Anche voi trovate noiosi i testi di narrativa?

Aperto da Socrate78, 26 Settembre 2018, 16:23:13 PM

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Socrate78

Sinceramente io trovo noiosi in genere i testi di narrativa, preferisco leggere semmai testi di saggistica, analisi storica/politica, filosofia, ciò che insomma ha la caratteristica di ampliare il mio sapere e le mie capacità di riflessioni. Trovo insomma pesante quello che la maggior parte delle persone ritiene al contrario rilassante: la mia scarsa sintonia con la narrativa è presente sin da quando ero adolescente, ho sempre avuto difficoltà ad immaginarmi in maniera nitida le vicende narrate nella mente e di conseguenza la lettura diventa anch'essa pesante, poco scorrevole: se invece mi trova davanti ad un testo che mi fa riflettere in maniera più astratta,senza la necessità di visualizzare mentalmente immagini complesse, tutto mi è più semplice. Penso insomma fortemente per parole e molto poco per immagini. Secondo voi si tratta di un pregio o di un limite da superare (mancanza di fantasia, ecc.)?

Sariputra

"E che cosa leggete, signorina...?" "Oh! Non è che un romanzo!" replica la giovanetta, lasciando cadere il libro con indifferenza ricercata o con momentanea vergogna. "È Cecilia, o Camilla, o Belinda" o, per farla breve, non è che un'opera nella quale sono prodigate le più belle facoltà dello spirito e che offre al mondo, in un linguaggio scelto, la più completa conoscenza della natura umana, la più felice descrizione delle sue varietà, le più vive manifestazioni di spirito e di brio.

Jane Austen
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Jacopus

Anch'io preferisco la saggistica e se leggo un romanzo subito inizio a interpretarlo come se lo volessi far diventare l'oggetto di un saggio. Vivere la storia e basta...quella sì che e' una grande arte.
P.s.: c'e' un libro ne' carne ne' pesce, un grande libro, si intitola l'uomo senza qualita' di Robert Musil, un saggio-romanzo epico.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

E' da tempo che preferisco la saggistica.......
ma se soprattutto un ragazzo/a dovesse chiedermi cosa scegliere, senza dubbio poesia e narrativa risponderei.
Perchè i grandi, veramente grandi poeti e narratori, riescono in poche parole a descrivere mondi interiori, gestualità, fisionomie, incontri, emozioni che ........un saggista si sogna.La nostra immaginazione corre sulle ali delle parole e si sofferma sui personaggi, paesaggi.Pittori della parola, psicologi, filosofi, sono i grandi narratori e lavorando non sui concetti, ma sulle immagini che sono riusciti a penetrare nel nostro animo, non si scordano mai. Sono saggisti travestiti da raccontatori.
........e i grandi filosofi sono narratori.......

sileno

Citazione di: Socrate78 il 26 Settembre 2018, 16:23:13 PM
Sinceramente io trovo noiosi in genere i testi di narrativa, preferisco leggere semmai testi di saggistica, analisi storica/politica, filosofia, ciò che insomma ha la caratteristica di ampliare il mio sapere e le mie capacità di riflessioni. Trovo insomma pesante quello che la maggior parte delle persone ritiene al contrario rilassante: la mia scarsa sintonia con la narrativa è presente sin da quando ero adolescente, ho sempre avuto difficoltà ad immaginarmi in maniera nitida le vicende narrate nella mente e di conseguenza la lettura diventa anch'essa pesante, poco scorrevole: se invece mi trova davanti ad un testo che mi fa riflettere in maniera più astratta,senza la necessità di visualizzare mentalmente immagini complesse, tutto mi è più semplice. Penso insomma fortemente per parole e molto poco per immagini. Secondo voi si tratta di un pregio o di un limite da superare (mancanza di fantasia, ecc.)?



Kafka sui libri
KAFKA, BISOGNA LEGGERE LIBRI CHE FERISCANO LA COSCIENZA
 "Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? ( Kafka)(... ) un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi. Questo credo.

(Franz Kafka, lettera a Oskar Pollak del 27.I.1904)


Sono d'accordo.
I miei che vi corrispondono sono stati perlopiù d' autori classici e brevi (100,150 pagine).

Spesso non solo storie ma da includere in una letteratura - ormai inattuale - che si nutre anche di riflessioni,e spesso da commentare per alcune idee che ne emergono.

Finora,di getto, ricordo questi senza ordine cronologico.
Non molti,solo per dare un'idea di cosa intendo
e sollecitare qualche indicazione analoga.



La morte di Ivan Il'ic - Tolstoj

Bartleby lo scrivano – Melville

Linea d'ombra - Conrad

Lazzarillo de Tormes – anonimo

Le avventure di Gordon Pymm ( unico romanzo di Poe)

Fosca – Tarchetti

Perturbamento – Bernhardt

I turbamenti del giovane Torless – Musil

Alla deriva - Huismans

Vortice – Oriani

Senilità – Svevo

Il deserto dei tartari - Buzzati

La metamorfosi – Kafka

Lettera al padre – Kafka

Siddharta - Hesse



Anch'io ho privilegiato la saggistica, e ho ignorato i best seller salvo eccezioni.

Saluti

Kobayashi

Alla meravigliosa lista di Sileno dei libri che sono in grado di mollare sani ceffoni, io aggiungo:
"Gelo" di Bernhard
"Jacob Von Gunten" di Walser
"Inferno" di Strindberg
"La resa dei conti" di Bellow
"Bouvard e Pécuchet" di Flaubert

Jacopus

La distinzione saggistica/narrativa e' piuttosto artificiosa. Da un romanzo si possono trarre conclusioni e riflessioni molto piu' fondate che da un saggio. Esempio: con quanta grazia Voltaire si prende gioco di Leibniz in Candido e sicuramente ha raggiunto un numero di persone molto piu' grande di qualsiasi testo filosofico.
Credo che ad un certo punto saggistica e narrativa si rinforzino a vicenda e possano trarre ispirazione l'una dall'altra.
La psicoanalisi non sarebbe mai esistita se Freud non avesse avuto una solidissima conoscenza dei classici greci. Il nome della rosa non sarebbe quel capolavoro che e' se Eco non avesse conosciuto la filosofia scolastica medievale. E gli esempi potrebbero continuare.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Io ho per molti anni letto solo saggistica; poi, visto che questa mi stava cominciando ad annoiare, ho da non
molto cominciato con la narrativa.
Prediligo i grandi classici, e fra questi in particolare i russi e i francesi (l'autore da me preferito in
assoluto è Dostoevskij, che pongo alla pari di Kant come la mente più profonda che l'umamità abbia finora
visto).
Sto attualmente leggendo "Moby Dick", di Melville (piacevole, ma non certo al livello di altri grandi del passato).
Come l'amico Jacopus, trovo anch'io un pò artificiosa la distinzione saggistica-narrativa (soprattutto se con il
termine "saggistica" si intendesse quella filosofica): basti pensare solo a Nietzsche o alle "Operette morali" di
Leopardi...
saluti

sileno

Citazione di: Jacopus il 27 Settembre 2018, 11:10:05 AM
La distinzione saggistica/narrativa e' piuttosto artificiosa. Da un romanzo si possono trarre conclusioni e riflessioni molto piu' fondate che da un saggio. Esempio: con quanta grazia Voltaire si prende gioco di Leibniz in Candido e sicuramente ha raggiunto un numero di persone molto piu' grande di qualsiasi testo filosofico.
Credo che ad un certo punto saggistica e narrativa si rinforzino a vicenda e possano trarre ispirazione l'una dall'altra.
La psicoanalisi non sarebbe mai esistita se Freud non avesse avuto una solidissima conoscenza dei classici greci. Il nome della rosa non sarebbe quel capolavoro che e' se Eco non avesse conosciuto la filosofia scolastica medievale. E gli esempi potrebbero continuare.



Sono d'accordo e propongo alcuni passi da "L'uomo senza qualità" di R.. Musil sorprendenti per attualità.
Non l'ho incluso nella breve lista perché romanzo molto lungo e complesso,per il criterio circoscritto che ho adottato anche seguendo il criterio di Kafka.


(...) ci si sbracciava per gente dappoco e non si faceva attenzione a uomini di valore; succedeva che degli stupidi fossero considerati capi, e dei grandi ingegni nient'altro che originali... 

(...) infatti se di dentro la stupidità non somigliasse straordinariamente all'intelligenza, se di fuori non si potesse scambiare per progresso, genio, speranza, perfezionamento, nessuno vorrebbe essere stupido e la stupidità non esisterebbe. O almeno sarebbe molto facile combatterla. Purtroppo invece essa ha qualcosa di singolarmente simpatico e naturale...può indossare tutti i vestiti della verità. 
La verità invece ha un abito solo e una sola strada, ed è sempre in svantaggio. 

Noi abbiamo conquistato la realtà e perduto il sogno...bisogna muoversi e mangiar bistecche...la spaventosa aridità di cuore, la sete di denaro, la freddezza e la violenza, che contraddistinguono il nostro tempo.

Saluti

Ipazia

Concordo pienamente con gli ultimi interventi. Di saggistica inutile, prolissa, noiosa, autoreferenziale, apologetica, c'è n'è tanto quanto di narrativa inutile. Con tanta supponenza in più. Che la narrativa sia all'origine della formazione degli umani in età evolutiva dovrebbe far riflettere sulla sua importanza. Romanzo storico e biografie, più o meno, romanzate sono una terra di mezzo di grande valore culturale. Certo oggi scrivere narrativa originale richiede doti assimilabili a quelle di un grande scienziato, dopo tutto quello che si è scritto nel passato. Ma non confonderei l'attuale crisi della narrativa, e ipertrofia meramente commerciale di ciò che si pubblica, con la sua assenza di valore. La grande letteratura rimane e l'arte di scrivere e narrare credo non morirà mai finchè non ci estingueremo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

condivido molto l'impostazione di Socrate 78, e non ritengo vi sia nulla di sbagliato nel preferire un genere anziché un altro, dato che la scelta di ciò che si desidera leggere non può che avere un valore soggettivo, relativo cioè agli interessi che ciascuno liberamente si pone. Personalmente anch'io trovo in genere più stimolante la saggistica rispetto alla narrativa, il motivo è che nel relazionarmi a un saggio, cioè una forma letteraria in cui l'autore esplicitamente presenta e argomenti una tesi mirante a rispecchiare la verità oggettiva su un certo argomento, mi sento per così dire più "protagonista attivo", perché dato che il tema è appunto la realtà oggettiva, cioè un orizzonte la cui visione è potenzialmente aperta a tutti, sono più stimolato a confrontarmi interiormente con l'autore, sentendomi libero di poter essere d'accordo o in disaccordo con la tesi proposta. E nell'argomentare le mie posizioni mi sento partecipe dell'opera, sento che l'opera parla anche di me, perché intenzionata a rispecchiare delle verità oggettive, in quanto oggettive, ci accomunano tutti e di fronte a cui possiamo a nostra volta prendere una posizione. Questa possibilità è più difficilmente realizzabile nella narrativa, dato che un racconto non esprime una tesi, un'opinione, ma la narrazione di una storia, cioè eventi che accadono a personaggi, con cui non ho personalmente a che fare, e sui cui quindi è difficile trovare un legame che motivi l'interesse. In genere l'unica condizione entro cui potrei sentirmi coinvolto nella lettura di un racconto è l'intrecciare un legame di empatia e immedesimazione con uno dei personaggi, magari qualcuno con cui trovo di poter avere di valori o aspetti caratteriali in comune, in quel caso la simpatia potrebbe portarmi a seguire con interesse le sue vicende, perché mi rispecchierei in lui, e seguirei la trama sperando che le cose gli vadano bene. Non è facile che scatti questo meccanismo in modo così intenso (il racconto che finora più di tutti si è realizzato direi sia "Le notti bianche" di Dostoevskij, che quindi potrei collocare per ora al primo posto tra i miei libri di narrativa). Ovviamente so che nella narrativa oltre alla semplice storia c'è molto di più dietro, ci sono idee, visioni del mondo dell'autore ecc,, solo che personalmente mi trovo più a mio agio relazionarmi a teorie e concetti presentati esplicitamente come tali: ricavare le idee sulla base dell'interpretazione dei personaggi o degli eventi è operazione legittima e interessante, ma avrei spesso l'impressione di operare delle forzature, nel passaggio dalla narrazione particolare agli schemi teorici astratti e universali: a volte forse una storia è davvero solo una storia

Ipazia

Citazione di: sileno il 27 Settembre 2018, 13:51:13 PM
Citazione di: Jacopus il 27 Settembre 2018, 11:10:05 AM
La distinzione saggistica/narrativa e' piuttosto artificiosa. Da un romanzo si possono trarre conclusioni e riflessioni molto piu' fondate che da un saggio. Esempio: con quanta grazia Voltaire si prende gioco di Leibniz in Candido e sicuramente ha raggiunto un numero di persone molto piu' grande di qualsiasi testo filosofico.
Credo che ad un certo punto saggistica e narrativa si rinforzino a vicenda e possano trarre ispirazione l'una dall'altra.
La psicoanalisi non sarebbe mai esistita se Freud non avesse avuto una solidissima conoscenza dei classici greci. Il nome della rosa non sarebbe quel capolavoro che e' se Eco non avesse conosciuto la filosofia scolastica medievale. E gli esempi potrebbero continuare.
Sì. Perfino alle origini della filosofia, che nasce narrata nei dialoghi platonici. E quando si fa atea lo fa in forma aforistica e narrativa. Anche nelle religioni, occidentali e orientali: ciò che rimane vivo dopo il crollo dei sistemoni teologici è l'anaddotica, la parabola, i cui contenuti a misura d'uomo (la morale della favola) permangono validi e stimolanti sempre. Il tramonto del pensiero medioevale risulta molto più efficacemente rappresentato da Cervantes che dal saggione di Huizinga. Le "relazioni pericolose" di Choderlos de Laclos ci raccontano la putrefazione dell'ancien regime più di tutti i libri di storia. Più tempestivo di tutti i saggi sulla materia è il rapporto tra umani e IA narrato nelle leggi della robotica di Asimov. Sul folgorante "la bellezza ci salverà" la società secolarizzata e atea avrebbe da riflettere più che su tutta la saggistica filosofica moderna. Certo non è facile trovare nel bailamme di narrativa quello che farà la storia del pensiero a venire. Ma c'è un unico per riuscirvi: conoscerla.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sileno

Citazione di: Ipazia il 03 Ottobre 2018, 08:26:09 AM
Citazione di: sileno il 27 Settembre 2018, 13:51:13 PM
Citazione di: Jacopus il 27 Settembre 2018, 11:10:05 AM
La distinzione saggistica/narrativa e' piuttosto artificiosa. Da un romanzo si possono trarre conclusioni e riflessioni molto piu' fondate che da un saggio. Esempio: con quanta grazia Voltaire si prende gioco di Leibniz in Candido e sicuramente ha raggiunto un numero di persone molto piu' grande di qualsiasi testo filosofico.
Credo che ad un certo punto saggistica e narrativa si rinforzino a vicenda e possano trarre ispirazione l'una dall'altra.
La psicoanalisi non sarebbe mai esistita se Freud non avesse avuto una solidissima conoscenza dei classici greci. Il nome della rosa non sarebbe quel capolavoro che e' se Eco non avesse conosciuto la filosofia scolastica medievale. E gli esempi potrebbero continuare.
Sì. Perfino alle origini della filosofia, che nasce narrata nei dialoghi platonici. E quando si fa atea lo fa in forma aforistica e narrativa. Anche nelle religioni, occidentali e orientali: ciò che rimane vivo dopo il crollo dei sistemoni teologici è l'anaddotica, la parabola, i cui contenuti a misura d'uomo (la morale della favola) permangono validi e stimolanti sempre. Il tramonto del pensiero medioevale risulta molto più efficacemente rappresentato da Cervantes che dal saggione di Huizinga. Le "relazioni pericolose" di Choderlos de Laclos ci raccontano la putrefazione dell'ancien regime più di tutti i libri di storia. Più tempestivo di tutti i saggi sulla materia è il rapporto tra umani e IA narrato nelle leggi della robotica di Asimov. Sul folgorante "la bellezza ci salverà" la società secolarizzata e atea avrebbe da riflettere più che su tutta la saggistica filosofica moderna. Certo non è facile trovare nel bailamme di narrativa quello che farà la storia del pensiero a venire. Ma c'è un unico per riuscirvi: conoscerla.





Il senso della letteratura più alta è la riflessione eclettica e interdisciplinare. Libri non conformi a un banale orizzonte di attese, che contribuiscono a comprendere il mondo, stimolando a una nuova percezione dell'esistenza etica e estetica., che illustrano problematiche affettive, dilemmi di coscienza, come certi personaggi dell'inquietudine novecentesca, e alcuni tra i migliori romanzi d'amore. Libri che educano il pensiero, le emozioni, l'immaginazione.
Tra i romanzi "filosofici" voglio ricordare almeno "La nausea" di Sartre e "Lo straniero" di Camus.

C'è un rapporto tra psiche, filosofia e letteratura: la fantasia poetica e narrativa può raccontarci molto sulla condizione umana e sui problemi fondamentali dell'uomo.

Amo il libri dove un personaggio rappresenta un dasein: uno stile esistenziale in rapporto agli altri per comprendersi nella propria essenza e esistenza. 
Ad es. ricordo il personaggio autobiografico di J. Conradi in "Linea d'ombra", metafora di una comune esperienza: l'acquisizione di una piena e dolorosa maturità e autocoscienza.

Saluti

Apeiron

In genere anch'io preferisco la saggistica alla narrativa. E credo che se uno è più portato al ragionamento astratto, come è nel mio caso, la saggistica è molto più "naturale" come lettura (personalmente mi piacciono molto anche i dialoghi filosofici, che strettamente parlando non sono né narrativa né saggistica. Mi piacciono perché la forma dialogica permette facilmente di seguire le argomentazioni). 
Nel mio caso, però è anche vero che penso molto anche per immagini (anche se in misura minore rispetto al pensiero "verbale"), mi piace visualizzare i concetti ecc. Però, non riesco spesso a "usare" questa "facoltà" per visualizzare una narrazione per tempi lunghi a meno che la storia non mi appassioni veramente (e in tal caso, avviene che mi immagino percorsi della storia non seguiti dall'autore e, quindi, mi perdo via).

Se è un limite... Beh, dipende. Probabilmente, riuscire a leggere libri di narrativa può aiutare a "leggere" anche le interazioni sociali. Nel mio caso, leggo molto più volentieri le narrative dove posso facilmente immedesimarmi. Faccio molta più fatica a seguire le storie dove non riesco ad immedesimarmi nei vari personaggi. Ed effettivamente nel mio caso, talvolta non riesco a "capire" il punto di vista altrui e quindi, in pratica, finisco per "capire" meglio le persone che un po' mi somigliano... Ovviamente, ciò vale per me. Ad un altro, può semplicemente non piacere la narrativa. Però nel mio caso, effettivamente, c'è una "corrispondenza" con la "vita vissuta"  :)

Lo stesso vale anche per film, serie TV ecc. Se non ci sono personaggi che, in qualche modo, mi somigliano difficilmente riesco a farmi piacere la storia. Anche se, in questo caso, mi è più facile perché non devo costringermi a "visualizzare" la storia.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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