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I problemi del logos

Aperto da Morpheus, 26 Dicembre 2024, 17:16:50 PM

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Morpheus

Alla parola «logos» si possono associare vari significati; tra i tanti valori che ha, voglio discutere del logos inteso come «parola» e cioè dei problemi e dei limiti del costrutto linguistico. Il primo problema è la cosiddetta "difficoltà a trovare le parole giuste" e non per l'emozione. Ci sono infatti (ad esempio nella lingua italiana) concetti non esprimibili con poche parole o addirittura una mentre in altre lingue ci son concetti ben complessi esprimibili con poche lettere. Un esempio di ciò è la parola «Mamihlapinatapai» proveniente dal lessico dei Yamana (una popolazione della Terra del Fuoco ormai estinta) il cui significato, in italiano, è esprimibile in codesto modo:
"Guardarsi reciprocamente negli occhi sperando che l'altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente, ma che nessuno dei due vuole fare per primo."
Questo in realtà non è un grave problema perché, anche se con un maggior numero di parole, siamo bene o male in grado di esprimere tutto ciò che ci viene in mente e inoltre possiamo comunque esprimerci usando più lingue. Il secondo problema è la «potenza quasi ipnotica» che hanno certi discorsi sulle persone. Le parole non corrispondono alla realtà e quindi con le parole si può convincere (se si è bravi nell'eristica o se l'ascoltatore si lascia trascinare facilmente) delle proprie tesi, anche se sbagliate. Ciò rende il logos, che è un ottimo strumento per il raggiungimento della verità (laddove è possibile raggiungerla e laddove esiste), un pericoloso strumento di seduzione e di allontanamento dalla "retta via" del sapere. Ma il problema/limite più grande delle parole è l'influenza, anzi, il dominio che hanno sui nostri pensieri e non viceversa. Tutto ciò che pensiamo è molto probabilmente condizionato dalle parole che conosciamo e che esistono; ma se ci pensate bene non è poi una così gran tragedia!
Possiamo vedere infiniti motivi nel fatto che il cielo è azzurro, ma alla fine solo una è la verità: La Scienza.

Visechi

Non chiederci la parola

 Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
 l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
 lo dichiari e risplenda come un croco
 perduto in mezzo a un polveroso prato.
 Ah l'uomo che se ne va sicuro,
 agli altri ed a se stesso amico,
 e l'ombra sua non cura che la canicola
 stampa sopra uno scalcinato muro!
 Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
 sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
 Codesto solo oggi possiamo dirti,
 ciò che non siamo, ciò che non vogliamo


 Montale ci racconta che la parola può dire di noi, quindi anche del mondo, "ciò che non siamo". Va anche oltre: essendo l'essenza della parola sostanzialmente afasia, può solo dirci 'ciò che non vogliamo'. In sostanza, la parola, se non proprio menzognera, è più incline a esaltare la verisimiglianza che la verità. Non ha formule che possano aprire orizzonti di verità. L'intera poesia è intrisa di caducità, di senso di vacuità, perché è la parola stessa ad essere caduca e vacua. È sì un veicolo che trasporta frazioni di verità, ma mai riesce e può com-prendere l'intero, tutto ciò che si pensa e, soprattutto, non è adeguata a comunicare compiutamente le emozioni. È come un nucleo la cui superficie esterna è composta di materiale poroso che lascia filtrare vapori di emozioni, bagliori di sentimenti, riflessi di verità, ma mai è in condizione di esprimere compiutamente il tutto. Non già per carenze espositive, o per volontà di chi esprime le proprie sensazioni, piuttosto, più semplicemente, per proprie inadeguatezze congenite. 


Poiché la parola non è veritiera, per essere fruita necessita di essere 'veritata'. L'interpretazione, cioè l'ermeneutica – l'elefantiaco mastodonte che domina il mondo e la vita – è appunto il processo 'veritativo' di cui la parola avverte il bisogno affinché sia fruibile. Prima della 'veritazione' , la parola si apre infatti alla possibilità, cioè è dischiusa a più orizzonti, ad un'ampia – troppo ampia – gamma di possibilità, non offrendosi così alla prassi e all'utilizzazione. L'ermeneutica, che valida la parola, riduce la gamma di possibilità a quel più ristretto orizzonte che l'abitudine e il consenso sono chiamati a garantire. Il processo di 'veritazione'  consegue così un risultato parziale rispetto alla meta ultima, che è la verità: offre semplicemente un gradiente di verisimiglianza più o meno accentuato che reca con sé un altro ingrediente indispensabile: la persuasione. Più è elevato il livello di verisimiglianza raggiunto  dal processo 'veritativo', maggiore sarà il grado di per-suasione acquisito dalla parola. 

La parola diviene strumento di comando o di potere solo se il processo 'veritativo'  ha conseguito un sufficiente livello di per-suasione, il quale ultimo è asseverato o certificato dal consenso che la parola riesce a coagulare intorno al suo significato: l'abitudine è poi una conseguenza. La reiterazione della parola persuasiva determina in chi l'ascolta l'abitudine. La parola diviene così seduttiva (se-ducere=condurre con sé). 

In ogni caso, sia che si parli di verisimiglianza (simile al vero), di persuasione (ove la radice suadere è ben visibile) o di seduzione, si parla sempre, a tutta vista, di parole sostanzialmente non vere. La verità ha una caratteristica peculiare: o è tutta vera o non lo è, non può essere parzialmente vera. Stiamo, dunque parlando di parole menzognere. L'uomo è immerso nelle parole: la parola è un veicolo di comunicazione, il principale, imprescindibile; la parola è sostanzialmente menzogna; l'uomo è dunque immerso nella menzogna che inconsapevolmente si costruisce intorno.

Un testo qualsiasi, anche una lista della spesa, lascia adito a più di un'interpretazione. Le parole recano con sé parte di verità, ma mai tutta la verità, così come trasferiscono al prossimo frammenti di emozioni, ma mai la loro compiutezza. E' come se l'anima preservasse se stessa, impedendo alle parole di essere eccessivamente rivelatrici. L'anima quando capta parole altrui, che parlino di emozioni altrui, compie un'operazione di sintesi, cioè amalgama quanto percepito con quanto è già all'interno del proprio nucleo: ciò che capta dall'esterno lo unisce con il proprio intimo contenuto, arricchendosi comunque. 
Ritengo che un qualsiasi testo, soggetto com'è ad interpretazioni, spesso le più variegate e fantasiose, non conduca mai a lambire neppure parte della verità in esso racchiusa. Per questo sostengo che lo studio di qualsiasi testo, soprattutto di quelli sacri che dovrebbero essere infarciti di verità, sia solo un esercizio mentale... anzi, ancor più prosaicamente, ritengo proprio che la verità, qualora ve ne fosse una oggettiva (da ob-jectum, star di fronte), quella Vera, non sia mai conseguibile dall'uomo, perché questi si connette ad essa attraverso sensi mendaci, che la falsificano, che la modulano sulla scorta delle proprie aspettative e desiderata. Il tutto avviene in una condizione di inconsapevolezza. La mente alla fin fine è fuorviante, così come lo sono le parole, e ancor più le diverse interpretazioni da queste rese necessarie. Ma d'altra parte non ci si può affidare che ad essa, perché è proprio vero che il mondo è così come noi ce lo ricreiamo (il Mondo è rappresentazione), pur conservando un nucleo di verità intangibile (probabile... un sasso avrà una sua forma, una sua consistenza, un suo colore e colore), questa - la verità - non è nelle nostre disponibilità di fruizione. 

Cosa ci rimane se escludiamo la parola (ricca ormai di un'aura di verosimiglianza che attornia il nucleo della verità), se escludiamo il simbolismo e le estasi mistiche? Null'altro che la dimensione umana, depurata da troppe certezze e ri-immersa nel suo naturale brodo primordiale, che è poi ciò che ha consentito all'uomo l'evoluzione culturale e spirituale, che son fonte di meravigliosa ispirazione per poeti, teologi, filosofi, studiosi etcc.... Cioè il dubbio. Perché meravigliarsi tanto? Perché voler per forza di cose dibattersi contro questa situazione?

Potrei descrivere delle sensazioni, trasmettendo emozioni, le mie, ma mai interamente; chi legge o ascolta capterebbe queste mie emozioni, la mia 'anima', attraverso il suo vissuto, le sue emozioni, la sua Anima. In sostanza, vivrebbe le mie emozioni attraverso le sue, non capterebbe mai il nucleo centrale intangibile delle mie emozioni. Ciò accade un po' per limiti insiti al linguaggio, e soprattutto perché se fosse possibile vivere interamente le emozioni di una terza persona, così come promanano, l'Essere, l'Anima, l'individualità e personalità di chi vi entra in contatto resterebbero annichiliti al cospetto dell'altrui 'anima', personalità, essere ed individualità. Si diverrebbe, in poche parole, spettatori passivi che captano solo luce riflessa. La relazione fra umani, quando due persone entrano in intimo contatto, avviene proprio perché nel coniugarsi, le due individualità si arricchiscono ciascuna della Luce altrui, e crescono attingendo ciascuna dalla ricchezza altrui, senza annichilirsi vicendevolmente. Credo non esista umano privo di una seppure labile fiamma. E' questo coagulo inscindibile che rende uniche le relazioni fra umani, questa amalgama inedita che le rende meravigliose, che, all'altro, rende di ciascun protagonista la propria intima stupefazione.

Morpheus

Citazione di: Visechi il 26 Dicembre 2024, 21:37:36 PMIn ogni caso, sia che si parli di verisimiglianza (simile al vero), di persuasione (ove la radice suadere è ben visibile) o di seduzione, si parla sempre, a tutta vista, di parole sostanzialmente non vere. La verità ha una caratteristica peculiare: o è tutta vera o non lo è, non può essere parzialmente vera. Stiamo, dunque parlando di parole menzognere. 
Ciao Visechi. Hai fatto una bella riflessione. Le parole possono essere mezze verità e mezze bugie e quindi non corrispondono alla verità della realtà che è o completamente vera o completamente falsa. Il nostro parlare per esprimere dei concetti o delle emozioni è un approssimazione. Ma la parola rimane comunque un potentissimo mezzo di comunicazione che se usato bene, può far nascere una scintilla di saggezza all'interno dell'uomo. 
Cordiali saluti, Morpheus.
Possiamo vedere infiniti motivi nel fatto che il cielo è azzurro, ma alla fine solo una è la verità: La Scienza.

Alberto Knox

#3
fatemi un esempio di una parola che mente il suo significato. non esiste, le parole , le singole parole, non possono mentire. Sono le frasi che spesso mentono. E questo perchè nelle coniugazioni linguistiche si creano quadri di quello che vogliamo far vedere ma non esiste un quadro che rispecchia la realtà , sono molti e spesso non sono collegati fra di loro dalle prospettive dei diversi partecipanti. è interessante invece studiare le origini delle parole e chiedersi come sono nate. Ad esempio come è nata la parola "domani" , "salve" o "dottore" . Se uno va vedere nell etimologia qualche cosa la scopre , ad esempio la parola "domani "gli antichi lo dicevano diversamente, usavano il termine  "cras" in latino. E Sant'Agostino che insegnava retorica aveva colto quella parola e diceva " cras cras, vox corvina" la parola che i latini usavano per indicare il domani veniva dalla voce dei corvi , dal gracchiare dei corvi . Guardate , diceva, con quanta cupezza e con quanta paura i latini pensavano al domani. E noi quel "cras" lo abbiamo mantenuto, non diciamo forse procrastinare per esprimere il rimandare a domani? bhè questo solo per dire qualche cosa di curioso sulle parole. buon proseguimento.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#4
Citazione di: Visechi il 26 Dicembre 2024, 21:37:36 PMla parola è un veicolo di comunicazione, il principale, imprescindibile; la parola è sostanzialmente menzogna; l'uomo è dunque immerso nella menzogna che inconsapevolmente si costruisce intorno.

L'uomo è immerso in un mondo che solo in quanto inconsapevole descrizione si para a noi innanzi. Concordo.
La notizia cattiva è che una descrizione consapevole   non ci regalerà alcun mondo in cui vivere, fatto cioè di cose che si parano dinanzi a noi nella loro evidenza, ciò da cui traiamo l'idea di verità.
La notizia buona è  che grazie a tale descrizione consapevole non c'è un mondo che ci contiene come prigione da cui non sia possibile evadere che con la poesia.
Nulla perciò si parerà inanzi a noi come ostacolo che non sia rimovibile cambiando descrizione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Visechi

Citazione di: Alberto Knox il 27 Dicembre 2024, 22:53:08 PMfatemi un esempio di una parola che mente il suo significato. non esiste, le parole , le singole parole, non possono mentire. Sono le frasi che spesso mentono. E questo perchè nelle coniugazioni linguistiche si creano quadri di quello che vogliamo far vedere ma non esiste un quadro che rispecchia la realtà , sono molti e spesso non sono collegati fra di loro dalle prospettive dei diversi partecipanti. è interessante invece studiare le origini delle parole e chiedersi come sono nate. Ad esempio come è nata la parola "domani" , "salve" o "dottore" . Se uno va vedere nell etimologia qualche cosa la scopre , ad esempio la parola "domani "gli antichi lo dicevano diversamente, usavano il termine  "cras" in latino. E Sant'Agostino che insegnava retorica aveva colto quella parola e diceva " cras cras, vox corvina" la parola che i latini usavano per indicare il domani veniva dalla voce dei corvi , dal gracchiare dei corvi . Guardate , diceva, con quanta cupezza e con quanta paura i latini pensavano al domani. E noi quel "cras" lo abbiamo mantenuto, non diciamo forse procrastinare per esprimere il rimandare a domani? bhè questo solo per dire qualche cosa di curioso sulle parole. buon proseguimento.
Probabile che non vi sia una parola in sé e per sé 'falsa', non ho troppa voglia di spremere le meningi per cercarne una. Esistono, invece, quei termini, verbi, sostantivi che non indicano, non descrivono, non parlano: sono le parole polisemiche, che, in assenza di un contesto semantico, non significano, significando due significati spesso contraddittori. È il classico esempio della parola 'rivelazione'.

Per citarti: in sardo 'domani' si scrive e pronuncia 'crasa', evidente derivazione dal latino.

Alberto Knox

Citazione di: Visechi il 28 Dicembre 2024, 16:26:16 PMsono le parole polisemiche, che, in assenza di un contesto semantico, non significano, significando due significati spesso contraddittori. È il classico esempio della parola 'rivelazione'.
Certo ma una volta inserita nel contesto quella parola prende il suo significato. Nel contesto Bibblico "rivelazione" rimanda all apocalisse, in un contesto diverso potrebbe  rimandare a svelare un segreto e altri contesti diversi dove la parola assume toni e significati piu complessi. Ma ci sono parole il cui significato, pur inserito nel contesto, non è sufficente . Pensiamo ad es alla parola "anima" nessuno penserebbe a qualcosa di spirituale se un meccanico gli dice " l'anima della marmitta" mentre invece avrebbe una vaga idea di spiritualità se il contesto è "la salvezza della propia anima" . Sebbene abbiamo una vaga idea di cosa ci si riferisce se facciamo un sondaggio avremmo tante spiegazioni del significato di "anima" quante sono le persone che rispondono al sondaggio. Poi ci sono le parole che ci restituiscono un immagine ad ese se dico "borsetta" o " immondizzia" o "casa" ma che immagini ci restituiscono parole come "salve", "forse" o "alla malora" ?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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