LE POLITICHE REPRESSIVE

Aperto da Visechi, 16 Dicembre 2024, 21:59:36 PM

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Visechi

Citazione di: daniele22 il 19 Dicembre 2024, 08:28:02 AMAnch'io concordo pienamente su ciò che ha scritto inVerno, ma una rivoluzione, ovvero un cambio di paradigma mentale, è necessario. I rivoluzionari da te citati, Gandhi e Mandela in particolare, ebbero successo popolare perché avevano un nemico personificabile. Siccome non conosco i loro discorsi non so come considerassero gli inglesi o i bianchi, ma è certo che il popolo percepisse in questi il nemico, ma il popolo alla fine ha seguito in un certo senso le loro orme. Il problema nostro quindi è che la gente non sa, non conosce, che il nemico è dentro sé stessi, dentro il loro inconfessabile (ed è giusto che resti inconfessato) dogma. Questa è la realtà filosofica e psicologica che si deve e non si vuole accettare. La tua azione politica rischia solo di assomigliare a quella di Tonino di Pietro e la sua Italia dei valori: tante chiacchiere costruite sul nulla

Hai frainteso, non auspico una differente azione politica, che al più potrebbe essere una conseguenza, ma un impegno attivo civile e sociale che coinvolga in prima persona ciascun cittadino. Auspico l'affermarsi di una nuova etica che promuova la responsabilità personale come motore dell'azione. Aver citato, fra gli altri, Ghandi e Mandela, significa che per rimodulare il modo di stare al mondo di ciascun individuo non è necessario aspettare che qualcuno funga da esempio. Noi dobbiamo e possiamo essere l'esempio di noi stessi, prima di tutto. La politica, per stare nel concreto, dovrebbe promuovere, incentivare ed agevolare le iniziative di cittadinanza attiva, che vuol dire semplicemente che chiunque è chiamato, per motu proprio, ad attivarsi incontrando la disponibilità e non la contrapposizione delle istituzioni. Oggi, per fare un esempio attinto dalla cronaca, se volessi dedicare del tempo per ripulire di mia iniziativa una via cittadina o curare un'aiuola rischierei una contravvenzione.

Pio

Citazione di: Visechi il 19 Dicembre 2024, 09:30:31 AMHai frainteso, non auspico una differente azione politica, che al più potrebbe essere una conseguenza, ma un impegno attivo civile e sociale che coinvolga in prima persona ciascun cittadino. Auspico l'affermarsi di una nuova etica che promuova la responsabilità personale come motore dell'azione. Aver citato, fra gli altri, Ghandi e Mandela, significa che per rimodulare il modo di stare al mondo di ciascun individuo non è necessario aspettare che qualcuno funga da esempio. Noi dobbiamo e possiamo essere l'esempio di noi stessi, prima di tutto. La politica, per stare nel concreto, dovrebbe promuovere, incentivare ed agevolare le iniziative di cittadinanza attiva, che vuol dire semplicemente che chiunque è chiamato, per motu proprio, ad attivarsi incontrando la disponibilità e non la contrapposizione delle istituzioni. Oggi, per fare un esempio attinto dalla cronaca, se volessi dedicare del tempo per ripulire di mia iniziativa una via cittadina o curare un'aiuola rischierei una contravvenzione.

Hai l'autorizzazione comunale? Sei assicurato? Rispetti le normative nazionali e comunitarie? Hai l'autorizzazione al trasporto verde e ramaglie? Paghi personalmente lo smaltimento rifiuti verdi? Hai la segnaletica appropriata per lavori sfalciamento? Il mezzo che usi è omologato per l'uso ? Chi ti aiuta è assicurato? Come vedi non è così semplice "darsi da fare" . Ci sono 426 km lineari di leggi e norme europee (cit. Tremonti).
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Koba II

#17
Citazione di: InVerno il 18 Dicembre 2024, 17:40:54 PMQuesta è la tua catastrofe intellettuale? Persino nelle dittature i cittadini sono responsabili dei loro governi perché in ultima analisi sono gli unici che possono cambiarli, votando o sparando. Il contrario è "difesa alla Norimberga" dove il cittadino "segue gli ordini"  irresponsabile delle conseguenze che producono. Non si può tirarsi fuori dal contratto sociale quando fa comodo, puoi cambiarlo con un altro, con un altro governo o spostandoti di paese, come molti migranti fanno. Se "i tromboni" insistono sul votare è si per conformismo, ma anche perché probabilmente hanno realizzato che non votare non significa lavarsi le mani di ciò che accade nel paese, ovvero che uno può non interessarsi di politica ma la politica si interesserà comunque di lui.

La tua invece piuttosto che una catastrofe intellettuale la descriverei come un crollo delle facoltà cognitive di base.
Il mio post, niente affatto originale, indicava nella crisi della democrazia, che non è solo la crisi di identità dei partiti che derivano dalla socialdemocrazia, ma qualcosa di più strutturale, la necessità di uscire dalla mentalità di seguire e premiare i bravi politici perché questa cosa sta solo prorogando la vita di un'élite che intanto, per singoli e a volte casuali interessi, sta distruggendo il futuro delle nazioni occidentali.

Koba II

Citazione di: Visechi il 18 Dicembre 2024, 21:47:40 PMConcordo pienamente! Non c'è alcuna necessità di fare una rivoluzione per assumere atteggiamenti totalmente responsabili verso sé stessi, verso gli altri e, soprattutto, verso la comunità. Non c'è neppure un'effettiva urgenza di cambiare i governi o l'organizzazione politica dell'unione europea per iniziare a creare un "nucleo di azione virtuosa", definiamolo così, che sappia proporsi come monito ed esempio fattivo e silente rispetto a chi ha l'inveterata abitudine di buttare la palla nell'altrui campo, pur di non sentirsi responsabile. Dovremo imparare a fare, non solo a dire. Imporci un'azione che prescinda dal seguito. I grandi rivoluzionari son spesso stati dei controcorrente che agivano in perfetta solitudine, spesso osteggiati dalle masse: gli esempi della storia sono straripanti e l'esempio più eclatante lo offrirebbero le narrazioni evangeliche. È già un atto rivoluzionario alzarsi in piedi a guardare avanti senza curarsi di quali e quanti siano i seguaci.  Si va avanti, si cammina e si costruisce, anche in solitudine. Rosa Park non ha atteso il sostegno del suo mondo per dar l'avvio ad una rivoluzione che ha cambiato il suo mondo; Ghandi, ai suoi esordi, non se lo filava nessuno, ed i britannici non erano minimamente preoccupati da quell'ometto. Ci vuole la forza dell'intimo convincimento circa la piena fondatezza delle proprie idea e del proprio sentimento per essere un Mandela, un Martin Luter King, anche in misura minore. La nostra epoca non esige eroi che sacrifichino la propria vita, ma solo uomini e donne che, nonostante tutto, riescano ancora oggi ad udire l'eco soffusa della propria capacità di immedesimarsi nel disgraziato di turno, ed, immedesimandosi, sappiano abbandonare la propria confort zone per intridere abiti e mani del fango in cui rotolano le esistenze degli 'scarti' di questo mondo. 
No! Davvero non ci si può sottrarre alle proprie responsabilità ed il contratto sociale, cui giustamente fai cenno, esige l'impegno fattivo di ciascuno di noi, aborrendo, nel contempo, il lassismo, la sciatteria, la noncuranza ed il giustificazionismo dell'indifferenza. Il contratto sociale rigetta, ricusa ed odia l'indifferenza... tanto per fare il verso ad un mio carissimo corregionario.
Rosa Parks lottava per i diritti di una minoranza all'interno di una democrazia, che a esclusione di alcune minoranze, funzionava.
Ora, se tu pensi che il destino della civiltà occidentale sia difendere in eterno tutte le minoranze, una dopo l'altra, perché fatto questo, finalmente la democrazia e la giustizia sociale possono regnare indisturbate nella pace perpetua, mi sa che ti stai illudendo.
Infatti mentre eravamo impegnati a istituire i matrimoni fra persone dello stesso sesso, il terreno sotto i piedi ci è come scivolato via, cioè ci ritroviamo con i nostri sacrosanti diritti civili ma con delle nazioni amministrate in modo suicida da un'élite autorefenziale.
Questo accade in tutti i paesi occidentali.
Il problema quindi è serio, leggermente più serio della pulizia delle nostre strade.

Koba II

Citazione di: green demetr il 18 Dicembre 2024, 20:16:02 PMUn altro non sequitur. Uno dei tanti.
Non ho nè tempo nè voglia di stare lì a discutere punto per punto su qualcosa.
A che serve? Tanto vale: uno sfogo vale l'altro.
Dietro c'è tutto l'apparato politico.
Se poi sei uno dei tanti che ritiene Adorno superato.
Io non so che farci.
Non sappiamo nemmeno tenerci ai fatti.
La battaglia del mio maesro è chiara.
Tornare ai fatti.
Poi l'intellettualità una volta che si dimostri onesta intellettualmente, potrà parlare.
Ma più passa il tempo, più le cose peggiorano.
La Turchia con l'assenso/consenso dell'Europa ha messo su un terrorista al potere in Siria...c'è bisogno di dire veramente altro?
Stavo scherzando, era una battuta. La prossima volta utilizzerò delle faccine ridenti...
Comunque sì neanch'io ho voglia di star qua a discutere di uno sfogo o qualsiasi cosa fosse.

sapa

#20
Vedendo che qui si parla di gestione del fenomeno migratorio più che di politiche repressive in senso lato, mi addentro in questo argomento, sul quale mi sono già espresso in altre occasioni, probabilmente guadagnandomi l'etichetta di far parte della "marea nera". Rilevo, prima di tutto, che questa marea viene attribuita, in Italia,  a partire da Maroni-Berlusconi, fino ad arrivare ad oggi, saltando a piè pari il caso Minniti, che sicuramente nero non è mai stato, pur avendo agito in modo molto simile ai suoi predecessori, segno evidente che la marea non è solo nera, ma che la sua colorazione è piuttosto variegata e, probabilmente, maggioritaria in modo bipartisan in Italia e forse nel mondo cosiddetto evoluto. La visione proposta nel post iniziale di questa discussione è sicuramente molto ben argomentata,  intrigante e bella, purtroppo però, a mio avviso, velleitaria. Questo, almeno, fino a quando sussisteranno legislazioni e trattati che impongono ai Paesi di primo approdo la gestione e la presa in carico di chi, senza documenti, mette piede in uno Stato straniero. Non sono un nazionalista, credo che non ci sia nulla di peggiore del tentativo di chiudere le frontiere a chi chiede l'entrata e il  passaggio, non mi sento, in Italia, da italiano, il padrone di casa e sono pronto ad offrire di che sfamarsi e un tetto per la notte a chi bussa alla mia porta. Con l'intesa, però, che il pellegrino di turno il giorno dopo si rimetta in marcia per altre destinazioni, non che si fermi ad oltranza, pretendendo che gli vengano offerti sistemazione e opportunità e che, se queste non arrivano, addirittura s'incazzi. C' è, poi, un altro aspetto, senza il quale ogni rivoluzione privata ed interiore, su questo tema, è destinata secondo me a fallire: se sapa offre ospitalità, ma il suo vicino Mingon chiude il catenaccio e si mette a sparare, la casa di sapa sarà presa d'assalto e lo stesso sapa sarà  costretto a tirare il catenaccio e a far la guardia al portone. Ecco, quindi, che su questo argomento non basta fare la propria parte. Certo, sarebbe un inizio, ma purtroppo temo che rimarrebbe solo tale.

daniele22

Citazione di: Visechi il 19 Dicembre 2024, 09:30:31 AMHai frainteso, non auspico una differente azione politica, che al più potrebbe essere una conseguenza, ma un impegno attivo civile e sociale che coinvolga in prima persona ciascun cittadino. Auspico l'affermarsi di una nuova etica che promuova la responsabilità personale come motore dell'azione. Aver citato, fra gli altri, Ghandi e Mandela, significa che per rimodulare il modo di stare al mondo di ciascun individuo non è necessario aspettare che qualcuno funga da esempio. Noi dobbiamo e possiamo essere l'esempio di noi stessi, prima di tutto. La politica, per stare nel concreto, dovrebbe promuovere, incentivare ed agevolare le iniziative di cittadinanza attiva, che vuol dire semplicemente che chiunque è chiamato, per motu proprio, ad attivarsi incontrando la disponibilità e non la contrapposizione delle istituzioni. Oggi, per fare un esempio attinto dalla cronaca, se volessi dedicare del tempo per ripulire di mia iniziativa una via cittadina o curare un'aiuola rischierei una contravvenzione.

Non mi sembra di avere frainteso. Come fai ad auspicare una nuova etica (grammatica del comportamento) senza che a questa corrisponda una differente azione politica? L'azione politica delle nazioni è fondata su quell'etica che io contesto filosoficamente, cioè quella in cui i cittadini sono al servizio dello stato. Se lo stato non riesce a garantire a che una strada sia pulita (fosse solo quello) non sarò certo io a dargli una mano dato che ritengo che un cittadino non debba lavorare sulla base di un volontariato gratuito per il decoro di una civiltà che lo stato attuale non riesce a tenere in piedi. Sarei proprio un idiota. E le guerre in cui siamo coinvolti con presupposti di ordine etico/morale perlomeno discutibili? Il personale medico che manca? E i tribunali in affanno? Resto dunque a quello che diceva inVerno e che condivido: "Persino nelle dittature i cittadini sono responsabili dei loro governi perché in ultima analisi sono gli unici che possono cambiarli, votando o sparando. Il contrario è "difesa alla Norimberga" dove il cittadino "segue gli ordini"  irresponsabile delle conseguenze che producono."
Dato che io sparo, parole ovviamente, mi sembra infine che il tuo pensiero "segua l'ordine" inconsapevole o irresponsabile (pulire la strada) delle conseguenze che produce, ovvero aiutare l'attuale sistema a sopravvivere ... capisco che possa andarti anche bene così, ma in ogni caso nulla di nuovo sotto il sole

Visechi

Citazione di: sapa il 19 Dicembre 2024, 14:19:45 PMVedendo che qui si parla di gestione del fenomeno migratorio più che di politiche repressive in senso lato, mi addentro in questo argomento, sul quale mi sono già espresso in altre occasioni, probabilmente guadagnandomi l'etichetta di far parte della "marea nera". Rilevo, prima di tutto, che questa marea viene attribuita, in Italia,  a partire da Maroni-Berlusconi, fino ad arrivare ad oggi, saltando a piè pari il caso Minniti, che sicuramente nero non è mai stato, pur avendo agito in modo molto simile ai suoi predecessori, segno evidente che la marea non è solo nera, ma che la sua colorazione è piuttosto variegata e, probabilmente, maggioritaria in modo bipartisan in Italia e forse nel mondo cosiddetto evoluto. La visione proposta nel post iniziale di questa discussione è sicuramente molto ben argomentata,  intrigante e bella, purtroppo però, a mio avviso, velleitaria. Questo, almeno, fino a quando sussisteranno legislazioni e trattati che impongono ai Paesi di primo approdo la gestione e la presa in carico di chi, senza documenti, mette piede in uno Stato straniero. Non sono un nazionalista, credo che non ci sia nulla di peggiore del tentativo di chiudere le frontiere a chi chiede l'entrata e il  passaggio, non mi sento, in Italia, da italiano, il padrone di casa e sono pronto ad offrire di che sfamarsi e un tetto per la notte a chi bussa alla mia porta. Con l'intesa, però, che il pellegrino di turno il giorno dopo si rimetta in marcia per altre destinazioni, non che si fermi ad oltranza, pretendendo che gli vengano offerti sistemazione e opportunità e che, se queste non arrivano, addirittura s'incazzi. C' è, poi, un altro aspetto, senza il quale ogni rivoluzione privata ed interiore, su questo tema, è destinata secondo me a fallire: se sapa offre ospitalità, ma il suo vicino Mingon chiude il catenaccio e si mette a sparare, la casa di sapa sarà presa d'assalto e lo stesso sapa sarà  costretto a tirare il catenaccio e a far la guardia al portone. Ecco, quindi, che su questo argomento non basta fare la propria parte. Certo, sarebbe un inizio, ma purtroppo temo che rimarrebbe solo tale.
Molto interessante il tuo intervento. C'è del buon senso in questa tua replica. Ma io parto da un altro presupposto, che addirittura si posiziona agli antipodi rispetto a ciò che affermi. Se ciascuno di noi dovesse attendere che il buon Mignon faccia la sua parte perché anch'io faccia la mia, gioco forza, mi darai atto che ci troveremmo in un'impasse irrisolvibile, perché potrebbe essere che anche Mignon stia ad attendere che sia prima io a fare la mia parte. Una sorta di inazione concorrenziale.
 
Se conosci la materia, è possibile che abbia qualche nozione o informazione sull'esperienza degli Sprar, o meglio nota come "sistema di protezione diffusa per richiedenti asilo e rifugiati", preferisco chiamarlo "sistema di accoglienza diffusa" (così dev'essere declinato l'acronimo), stroncata dalle leggi belluine di quel belluino di Salvini. Un'esperienza che per il tempo di vita che gli è stata concessa ha cercato di coniugare impegno istituzionale con disposizione volontaria dei privati, all'insegna dell'integrazione che sappia abbandonare la deleteria pretesa dell'assimilazione. Ha funzionato, anche piuttosto bene, seppur non perfettamente, con qualche lacuna ben individuata, ma facilmente colmabile. Insomma, aveva certo necessità di essere meglio declinata, ma sicuramente un'esperienza positiva, forse l'unica in tema di accoglienza ed integrazione. Ancor oggi (vedasi le recenti idiozie pronunciate dall'attuale ministro dell'istruzione, tal Valditara) le istituzioni ragionano in termini di assimilazione in luogo di un sistema che agevoli l'integrazione e che preservi le differenze culturali, unica strada per programmare una convivenza che si fondi sul reciproco rispetto e la reciproca accettazione. La strada dell'accoglienza e dell'integrazione, unica praticabile, pena l'implosione sociale, è complessa, irta di ostacoli e punteggiata da continui adattamenti e rimodulazioni. È policorde e policromatica perché non si percorre facendo leva su una architettura monocorde, ma si arricchisce nella differenza, anche attraverso il complesso lavoro di mediatori culturali che sappiano riuscire ad attenuare, negli ospiti, quella mortifera e pericolosa percezione di essere un corpo estraneo non gradito, se non addirittura feccia e umanità di scarto di una lavorazione globalizzata i cui meccanismi sono oliati dall'urgenza di crescita economica e dall'impossibilità emotiva di immedesimarsi o la noncuranza di uno sguardo che non sia sempre e solo ammonizione e biasimo.
Purtroppo, ancora una volta, gli ultimi interventi legislativi, tutti promossi da un'unica parte politica, nell'ignavia dell'altra, hanno falcidiato ed impoverito, disincentivandolo, l'impegno di tantissimi volontari che si son proposti fattivamente ad operare gratuitamente in ambito MSNA (minori stranieri non accompagnati). Cioè la nostra civilissima società (che solo qualche buontempone un po' distratto immagina che vorrei preservare intonsa qual oggi si propone) muove guerra non solo ai "baldi giovanotti alla moda e con cellulari ultima generazione" (ma certe stronzate la gente da dove le cava fuori?), ma addirittura mobilità le sue truppe armate di diffidenza e nutrite dal disprezzo contro i minori... le ragioni e le emozioni, i sentimenti e tutto ciò che ruota attorno ai MSNA esulano dalle intenzioni di questo thread, per cui evito di soffermarmi su questo delicatissimo argomento. Rinuncio pure a replicare a chi fra la molteplicità delle tematiche annesse e connesse all'etica della responsabilità, e direi pure della partecipazione, vede esclusivamente 'strade da pulire'... praticamente analfabetismo emotivo e forzata edificazione di muri a difesa della propria ignavia.

green demetr

Citazione di: Koba II il 19 Dicembre 2024, 10:49:27 AMComunque sì neanch'io ho voglia di star qua a discutere di uno sfogo o qualsiasi cosa fosse.
Uno sfogo Koba  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Mettiamo che l'accoglienza funzioni, ma non l'integrazione, perchè la storia della diversità culturale ha un che di magico.
Mettiamo che aiuti uno straniero e poi scopri che è dentro la criminalità che fai?
Qua tutti partono da dati astratti, ma vediamo nel concreto della vita.
Forse allora, e solo allora, potremo parlare di etica del rispetto (non della responsabilità, perchè si è sempre responsabili, cioè succubi di qualcosa, qualcuno).
Naturalmente a mio avviso non c'è soluzione perchè i partiti sono strutture gerarchiche il cui intento è la riproduzione del loro potere.
Perciò la lotta sarà sempre e solo sull'accoglienza, e MAI sull'integrazione, a meno che per integrazione si intenda le leggi raziali (per cui un etnia nel suo impasse culturale è esente da critiche).
Il risultato leggi raziali o meno, è quello che vedo che la città di Milano è completamente in mano alle mafie.
Si nutre di lavoro nero, le periferie sono tossiche, pericolose, instabili, con un crescente numero di poveri.
Si sta formando la tipica città brasiliana, con enormi periferie di poveri e un centro iper-tecnologico, con giardini pensili, una marea di start-up di tipo finanziario per i nuovi ricchi.
Qua la gentrificazione sta funzionando alla grande.
I tempi delle lotte sociali a favore dell'immigrato erano inoltre parallele a quelle sul lavoro.
Oggi le due cose non quagliano affatto.
Accogliere infatti vuol dire creare situazioni di neo-globalismo sempre più emergente.
Il lavoro nella sua dignità è qualcosa che non ha più alcun senso.
Nè civico, nè morale.

 


Vai avanti tu che mi vien da ridere

sapa

Citazione di: Visechi il 19 Dicembre 2024, 16:14:09 PMMolto interessante il tuo intervento. C'è del buon senso in questa tua replica. Ma io parto da un altro presupposto, che addirittura si posiziona agli antipodi rispetto a ciò che affermi. Se ciascuno di noi dovesse attendere che il buon Mignon faccia la sua parte perché anch'io faccia la mia, gioco forza, mi darai atto che ci troveremmo in un'impasse irrisolvibile, perché potrebbe essere che anche Mignon stia ad attendere che sia prima io a fare la mia parte. Una sorta di inazione concorrenziale.
 
Se conosci la materia, è possibile che abbia qualche nozione o informazione sull'esperienza degli Sprar, o meglio nota come "sistema di protezione diffusa per richiedenti asilo e rifugiati", preferisco chiamarlo "sistema di accoglienza diffusa" (così dev'essere declinato l'acronimo), stroncata dalle leggi belluine di quel belluino di Salvini. Un'esperienza che per il tempo di vita che gli è stata concessa ha cercato di coniugare impegno istituzionale con disposizione volontaria dei privati, all'insegna dell'integrazione che sappia abbandonare la deleteria pretesa dell'assimilazione. Ha funzionato, anche piuttosto bene, seppur non perfettamente, con qualche lacuna ben individuata, ma facilmente colmabile. Insomma, aveva certo necessità di essere meglio declinata, ma sicuramente un'esperienza positiva, forse l'unica in tema di accoglienza ed integrazione. Ancor oggi (vedasi le recenti idiozie pronunciate dall'attuale ministro dell'istruzione, tal Valditara) le istituzioni ragionano in termini di assimilazione in luogo di un sistema che agevoli l'integrazione e che preservi le differenze culturali, unica strada per programmare una convivenza che si fondi sul reciproco rispetto e la reciproca accettazione. La strada dell'accoglienza e dell'integrazione, unica praticabile, pena l'implosione sociale, è complessa, irta di ostacoli e punteggiata da continui adattamenti e rimodulazioni. È policorde e policromatica perché non si percorre facendo leva su una architettura monocorde, ma si arricchisce nella differenza, anche attraverso il complesso lavoro di mediatori culturali che sappiano riuscire ad attenuare, negli ospiti, quella mortifera e pericolosa percezione di essere un corpo estraneo non gradito, se non addirittura feccia e umanità di scarto di una lavorazione globalizzata i cui meccanismi sono oliati dall'urgenza di crescita economica e dall'impossibilità emotiva di immedesimarsi o la noncuranza di uno sguardo che non sia sempre e solo ammonizione e biasimo.
Purtroppo, ancora una volta, gli ultimi interventi legislativi, tutti promossi da un'unica parte politica, nell'ignavia dell'altra, hanno falcidiato ed impoverito, disincentivandolo, l'impegno di tantissimi volontari che si son proposti fattivamente ad operare gratuitamente in ambito MSNA (minori stranieri non accompagnati). Cioè la nostra civilissima società (che solo qualche buontempone un po' distratto immagina che vorrei preservare intonsa qual oggi si propone) muove guerra non solo ai "baldi giovanotti alla moda e con cellulari ultima generazione" (ma certe stronzate la gente da dove le cava fuori?), ma addirittura mobilità le sue truppe armate di diffidenza e nutrite dal disprezzo contro i minori... le ragioni e le emozioni, i sentimenti e tutto ciò che ruota attorno ai MSNA esulano dalle intenzioni di questo thread, per cui evito di soffermarmi su questo delicatissimo argomento. Rinuncio pure a replicare a chi fra la molteplicità delle tematiche annesse e connesse all'etica della responsabilità, e direi pure della partecipazione, vede esclusivamente 'strade da pulire'... praticamente analfabetismo emotivo e forzata edificazione di muri a difesa della propria ignavia.
Ciao Visechi, ti ringrazio per la tua risposta. Ti confermo che la tua visione sull'argomento è molto bella e quando l'ho definita velleitaria non avevo alcuna intenzione di sminuirla o di offendere. E' vero, se aspettassimo che tutti i Mingon ragionassero così, non ne usciremmo mai. Tuttavia, bisognerà anche rendersi conto che le opportunità, che si potrebbero offrire a degli stranieri che bussano alla nostra porta, scarseggiano, in una società come la nostra, nella quale,  tra intelligenze artificiali e meccanizzazione della manodopera, l'utilità dell'essere umano non si vede quasi più. Io mi occupo da molti anni di agricoltura e noi di questo settore abbiamo sempre accolto gli stranieri e offerto loro opportunità di lavoro, in regola s'intende.  Ma anche noi dobbiamo fare i conti, non navighiamo nell'oro e stiamo constatando anche noi che far vendemmiare in 1 giorno una macchina è più conveniente che metterci una settimana con 5-6 operai. Purtroppo, il criterio economico non è facilmente eludibile. Nelle nostre zone montane appenniniche, i cosiddetti territori marginali, nei quali la forza lavoro umana avrebbe ancora un senso,  dove vivevano una volta famiglie numerose e che si sono poi spopolate negli anni 60, oggi nessuno vuole più andare, nemmeno gli immigrati. Questi ultimi, a parte chi fugge da drammi e carestie, forse giungono qui attratti dalla chimera di una società ricca e opulenta, ma non sanno quanto costa vivere qui, non capiscono che la maggior parte delle persone qui vive con l'ansia di non farcela a portare avanti la famiglia. Indubbiamente, il nostro tenore di vita è pur sempre incomparabilmente più alto di quello che loro lasciano, ma la nostra non è una vita facile, dove basta desiderare qualcosa per poterla ottenere. Se potessimo dar lavoro a tutti quelli che arrivano, saremmo solo contenti, ma non si può. Detto ciò, io non sono per arroccarsi nella strenua difesa delle posizioni raggiunte, ma sono altresì sicuro, come del resto mi sembra che anche tu affermi, che le politiche dell'accoglienza vadano riviste. Questo perchè secondo me da decenni il fenomeno è gestito male, indipendentemente da chi ci governasse, e oltremodo dispendioso, in relazione ai risultati ottenuti. E allora sì, anch'io faccio le mie considerazioni economiche: se si spendono miliardi di euro per l'accoglienza con questi risultati, allora forse è meglio smettere di accogliere. 

daniele22

Citazione di: Visechi il 19 Dicembre 2024, 16:14:09 PM Rinuncio pure a replicare a chi fra la molteplicità delle tematiche annesse e connesse all'etica della responsabilità, e direi pure della partecipazione, vede esclusivamente 'strade da pulire'... praticamente analfabetismo emotivo e forzata edificazione di muri a difesa della propria ignavia.
Ineccepibile stratagemma (nr. 32 - denigrazione: per accantonare, o almeno rendere sospetta, un'affermazione dell'avversario e ricondurla a una categoria odiata dagli spettatori) colto ne "l'arte di avere ragione"; di bassa lega, inserita apposta in dialogo con altri, chiaramente fondata sul nulla e pure offensiva ... ovviamente, dato il titolo dello stratagemma. Complimenti Visechi 

Visechi

Citazione di: daniele22 il 19 Dicembre 2024, 18:48:22 PMIneccepibile stratagemma (nr. 32 - denigrazione: per accantonare, o almeno rendere sospetta, un'affermazione dell'avversario e ricondurla a una categoria odiata dagli spettatori) colto ne "l'arte di avere ragione"; di bassa lega, inserita apposta in dialogo con altri, chiaramente fondata sul nulla e pure offensiva ... ovviamente, dato il titolo dello stratagemma. Complimenti Visechi
Ringrazio per i complimenti. Nulla da eccepire... hai perfettamente ragione.
Amen

InVerno

Oggi a pranzo ho avuto una discussione illuminante, più di quella con Koba, riguardo allo stato delle politiche repressive.
Il signore seduto con me probabilmente voleva dire qualcosa, ma ad un certo punto si è interrotto ed autocensurato, esclamando "eh, oggigiorno ormai non si può più dire niente" penso ammiccando ad una qualche critica verso la repressione del "woke & politically correct". Al che gli ho chiesto: "che cosa vorrebbe dire che non le lasciano dire? Lo dica a me, siamo io e lei" e la sua risposta è stata un sincero quanto perentorio "non lo so".  Immagino se chiedessi a Koba un esempio di una elité non autoreferenziale, se volesse essere sincero e darmela vinta, dovrebbe rispondere "non lo so" allo stesso modo. Fintanto che la teoria politica, di destra o di sinistra, non sa spiegare questi comportamenti ed inglobarli nel suo agire, rimarrà una politica "autoreferenziale" nel senso che non fa alcun riferimento a quella marea di "non lo so" che circolano a pranzo in Italia.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Visechi

Citazione di: sapa il 19 Dicembre 2024, 17:24:15 PMCiao Visechi, ti ringrazio per la tua risposta. Ti confermo che la tua visione sull'argomento è molto bella e quando l'ho definita velleitaria non avevo alcuna intenzione di sminuirla o di offendere. E' vero, se aspettassimo che tutti i Mingon ragionassero così, non ne usciremmo mai. Tuttavia, bisognerà anche rendersi conto che le opportunità, che si potrebbero offrire a degli stranieri che bussano alla nostra porta, scarseggiano, in una società come la nostra, nella quale,  tra intelligenze artificiali e meccanizzazione della manodopera, l'utilità dell'essere umano non si vede quasi più. Io mi occupo da molti anni di agricoltura e noi di questo settore abbiamo sempre accolto gli stranieri e offerto loro opportunità di lavoro, in regola s'intende.  Ma anche noi dobbiamo fare i conti, non navighiamo nell'oro e stiamo constatando anche noi che far vendemmiare in 1 giorno una macchina è più conveniente che metterci una settimana con 5-6 operai. Purtroppo, il criterio economico non è facilmente eludibile. Nelle nostre zone montane appenniniche, i cosiddetti territori marginali, nei quali la forza lavoro umana avrebbe ancora un senso,  dove vivevano una volta famiglie numerose e che si sono poi spopolate negli anni 60, oggi nessuno vuole più andare, nemmeno gli immigrati. Questi ultimi, a parte chi fugge da drammi e carestie, forse giungono qui attratti dalla chimera di una società ricca e opulenta, ma non sanno quanto costa vivere qui, non capiscono che la maggior parte delle persone qui vive con l'ansia di non farcela a portare avanti la famiglia. Indubbiamente, il nostro tenore di vita è pur sempre incomparabilmente più alto di quello che loro lasciano, ma la nostra non è una vita facile, dove basta desiderare qualcosa per poterla ottenere. Se potessimo dar lavoro a tutti quelli che arrivano, saremmo solo contenti, ma non si può. Detto ciò, io non sono per arroccarsi nella strenua difesa delle posizioni raggiunte, ma sono altresì sicuro, come del resto mi sembra che anche tu affermi, che le politiche dell'accoglienza vadano riviste. Questo perchè secondo me da decenni il fenomeno è gestito male, indipendentemente da chi ci governasse, e oltremodo dispendioso, in relazione ai risultati ottenuti. E allora sì, anch'io faccio le mie considerazioni economiche: se si spendono miliardi di euro per l'accoglienza con questi risultati, allora forse è meglio smettere di accogliere.
L'accoglienza, a causa dell'abnormità del fenomeno, non è più una scelta, ma si è ormai imposta in termini di necessità ineludibile; l'alternativa sarebbe attuare i respingimenti alla frontiera, perché nel momento che questi disgraziati mettono piede sul territorio nazionale, nasce e si presenta il problema della loro gestione, e che sia la più umanitaria possibile. I respingimenti alla frontiera risultano essere alquanto problematici, poiché per oltre due terzi, la frontiera nazionale è costituita dal mare... Nostrum. Ora, ipotizzare dei respingimenti su quel fronte è un'opzione la cui realizzazione si mostra da subito improba poiché assume infatti il significato di procedere ad un loro abbandono alle amorevoli cure del mare, senza troppi sofismi o ipocrisie. Oppure, si renderebbe necessario un presidio armato delle acque territoriali (questo è l'unico vero significato della blindatura delle frontiere) con autorizzazione all'uso della forza nei casi in cui si tenti di forzare il blocco, cioè con facoltà di sparare. Chi ci governa dovrebbe avere il coraggio di sostenerlo apertis verbis, evitandoci inutili, ipocriti e stucchevoli giri di parole. Chi si propone il blocco navale deve finalmente sostenere, senza un ma o un se, che la difesa delle italiane genti esige un sacrificio etico a vantaggio del plotone d'esecuzione. Per attuare una cosa simile è anche necessario assumersi la responsabilità della scelta ed oggi non riesco ad immaginare alcun politico europeo in grado di sbandierare la gioiosa croce uncinata indossando la graziosa maschera con i baffetti. C'è bisogno di un Hitler, come minimo, per impedire l'assalto di pericolose orde moresche alle nostre coste. Ecco perché questa opzione non può essere contemplata, non perché tecnicamente impossibile, ma perché eticamente improponibile.
Capisco bene il discorso economico che imporrebbe, a parer tuo (mi sembra di capire), lo smantellamento del complesso sistema dell'accoglienza, ma su questo fronte è necessario chiarire alcuni aspetti troppo spesso passati sottotraccia, se non del tutto sottaciuti dal mondo dell'informazione e ancor più da certa politica nostrana. In primo luogo, che approcciare il tema dell'immigrazione in termini economicistici espone il suo sostenitore al rischio di essere mosso da latenti motivazioni razziste.
Detto questo, suppongo che tu abbia notato come in questi anni il dibattito intorno al tema del costo dell'immigrazione è completamente sparito dai radar. Non c'è più convenienza a sostenere tesi e prese di posizione facendo leva sull'aspetto economico. Ciò è dovuto al fatto che è ormai acclarato e testimoniato dai numeri che l'immigrazione crea ricchezza per l'intero sistema Paese. Non solo, ma anche, in termini di gettito fiscale e contributivo, ma ancor più in campo demografico. Oggi il mondo dell'imprenditoria preme perché siano ampliati i numeri degli immigrati da poter inserire nel mondo del lavoro (ovvio che questa richiesta sia anche sostenuta dalla non troppo larvata tentazione di contrarre progressivamente il costo del lavoro). I saldi contributivi sono sensibilmente positivi per le casse dell'Inps, così pure, anche se in misurare minore, quelli erariali. Quindi il mito dell'immigrato sostenuto economicamente dalle nostre finanze si è rivelato un falso utilizzato proditoriamente sempre da una certa pessima classe politica ed utile per imbastirci intorno una campagna elettorale la cui leva sia la paura. Neppure far leva sul naturale bisogno di sicurezza dei cittadini, risulta essere vantaggioso come alcuni anni orsono: i reati sono in costante calo. L'Italia è oggi uno dei Paesi del mondo occidentale dove i grandi crimini (con esclusione della criminalità organizzata) sono i più bassi in assoluto. Restano i reati definiti di prossimità: piccoli furti, scippi ed in genere reati legati al mondo della droga e dello spaccio. Ma è proprio la marginalizzazione dell'immigrato che fornisce mano d'opera alla criminalità. Una sconsiderata legge ha destituito il migrante dal posto che ha sempre occupato nell'immaginario collettivo, andando a collocarlo, ipso facto, per il solo fatto di essere tale, nella categoria dei paria. Se il linguaggio è formativo e contribuisce a creare un universo sociale, va da sé che definire il migrante con l'appellativo affatto gradevole di "clandestino" lo espropria della sua intrinseca carica umana sufficientemente a smuovere emozioni nel prossimo, non necessariamente compassionevoli, ma quantomeno umanitarie, poiché nel migrante un tempo si intravedeva il suo carico di umana sofferenza e divina speranza. Oggi è invece un paria. Con una sola subdola attribuzione fonematica, si è riusciti a sradicarlo dal consesso degli umani, attribuendogli uno status giuridico, sociale ed etnico che si riverbera sul piano relazionale e psicologico. Si diventa così paria perché in paria li abbiamo voluti trasformare.
Certo, è fuori dubbio che il fenomeno sia gestito male, pessimamente, incongruentemente. Perciò affermo e sostengo che, fallite o non proponibili le velleità di bloccarne il flusso, atteso che tutti gli studi indicano una prossima sua recrudescenza, non ci resta che smettere di subirlo, sia come fenomeno che come conseguenze, per iniziare a governarlo veramente, essendo comunque ben consci che non esiste la perfezione e che la perfezione impedisce il possibile.
Non mi dilungo oltre... troppo avrei da scrivere, ma vorrei sinceramente che questi pochi e brevi concetti siano utili per promuovere una riflessione.