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Psicoanalisi

Aperto da Jacopus, 19 Ottobre 2024, 11:05:36 AM

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Jacopus

#90
Gli psicofarmaci non sono affatto dei palliativi. Hanno un effetto fisiologico sui neuro trasmettitori implicati nelle varie malattie mentali, aumentando o inibendo la loro produzione.
Esempio: in caso di stress l'organismo produce cortisolo, che rende il nostro organismo più efficiente perché è all'erta, in una situazione di pericolo. Se lo stress diventa permanente anche la produzione di cortisolo lo diventa, e il soggetto fa circolare cortisolo in eccesso con effetti deleteri, poiché il cortisolo rende subito disponibili le riserve di zuccheri ma modifica le connessioni sinaptiche ed ha effetti di infiammazione dell'intero organismo, in caso di rilascio prolungato. Gli psicofarmaci SRI (inibitori selettivi della ricaptazione), tendono a bloccare la sovra o sottoproduzione di specifici neuro- trasmettitori implicati in alcune malattie mentali (la dopamina in eccesso nelle psicosi, la serotonina e la dopamina in difetto nelle depressioni, ecc.). Quindi è vero che non agiscono sulla causa ma possono svolgere una funzione di mantenimento in un range di buon funzionamento sociale. In caso di gravi disturbi si tratta di medicinali che vanno assunti anche per periodi molto lunghi di tempo o anche per sempre.

È comunque ormai confermato da molti studi di follow up che le "guarigioni" o i "miglioramenti" avvengono più frequentemente se si adotta un intervento multidisciplinare, farmacologico, psicoterapeutico e psico-socio-educativo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Citazione di: Jacopus il 26 Ottobre 2024, 16:56:26 PMChe certi principi attivi, presenti in questi farmaci, agiscono sul flusso di neurotrasmettitori che funzionano male nella persona depressa, riequilibrandoli, in primo luogo serotonina e dopamina. Il problema è che agiscono sul sintomo, mettendo sotto controllo la persona (ed è già un risultato), ma non agiscono sulla causa profonda della depressione, che è spesso una causa dovuta ad esperienze ambientali avverse. Per sconfiggere la depressione o più realisticamente per ridurla, occorrerebbe agire sulla società. I disturbi mentali sono disturbi sociali, anche se tendono, nel dopo-Basaglia, a farci credere che non sia così.
Società è un cerchio un pò grande, esistono degli studi che mettono in relazione con l'ambito famigliare? Comunque, appunto, agendo sui sintomi hanno un efficacia di cura che si discosta veramente di poco dal placebo, e in virtù di questo la valanga di persone che ne fa uso è a mio avviso ingiustificata. Se il sintomo è in qualche modo invalidante capisco il valore di rimuovere l'ostacolo anche senza rimuoverne la causa, negli altri casi mi sembra che la velocità e frequenza con cui si passi da una diagnosi ad una prescrizione, di appunto farmaci con scarsa capacità di cura, sia preoccupante...
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

Non hai tutti i torti, Inverno, poiché oltre a tutte le cose che si sono dette finora ce n'è un'altra, ovvero i profitti vertiginosi delle case farmaceutiche. Un solo antipsicotico può produrre un fatturato annuo superiore ai 5.000 milioni di dollari ( dato del 2013, oggi chissà come siamo messi). E non a caso, dopo i tempi grami in cui non erano previsti farmaci, e i dipartimenti di psichiatria erano disposti negli scantinati, dopo l'avvento dei farmaci, all'incirca dagli anni 50-60, il prestigio della psichiatria si è parecchio elevato.
L'inflazione delle prescrizioni a mio parere è collegato a quanto diceva la Tatcher 40 anni fa, ovvero che non esistono società ma individui. Il farmaco è la risposta individualista a una malattia che è "molto sociale" e che affonda le sue origini nelle strutture sociali ed ovviamente ancor di più in quelle familiari.
Però è anche come hai detto tu. Ci sono casi gravi per i quali i farmaci riescono a tenere sotto controllo i sintomi e quindi non lo chiamerei "placebo". Non c'è un'auto convinzione di efficacia ma un effetto neurochimico mirato. Che però non agisce sulla causa, poiché la causa è la "storia" del paziente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Il_Dubbio

Citazione di: Jacopus il 30 Ottobre 2024, 14:00:37 PMGli psicofarmaci non sono affatto dei palliativi. Hanno un effetto fisiologico sui neuro trasmettitori implicati nelle varie malattie mentali, aumentando o inibendo la loro produzione.
Esempio: in caso di stress l'organismo produce cortisolo, che rende il nostro organismo più efficiente perché è all'erta, in una situazione di pericolo. Se lo stress diventa permanente anche la produzione di cortisolo lo diventa, e il soggetto fa circolare cortisolo in eccesso con effetti deleteri, poiché il cortisolo rende subito disponibili le riserve di zuccheri ma modifica le connessioni sinaptiche ed ha effetti di infiammazione dell'intero organismo, in caso di rilascio prolungato. Gli psicofarmaci SRI (inibitori selettivi della ricaptazione), tendono a bloccare la sovra o sottoproduzione di specifici neuro- trasmettitori implicati in alcune malattie mentali (la dopamina in eccesso nelle psicosi, la serotonina e la dopamina in difetto nelle depressioni, ecc.). Quindi è vero che non agiscono sulla causa ma possono svolgere una funzione di mantenimento in un range di buon funzionamento sociale. In caso di gravi disturbi si tratta di medicinali che vanno assunti anche per periodi molto lunghi di tempo o anche per sempre.

Tu hai descritto una situazione "oggettiva". Ma ti manca il nesso con il paziente.

Tu dici che sarebbe provato che in certe situazioni particolari il cervello reagisce in un certo modo.
Come è vero che hai provato l'oggettiva situazione generale, perchè non riesci a stabilire la situazione particolare?
Quel paziente ha un eccesso di "cortisolo"! Bene allora gli somministro un anti cortisolo. Questa sarebbe una modalità giustificata dall'esame.

Altrimenti come fai a sapere che in una situazione particolare il cortisolo del tuo paziente è diventato eccessivo da procedere nella somministrazione di un anti cortisolo?

 

PhyroSphera

Citazione di: Jacopus il 30 Ottobre 2024, 13:45:25 PMSul merito di questa dichiarazione (tralasciando di redarguire il solito tono giudicante veramente improprio fra tutto noi dilettanti della psiche), mi limito a dire che psichiatria e psicologia sono soft sciences, e per questo possono e devono orientare la loro conoscenza in modo più flessibile e umanistico, altrimenti, ad esempio, si incorre in quegli esperimenti di "psicologia scientifica" che affermano come  il cervello decida autonomamente rispetto alla consapevolezza (cfr Libet, Soon). La psiche umana però non è rinchiusa o rinchiudibile in una stanza sperimentale. Se al posto del movimento del dito (esperimento di Libet) si chiede al volontario di scegliere fra una azione egoistica ed una altruistica, o di fare una dichiarazione etica o un'altra, i sistemi automatici di risposta del cervello, che sembrano provare l'assenza di libertà, non funzionano più e la risposta coincide con il tempo in cui il decisore l'ha decisa, rimettendo in campo una capacità "agenziale" non più esclusivamente deterministica. Se si proclama una visione solo scientifica delle scienze psicologiche la prima conseguenza coerente è quella di accettare il fatto di essere predeterminati e mai capaci di esprimerci liberamente.
Per converso, dichiararsi antiscientifici comporta altri problemi, ovvero la spiritualizzazione di una disciplina (il famoso "santone") che invece interagisce e deve interagire in modo fruttuoso con il metodo scientifico, pur concependolo come un metodo che deve essere connesso ad altri metodi e ad altre discipline. La psichiatria, ancor più della psicologia, è materia interdisciplinare.
Io non svolgo professione di psicologia ma non sono un dilettante. 
Non ha senso identificare scienza e determinismo come fai tu. In fisica c'è la meccanica quantistica e il principio di indeterminazione e in psicologia la sincronicità, generalmente si può dire che il dato scientifico è discreto se ben interpretato, non è l'espressione diretta della legge cosmica.
Io ho scritto cose serissime e per offrire saperi necessari che non devono e non sono riservati agli addetti ai lavori. Se tu vuoi solamente dilettarti, rivolgiti verso altri messaggi.

MAURO PASTORE 

PhyroSphera

Citazione di: Il_Dubbio il 30 Ottobre 2024, 13:46:49 PMQuesta è un'affermazione che sminuisce il ruolo del farmaco.
Ma vorrei capire bene. Per palliativo intendi che non potrebbero far male, o solo che non risolve il problema?

Perchè se può far male e in piu non risolve alcun problema, per quale motivo dovrebbe essere riconosciuto (lo psichiatra) come, a differenza dello psicologo che invece non è un medico, un esperto che può utilizzare cure farmacologiche?

Per chiarezza anche il medico di base può prescrivere farmaci riconoscibili come psicofarmaci... non sono del tutto palliativi, in quanto qualche sintomo viene effettivamente tenuto sotto controllo.
Ma qua si parla di situazioni molto piu complesse... quindi i farmaci utilizzati non credo siano quelli che gia un medico di base potrebbe utilizzare. Utilizzo un altro termine che potrebbe far discutere (tipo quello di santone precedentemente usato): intruglio farmacologico. Servirà oppure no? Da sollievo o no? Potrebbe far male si o no? Ma poi, verrebbe utilizzato con quale metodo? Partendo da quello che hai detto potrebbe curare il cervello dai danni fatti dalla psiche (e non il contrario, come hai suggetito tu). Ma se fosse vero che il cervello subisce un danno dalla psiche, almeno questo danno dovrebbe essere appurato, prima di dare un farmaco.
Non è una buona cosa che io ripeta quanto ho già scritto. Questo il link:
https://www.riflessioni.it/logos/index.php?msg=93095

Aggiungo solo che cervello e psiche non sono realtà in antagonismo. Si critica tanto il dualismo platonico, scambiandolo per ontologico... Invece tanti filosofi di grido dovrebbero dedicarsi a smentire gli approcci come i tuoi alla mente e il corpo, a cominciare dal fideismo da cui sono mossi, anzi a cominciare dall'intento di fare da bastian contrari per per partito preso — pessima fazione, se la conseguenza è scambiare la nostra identità psicofisica per un campo di lotta. Neppure era San Paolo che commetteva un errore così quando diceva che lo Spirito di Dio annulla le debolezze della carne (che appunto è tutt'altro che il male)... Insomma sembra che tu voglia fare il paolino scambiando materia e spirito e dimenticando che i drammi di fede riguardano la relazione Dio – uomo, non il rapporto intimo con noi medesimi. Mi sono azzardato... se sbagliassi su di te, su molti altri no. Una fuoriuscita dall'insano percorso mentale che voialtri volete imporre con le vostre reiterazioni ci vuole.

MAURO PASTORE


PhyroSphera

#96
Citazione di: Jacopus il 30 Ottobre 2024, 14:00:37 PMGli psicofarmaci non sono affatto dei palliativi. Hanno un effetto fisiologico sui neuro trasmettitori implicati nelle varie malattie mentali, aumentando o inibendo la loro produzione.
Esempio: in caso di stress l'organismo produce cortisolo, che rende il nostro organismo più efficiente perché è all'erta, in una situazione di pericolo. Se lo stress diventa permanente anche la produzione di cortisolo lo diventa, e il soggetto fa circolare cortisolo in eccesso con effetti deleteri, poiché il cortisolo rende subito disponibili le riserve di zuccheri ma modifica le connessioni sinaptiche ed ha effetti di infiammazione dell'intero organismo, in caso di rilascio prolungato. Gli psicofarmaci SRI (inibitori selettivi della ricaptazione), tendono a bloccare la sovra o sottoproduzione di specifici neuro- trasmettitori implicati in alcune malattie mentali (la dopamina in eccesso nelle psicosi, la serotonina e la dopamina in difetto nelle depressioni, ecc.). Quindi è vero che non agiscono sulla causa ma possono svolgere una funzione di mantenimento in un range di buon funzionamento sociale. In caso di gravi disturbi si tratta di medicinali che vanno assunti anche per periodi molto lunghi di tempo o anche per sempre.

È comunque ormai confermato da molti studi di follow up che le "guarigioni" o i "miglioramenti" avvengono più frequentemente se si adotta un intervento multidisciplinare, farmacologico, psicoterapeutico e psico-socio-educativo.
Le vere dimostrazioni non si basano su statistiche ma accogliendo le dichiarazioni o manifestazioni dei pazienti. Tutta la descrizione che fai e che tanti altri anche sedicenti professionisti fanno riguarda stati di alterazione, lo psicofarmaco cioè crea tramite un'alterazione un equilibrio fittizio che sostituisce uno scompenso non negativo, quest'ultimo semplice specchio di un problema psichico, non veramente fisico. Gli psicofarmaci sono o fanno da droghe, non risolvono, sono più o meno nocivi, non è una cosa fatta bene il drogaggio che la malasanità ha attuato e attua massicciamente. Se uno va da un medico lo fa perché pensa di averne di più che un arrangio pieno di inconvenienti anche disastrosi; e la volontaria inettitudine di massa con il pathos dei malati è un crimine, non un indice di necessità.
In Costituzione italiana si promuove la cultura, la vostra ossessione ignorante è anche contro la Costituzione. Dovreste essere disposti diversamente verso il materiale che vi ho fornito.

MAURO PASTORE

Jacopus

CitazioneIo non svolgo professione di psicologia ma non sono un dilettante. 
Mi spiace ribadirlo ma lei è sicuramente un dilettante se non svolge una professione di aiuto sociale o non insegna una materia di aiuto sociale o sanitaria.
Sull'uso degli psicofarmaci evidenzia tutto il suo dilettantismo perché ignora o finge di ignorare quelli che si chiamano "pattern comportamentali", per cui anche agire sul sintomo e non sulla causa ha un effetto benefico. Inoltre come ho già scritto un centinaio di volte l'intervento farmacologico da solo non è l'intervento migliore. Esso deve essere sempre accompagnato da un intervento multidisciplinare. Infine, io che mi reputo un dilettante, ho avuto a che fare, e continuo ad avere a che fare, con adolescenti che hanno serie problematiche mentali, oltre ad aver letto (mi tengo basso) un 400-500 libri di psichiatria, psicologia e pedagogia (oltre naturalmente ad aver svolto un notevole numero di corsi di formazione sull'argomento). Eppure umilmente (come voleva il cristianesimo) mi ritengo ancora un dilettante, mentre lei si ritiene uno specialista (il mondo all'incontrario direbbe un certo generale).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Il_Dubbio

@PhyroSphera

vorrei tentare di puntualizzare alcuni punti. Il primo punto riguarda a quello che dici: credevo di essere riuscito a capire qualcosa, ma mi pare che non sia così. Quindi non ho capito per bene la tua posizione.

Vorrei a questo punto dire la mia posizione su alcuni punti. Per come va avanti la ricerca sul rapporto tra cervello e mente, al momento mi sembra che in testa sia il cervello, responsabile di ogni cosa.
Ma un cervello non funziona all'interno di una vasca. Funziona all'interno di un corpo e questo corpo funziona rapportandosi ad un mondo esterno. Quindi, come scriveva un neurologo in un suo vecchissimo libro, la mente non si può ingabbiare all'interno del cervello. E' tutto quello che c'è.
Ma questo vuol dire poco, in quanto poi anche il cuore funziona in un certo modo, ma poi funziona meglio se cammini qualche chilometro a piedi ogni giorno. Quindi è normale porre attenzione più sul mondo esterno, o come il corpo si relaziona con esso, invece di partire direttamente e soltando dall'interno.
Però come per il cuore che potrebbe ammalarsi, o funzionare male difronte ad un corpo che si muove poco, così è il cervello che si ammala, o funzionare male, se è il modo esterno che ti stressa. 
Ma potrebbe funzionare male a prescindere dal mondo esterno. Come anche il cuore potrebbe nascere con difetto alla nascita così che solo se lo individui per tempo lo puoi curare, o per lo meno darti il tempo per goderti piu a lungo la vita.

Quindi per me hanno senso questi discorsi sulla "storia" del paziente ecc. ma nella sostanza si utilizza quel metodo in quanto non si riesce a studiare le dinamiche del cervello in funzione della sua sanità celebrale. La quale è diversa dalla sanità mentale, perchè quella potrebbe risultare statisticamente malata anche di fronte ad un cervello completamente sano, questo solo perchè non si conoscono, o solo in parte, le dinamiche del cervello rispetto alla mente.
In sostanza quando si parla della mente si va un po' a tentoni. Alle volte ci si prende alle volte no. E così gli "intrugli" farmacologici servono anche per sperimentare se effettivamente si è presa la direzione giusta. Se no, pazienza... piu di questo non si può fare.



 

Il_Dubbio

Poi volevo fare una piccolissima osservazione, partendo da questi spunti, sul concetto di scienza. 

La scienza solitamente non risponde a domande troppo generali. Ad esempio cos'è la mente.

Oppure cos'è la coscienza.

Si prenda ad esempio gli stati di coscienza. Essi sono certificabili attraverso onde celebrali. Ogni tipo di onda corrisponde a uno stato di coscienza. Chiaramente questi possono essere alterati da sostanze che si possono assumere.

La domanda: cos'è la coscienza, non ha come risposta: un'onda celebrale. Perchè la scienza non risponde a queste tipologie di domande, che sono prettamente filosofiche. 

si va dal sonno con onde delta fino allo stato vigile (o di attività intelletuale) con le onde beta.

Per cui è chiaro che una certa attività, anche uno stress, o una psicosi ecc sicuramente ha una sua corrispondenza scientificamente accertabile. Ma se questo non succede è perchè manca l'approccio scientifico. Questo approccio potrebbe comunque essere vagamente scientifico qualora appunto, come succede, si parte dal sintomo e si deduce una qualche collegamento con il sistema fisico, diciamo alterato. Questo potrebbe essere un modo indiretto per fare una diagnosi, che però sara di tipo statistico. Cioè una certa percentuale di pazienti ha effettivamente un sollievo se gli somministro quel farmaco ricercato per bloccare una certa sostanza, che potrebbe essere la causa del malessere. Ma non esistendo un diretto approccio, si potrebbe dare un farmaco, alle volte anche con pericolosi danni collaterali, a un paziente che invece non ne avrebbe bisogno. 

iano

Citazione di: PhyroSphera il 31 Ottobre 2024, 09:22:47 AMNon ha senso identificare scienza e determinismo come fai tu. In fisica c'è la meccanica quantistica e il principio di indeterminazione e in psicologia la sincronicità,
Io di psicologia ci capisco tanto quanto tu ci capisci di fisica: molto poco.
Del principio di indeterminazione abbiamo già discusso, senza che tu abbia cambiato opinione, e su questo ovviamente non ho nulla da dire.
Però ogni volta che tu impropriamente lo tirerai in ballo, non me ne volere, ma io mi sentirò in dovere di sottolinearlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Mi pare che la polemica messa su da PhyroSphera e i dubbi del Il Dubbio, dimenticano una cosa, che questo argomento non riguarda il rapporto tra uomo e cosa, ma tra uomo e uomo.
Evidentemente questi utenti non hanno mai interagito con persone con problemi mentali.
Non voglio certo farne una colpa ma
non sanno il sacrificio delle famiglie di persone con problemi mentali.
Non conoscono il dolore e l'impotenza di fronte al problema mentale.
Purtroppo io queste persone le ho conosciute.
Una di esse con disturbi bi-polari quando smise di prendere i farmaci, si suicidò.
Ecco nella discussione bisogna prendere anche questi problemi.
Spero sia utile così a cercare forme di comunicazione più empatiche con gli altri.
Non è una mera questione teoretica (fine a se stessa).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Koba II

#102
Tornando alla ricerca psicoanalitica, una questione fondamentale è capire quale sia la spinta di base dell'essere umano. Qual'è l'esperienza originaria: il malessere dei primi mesi di vita, o piuttosto il primo appagamento, il primo vero godimento che lascia una traccia fatale e che ci spingerà a tentare di ripeterlo?
Cioè, noi siamo mossi dal voler eliminare un disagio di fondo, quasi impercettibile ma ineludibile, oppure dalla possibilità di raggiungere un maggior benessere, dalla possibilità (poi magari frustrata) di maggiore vitalità?
Le dipendenze si spiegano come un tentativo maldestro di curarsi da questa sofferenza di base, oppure come la tentazione verso un piacere pieno, totale?

Tutto il nostro sistema economico si basa sulla ricerca dell'oggetto che sappia finalmente appagarci. Si passa da un oggetto all'altro, da un tipo all'altro, ci si appassiona a qualcosa, diciamo ad uno specifico apparecchio tecnologico, si passano i giorni a studiarne le caratteristiche e alla fine lo si acquista, sostituendo quello vecchio anche se perfettamente funzionante. Una volta acceso si capisce che le aspettative non solo erano esagerate, ma che quelle aspettative, quello stato di eccitazione, quel vedere nell'apparecchio il "proprio tesoro", riguardano qualcos'altro, non riguardano quello specifico oggetto e le sue funzioni utili o meno utili per la nostra vita concreta, riguardano noi.

Vuoto ontologico (quindi sofferenza di base), o sogni di godimenti futuribili per quanto difficili da raggiungere?

Il_Dubbio

Citazione di: green demetr il 01 Novembre 2024, 07:32:41 AMMi pare che la polemica messa su da PhyroSphera e i dubbi del Il Dubbio, dimenticano una cosa, che questo argomento non riguarda il rapporto tra uomo e cosa, ma tra uomo e uomo.
Evidentemente questi utenti non hanno mai interagito con persone con problemi mentali.
Non voglio certo farne una colpa ma
non sanno il sacrificio delle famiglie di persone con problemi mentali.
Non conoscono il dolore e l'impotenza di fronte al problema mentale.
Purtroppo io queste persone le ho conosciute.
Una di esse con disturbi bi-polari quando smise di prendere i farmaci, si suicidò.
Ecco nella discussione bisogna prendere anche questi problemi.
Spero sia utile così a cercare forme di comunicazione più empatiche con gli altri.
Non è una mera questione teoretica (fine a se stessa).

Mi sa che la polemica la stai a fare tu. Mio padre è morto dopo una malattia che non ha avuto una diagnosi. Il primario di quel reparto fu molto carino e lo apprezzai molto per le parole sincere: non abbiamo capito nulla di quello che ha suo padre (ma riuscirono comunque a portarcelo a casa e con quel poco che si poteva fare riusci a vivere altri due anni circa). Forse quel primario morì prima o subito dopo la morte di mio padre.
Un amico si è suicidato... e non sai quanto ho pianto e quando lo ricordo ancora di piu.

Quindi non venirmi a dire che non sappiamo cosa sia la sofferenza solo perchè qua si parla di filosofia e non di empatia... quella cerchiamo di mantenerla quando serve...

green demetr

Citazione di: Il_Dubbio il 01 Novembre 2024, 12:37:51 PMMi sa che la polemica la stai a fare tu.
Nel tuo caso parlavo di dubbi, infatti mi pare stessi cercando qualcosa di scientifico, di duro e puro.
Ma vista anche la tua esperienza personale sai dunque che queste cose mantengono dei caratteri di ambiguità, ombre, che la scienza dura non potrà mai capire, nè vuole capire, perchè il suo metodo si dà come "duro".
Infatti tutte le mie polemiche sono contro la scienza, proprio per via di questo carattere assolutamente disumano.
E non sto parlando del mondo ideale dove la scienza fa la scienza si occupa cioè solo di cose razionali, perchè non è mai così.
La scienza va a braccetto con chi la paga e questo si paga in termini di razionalità. a volte in maniera anche cara.
Vedi OMS e censure varie nei luoghi di dibattito (youtube e similia).


Vai avanti tu che mi vien da ridere