluto, di derivabilita' di una morale partente dall'assunto, dell'esistenza, per l'individuo, di piu' vite.

Quantomeno perche' senno', manco l'induismo esisterebbe. Dato empirico, prima ancora che logico o filosofico.

Se hai avuto la pazienza di seguirmi fino qui, a questo punto avrai capito di certo dove voglio arrivare: la paura della perdita, o della morte, sara' pure innata nell'uomo, ma si puo' superare. Ricordi "mistici" o no. Se uno crede, ad esempio, nell'eternita' della propria vita, avra' piu' paura del dolore, della noia, della mediocrita', e soprattutto del lutto, in quanto morte dell'altro, che non della morte in quanto morte del se' (e falso problema). Perche' la perdita, non e' vera perdita, mentre il dolore, e' vero dolore. Epicuro pure, diceva qualcosa di simile. Platone, sulla sovrapposizione tra maieutica, quale metodo migliore di trasmissione della filosofia e del sapere umano in generale, e ritorno di ricordi mistici da uno stadio disincarnato, dell'esistenza, ci ha costruito la sua fortuna.

Che cosa e' la morte? Questa e' la domanda che, secondo vi dovete fare.

E pure qui, mi ripeto.

Se vi rispondete e' una entificazione, di cio' che prima, entificato non era, fate bene ad averne paura. Fifa, orrore, eccetra.

Se e' un annientamento o un sonno eterno, fate male, ad averne.

Poi, liberissimi di continuare, a sbagliare.  ;D

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

sapa

Citazione di: niko il 20 Febbraio 2025, 12:31:18 PMTe l'ho gia' detto in un'altra occasione, mentre cercavo di spiegarti come dal pensiero dell'eterno ritorno possa derivare una morale; incidentalmente, si diceva, una morale "superominstica"; ma anche, visto che non era affatto quello il problema che tu ponevi, sarebbe meglio dire, quasiasi, una morale qualsiasi; il tuo argomento era infatti che l'oblio tra una vita e l'altra renderebbe inderivabile
qualsivoglia morale a partire dall'eterno ritorno. E quindi, per ovvio automatismo, anche (per forza) una morale superomistica.
Io a quel punti ti ho spiegato come uno possa avere la consapevolezza, o comunque il dubbio, o il pensiero, di dover ripetere la propria vita innumerevoli volte. Sono cose che si possono sapere, se vuoi per "fede, che possono entrare nella cognizione umana, anche a prescindere da un effettivo "ricordo".
Se ci pensi vale pure per teoria della reincarnazione: gli induisti credono cio' che credono, e fanno cio' che fanno, per fede, e per adesione a una certa codificata dottrina, non certo perche' tutti quanti loro "si ricordano", come se fosse ieri, le loro, presunte, vite precedenti.
Io credo che gli induisti che accettano la loro dottrina per dato cognitivo e fideistico saranno, al mondo statisticamente, che ne so, cento milioni di persone; invece, quelli tra tutti questi induisti, (con tutto il rispetto: secondo me un po' suonati) che hanno la certezza assoluta, voglio dire dantesi al di la' della necessita' della fede, che la reincarnazione esista, perche' loro si ricordano, nitidamente, che  erano, nella loro vita precedente, un elefante, e si ricordano di quando per scherzo schizzavano gli altri elefanti del loro branco al ruscello con la proboscide, saranno, che ne so, tra tutti questi cento milioni, dieci, o al massimo cento.
Conclusione: > si puo' accettare la reincarnazione  o metmpsicosi, come dato cognitivo, e trarre da essa una morale, anche senza avere "ricordi" delle proprie vite precedenti.
Conclusione estesa: > lo stesso vale pure, per la dottrina dell'eterno ritorno. In cui i "ricordi" estendentisi tra una vita e l'altra, se pure vi fossero, sarebbero piu' che altro dei deja vu, o premonizioni. Che non sono strettamente necessari alla dottrina, e questo e' il punto.
Non e' quindi vero il tuo paradigma, che pone:
Assenza di ricordi, tra una vita e l'altra
= uguale =
 assenza, in assoluto, di derivabilita' di una morale partente dall'assunto, dell'esistenza, per l'individuo, di piu' vite.
Quantomeno perche' senno', manco l'induismo esisterebbe. Dato empirico, prima ancora che logico o filosofico.
Se hai avuto la pazienza di seguirmi fino qui, a questo punto avrai capito di certo dove voglio arrivare: la paura della perdita, o della morte, sara' pure innata nell'uomo, ma si puo' superare. Ricordi "mistici" o no. Se uno crede, ad esempio, nell'eternita' della propria vita, avra' piu' paura del dolore, della noia, della mediocrita', e soprattutto del lutto, in quanto morte dell'altro, che non della morte in quanto morte del se' (e falso problema). Perche' la perdita, non e' vera perdita, mentre il dolore, e' vero dolore. Epicuro pure, diceva qualcosa di simile. Platone, sulla sovrapposizione tra maieutica, quale metodo migliore di trasmissione della filosofia e del sapere umano in generale, e ritorno di ricordi mistici da uno stadio disincarnato, dell'esistenza, ci ha costruito la sua fortuna.
Che cosa e' la morte? Questa e' la domanda che, secondo vi dovete fare.
E pure qui, mi ripeto.
Se vi rispondete e' una entificazione, di cio' che prima, entificato non era, fate bene ad averne paura. Fifa, orrore, eccetra.
Se e' un annientamento o un sonno eterno, fate male, ad averne.
Poi, liberissimi di continuare, a sbagliare.  ;D
Ciao niko, secondo me mi confondi con qualcun altro, non ho mai parlato in questo forum di reincarnazione, anche se potrebbe essere un concetto di eternità della vita per me  più digeribile. Io, più che altro, contestavo il fatto che sia logico parlare di vita eterna, quando sappiamo benissimo che la vita non è affatto eterna, recando in sè quasi per definizione il concetto di morte. La vita eterna, in quanto senza fine, non può essere neanche concepibile. Come ha detto Inverno, una vita senza morte sembrerebbe anche a me una specie di lobotomia spirituale.

Aspirante Filosofo58

#24
Citazione di: sapa il 21 Febbraio 2025, 13:24:23 PMCiao niko, secondo me mi confondi con qualcun altro, non ho mai parlato in questo forum di reincarnazione, anche se potrebbe essere un concetto di eternità della vita per me  più digeribile. Io, più che altro, contestavo il fatto che sia logico parlare di vita eterna, quando sappiamo benissimo che la vita non è affatto eterna, recando in sè quasi per definizione il concetto di morte. La vita eterna, in quanto senza fine, non può essere neanche concepibile. Come ha detto Inverno, una vita senza morte sembrerebbe anche a me una specie di lobotomia spirituale.

Perché, oltre alla vita terrena, non può esservene una eterna di cui quella terrens fa parte? Chi è privo dell'udito prende per matte le persone che vede danzare a tempo di musica; chi è privo della vista non comprende chi gli parla di forme, colori, ecc... però suoni e colori esistono.
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

niko

Citazione di: sapa il 21 Febbraio 2025, 13:24:23 PMCiao niko, secondo me mi confondi con qualcun altro, non ho mai parlato in questo forum di reincarnazione, anche se potrebbe essere un concetto di eternità della vita per me  più digeribile. Io, più che altro, contestavo il fatto che sia logico parlare di vita eterna, quando sappiamo benissimo che la vita non è affatto eterna, recando in sè quasi per definizione il concetto di morte. La vita eterna, in quanto senza fine, non può essere neanche concepibile. Come ha detto Inverno, una vita senza morte sembrerebbe anche a me una specie di lobotomia spirituale.



E' vero, scusa, ti confondevo con Bahylam!

Sto troppo con la testa tra le nuvole, ultimamente...

Comunque, per me, ogni singola vita e' una cosa che puo' accadere, e che non contraddice nessuna legge della natutra, e quindi e' eterna in quanto manifestazione di una possibilita' che non si esaurisce nel suo manifestarsi. La causa, di una cosa, non si esaurisce, perche' quella cosa succede una volta. Se lanci un dado e fai 6, questo non rende "irripetibile", il 6, il sei puo' ancora uscire.

La vita e' complessa, e la singola vita di ognuno, piu' complessa ancora,ma per me, nascere e vivere in delle certe circostanze che "costituiscono" il mondo intorno a noi, e' come fare, mettiamo, 7499 su un grosso e complicato dado, con, mettiamo, con 10.000.

A tempo e spazio infinito, o comunque molto esteso, 7499 uscira' di nuovo, o uscira' altrove.

Il senso dell'effimero, e della caducita', dipende dai punti di vista, e dal fatto che qieusti di solito, sono molto ristretti.

Restituendo un senso "dell'unico", che, spesso e' molto illusorio.

Mentre reale, e' il simulacro cioe' l'insieme delle copie, o anche solo delle somigluanze, di cui nessuna e' l'originale, ovvero, una tea le altre privilegiata per essere vera.

La morte, sarebbe possibile solo se noi "abitassimo", in senso animico l'originale. E imvece, io sono abbastanza convinto, che noi, abitiamo uno dei tanti simulacri, di noi stessi. Questo, e non altro ci "incatena", per modo di dire, all'eternita'.

La vita, dopo essere il dispiegarsi ordinario delle leggi naturali presso le circostanze, materiali che la "attivano", insomma che attivano, la vita stessa, come fenomeno, non ha in se' nessuna "realta' ", o "verita' " residua per essere unica, o vivibile e avvertibile come unica.

Quindi, la vita non ha tanto in se' il marchio, o la scintilla, della morte, ma quella del suo stesso valore infinito.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

sapa

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 21 Febbraio 2025, 15:39:49 PMPerché, oltre alla vita terrena, non può esservene una eterna di cui quella terrens fa parte? Chi è privo dell'udito prende per matte le persone che vede danzare a tempo di musica; chi è privo della vista non comprende chi gli parla di forme, colori, ecc... però suoni e colori esistono.

Certamente, io non ci credo, ma non posso negare che potrebbe esserci, ci mancherebbe. Come dicevo, però,  la vita di tutti gli esseri viventi contiene la morte di ognuno, abbiamo tutti una data di scadenza, ma non sappiamo qual'è. A questo punto, per convenzione parliamo per l'aldilà di vita eterna o miglior vita, cioè senza morte, ma come ce la potremmo immaginare? Tutto ciò che è eterno ci è estraneo, proprio perchè noi non lo siamo e non possiamo far altro che lavorarci di fantasia.  

Aspirante Filosofo58

Citazione di: sapa il 21 Febbraio 2025, 17:29:32 PMCertamente, io non ci credo, ma non posso negare che potrebbe esserci, ci mancherebbe. Come dicevo, però,  la vita di tutti gli esseri viventi contiene la morte di ognuno, abbiamo tutti una data di scadenza, ma non sappiamo qual'è. A questo punto, per convenzione parliamo per l'aldilà di vita eterna o miglior vita, cioè senza morte, ma come ce la potremmo immaginare? Tutto ciò che è eterno ci è estraneo, proprio perchè noi non lo siamo e non possiamo far altro che lavorarci di fantasia. 
Io credo che il corpo fisico non sia eterno, ma che Anima, Spirito e mente lo siano. Dipende tutto da ciò che consideriamo essere umano. 😏
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

Adalberto

 Translator
 
 
 La paura della morte è un concetto innato o culturale?
 E' comuqnue utile splittare il concetto di paura: paura della morte degli altri (verso cui si ha un legame importante, non necessariamnte sentimentale o familiare) e paura della propria morte.  
 Nell'Iliade o comunque nella Grecia arcaica non mi sembra che emerga la paura della propria morte. Magari c'era la paura e la disperazione per la morte altrui.
 Per quanto anche Neanderthal  sembrano aver lasciato omaggi nelle sepolture a loro attribuite, non è detto che questo corrisponda ad una paura della propria morte.
 Così pure per i nostri progenitori che non avendo lasciato nulla di scritto non ci lasciano intendere i loro sentimenti a riguardo.
 Non ho conoscenze così vaste da poter documentare con vigore la  causa culturale verso la qual epropendeo.
  Chiedo lumi.
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
(Fosco Maraini)

Koba

Non sono mai stato interessato alla vita eterna.
Per me il problema non è tanto la mortalità, ma il fatto che il tempo, nella nostra epoca, sia vissuto sempre di più come qualcosa di irreale.
Come se fossimo bloccati in un presente eterno, ma con la certezza paradossale che intanto gli anni scorrono inesorabili e ci si avvicina alla morte.
Il motivo potrebbe essere il fatto che ciò che è comune si è dissolto. Così la storia dell'individuo non è scandita da niente. C'è soltanto una specie di alternanza lavoro–godimento.
I progetti del singolo, per quanto possano essere condivisi da una cerchia ristretta di familiari o amici, appaiono come isole iridescenti in mezzo al vuoto, il che li rende soggetti, soprattutto nelle fasi critiche e nei fallimenti, agli attacchi del dubbio e del paradosso: non sarà che sono esistiti solo nella mia testa? ci si chiede sgomenti.
E questa incertezza finisce per minare la continuità del tempo vissuto.
Angoscianti déjà vu, crisi di panico: non sono più fatti psicopatologici rari. Sono ormai disturbi comuni dell'era digitale.
"Siamo qui in forma umana per imparare i geroglifici umani dell'amore e della sofferenza" [William S. Burroughs, lettera a Jack Kerouac del 24 maggio 1954, Tangeri]

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