Menu principale

Psicoanalisi

Aperto da Jacopus, 19 Ottobre 2024, 11:05:36 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

green demetr

Citazione di: Il_Dubbio il 20 Ottobre 2024, 23:40:42 PMNon sono pratico, quindi non so quanti pazienti siano stati curati da questi terapeuti. Ma solitamente per stabilire che il metodo funziona ci dovrebbe essere una percentuale di guarigioni. Non basta dire che uno sia guarito, quando ce ne sono mille che non sono stati guariti. Anche uno che prega e che ha fede, potrebbe guarire da un problema emotivo rispetto ad esempio ad un male di vivere. Ma quella non è una guarigione, o meglio quella non è una cura medica, ma una cura spirituale. Ma siamo su piani completamente differenti.
Solitamente, come si fa per una malattia qualsiasi, ci si basa su una statistica di casi analoghi. Poi ci sono gli accertamenti diagnostici e infine la cura. Quindi curare un paziente significa avere una diagnosi, e poi sapere come curare il paziente che ha quella malattia. Diagnosi sbagliate sono rare se i sintomi e gli accertamenti sono inequivocabili. Quindi se il metodo funziona, dovrebbe esserci un numero alto di guarigioni.
.
Io parlavo di cura solo nel caso di Freud, per quanto riguarda i post-freudiani invece si parla "solo"di miglioramento dei sintomi.
Come scrivi ben tu, però allora anche una preghiera basterebbe. (e quindi ovvio che sventolino la loro ridicola bandierina della vittoria).
E infatti è vero, solo che la seconda è gratuita, invece la "cura" non lo è affatto.
Per quanto riguarda la cura con i farmaci è sostanzialmente un mercato della droga.
Selettori della dopamina, nei casi di depressione un aumento degli stessi, e in caso di bipolarismo di blocco degli stessi.
Lo psichiatra cura i sintomi, lo psicanalista migliora la terapia applicando tabelle comportamentali vagamente utili su questo posso essere d'accordo con Jacopus.
Sostanzialmente se smetti di prendere i farmaci ricadi nella "malattia", ossia torni ad avere sintomi (e torni a prendere farmaci).
Non sto qui a ricordare il caso Fentanil. Il mercato delle droghe è gigantesco e il maggior introito della big pharma (dopo i vaccini, neanche a dirlo).
E' molto semplicemente questo per cui nessuno studia Freud veramente.
Banalmente la nevrosi non si cura, si accetta. Quindi non ha nulla a che vedere con la malattia.
Il problema sta nell'accettazione, ossia nel sapersi guardare DENTRO.
Cosa di cui le scienze mediche non si occupano.
Loro (le scienza mediche) cercano FUORI nel cervello (ma non ricercando la complessità, ma la lobotomia ovviamente)...purtroppo viviamo tempi buj bujssimi.
Si continua a essere presi per i fondelli, e anzi siamo noi stessi che vogliamo per primi essere presi per i fondelli.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Il_Dubbio

#46
Anche in questo caso i termini usati alle volte vogliono dire una cosa altre volte un'altra. Se non lo si specifica si rimane nell'equivoco.
Ad esempio la cura potrebbe significare un'azione finalizzata alla guarigione dalla malattia, oppure solo un'azione finalizzata a mitigare (o far scomparire) un sintomo.
Faccio un esempio di altro tipo, se uno soffre di ipertensione prenderà un farmaco per mitigare (o far scomparire) il sintomo della pressione arteriosa alta. Questo farmaco lo prenderà per sempre, chiaramente sempre sotto controllo del medico che potrebbe essere più nello specifico un cardiologo.
Una cura farmacologica, poi,  non è quasi mai senza effetti collaterali. Se gli effetti collaterali sono tollerabili è bene, altrimenti si deve proseguire in altro modo (o con farmaci alternativi, se ce ne sono).

Alle volte basta il sintomo per trattare con un farmaco una patologia. Un po' come ha detto qualcuno di voi, non si va a scovare il virus che vi ha causato l'influenza, se avete l'influenza i trattamenti sono sempre piu o meno gli stessi. Il medico solitamente conosce gli effetti del virus che sta circolando e saprà dire come affontarla, senza muoversi da casa e senza fare accertamenti diagnostici.

Quindi tenere sotto controllo una malattia non vuol dire guarire dalla malattia.

Mi sembra che sia stato Jacopus ad aver detto che dopo tutto potremmo essere tutti malati mentali, saremmo cioè tutti un po' nevrotici o comunque avremmo tutti qualche (anche piccolo) disturbo. Stabilire quando esso diventa una malattia è la cosa fondamentale per suggerirci quando far ricorso ad un medico specializzato.

Io ho tracciato piu o meno due "modi" per individuarlo. Quando è il paziente a chiedere aiuto, oppure quando è il comportamento del soggetto all'interno della società a richiederlo o per lo meno a suggerirlo.

Ciò che ho sollevato io però ricade tutto sulla competenza del medico psichiatra. Dovendo dare una cura farmacologica (anche solo mantenitiva) per un disturbo di tipo mentale, il psichiatra dovrebbe avere la possibilità di procedere verso degli accertamenti, che sono solitamente diagnostici. Altrimenti a che serve andare da loro?
Se vai da un cardiologo ti fa almeno un elettrocardiogramma, una ecografia (al cuore) e tanto altro.
Lo psichiatra che ha nel suo studio a parte il "lettino".

Potrebbe individuare ad esempio una nevrosi attraverso un elettroencefalogramma? O magari una risonanza magnetica encefalica?

Mi sembra che Bruno P abbia detto che non ci sono esami diagnostici di livello superiore.
Lo psichiatra ha quindi nelle sue mani un elenco di farmaci da offrire per allevare dei sintomi, più il lettino.

A me sembra troppo poco anche solo per farsi assistere da uno di loro.
Come hanno eliminato i manicomi dovevano eliminare gli psichiatri.


Jacopus

Non hai tutti i torti sugli psichiatri ;). Molti di loro ce la mettono tutta per rendersi antipatici, ma resta il fatto che la malattia mentale va affrontata. A mio parere però va affrontata con un metodo diverso da quello della medicina tradizionale fondata su malattia/terapia/cura. La diversità si trova sul nesso fra malattia mentale e società, ovvero la malattia mentale, molto più di ogni altra malattia, è una patologia sociale. In linea di massima essa trae origine dal trauma, ovvero da condizioni avverse nella vita. Se, ad esempio, le condizioni sono davvero molto avverse, per sopravvivere occorre estraniarsi dalla realtà, ci si può dissociare temporaneamente (nevrosi) oppure in modo permanente (psicosi). Quindi per tenere sotto controllo la malattia mentale occorrerebbe agire in modo preventivo sul trauma, che, se avviene in infanzia, è molto impattante. Si può giungere alla malattia mentale anche attraverso le sostanze psicoattive, compresa quella che viene quasi idolatrata come la cannabis. Ma non di meno è l'alcol, capace di creare le precondizioni per malattie mentali di mezza età. Accanto a ciò vi è anche una predisposizione genetica, ma sempre su base ambientale. Infatti i nostri geni possono esprimere o non esprimere un certo tipo di carattere (ad esempio l'ansia). Ma se i nostri genitori e i nostri nonni sono stati esposti all'ansia, le possibilità che noi sviluppiamo un carattere ansioso è molto alto, anche se serve comunque un innesco ambientale. L'epigenetica è la dimostrazione di come siamo un intreccio inestricabile di corpo e ambiente. Alcuni "psichiatri" chiamano questo intreccio Mente-Cervello, che opera con continui e reciproci feed-back ( il che è anche molto coerente con la teoria evoluzionistica).
Se assumiamo che questa sia la descrizione sintetica della genesi della malattia mentale, dobbiamo domandarci cosa deve fare lo psichiatra e come lo deve fare. Qui entrano in gioco tanti discorsi possibili. Uno che mi ha sempre incuriosito è quello del superamento della differenza soggetto/oggetto, che ancora una volta chiama in causa la struttura sociale. Infatti lo psichiatra per essere tale dovrebbe dismettere i suoi panni di soggetto-terapeuta che tratta l'oggetto-paziente, cercando di ottenere al suo posto un rapporto terapeutico in condizioni di reciprocità. Si tratta però di una visione rischiosa perché mette in discussione le stesse basi sociali della società di classe, nella quale c'è un soggetto-padrone che tratta con un oggetto-servo. Non a caso Basaglia chiamava in causa Hegel per giustificare il superamento del manicomio. Se vogliamo restare ad un livello funzionale, invece, comunque lo psichiatra è inevitabile per la sua formazione, per il suo occhio clinico, per la sua conoscenza dei farmaci e dei suoi effetti, in un ottica olistica. Infatti, prima di prescrivere una terapia è importante stabilire un check-up generale sulle condizioni di salute del paziente. In una concezione pragmatica sarebbe anche auspicabile un modello che unisca aspetti di cura funzionali (farmaci, psicoterapia, attività socio-educative, formative) e la tensione verso un modello di cura che superi il contrasto soggetto/oggetto.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Il_Dubbio

Citazione di: Jacopus il 27 Ottobre 2024, 21:47:00 PMSe assumiamo che questa sia la descrizione sintetica della genesi della malattia mentale, dobbiamo domandarci cosa deve fare lo psichiatra e come lo deve fare. Qui entrano in gioco tanti discorsi possibili. Uno che mi ha sempre incuriosito è quello del superamento della differenza soggetto/oggetto, che ancora una volta chiama in causa la struttura sociale. Infatti lo psichiatra per essere tale dovrebbe dismettere i suoi panni di soggetto-terapeuta che tratta l'oggetto-paziente, cercando di ottenere al suo posto un rapporto terapeutico in condizioni di reciprocità. Si tratta però di una visione rischiosa perché mette in discussione le stesse basi sociali della società di classe, nella quale c'è un soggetto-padrone che tratta con un oggetto-servo. 

La mia preoccupazione è che non vi sia nulla di solido per identificare lo psichiatra come un esperto nel senso scientifico del termine.

A me sembra che tu stia descrivendo un "santone" più che un medico, addirittura specializzato. 

A me sembra che i problemi mentali siano così difficili, è praticamente incomprensibili, che alla fine è diventata una consuetudine autorizzata farli trattare da gente che non ne ha le competenze. Non per negligenze, ma perchè quelle competenze non ce li ha nessuno...quindi si lasciano operare. Ma come ho detto inizialmente queste operazioni, condotte cosi senza alcuna base scientifica, si rivelano meri esperimenti, con delle cavie che forse pagano anche il ticket. 


iano

#49
Citazione di: green demetr il 27 Ottobre 2024, 12:51:35 PMPer quanto riguarda titoli come Platone è meglio del Prozac, bè parlano da soli di come banalizzare e rendere inoffensivo Platone.
Al solito l'occidente è la repubblica delle banane.
Per quanto pur si tratti di una vecchia lettura, e neanche completata, direi a  memoria che l'autore del libro dice Platone per dire filosofia, rendendogli omaggio quindi.
Egli semmai vuole rendere inoffensiva quindi la nostra filosofia personale, financo quando avessimo abbracciato quella di Platone, semmai potesse essere causa dei nostri atteggiamenti psichici che possono riflettersi sul soma.
L'idea non è sbagliata, tanto che io sono convinto che la prima causa di morte siano le nostre idee, che non è certo comunque il peggior modo di morire, dovendo in ogni caso morire di qualcosa.
Provare a cambiare prospettiva, passando ad esempio da Platone a Cartesio, si rischia di cadere dalla padella nella brace, se però uno dovesse trovarvi beneficio, non significa che Cartesio è la medicina, così come quando stanco di stare poggiato su una gamba provi sollievo nel cambiare appoggio, non significa che il nuovo appoggio è la soluzione, e che quindi noi si stava adottando l'appoggio errato.

Io consiglio di adottare i seguenti tre atteggiamenti:
1. prendere coscienza che la nostra filosofia, anche quando non sappiano di averla, ci condiziona.
2. Meglio essere consapevoli della filosofia che ci condiziona, non illudendosi di poter negare di possederne una, se è vero che non possiamo interrompere il corso dei pensieri.
3. Stante che la nostra filosofia è parte integrante di noi, non prendersi troppo sul serio, facendo in modo che un attacco alle nostre idee non venga da noi considerato come un attacco alla nostra persona.
Non possiamo cambiare la nostra filosofia se è parte integrante di noi, ma noi possiamo cambiare e con noi cambia la nostra filosofia.

Se uno è contrario ad ogni cambiamento, essendo fisiologico cambiare, equivalendo ciò a vivere, le proprie idee possono essere causa di morte, se non le si lascia libere di cambiare.
Evitare di perseguire la coerenza ad ogni costo, lasciando libero il corso dei pensieri, per scoprire  magari a posteriori  di non aver perso comunque in coerenza, laddove però coerente è il modo in cui i nostri pensieri progrediscono, accompagnando la nostra naturale fisiologica crescita, che in due parole significa esser vivi.

In noi il verbo si fa letteralmente carne, e vive e muore con noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#50
Citazione di: Il_Dubbio il 27 Ottobre 2024, 22:15:44 PMLa mia preoccupazione è che non vi sia nulla di solido per identificare lo psichiatra come un esperto nel senso scientifico del termine.

A me sembra che tu stia descrivendo un "santone" più che un medico, addirittura specializzato.

A me sembra che i problemi mentali siano così difficili, è praticamente incomprensibili, che alla fine è diventata una consuetudine autorizzata farli trattare da gente che non ne ha le competenze. Non per negligenze, ma perchè quelle competenze non ce li ha nessuno...quindi si lasciano operare. Ma come ho detto inizialmente queste operazioni, condotte cosi senza alcuna base scientifica, si rivelano meri esperimenti, con delle cavie che forse pagano anche il ticket.


Tu hai ragione.
Però se il metodo scientifico è un progresso nel nostro agire, di modo che cerchiamo di conformare ad esso ogni nostra azione, ciò non significa che quando non vi riusciamo dobbiamo perciò rinunciare ad agire, e laddove l'agire non è scientifico è politico, come mi pare suggerisca Jacopus, e della politica ognuno di noi è cavia e allo stesso tempo artefice.
Fare politica in modo responsabile significa quindi ad esempio non delegarla ad uno psicologo, in nome di una presunta scientificità che resta solo un ambizione, mettendolo di fatto ad esempio a capo dell'ufficio personale di una azienda, perchè senno si torna al punto di partenza, quando si rinchiudevano nei manicomi le persone scomode, e adesso, nella nuova versione, le si licenzia, o, nel migliore dei casi, le si accompagna in pensione in modo agevolato, oppure semplicemente non le si assume, secondo una logica  di tipo iniziatico che resta misteriosa per il candidato.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: Il_Dubbio il 27 Ottobre 2024, 18:41:09 PMA me sembra troppo poco anche solo per farsi assistere da uno di loro.
Come hanno eliminato i manicomi dovevano eliminare gli psichiatri.
Sottoscrivo la risposta di Jacopus, aggiungo solo che a me pare che non hai ancora capito la differenza tra psicologo e psichiatra.
Forse al massimo volevi dire gli psicologi, in quanto i sintomi sopratutto nelle malattie vere e proprie (psicosi) sono eliminati dai farmaci (e quelli li prescrive appunto solo lo psichiatra).
Quante malattie inoltre sono curate in maniera solo paliativa?
Per quanto riguarda le nevrosi, che è una malattia sociale, e che quindi investe tutte le nostre "certezze", anche lì il mercato offre soluzioni ad hoc, come i nuovi farmaci da ansia lieve, fino ai noti sonniferi etc..jacopus è stato fin troppo buono a parlare solo di cannabis, vogliamo parlare del mercato delle droghe illegali?
Assolutamente no, la psicologia è tutt'altro che una cosa banale e la sua comprensione che la malattia è profondamente radicata nella nostra stessa società, ne fa insieme un attore da gestire, da ammansire e da spuntare nei suoi fini politic, come molto presto si accorse la scuola di francoforte.
Infine sul concetto di malattia, l'occidente come sappiamo non agisce mai sulle cause di una malattia ma sempre sui suoi sintomi.
Questo non vale solo per la psicologia e la psichiatria contemporanee.
Questo naturalmente pone il problema che la psicanalisi, quella vera, quella freudiana, non può nemmeno asserirsi come terapia, e come cura. E' infatti un analisi.
Ma visto la confusione nell'approcciare alla materia psicologica, ancora oggi, questa sconosciuta, mi limito anche solo all'aver introdotto alcuni principi di discussione.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 28 Ottobre 2024, 00:13:28 AMIo consiglio di adottare i seguenti tre atteggiamenti:
1. prendere coscienza che la nostra filosofia, anche quando non sappiano di averla, ci condiziona.
2. Meglio essere consapevoli della filosofia che ci condiziona, non illudendosi di poter negare di possederne una, se è vero che non possiamo interrompere il corso dei pensieri.
3. Stante che la nostra filosofia è parte integrante di noi, non prendersi troppo sul serio, facendo in modo che un attacco alle nostre idee non venga da noi considerato come un attacco alla nostra persona.
Non possiamo cambiare la nostra filosofia se è parte integrante di noi, ma noi possiamo cambiare e con noi cambia la nostra filosofia.

Vedi Iano il tuo consiglio è valido rispetto alla nostra filosofia, cioè a quel modo di pensare, quel nostro modo di dare valori alle cose e alle persone.
E ci sta, il forum è anche bello proprio per questa varietà di contributi.
Per il filosofo che voglia però dirsi professionista, ci sono però questioni a monte, che riguardano quello che, per esempio,  anche Freud, chiama principio di realtà.
Vedi nella mia ingenuità ho sempre dato per scontato che le persone sapessero cosa è la realtà.
Mi trovo con spavento terribile a notare che la gente pensi che la propria filosofia possa cambiare la realtà.
O meglio che la realtà si presti alla propria interpretazione.
Vedi io posso anche interpretare il muro come sogno, ma se ci sbatto lo capisco solo a mie spese che non è così.
Ora col mio maestro ho dovuto tornare amaramente sui miei passi, e tornare a fare i conti, col fatto che la nostra è una società relativista.
E lo è in vista del fatto che la nostra propaganda vuole che noi lo siamo per sempre.
Di modo che il bene e il male siano intercambiabili.
Non so se hai mai letto la fattoria degli animali, un testo forse più abbordabile, rispetto a 1984 dell'Orwell.
In fin dei conti anche questo stesso concetto che esista una filosofia ad personam, ognuno con la sua, è in realtà, se apri qualsiasi manuale di filosofia, la negazione stessa della filosofia.
La filosofia ha l'ambizione di parlare di una e una sola verità.
Oggi come oggi le cose non sono più cosi certe come una volta, ma la capacità di premettere le condizioni di partenza di una teoria, locale, certo, non più generalizzata, non deve, e infatti non lo fa, dismettere il fatto che via siano costanti, dati reali che si possono ottenere tramite dimostrazione, cose che non sono sotto il controllo del soggetto e che quindi esulano dai nostri bias.
La filosofia iperuranica, l'inconscio freudiano hanno pavimentato la strada per raggiungere verità senza tempo.
Queste verità senza tempo hanno a che fare con noi, al di là dei nostri bias, al di là delle nostre personali filosofie.
Nella teoria della complessità che immagino, ottenere tramite la conoscenza, tratta dai libri, le virtù antiche, significa di fatto, diventare un'altra cosa, da quella che siamo oggi, e che nel mio scribacchiare chiamo serfitudine, servitudine.
Purtroppo oggi i libri non vengono letti, e se vengono letti, vengono depotenziati delle loro ricchezze, spesso taciute, spesso completamente ribaltate, di certo sempre fraintese.
E no, non è una questione dei singoli come sempre ho creduto, ma si chiama industria culturale...già il fatto che una persona che ama come me la filosofia, ne abbia saputo così tardi in età, ti fa capire, spero, la problematicita, fra filosofia personale, e filosofia generale.
E così tornando a meta, l'analisi freudiana, che ha ambizione di universalità, diventa nelle analisi contemporanee una cura (e cioè omettendo che è un analisi) una terapia (omettendo che la psicanalisi non si occupa di malattie), una faccenda personale tra l'analista (che non analizza ovvivamente) e l'analizzando (che non ci pensa nemmeno ad analizzarsi veramente).
Una volta era il mio cruccio personale, oggi capisco che i problemi sono molto prima, a monte...molto a monte.
Saluti!
PS
e comunque si! noi possiamo cambiare e cambiando cambiare le nostre filosofie personali. :)
Io in più ho l'ambizione di pensare di poter avvicinare la "mia" a quella dei grandi del passato. O:-)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Bruno P

Spero di aver capito male ma un conto è voler approfondire e capire cos'è la psichiatria, la psicanalisi e la psicologia, altro è voler ridurre queste discipline a baggianate e i professionisti che le applicano a "santoni" che si prestano a politiche esclusivamente economiche dettate dai big pharma o, nella migliore delle ipotesi, a figure che si affidano a tecniche e conoscenze prive di alcun fondamento.
Se ho capito male mi scuso.

daniele22

Citazione di: Jacopus il 27 Ottobre 2024, 21:47:00 PMNon hai tutti i torti sugli psichiatri ;). Molti di loro ce la mettono tutta per rendersi antipatici, ma resta il fatto che la malattia mentale va affrontata. A mio parere però va affrontata con un metodo diverso da quello della medicina tradizionale fondata su malattia/terapia/cura. La diversità si trova sul nesso fra malattia mentale e società, ovvero la malattia mentale, molto più di ogni altra malattia, è una patologia sociale. In linea di massima essa trae origine dal trauma, ovvero da condizioni avverse nella vita. Se, ad esempio, le condizioni sono davvero molto avverse, per sopravvivere occorre estraniarsi dalla realtà, ci si può dissociare temporaneamente (nevrosi) oppure in modo permanente (psicosi). Quindi per tenere sotto controllo la malattia mentale occorrerebbe agire in modo preventivo sul trauma, che, se avviene in infanzia, è molto impattante. Si può giungere alla malattia mentale anche attraverso le sostanze psicoattive, compresa quella che viene quasi idolatrata come la cannabis. Ma non di meno è l'alcol, capace di creare le precondizioni per malattie mentali di mezza età. Accanto a ciò vi è anche una predisposizione genetica, ma sempre su base ambientale. Infatti i nostri geni possono esprimere o non esprimere un certo tipo di carattere (ad esempio l'ansia). Ma se i nostri genitori e i nostri nonni sono stati esposti all'ansia, le possibilità che noi sviluppiamo un carattere ansioso è molto alto, anche se serve comunque un innesco ambientale. L'epigenetica è la dimostrazione di come siamo un intreccio inestricabile di corpo e ambiente. Alcuni "psichiatri" chiamano questo intreccio Mente-Cervello, che opera con continui e reciproci feed-back ( il che è anche molto coerente con la teoria evoluzionistica).
Se assumiamo che questa sia la descrizione sintetica della genesi della malattia mentale, dobbiamo domandarci cosa deve fare lo psichiatra e come lo deve fare. Qui entrano in gioco tanti discorsi possibili. Uno che mi ha sempre incuriosito è quello del superamento della differenza soggetto/oggetto, che ancora una volta chiama in causa la struttura sociale. Infatti lo psichiatra per essere tale dovrebbe dismettere i suoi panni di soggetto-terapeuta che tratta l'oggetto-paziente, cercando di ottenere al suo posto un rapporto terapeutico in condizioni di reciprocità. Si tratta però di una visione rischiosa perché mette in discussione le stesse basi sociali della società di classe, nella quale c'è un soggetto-padrone che tratta con un oggetto-servo. Non a caso Basaglia chiamava in causa Hegel per giustificare il superamento del manicomio. Se vogliamo restare ad un livello funzionale, invece, comunque lo psichiatra è inevitabile per la sua formazione, per il suo occhio clinico, per la sua conoscenza dei farmaci e dei suoi effetti, in un ottica olistica. Infatti, prima di prescrivere una terapia è importante stabilire un check-up generale sulle condizioni di salute del paziente. In una concezione pragmatica sarebbe anche auspicabile un modello che unisca aspetti di cura funzionali (farmaci, psicoterapia, attività socio-educative, formative) e la tensione verso un modello di cura che superi il contrasto soggetto/oggetto.
In merito a questo pensiero e a quello che dice Dubbio ci sarebbero un paio di cose da dire:
1)Un medico è un uomo di scienza che non può preparare esperimenti agli stessi livelli di un fisico o di un biologo. Nella sua figura chiaramente sussistono tanto l'uomo di scienza che l'artista. A mio giudizio la nostra società tenderebbe a inibire la parte artistica.
2)Piacere e dolore esistono, e sul dolore il buddismo ha generato una filosofia. C'è infine l'idea della morte.
Premesso che non vedo di buon grado l'attuale sistema socioeconomico, penso che in qualsivoglia società noi si vivesse, il punto 2 continuerebbe a esercitare la sua forza soprattutto a cagione del fatto che esiste quella porta che si chiama morte, la quale da sola continuerebbe secondo me a produrre quel che si può ben chiamare il "male di vivere", male che sembra essere un'esclusiva umana.
Non porrei il problema in termini di padrone/servo, bensì di persona che ha più bisogno di aiuto rispetto ad altri; cioè lo status sociale di un individuo sicuramente in molti casi può contribuire ad alleviare il male di vivere, ma non può eradicarlo. Anche lo psicoterapeuta è ammalato e sarebbe per questo che se fossi un paziente cercherei di metterlo in crisi ... ma forse questa idea non sarebbe percorribile per uno che pensa di essere disagiato

iano

#55
Citazione di: green demetr il 28 Ottobre 2024, 06:09:56 AMIn fin dei conti anche questo stesso concetto che esista una filosofia ad personam, ognuno con la sua, è in realtà, se apri qualsiasi manuale di filosofia, la negazione stessa della filosofia.
Direi che si tratta di una tua rispettabile interpretazione, che, anche quando fosse ampiamente condivisa, tale rimane.
Io credo che chiunque abbia una filosofia in quanto pensa, e che i manuali di filosofia possono mediare alla creazione del suo pensiero.
Credo addirittura che noi siamo una interpretazione della realtà fattasi specie, e che esistono specie diverse essendo possibili diverse interpretazioni.
Credo che la ''realtà'' in forma di una sua rappresentazione, cosciente o meno, sia una conquista di ogni specie vivente nella sua evoluzione.
Non c'è una realtà che appaia per magia o per intercessione di entità superiori, in forma gratuita, fatte salve successive espiazioni, agli esseri viventi.
Restando in tema, credo che se questa credenza, che la nostra particolare interpretazione, per quanto condivisa, per quanto sedimenta, per quanto confermata dai testi filosofici, corrisponda alla realtà, secondo un arbitrario principio di realtà, sia pure utile e per lo più innocua, ma che essa possa essere pure fonte di paranoia prima o poi.
Credo che così pervasivo sia il ruolo della tecnologia nella nostra specie, da essere allo stesso tempo essa idolatrata e indicata come male assoluto dalle stesse persone, laddove ad esempio si professa la lettura dei libri, tacendo che la scrittura sia una tecnologia, e si demonizzano i media digitali in quanto tecnologia.
Noi siamo i prodotti di una particolare tecnologia, essendo pervenuti a ciò che siamo attraverso l'uso della ''nuova tecnologia'' della scrittura, alla quale non possiamo che ossessivamente tornare se non ammettiamo la possibilità di cambiare ancora.
Ma un pensiero veramente libero trascende ogni tecnologia, usandola senza farsi usare.
Certo, detta da un ignorante come me questa affermazione può suonare sospetta , è vero, ma la mia impressione è che tu inquini il tuo piacere di tornare ai classici, idolatrandoli, e che ciò possa essere per te fonte di paranoia, sperando così di non averti offeso, con la presunzione di averti indicato  la strada per goderti appieno il tuo Platone, e sempre che io sappia cosa sia una paranoia. :)


Non c'è un tempo massimo per ''farsi'' filosofi o psicologi.
Quello che bisogna curare è di restare uomini,  qualunque cosa diventiamo,
 in ogni momento della nostra vita.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: Bruno P il 28 Ottobre 2024, 08:38:31 AMSpero di aver capito male ma un conto è voler approfondire e capire cos'è la psichiatria, la psicanalisi e la psicologia, altro è voler ridurre queste discipline a baggianate e i professionisti che le applicano a "santoni" che si prestano a politiche esclusivamente economiche dettate dai big pharma o, nella migliore delle ipotesi, a figure che si affidano a tecniche e conoscenze prive di alcun fondamento.
Se ho capito male mi scuso.

Io non la farei cosi categorica. Ci sono dei punti di dubbia provenienza che vanno messi in luce, altrimenti si poteva incominciare a parlare di Freud, Jung ecc. e tentare di stabilire chi potesse avere ragione o torto. Ma in base a cosa poi si poteva valutare la ragionevolezza di una teoria della psiche rispetto ad un'altra?

Lo psicologo, che non è un medico, studia i comportamenti umani (in genere) e in base alle statistiche e probabilmente in base a dei modelli di soluzione dei problemi, opera sul campo. Lo psicologo non è quindi un medico della psiche. Si deve ritenere che la psiche sia una sorta di oggetto di studio diretto. Ma lo psicologo non studia la psiche ma solo il comportamento che ne deriva. E' una cosa diversa, direi sicuramente utile e che utilizza un approccio scientifico/statistico.

La psiche sembrerebbe un'altra cosa. Non sappiamo nemmeno cosa sia, cioè se fosse un oggetto cosa sarebbe? Molti direbbero il cervello, ma c'è gia un esperto del cervello che si chiama neurologo...allora qual è il ruolo dello psichiatra? Qual è il suo oggetto di studio medico?
Abbiamo detto che per i comportamenti c'è lo psicologo, per il cervello c'è il neurologo...lo psichiatra che fa di diverso?

Se sai rispondere io qua sono anche per imparare cose nuove. 

Vorrei fare un passettino di lato, facendo un esempio di altro tipo. 
Solitamente per malattia si intende un evento che si crea all'interno del corpo. La causa della malattia può sicuramente trovarsi fuori (cioè se uno beve o fuma tanto potrebbe causare una malattia interna). Mentre se si cade per terra per aver inciampato su un ostacolo che non si è visto e ci rompe la gamba, la causa è solo esterna. Infatti si parla di infortunio. 
Ora mi chiedo, se si è psichicamente compromessi per essere vissuti in un ambiente non sano, si produce una malattia (mentale) o gli effetti (mentali) sono dovuti totalmente alla causa ambientale (quindi piu vicino all'idea di infortunio)?

Proprio da questo punto potreste incominciare a trovare (se ce ne sono) sentenze che condannano un'azienda per aver portato a compromettere l'integrità psichica del proprio lavoratore. Ad esempio i militari in guerra...per loro credo sia prevista una indennità per aver subito danni psichici. E li magari hanno interrogato uno psichiatra che ha attestato il danno. Solo che non essendoci prove strumentali e oggettive non credo sia così semplice dimostrarlo. 

iano

#57
Triste destino è quello della filosofia, se ogni volta che se ne trova un utile applicazione (scienza, psicologia) gli si cambia nome.
Certamente la psicologia resta più fedele alle sue origini se qualcuno tende a riconsiderare oggi Freud come un grande filosofo, mentre si tende ad escludere la filosofia del tutto dal processo scientifico con dubbia utilità, a mio parere.
Espellere la filosofia dalla scienza significa oggettivizzarla, come se non fosse una nostra creazione, ma solo qualcosa che ha una esistenza indipendente da noi, e che noi posiamo solo scoprire.
Quindi se la scienza è oggettiva ci rimane solo da rammaricarci di non poter dire altrettanto della psicologia, e la psicologia quindi certamente se la passerebbe meglio se si ammettesse che la stessa scienza non è poi così ''scientifica''.
Il risultato, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, è che della psicologia, per quanto ci siamo sforzati, non siamo riusciti a farne un idolo.
Che le prove strumentali siano oggettive ad esempio è una posizione filosofica, che dimostra quanto la scienza di filosofia sia ancora innervata, nel bene e nel male,
perchè a voler essere obiettivi le prove strumentali sono solo ripetibili, anche se a ciò siamo liberi di aggiungere che perciò le considereremo obiettive, senza che però ciò ne segua in modo logico.
Non dico che questa aggiunta sia di troppo, se libero è il pensiero filosofico, però mi sembra che così si ponga il primo mattone per la costruzione dell'idolo scientifico.
Poi magari succede che chi quell'idolo ha introiettato, notando che nulla vi corrisponda nella realtà, impresa scientifica sul campo compresa, inizi una critica a 360 gradi contro la scienza, per tacere della psicologia ,che si prende ad esempio quando si vuol ''vincere facile'', per criticare in modo indiretto la scienza.
Lo schema è questo: se la psicologia è una scienza, se questa è la scienza, allora la scienza non è obiettiva.
La scienza non è obiettiva, ma per un altro motivo, perchè nessun agire umano può esserlo, e la scienza è uno dei modi in cui l'uomo agisce, di cui la psicologia è solo un altro esempio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

PhyroSphera

#58
Citazione di: iano il 28 Ottobre 2024, 12:20:03 PMTriste destino è quello della filosofia, se ogni volta che se ne trova un utile applicazione (scienza, psicologia) gli si cambia nome.
Certamente la psicologia resta più fedele alle sue origini se qualcuno tende a riconsiderare oggi Freud come un grande filosofo, mentre si tende ad escludere la filosofia del tutto dal processo scientifico con dubbia utilità, a mio parere.
Espellere la filosofia dalla scienza significa oggettivizzarla, come se non fosse una nostra creazione, ma solo qualcosa che ha una esistenza indipendente da noi, e che noi posiamo solo scoprire.
Quindi se la scienza è oggettiva ci rimane solo da rammaricarci di non poter dire altrettanto della psicologia, e la psicologia quindi certamente se la passerebbe meglio se si ammettesse che la stessa scienza non è poi così ''scientifica''.
Il risultato, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, è che della psicologia, per quanto ci siamo sforzati, non siamo riusciti a farne un idolo.
Che le prove strumentali siano oggettive ad esempio è una posizione filosofica, che dimostra quanto la scienza di filosofia sia ancora innervata, nel bene e nel male,
perchè a voler essere obiettivi le prove strumentali sono solo ripetibili, anche se a ciò siamo liberi di aggiungere che perciò le considereremo obiettive, senza che però ciò segua in modo logico.
Non dico che questa aggiunta sia di troppo, se libero è il pensiero filosofico, però mi sembra che così si ponga il primo mattone per la costruzione dell'idolo scientifico.
Poi magari succede che chi quell'idolo ha introiettato, notando che nulla vi corrisponda nella realtà, impresa scientifica sul campo compresa, inizi una critica a 360 gradi contro la scienza, per tacere della psicologia ,che si prende ad esempio quando si vuol ''vincere facile'', per criticare in modo indiretto la scienza.
Lo schema è questo: se la psicologia è una scienza, se questa è la scienza, allora la scienza non è obiettiva.
La scienza non è obiettiva, ma per un altro motivo, perchè nessun agire umano può esserlo, e la scienza è uno dei modi in cui l'uomo agisce, di cui la psicologia è un altro esempio.


Freud filosofo è secondo alcuni psicoanalisti il pensiero-rifugio di quelli che vogliono avere un'idea troppo fantasiosa di sé stessi e vedono nel dato scientifico un impedimento. Non smentisco questa affermazione, tuttavia c'è anche la tendenza opposta a vedere in un dato scientifico la totalità e nel dato scientifico in sé la verità assoluta. Questa sopravvalutazione, definibile positivista, genera dei rifiuti che a volte inavvedutamente fanno scartare assieme alle illusioni scientiste le certezze scientifiche.
Detto questo, aggiungo che Freud viene ritenuto filosofo anche da chi lo ritiene scienziato. Si tratta di uno sproposito, per il semplice motivo che il risultato delle sue ricerche, l'inconscio, da lui indicato solo scientificamente e soltanto dopo e da altri individuato scientificamente (con la psicologia analitica, da Jung...), restò sempre un oggetto ingestibile per Sigmund Freud, che vi si rapportò senza saggezza e senza veramente aprirsi a una sua interpretazione effettivamente tale. Molti lo annoverano nella storia della filosofia, attuando uno scambio. Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche furono i maggiori pensatori che filosoficamente aprirono alla scoperta scientifica dell'inconscio tramite la psicologia. Al posto di questi viene a torto annoverato Freud. Attorno alla sua persona c'è fanatismo, come pure si sopravvaluta la psicoanalisi, che è solo un metodo psicologico, finendo col sottovalutare la psicologia, che esiste anche quale scienza, illudendosi che i suoi risultati siano traducibili, trasformabili e riducibili a neurologia... il che è falso e disastroso perché genera la tendenza a cercare di attuare rimedi di ordine fisiologico, cioè a sbagliare e a violare o danneggiare i pazienti. Le famose 'mappe del cervello' dei neurologi, da ipotesi qual dovrebbero essere sono erroneamente e disastrosamente presentate per geografie della mente e il corpo. In realtà cambiano sempre anche contraddicendosi e dovrebbero essere considerate non in sé stesse a solo per far progredire gli studi neurologici e pervenire a teorie; e solo in tal senso le si può chiamare "ipotesi operative", con nulla a che vedere con interventi chirurgici di sorta. Invece c'è chi le usa per produrre sistemi e farmaci, puntualmente fallendo, quindi allineandosi sui risultati di altre ricerche, ma poi reiniziando a sbagliare proprio come prima e non volendo ammettere il fattaccio. Nel frattempo continuano le violenze e vessazioni di o da manicomio!
La parabola di Freud, dal còmpito assegnatogli dalla psichiatria francese e svolto con successo — ma senza etica, dato che muoveva da un pregiudizio meccanicista nel quale coinvolgeva i pazienti — alla consegna del testimonio a Jung — che ingiustamente veniva disconosciuto proprio da Freud stesso — prese inizio a discendere verso il fondo proprio quando egli pensò che tutto si potesse risolvere al livello della fisiologia. Abbandonò la fiducia nella psicoterapia e promosse la farmacologia, sostituendo le nozioni di conscio e inconscio con quelle 'geometriche', e in realtà inservibili da sole, di 'sub' e 'supra', sopra e sotto. Ne disse E. Fromm, di questa caduta a detrimento degli stessi successi ottenuti, a danno della categoria degli psicologi e degli interessi della psicoterapia, contro i bisogni dei malati di mente. Già esisteva la distinzione tra sfera superiore e inferiore della mente e il provare a sostituirla alla nuova aggiunta, di conscio e inconscio, era una dissennatezza. Certo, lo sviluppo farmacologico spropositato è meno grave dei sistemi di intervento a livello fisico più o meno diretto, quali elettricità, custodie di tipo ortopedico... Ma si tratta di un fallimento e di un tradimento; infatti i drogaggi restano tali e un disagio psichico non può che essere risolto a livello psicologico.
La psicoterapia però non serve a dare un senso. Trovare un senso può essere psicoterapeutico, ma non viceversa. Inoltre la psicoanalisi, che è metodo scientifico, offre dati, non teorici ma di ordine tecnico per la riuscita della psicoterapia e questi da soli non hanno senso e il senso che possono acquistare non riguarda la dimensione filosofica. Non bisogna confondere il dato che si offre al filosofo interprete della scienza con la ricerca filosofica del senso, la cui dimensione è esistenziale, quindi al di là di quella di teorie scientifiche e di parametri tecnici.


MAURO PASTORE

Il_Dubbio

Potrebbero esserci vari modi per provare a dimostrare l'inadeguatezza di un psichiatra rispetto al suo operato.
Potrebbe infatti anche darsi che il cervello sia sano nonostante sia chiaro il disturbo riscontrato dal paziente.

Cioè è ovvio che il corpo è costruito in un certo modo e non è detto che qualcosa che sembra funzionare male sia il sintomo che qualcosa all'interno non stia funzionado.
Ci sono migliaia di situazioni in cui il corpo reagisce nel giusto modo ma creando un distubo. Faccio l'esempio piu facile, se mettiamo una mano sul fuoco sentiamo immediatamente il dolore. Il dolore quindi non è un sintomo che il corpo sta funzionando male, tutto il contrario, sta funzionado benissimo. 

Quindi ammettiamo di avere un cervello sano e una psiche rovinata. Come operi? Se operi sul cervello rischi di rovinare anche quello. 
Per sapere se anche il cervello è rovinato devi dimostrare che sia così. Quindi devi scoprire che sia effettivamente rovinato, ma servono dati oggettivi...