Menu principale

Autobiografia

Aperto da doxa, 05 Novembre 2020, 09:08:27 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

doxa




"Autobiografia" è una parola composta di origine greca. Scomponendola nei suoi elementi costitutivi si ha: "autòs" (= stesso, di sé stesso) + "bìos" (= vita) + "graphèin" (= descrivere; graphé = descrizione): "vita di un individuo descritta da sé stesso". 

L'autobiografia è un genere letterario.

Sembra facile autodefinirsi. Ricordo un individuo che si autodefiniva "imbevuto di charme", ma chi lo conosceva diceva che era "imbevuto di vino", e durante l'ebbrezza, con vista sul cielo e sull'orizzonte,  colloquiava con la sua "anima": un'auto-analisi per riconoscersi nei propri difetti e nelle proprie virtù, nel male e nel bene.

Non è facile narrare parte della propria esistenza in modo retrospettivo. Come  iniziarla ? Come strutturarla ?  Qual è la motivazione che sprona  ?

Non è necessario essere un abile narratore o un affabile divulgatore, un poeta errante o itinerante.

Scrive di sé chi decide di rievocare avvenimenti  che  considera importanti. E' il protagonista delle vicende raccontate. Ma ricordare può diventare "gaudium et spes", gioia e speranza oppure "tristitia et desperatiōnis", tristezza e disperazione.

L'autobiografia consente di "osservarsi da lontano", di attraversare e sostare nei luoghi più importanti della propria vita,  costringe a sequenziare gli eventi, a ricomporre gli episodi, a non trasfigurare le esperienze, le affettività, le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo.

segue

doxa

/2





Scrivere di sé può nascere dal desiderio di introspezione, dal tentativo di scoprire la verità celata sotto l'apparenza. La scrittura salva la memoria del vissuto. Ma scrivere la propria storia significa addentrarsi in un labirinto e scegliere un percorso senza la certezza del traguardo.

Il viaggio narrativo comincia senza una meta precisa, ma è importante procedere con la "bussola", cioè secondo uno schema, per non perdersi in vie secondarie e senza uscita.

Scrivendo la strada si rivela, s'intravede l'uscita dal labirinto e il dispiegarsi da lontano  di una parte della propria vita, quella che si racconta.

L'io narrante è una forma di autoanalisi, usata nell'ambito della psicoterapia.  Scaturisce  dall'inquietudine della ricerca,  della domanda, dell'interrogazione, della curiosità,  dalla dimensione epica e dalla visione corale degli avvenimenti.

La tendenza alla ricerca, anche interiore, induce ad osservare, ipotizzare, predire, analizzare e rivedere l'ipotesi.  Mette in luce le proprie emozioni, i sentimenti, le motivazioni. 

Nell'Apologia di Socrate il filosofo Platone nel descrivere l'eredità del suo maestro gli fa dire: "Una vita senza ricerca non merita di essere vissuta" (cap. 28). 

La ricerca storico-memoriale mette in luce emozioni, sentimenti  che accompagnano e spesso determinano il corso di un'esistenza e quasi sempre restano "senza voce" o si sedimentano in memorie familiari.



segue

doxa


/3





Scrivere l'autobiografia significa mettere ordine ai propri ricordi, schematizzare gli argomenti e scriverli.  E' anche  un procedimento di autoanalisi, coinvolge l'Io, la tecnica narrativa, la creatività. Permette di catalogare gli eventi più significativi della propria vita, diventa lo "strumento" che ci aiuta a capire quali sono i passaggi fondamentali del nostro processo di crescita personale, quale significato hanno avuto gli eventi passati.

Inquadrare eventi, cose e persone: sono gli elementi base dello storytelling, dell'arte di raccontare, di strategia di comunicazione persuasiva. Elementi validi anche per descrivere eventi  della propria vita, per trasformarla in oggetto narrativo, pensando al passato, alle esperienze positive e negative, alle situazioni e alle persone che ne hanno fatto parte.

La trama dell'autobiografia include  i protagonisti principali e i comprimari, gli antefatti, le svolte, i colpi di scena, la tensione psicologica per raggiungere l'obiettivo prefissato.


Il racconto deve integrare nella sua struttura ciò che penso, ciò che mi definisce in maniera univoca: i miei valori, le mie capacità, la mia storia passata, i miei successi, gli sbagli, le giustificazioni.


segue

doxa

/4



Lo psicologo sociale statunitense  Roy F. Baumeister ha teorizzato quattro bisogni fondamentali per produrre la visione significativa della propria esistenza.

1. La"finalità". Gli eventi che viviamo e le azioni che mettiamo in atto acquistano significato nel tempo e nello spazio solo nel momento in cui riusciamo ad attribuirgli una finalità capace di unire ciò che abbiamo fatto, ciò che siamo stati e ciò che oggi viviamo. Gli ideali della vita, i sogni della giovinezza, i progetti e le passioni, ma anche le svolte dolorose che ci aprono nuove strade o che ci bloccano il cammino. La finalità genera senso in quanto inserisce gli eventi e le nostre scelte in una catena intellegibile di causalità, in una sequenza di cause ed effetti attraverso la quale possiamo provare a dar conto del nostro vissuto.

2. La giustificazione. Il racconto  deve  "giustificare" ciò che descrive: giustificare ciò che ci capita e ciò che facciamo. Deve consentire  la valenza di "giusto" o "sbagliato" a eventi e azioni. Mentre la finalità genera senso inserendo gli eventi in  una catena di cause ed effetti, la giustificazione situa i fatti dell'esistenza all'interno di un codice morale personale.

3. L'efficacia. La possibilità di leggere le nostre azioni come capaci di "fare la differenza", di avere un impatto su ciò che consideriamo meritevole e di modificare la probabilità che ciò che desideriamo si avveri.

4. Le motivazioni. Nella storia della propria esistenza  sono necessarie le ragioni per descriversi come degno di valore e apprezzamento. Non si desidera solo la lode, ma si desidera esserne degno, anche se non lodato da nessuno".

segue

doxa

/5





Il prof. Vittorio Pelligra, docente di politica economica e studioso dei comportamenti economici in  dialogo con la psicologia cognitiva e le neuroscienze, afferma che il valore di sé è valore nei confronti della  propria coscienza.

Il processo di costruzione di senso attraverso la narrazione appare particolarmente importante per il modo in cui ciascuno di noi vive e affronta gli eventi negativi e le oggettive difficoltà che la vita spesso ci presenta.

Essere capaci di dare un senso alle cose, anche agli eventi più traumatici e difficili, ha come conseguenza non solo una migliore salute psicologica, ma anche, e questo può apparire per nulla scontato, una migliore salute fisica.

L'autobiografia, la capacità di raccontarsi, rispetto alle avversità della vita, rappresenta un processo efficace attraverso il quale impariamo a gestire delusioni, conflitti e sofferenze. Questo processo narrativo non è esente da rischi,  per esempio l'autoinganno, sempre in agguato, l'eccesso di fiducia e di ottimismo, così come l'opposto senso di persistente e invincibile insoddisfazione.

Un altro aspetto da considerare  è la "riflessività". Una caratteristica determinante  nella costruzione narrativa è l'interazione tra le nostre storie personali e la "grande storia" del nostro tempo.

L'auto-narrazione della propria vita struttura la percezione, segmenta e attribuisce finalità agli eventi della vita, organizza la memoria, individua dispiaceri e piaceri.
Il filosofo ed economista britannico John Stuart Mill (1806 – 1873) propone in questo brano una variazione del calcolo morale dei piaceri.

"Quando si tratta di valutare i piaceri, è assurdo considerare in essi soltanto la quantità e non la qualità. È un fatto indiscutibile che coloro i quali conoscono e apprezzano due specie di maniere di vita danno la preferenza a quella tra esse che impegna le loro facoltà più elevate. Sono poche le creature umane che accetterebbero d'esser mutate in animali inferiori se si promettesse loro il godimento più pieno dei piaceri delle bestie; nessun uomo intelligente consentirebbe a diventare imbecille, nessuna persona istruita a diventare ignorante, nessuna persona di cuore e di coscienza a diventare egoista, anche se loro si dimostra che un'imbecille, un'ignorante, l'egoista sono più soddisfatti della loro sorte. Un essere dotato di facoltà elevate esige di più per essere felice, soffre più intensamente, e in certi punti è stato più accessibile alla sofferenza che non un essere di tipo inferiore. E tuttavia un tale essere non potrà mai realmente desiderare di cadere in un tipo d'esistenza inferiore.

Vale meglio essere un uomo infelice che un maiale soddisfatto: vale meglio essere Socrate infelice che uno stupido soddisfatto. E se lo stupido, o il maiale, sono di diversa opinione, ciò si deve al fatto che essi conoscono soltanto un lato della questione.

La morale utilitaristica riconosce negli esseri umani il potere di sacrificare il loro più grande bene per il bene degli altri. Essa rifiuta soltanto di ammettere che il sacrificio sia un bene per se stesso. Un sacrificio che non aumenti, o non tenda ad aumentare, la somma totale della felicità, lo considera come inutile. La sola rinuncia che essa approva è la devozione alla felicità, o ad alcunché che serva alla felicità, degli altri: sia dell'umanità collettivamente, sia degli individui, nei limiti imposti dagli interessi collettivi dell'umanità".


(John Stuart Mill, "Utilitarismo")

the end