Le possibili critiche al "Cogito ergo sum" di Cartesio

Aperto da Eutidemo, 01 Ottobre 2024, 11:54:35 AM

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Eutidemo

Le principali critiche al "Cogito ergo sum" cartesiano, e le repliche di quest'ultimo a tali critiche  (effettive o solo ipotizzate), secondo me  sono sono molto ben sintetizzate nello schema di cui al seguente LINK; ovviamente, come tutte le sintesi estreme, anche quelle dello schema da me riportato non possono che risultare molto "semplicistiche" e " sommarie " (difetto inevitabile).
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Non intendo certo diffondermi qui ad esaminare in dettaglio tutte tali obiezioni, più o meno opinabili, e le relative repliche di Cartesio; ed infatti mi limiterò, qui, alla "critica più opinabile di tutte", che, forse, è quella che prospettai io al mio professore di filosofia del Liceo.
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LA MIA "GIOVANILE" CRITICA AL "COGITO ERGO SUM"
Il mio ragionamento era "tel quel" il seguente: <<Se la proposizione di Cartesia si basa sul cosiddetto "principio di evidenza" e/o sulla cosiddetta "intuizione" (sulle quali due cose ci sarebbe comunque molto da discutere), secondo me i termini della sua proposizione avrebbero dovuto essere invertiti nel seguente modo: "Ego sum, ergo cogito!" Ed infatti, per poter "pensare" qualsiasi cosa, per prima cosa devo previamente e necessariamente "presumere" e/o "intuire" come "cosa evidente" di esistere "io" come "ente individuale" in grado di pensare (premessa); soltanto dopo aver preso atto che "io" esisto come "ente individuale" in grado di pensare , e, cioè, che "io sono", ne consegue che, poi, posso anche "pensare" ed attribuire i "pensieri" che mi passano per la testa al mio "io", quale "ente individuale" con una "precisa identità".  Ovvero, in altre parole se io non fossi, non potrei pensare un bel niente (conseguenza logica)." >>
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Quindi, secondo me, il cosiddetto "principio di evidenza" e/o la cosiddetta "intuizione", avrebbe dovuto riguardare principalmente la "percezione dell'esistenza del mio io"; condizione "necessaria" (ma, purtroppo, non per tutti anche "sufficiente") per poter  "pensare".
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A tale mia argomentazione, il mio professore replicò, più o meno: <<Però il fatto che tu pensi, è la prova che tu esisti; ed è questo che voleva dire Cartesio>> ;)
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Il resto della nostra discussione, non lo rammento più!
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I MIEI "SENILI" DUBBI SUL "COGITO ERGO SUM".
Partendo dalla tesi "pro-Cartesio" del mio professore, o, almeno, dalla sola che vagamente ricordo, e, cioè <<Il fatto che tu pensi, è la prova che tu esisti; ed è questo che voleva dire Cartesio>>, non rammento se all'epoca e/o successivamente, mi è venuta in mente la seguente replica: <<Quindi, quando sono sotto anestesia, poichè "non penso", allora "non esisto"; ma allora chi è che è sotto anestesia?>>
Se sono sempre "io", allora vuol dire che io continuo ad esistere anche quando "non penso"; con tanti saluti al "Cogito ergo sum".
Oppure, sotto anestesia, non sono più "nessuno" perchè non sono in grado di pensare (e neanche di sognare); il che, in effetti, non è affatto un assunto da poter escludere in modo categorico.
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A parte questo particolare aspetto, a dire il vero, quello che io realmente sperimento, quando non sono sotto anestesia, è solo un "flusso di pensieri"; ma la circostanza che sia "io" a pensarli, in effetti e solo una mia "illazione" (sebbene, a dire il vero, molto persuasiva).
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In realtà, paradossalmente, potrebbe essere proprio il famigerato "demonietto cartesiano" a farmi credere che "io" stia davvero pensando, di mia iniziativa, quello che "credo" di pensare autonomamente; mentre invece, magari, sono soltanto i pensieri suoi, che, ingannevolmente, mi persuade a credere che siano i miei. ::)
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Tuttavia, in tal caso, se il famigerato "demonietto cartesiano" mi inganna in tal modo, sarebbe lui stesso a fornirmi la prova che esisto; ed infatti, se io non esistessi, come diavolo farebbe a ingannarmi? ;D
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In conclusione, ormai, non nutro più certezze, in un senso o nell'altro, circa la correttezza o meno del "Cogito ergo sum" cartesiano; sebbene, ripensandoci, tutte le "masturbazioni mentali" che mi sono fatto sin qui, sebbene frutto anche del mio rimbambimento senile, potrebbero costituire un argomento a favore del suo famoso e storico assunto!
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Phil

Citazione di: Eutidemo il 01 Ottobre 2024, 11:54:35 AM
mi è venuta in mente la seguente replica: <<Quindi, quando sono sotto anestesia, poichè "non penso", allora "non esisto"; ma allora chi è che è sotto anestesia?>>
Se sono sempre "io", allora vuol dire che io continuo ad esistere anche quando "non penso"; con tanti saluti al "Cogito ergo sum".
Il cogito cartesiano non afferma che "esiste solo chi pensa", ma che "pensa solo chi esiste".
Se ho evidenza di avere pensieri (fossero anche pensieri altrui, diabolici o meno), non posso più dubitare di esistere; qualunque "cosa" io sia.
Se sono incosciente, sedato o altro, probabilmente non posso nemmeno pormi l'interrogativo se io sia esistente o meno. Cartesio si riferisce all'autocoscienza (del pensare) come evidenza del proprio esistere; se tale coscienza viene meno, se si è incoscienti, chiaramente non ci si pone la questione di interrogarsi sull'eventualità della propria esistenza, su quanto i sensi ci ingannino, su diavolerie ingannatrici, etc. Se invece, pur nell'incoscienza, il mio cervello pensa o sogna in modo autocosciente, potrà ancora concludere che quel suo stesso pensare o sognare dimostra che egli esiste (che sia in un sogno, che sia in una vasca o collegato a strumentazioni mediche, che non sia nemmeno un cervello ma solo il sogno di un altro cervello o mente; qualunque "cosa" sia, può esser certo d'esistere oltre ogni ragionevole dubbio ed esclamare «sum!», e se una vocina misteriosa gli chiederà «perché? come fai ad esserne certo?», egli potra rispondere «perché cogito... ergo sum»).

niko

#2
La piu' semplice obbiezione da fare a Cartesio e' che migliaia e migliaia di idioti, che non pensano, esistono.

Ma anche di istintivi, di romantici, di impulsivi, di ultras alla partita eccetera.

Diciamo che lui, ha generalizzato all'universo mondo qualcosa che evidentemente, valeva per lui stesso in un dato momento della sua vita, e magari, per un pugno di individui a lui simili e/o in una fase "evolutiva" simile.

E prima che qualcuno mi corregga impropriamente facendo notare che "esistere" non e' e non si traduce dal latino "sum", la locuzione per esteso era:

Cogito, ergo sum, sive existo.

E' proprio l' "existo" finale, che come generalizzazione e' insostenibile, e semmai, vale solo per lui.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#3
Pensare è condizione sufficiente, ma non necessaria, perché io sia.
Si, ma pensare è prova quindi che vale per me solo della mia esistenza, e non vale per eventuali altri, che dovranno quindi cercare altrove la prova della ia esistenza.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Visto che abbiamo sdoganato da un pò l'idea di complessità possiamo ben dire che sotto anestesia non esiste l'io, tornata la coscienza, emerge di nuovo quello stesso io.
Penso che in fin dei conti che con Cartesio-Kant-Hegel viene ribaltata la previa conoscenza apriori di un io pre-confezionato (appunto creato da dio etc..etc..), e viene instaurata quella fenomenologia che apre le porte alla critica inferenziale sulla presenza o meno di questo io, e che arriva fino ai dibattiti sulla cibernetica, e dell'intelligenza artificiale.
Come già detto mille volte io parto volentieri da Hegel, perchè al contrario di Cartesio e Kant, pone l'accento sulla dimensione spazio-temporale, come elemento dinamico, e non apriori.
Naturalmente nel pensiero pre-cartesiano l'io è un monolite nero, una presunzione.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo

Ciao Phil. :)
Quando tu scrivi: <<Se ho evidenza di avere pensieri (fossero anche pensieri altrui, diabolici o meno), non posso più dubitare di esistere, qualunque "cosa" io sia">>; esprimi, con altre parole, "esattamente" la stessa cosa che avevo scritto io, e, cioè, che: "...se il famigerato "demonietto cartesiano" mi inganna in tal modo, sarebbe lui stesso a fornirmi la prova che esisto; ed infatti, se io non esistessi, come diavolo farebbe a ingannarmi?>> ;D
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Poi tu scrivi (io lo metto in seconda persona indicativa): "...qualunque "cosa" tu sia, puoi esser certo d'esistere oltre ogni ragionevole dubbio ed esclamare «sum!»; e se una vocina misteriosa ti chiederà «perché? come fai ad esserne certo?», io potrò tranquillamente rispondere: <<Ne sono certo perchè proprio tu me ne dai la prova  chiedendomelo;  ed infatti, se io non esistessi, a chi mai staresti facendo la tua domanda!>>
***
Quindi mi sembra che noi due consideriamo la questione, più o meno, dallo stesso punto di vista; sebbene la mia sia una posizione un po' più "dubitativa" della tua!
Ed infatti anche il concetto di "io" è molto problematico, nonchè lo stesso  concetto di "pensiero"; come mi riservo di esaminare in un'altro apposito "topic".
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Un cordiale saluto! :)
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Eutidemo

Ciao Niko. :)
Come avevo scritto, il cosiddetto "principio di evidenza" e/o la cosiddetta "intuizione", avrebbe dovuto riguardare principalmente la "percezione dell'esistenza del mio io"; condizione "necessaria" (ma, purtroppo, non per tutti anche "sufficiente") per poter  "pensare".
Un cordiale saluto!
:)
P.S.
Ovviamente la mia è solo una considerazione "ironica".

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Come avevo scritto, il cosiddetto "principio di evidenza" e/o la cosiddetta "intuizione", avrebbe dovuto riguardare principalmente la "percezione dell'esistenza del mio io"; condizione "necessaria" (ma, purtroppo, non per tutti anche "sufficiente") per poter  "pensare".
Un cordiale saluto! :)
P.S.
Ovviamente la mia è solo una considerazione "ironica".

Eutidemo

Ciao Green Demetr :)
Avendola sperimentata, penso anche io che, sotto anestesia non esista l'"io", mentre, cessata l'anestesia e tornata la coscienza, di solito riemerge di nuovo lo stesso "io" che c'era prima; questo, almeno, accade nella maggior parte dei casi.
***
Tuttavia, purtroppo, specie nel caso di operazioni al cervello non riuscite, una volta cessata l'anestesia, il paziente non riacquista più la coscienza del proprio "io", nè il suo "senso di identità"; e, questo, sebbene l'elettroencefalogramma (EEG) indichi la ripresa di un'attività cerebrale analoga a quella che si manifesta con il "pensiero di veglia".
Per cui, se questo è vero, allora non sempre è lecito dire "Cogito ergo sum", bensì "Cogitationes sunt, sine ullo ego cogitans".
***
Un cordiale saluto! :)
***

bobmax

L'ipotesi più probabile, per non dire pressoché certa, non è tanto che non si sia nessuno sotto anestesia, bensì che non si sia proprio nessuno, sempre.
Cioè che l'io non abbia alcuna sua propria realtà. Essendo soltanto una creazione del corpo, che ne abbisogna per gestire la propria esistenza.

Vi è un corpo, che è questo in cui mi ritrovo e che considero mio. Mentre in realtà io sono soltanto un suo epifenomeno. Non ho alcuna consistenza mia propria.
Infatti io compaio quando serve, o almeno quando potrei servire, cioè solitamente da sveglio, ma quando sono meno necessario o per nulla necessario, vengo spento, non ci sono più.

Vi sono innumerevoli prove della mia nullità, in quanto io.
È sufficiente prestare attenzione.

Certo, una volta appurato di non esistere, se non come espressione contingente di ciò che ogni volta mi genera, occorrerebbe allora vedere chi si accorge che io non ho alcuna realtà mia propria...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Bobmax. :)
Tu hai portato il discorso ad un "livello metafisico", sul quale io concordo in pieno con te; tuttavia Cartesio si riferiva al nostro "io individuale", e non al nostro "sè universale", di cui l"io individuale" è solo un mero "epifenomeno" (almeno secondo la mia e la tua Weltanschauung).
Sotto questo aspetto, come tu giustamente scrivi, l'"io individuale" non ha alcuna una sua propria "realtà", ma è solo l'"apparenza" e l'ingannevole  "manifestazione plurale" dell'UNO; ma la questione del "Cogito ergo sum" è diversa, perchè riguarda solo l'"io individuale", per cui, forse, sei andato un po' OT.
***
Un cordiale saluto! :)
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Phil

In realtà non è nemmeno una questione di concetti come «io», «pensare», etc; nel momento in cui, anche nel vuoto silenzio mentale, percepisco sensorialmente qualcosa, ad esempio toccando o guardando, o ho la minima propriocezione, anche se potrebbe essere tutta un'illusione, posso concludere che per avere quella percezione (illusoria o meno) devo comunque esistere. Percipio ergo sum.

bobmax

Citazione di: Eutidemo il 01 Ottobre 2024, 17:42:00 PM
Ciao Bobmax. :)
Tu hai portato il discorso ad un "livello metafisico", sul quale io concordo in pieno con te; tuttavia Cartesio si riferiva al nostro "io individuale", e non al nostro "sè universale", di cui l"io individuale" è solo un mero "epifenomeno" (almeno secondo la mia e la tua Weltanschauung).
Sotto questo aspetto, come tu giustamente scrivi, l'"io individuale" non ha alcuna una sua propria "realtà", ma è solo l'"apparenza" e l'ingannevole  "manifestazione plurale" dell'UNO; ma la questione del "Cogito ergo sum" è diversa, perchè riguarda solo l'"io individuale", per cui, forse, sei andato un po' OT.
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Un cordiale saluto! :)
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Non penso proprio, non è un discorso metafisico. Non c'entra l'Essere, è una semplice costatazione relativa all'esistere.

Se guardi con attenzione, cercando l'effettiva presenza attorno a te di "io" individuali, potrai incominciare a sospettare che in realtà non ve ne sia nessuno.
Vi sono corpi che vivono, ma che non sono guidati da un io individuale.

Una volta colto che in realtà non c'è nessuno... allora può sorgere la domanda su Dio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Citazione di: Phil il 01 Ottobre 2024, 17:57:12 PMIn realtà non è nemmeno una questione di concetti come «io», «pensare», etc; nel momento in cui, anche nel vuoto silenzio mentale, percepisco sensorialmente qualcosa, ad esempio toccando o guardando, o ho la minima propriocezione, anche se potrebbe essere tutta un'illusione, posso concludere che per avere quella percezione (illusoria o meno) devo comunque esistere. Percipio ergo sum.
È il corpo che percepisce, non tu.
Tu sei soltanto una creazione del corpo, funzionale alla gestione delle percezioni.
Nulla di più.

Tanto è vero, che nulla puoi.
È sempre il corpo ad esprimere ogni volontà.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

green demetr

Citazione di: Eutidemo il 01 Ottobre 2024, 17:28:09 PM
Ciao Green Demetr :)
Avendola sperimentata, penso anche io che, sotto anestesia non esista l'"io", mentre, cessata l'anestesia e tornata la coscienza, di solito riemerge di nuovo lo stesso "io" che c'era prima; questo, almeno, accade nella maggior parte dei casi.
***
Tuttavia, purtroppo, specie nel caso di operazioni al cervello non riuscite, una volta cessata l'anestesia, il paziente non riacquista più la coscienza del proprio "io", nè il suo "senso di identità"; e, questo, sebbene l'elettroencefalogramma (EEG) indichi la ripresa di un'attività cerebrale analoga a quella che si manifesta con il "pensiero di veglia".
Per cui, se questo è vero, allora non sempre è lecito dire "Cogito ergo sum", bensì "Cogitationes sunt, sine ullo ego cogitans".
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Un cordiale saluto! :)
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Ehm sono un pò arruginito col latino. :D
Il pensiero vigile, non è l'io penso.
Forse mi sarà più chiaro cosa intendi quando aprirai il topic sul pensiero.
Se la problematica è se possa esistere un pensiero e dunque l'emersione di un io, senza corpo, allora siamo d'accordo.
Nella mia visione come già detto la parola è COGITO ossia ego cogito, IO PENSO.
Se penso allora è automatico che sono (qualcosa, non importa se l'io emerga dal cervelletto, nell'ipofisi, o come oggi si crede dall'intero sistema nervoso centrale).
Mentre nella visione pre-moderna, la dimensione dell'io è praticamente ignorata.
Certo in Cartesio l'io non è una emersione ma è ancora l'automa, il robot, al cui interno abita questo "io" che è tale in quanto pensa.
Una visione datata certo, ma il grande contributo del matematico è quello di aver aperto una "fenomenologia" dell'io.
Non vorrei aver reso ancora più complicato il concetto.
In effetti ti prego di farmi capire cosa intendi: quali sono i 2 termini di paragone?
L'io e il corpo (il dualismo cartesiano) o che cosa?
Ciao!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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