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"Mangiamaccheroni"

Aperto da doxa, 21 Gennaio 2020, 21:58:26 PM

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doxa

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Il professor Alberto De Bernardi, docente di "Storia Contemporanea" all'Università di Bologna,  ha recentemente pubblicato il libro titolato: "Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta", un testo molto interessante, con illustrazioni.  

Tutto ebbe inizio, dice l'autore, da quel semplice impasto di acqua e farina, usato fin dall'antichità in tutte le civiltà del Mediterraneo, del Vicino e Medio Oriente, nel Nord Africa, e in parte in quelle indo-europee.

Dalla "lagana" degli antichi Romani agli "itriyya" (vermicelli di grano duro) degli arabi, che esportavano in tutto il Mediterraneo, emersero due versioni principali dell'impasto di acqua e farina per preparare paste di diversi formati:

la "sfoglia", da cui nel Medioevo sarebbero derivati anche i tortelli (pasta fresca ripiena di carni e/o verdure) cucinati in modi diversi;

e gli impasti filiformi, da cui in età moderna sarebbero nati i "maccheroni" e i "vermicelli" (da cui gli spaghetti) e poi altri formati, comunque tutti capaci di essere arricchiti con diversi condimenti e di soddisfare la fame.

Dalla seconda metà del '600 nell'area napoletana la pasta secca di grano duro, come cibo di riempimento, divenne l'alimento capace di far fronte alle carestie, all'inflazione e all'insicurezza alimentare". Assunse una dimensione tale da far definire gli abitanti dei "mangiamaccheroni", favorendo  un monofagismo estraneo alle drammatiche conseguenze delle altre diete povere, come, ad esempio, quella basata sulla polenta dell'Italia padana, con conseguente diffusione della pellagra.



Nel Settecento, l'impoverimento delle disponibilità alimentari   causò un cambio di abitudini alimentari  negli europei dei ceti economicamente disagiati: li costrinse a scegliere cibi in grado di sostituire il calo di proteine dovuto alla scomparsa della carne dalle loro misere mense con prodotti di minor qualità nutrizionale ma di elevato potenziale calorico come mais e patate. La pasta secca permise la loro sopravvivenza alimentare.

La pasta di grano duro ha un contenuto proteico (il glutine), assente nel grano tenero, che la rende un cibo nutriente, indipendentemente dai condimenti con cui si abbina, inoltre la pasta secca ha la caratteristica della conservabilità che la rende facilmente commerciabile e quindi reperibile per i consumatori, senza il supporto di nessuna tecnologia del freddo.



La pasta di grano duro divenne uno straordinario antidoto contro la fame, alimentando una nuova domanda di mercato che venne soddisfatta dalla nascente produzione artigianale. Erano piccole aziende spesso integrate con i mulini, nate vicine ai corsi d'acqua per utilizzare l'energia idrica. Inoltre, disponevano di un nuovo mezzo di produzione, la trafila con il torchio, capace di moltiplicare le capacità produttive di una bottega artigiana.
In queste aziende, situate soprattutto intorno a Napoli (tra Torre Annunziata e Gragnano) e a Genova, nacque la pasta moderna, con i suoi formati, le sue differenti qualità, i suoi circuiti commerciali, che nel corso del XIX secolo si impone come uno dei principali prodotti di esportazione del nostro paese. A questo risultato concorse nella seconda metà dell'Ottocento soprattutto l'emigrazione dei contadini meridionali, che fecero della pasta al pomodoro il loro cibo identitario, nelle piccole o grandi Little Italies che crescevano soprattutto  nel Nord America.



Nei primi anni del '900 oltre  alle tante piccole imprese artigianali di pastai cominciarono ad affermarsi anche grandi aziende con centinaia di dipendenti, con moderne tecniche produttive  che usavano come fonti energetiche l'elettricità e il vapore anziché il vento per essiccare la pasta stessa su sostegni di legno.  La grande produzione (con grandi  pastifici in Emilia, Abruzzo, Campania, Puglia, Umbria e Lazio)  ebbe bisogno dell'ampliamento delle reti commerciali e del marketing.
La pasta come primo piatto s'impose nella cucina degli italiani, trasformandoli  in un popolo di "mangiamaccheroni"


Saverio della  Gatta: "La bottega del maccheronaro", 1822

Il boom economico degli anni '50-'70 dello scorso secolo favorì  l'ingresso della carne nella dieta degli italiani, ma anche  un sorprendente incremento dei consumi di pasta.

L'Italia è il primo produttore, il primo consumatore e il primo esportatore di pasta al mondo.


Questa è la marca della pasta  preferita da Jacopus.  :)

viator

Salve altamarea. Da vero, profondo estimatore della pasta....... e riflettendo sugli incombenti destini d'Italia che ci costringeranno ad abbandonare SUV, abbigliamento di moda, crociere, sci e molto altro, perchè pressati da sovrapopolazione  e carestia..........sto meditando di variare il mio motto personale qui accanto a sinistra in "solo la pastasciutta ci salverà". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jean

La "pasta" si può intendere certamente come percorso ed esperienza ed il libro di cui dai conto ne traccia la storia.

La mia esperienza con tal cibo ha una frequenza media di 3 volte per settimana e quando per un certo tempo non ne assumo, al ritornarvi niente mi appaga più di un piatto di pasta al pomodoro (anche sul pomodoro sarebbe da dir qualcosa, ritengo di pessima qualità il 90% della salsa delle pizzerie... solo pizza bianca per salvarsi).

Se Esaù rinunciò alla primogenitura per un piatto di lenticchie si può comprendere un affamato Viator rinunciar all'amore per uno di pasta...

Un celiaco abituato a tal sacrificio perlomeno può conservare (l'esperienza del)l'amore, le simil-pasta di altri cereali e financo legumi le ho provate e le mangio senza problemi, ma mancando di glutine mancano "dell'anima"...

Nel testo c'è una svista:

La pasta di grano duro ha un contenuto proteico (il glutine), assente nel grano tenero

Ahimè no, i celiaci (che frequento) devono porre molta attenzione nel mangiar fuori.

 
Cordialement
Jean

InVerno

A casa ho un vecchio torchio per trafilare al bronzo, con una serie di filtri per diverse forme di pasta.. tipo questo

non l'ho mai usato e al di là della pasta fresca che si può fare a coltello,
non ho mai assaggiato le forme di pasta torchiabili fresche invece che secche..
mi hai fatto quasi venire in mente di provarlo
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Sariputra

Ultimamente faccio molto uso di pasta integrale, perché ha un indice glicemico notevolmente inferiore. Me l'ha consigliato la mia avvenente giovane dottoressa di base, che ha finalmente sostituito il vecchio dottore...
Devo dire però che, purtroppo, non c'è paragone, al gusto, con quella classica; salvo quando la condisco con del pesto al pecorino (senza aglio) della Contea. In quel caso è...beh!Ottima forse no...diciamo 'mangiabile' (sigh!). Però mi han detto che la salute viene prima di tutto, ed io ho la glicemia tendenzialmente alta...Quindi ne mangio poca. Due volte alla settimana mi è sufficiente. Naturalmente , conducendo una vita austera, quasi ascetica, e privandomi di ogni leccornia per non alimentare l'attaccamento e rischiare così di rinascere come 'bestia vorace', la mancanza delle vecchie care pastasciutte col sughetto non è particolarmente grave, anzi... ::)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

doxa


Alberto Sordi nel film "Un americano a Roma": "Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io me te magno".

doxa


Dal film "Miseria e nobiltà", la scena in cui Totò e gli altri mangiano gli spaghetti con le mani.



Totò, in quel film nel ruolo di "Felice Sciosciammocca", si mangia gli spaghetti al pomodoro con le mani, in piedi sul tavolo, con gli occhi luminosi di chi "sganascia" con gusto, ma soprattutto per fame.

Nel nostro tempo il cibo è stato sovraccaricato di ossessioni,  proibizioni, ma a volte si dimentica che un piatto di pasta può soddisfare la vista e la fame.

Lady Joan Marie

A me personalmente piace sia la pasta classica che la pasta intesa come dolce, entrambi mi rendono felice!  ;)