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Esiste la verità?

Aperto da Eutidemo, 28 Settembre 2024, 12:28:31 PM

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green demetr

Citazione di: bobmax il 28 Settembre 2024, 20:46:12 PMBasterebbe rivolgere questa domanda "Esiste la verità?" a qualcuno che sia fattivo, concreto, generoso nelle sue scelte, e vederne l'immancabile stupore per questa assurdità.

Perché chiedersi se esiste la verità, esprime, forse nel modo più evidente, la dimenticanza dell'Essere.
Una dimenticanza che, come sempre accade, è accompagnata dalla non consapevolezza di cosa sia la logica e pure da fraintendimenti semantici.

Se si fosse infatti consapevoli che ogni nostro pensare determinato necessita il rispetto della logica, per avere un qualsivoglia significato, e che la logica si fonda sulla verità, certamente non vi sarebbe alcun dubbio sulla sua esistenza.
Cioè la domanda sulla sua eventuale esistenza dovrebbe morire nel momento in cui si cercasse di formularla.

Questo nell'ambito della esistenza, dove la verità è l'accordo tra ciò che c'è.

Ma se, come probabile, si confonde l'esistere con l'Essere, allora la domanda chiede addirittura se la Verità è!
E qui siamo in pieno sonno della ragione.
Perché l'Essere è Esser Vero.
Verità = Essere
Basterebbe rifletterci un attimo.

Per cui chiedersi se la Verità è, equivale a domandarsi se l'Essere è...

Verità: Negazione della negazione
Ciao bob questa estate ho fatto una scoperta dolorosa sul mio amato heidegger.
lui intende dire che esiste una ESSERE dietro le cose.
Ossia che L'essere non sia l'essere delle cose, ma sia proprio un altra cosa.
anzi per l'esattezza è proprio Heidegger a teorizzare la NON COSA, che poi sfocerà in tutte le nefandezze della filosofia contemporanea.
Io mi sono convertito alle cose.
Ossia prima di parare di metafisica (questa sconosciuta) mi voglio accertare che almeno le persone con cui mi interrogo abbiano almeno delle nozioni basi sulla realtà che li circonda.
Tale che una mela è una mela perchè ce l'abbiamo davanti agli occhi, e non perchè sussiste (fantasiosamente) un struttura "esistenziale" che ce la garantisca.
E' proprio ciò che odio della filosofia quando inizia a farsi circense.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Visechi il 28 Settembre 2024, 21:37:01 PM"A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi, mi spinge l'estro. O dei, se vostre sono queste metamorfosi, ispirate il mio disegno..."

"Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa."

La letteratura classica e la Bibbia, fonte di infinite riflessioni.

Si tratta di due brani che, per certi versi, si pongono più o meno sullo stesso piano narrativo. Il primo è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, che tratta del mutar di forme della realtà, la quale, esposta al divenire, è sempre diversa da sé stessa. Essendo esposta all'incuria del tempo, che ne modifica forma e sostanza, si offre ai nostri sensi come un mutante che non si concede facilmente alla nostra capacità di comprensione. La realtà è più di quanto riusciamo a percepire.

Il secondo, celeberrimo, è il dialogo fra Gesù e Pilato, narrato nel 4 Vangelo, quello di Giovanni, al Capitolo 18,38, e verte intorno alla Verità.
In definitiva Pilato considerò Gesù un esaltato. I due concetti di verità non coincidevano. Presumibile che ciascuno facesse riferimento ad una propria verità, cui conformare la propria esistenza. Gesù a quella disvelata, sempre presente che abbisogna solo di essere liberata dal velo di maya (per dirla all'orientale). Cioè una verità ultima, non storica né culturale, non esposta al vento del divenire, che trova il proprio fondamento in sé stessa. Aletheia, è il termine greco che identifica questo tipo di verità. Cioè, appunto, disvelamento. Gesù, infatti, si presenta come la Rivelazione. Termine alquanto ambiguo o polisemantico, perché se da una parte può essere assunto nella sua accezione di "Manifestazione di fatti riservati o comunque nascosti, difficilmente attingibili e disponibili", dall'altra può anche benissimo essere interpretato come riposizione del velo per celare al mondo fatti già manifesti. Pilato, viceversa, alludeva alla veritas latina. Di ben altra natura e che s'intride di ben diverso significato. Una verità che si costruisce nel tempo storico, esposta com'è al divenire della storia e plasmata dal mutare della cultura del tempo ed è certificata dall'autorità, nel suo caso quella romana. Sempre diversa e, quindi, mai perfettamente vera. Un perenne mutar di forme, come cantato dal poeta Ovidio.
Due mondi non colloquianti, dunque. Un diverso metro per misurare il medesimo oggetto. Ovvio che i due protagonisti dell'episodio non potevano avere alcuna possibilità di entrare in contatto e comprendersi. Tant'è vero che Pilato, rivolgendosi ai giudei, pronunciò una sentenza lapidaria di assoluzione.

Quale caratteristiche dovrebbe avere un'entità o un dato reale per poter essere definito 'vero'? Credo che la prima caratteristica, essenziale e non eludibile, sia di poter reperire il proprio fondamento in sé stesso, ovvero non aver alcuna necessità, per dimostrarsi come autenticamente vero, di attingere dall'esterno alcuna ulteriore informazione che ne attesti la consistenza e sussistenza. Per quanto attiene alle entità fisiche, le qualità costitutive, quali colore, calore, consistenza, forma etc..., sono quelle e non altre: una pietra avrà quel suo calore, colore e consistenza, una sua determinata forma e non un'altra. Il dato fisico è percepibile attraverso i sensi e misurabile con l'ausilio di strumentazione adeguata. Sarà dunque vero in ogni tempo e latitudine e per ciascun osservatore esterno, e non soggetto ad alcuna diversa interpretazione.

Ma questo convenire umano, perché tale è, sulle caratteristiche fisiche dell'oggetto è poi sufficiente a stabilire una volta per tutte e per sempre la sua veridicità?

Fino a non troppi anni fa era vero e comunemente ritenuto tale che la luce, quanto di più comune e di più presente alle nostre esperienze sensoriali, avesse esclusivamente carattere ondulatorio. I nostri sensi e la strumentazione convergevano nell'attestare questa verità, questo dato di fatto incontrovertibile... pareva allora. La predisposizione di nuovi dispositivi atti ad effettuare sempre più sofisticate misurazioni ed indagini ha mostrato che il dato vero era in effetti parzialmente vero, quindi falso. La verità è o non è, come una donna incinta non può mai essere parzialmente incinta: lo è o non lo è. Così funziona per la verità. La luce mostra caratteristiche ondulatorie e corpuscolari allo stesso tempo. Ma questo si è scoperto dopo, abbastanza di recente. Fu una scoperta che stupì non poco l'intero mondo accademico di allora.

Che significa questo? Che la verità, per il caso di specie, è transeunte, si è modificata in dipendenza di accidenti che intervengono nel tempo. Quindi, quella verità, è anch'essa soggetta al divenire. Oggi abbiamo un dato scientificamente attestato, ma nulla toglie che un domani potremmo averne un altro totalmente diverso. Fra l'altro, la falsificabilità è proprio una delle caratteristiche della scienza (Popper docet... se non erro). Chi può affermare con certezza indefettibile che quella della natura corpuscolare/ondulatoria sia la verità ultima riguardo alla luce. Ovvero che sia la verità oggettiva?

Questo è solo un esempio fra i tanti altri possibili. Capisco pure che ai fini della nostra permanenza in vita, la verità della composizione della luce poco rileva. Ma se spostiamo l'attenzione dal dato fenomenico inerente alle entità fisiche ad altri aspetti della realtà cogente, tipo la personalità, la coscienza, il funzionamento del cervello, ci troveremmo di fronte a non poche altre complicazioni che ben impattano sull'esistenza di ciascuno di noi.

Non voglio dilungarmi oltre, ma solo un dato: ciò che non ricade oggi e mai ricadrà entro la sfera di percezione di un essere vivente che abbia la coscienza di prendere atto del fenomeno, è evento vero, reale, accaduto oppure no? Chi è idoneo a riempire di verità il dato reale, se non l'uomo, cioè noi stessi. E se così è, e così è! La verità non è mai oggettiva, essendo anch'essa un evento che si manifesta esclusivamente in funzione della relazione che s'instaura con chi ha coscienza per veritare l'evento stesso. Ciò che non penetra le nostre capacità sensoriali, se non produce effetti che possano essere misurati, di fatto non accade, quindi non è vero... eppure è accaduto. La misura è la cifra stessa del reale.

La verità, qualora ne esistesse una oggettiva, della cosa in sé, non essendo esperibile e fruibile dall'uomo, è come non data. All'uomo ed alle nostre esperienze è offerta la sola possibilità di confrontarci ed esperire solo il verosimile.

Ma la verità esiste? Sì, credo che esista un dato certo della realtà, ma son pure convinto che l'uomo non possa conoscerla interamente.
La verità è un tutt'uno, non può essere concepita per sue frazioni (come una donna incinta non può mai essere parzialmente incinta), per cui non potendola conoscere interamente, in definitiva, non la conosce affatto (una donna parzialmente incinta non è incinta), dovendosi accontentare, appunto, di sue frazioni che l'approssimano al vero. Il verosimile, considerando di questo il livello più elevato possibile di verosimiglianza, è in effetti il punto in cui l'uomo maggiormente si approssima alla verità, senza però coglierla interamente. Io dico che questa è anche una gran fortuna, poiché conoscere tutto equivale alla stasi, perché oltre non ci sarebbe più nulla da indagare e sapere. L'uomo è un esploratore, spinto com'è dal suo inesauribile desiderio di varcare la soglia del già noto, di scrutare oltre la siepe e il monte Tabor – un po' come l'Infinito di Leopardi -. E' il mito di Ulisse che si rifrange, perpetuandosi, in ciascuno di noi (chi più chi meno). E' la nostra libertà, in definitiva.
Sono d'accordo, semplificando esiste una realtà connotatoria, rispetto ad una indagine orizzontale.
Ma esista anche una verità verticale, che è poi quella che il buon Gesù o il buon Plaltone ci hanno insegnato, ed è la verità delle relazioni umane.
Laddove la libertà di azione di un singolo inferisce sul piano di una complessità diversa.
Esattamente come quando un uomo solo si sente in una data maniera (indagabile scientificamente) ed uno in coppia si sente in un altra (indagabile scientificamente, ma completamente altere rispetto alla prima indagine).
Come a dire che non sono gli impianti di linguaggio universale a determinare la complessità, ma la complessità stessa.
E così chi si comporta nel Bene come Gesù, diviene Gesù e contribuisce all'arrivo di una nuova era di pace.
E' sempre vero nella complessità che un battito di farfalla in un continente produce un uragano nell'altro.
Penso che in fin dei conti la verità del Gesù sia più importante delle altre.
Ma ad oggi sembrano barzellette tanto siamo lontani dal messaggio di Gesù.
Non c'è più popolo, non c'è più comunità.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Jacopus il 28 Settembre 2024, 23:31:33 PMAncora carne al fuoco. La dicotomia vero/falso è tipicamente da emisfero sinistro che classifica e giudica e per giudicare e classificare ha bisogno di distinzioni chiare e nette. La vita invece si muove spesso in un sentiero di mezzo, nel quale verità e falsità si mescolano continuamente.
Nel campo delle scienze dure è più facile utilizzare il metodo vero/falso, perchè ciò che è misurabile e sperimentabilmente ripetibile è "sufficientemente" vero, ma nel campo dell'etica umana, nel campo della cultura post-geroglifica, la verità si scompone e ricompone come in un quadro astratto.

Il problema non è da poco, perchè affermare che la verità è sottile e soggetta a malfunzionamenti conduce alla perdita di senso. Abbiamo ovviato al problema per secoli attraverso la religione che offriva una verità preconfezionata. Poi ci abbiamo provato con ideologie che tuttora sono l'unico sostituto sul mercato delle religioni. Non essendo però fondate su qualcosa di "sacro", sono costruite sulle sabbie mobili.

A me sembra che per ottenere una sorta di equivalenza armonica, l'unica verità riconoscibile, nel mondo etico, sia quella del denaro, anch'essa misurabile e adatta a conformare azioni sociali ripetibili, una volta che gli agenti siano stati convinti che quello è l'unico modello di verità.

Penso pertanto che non sia vero che vi sia una crisi di senso, perchè non vi è più un condiviso senso della verità. Il condiviso senso della verità sta nel denaro e forse ancora più all'interno di questa macchina di cui siamo ingranaggi, sta nella tecnica come necessità di funzionamento del sistema.


Penso che la risposta mia e di Visechi in qualche modo di risponda di già.

La mancanza di credibilità (universalità) della verità sulla complessità dell'uomo, è dovuta anzitutto all'ignoranza della stessa fisica.
E poi alla propaganda che proprio sulla verità presunta dei suoi assunti prende avvio per la completa dominazione dell'uomo.
Il denaro che dovrebbe essere mero strumento del lavoro sociale umano, e quindi sua testimonianza, è oggi invece l'assunto per mantenere in uno stato di debito i serfi.Nel senso che è proprio stampato ex nihilo, senza alcun lavoro.....
Dire che verità è il denaro (cosa avrà sentito miliardi di volte nella mia vita) non risolve niente in termini orizzontali, ossia di status quo, dei serfi, ma sopratutto nega la via della complessità delle azioni umane (ossia del loro lavoro sociale in fin dei conti).
Il buon Marx da  ebreo antisemita qualcosa di buono pur l'ha lasciato, se lo prendiamo per il verso giusto, e non come fa furbamente il capitalista, per poterlo sempre affossare (questo lavoro sociale).
Il distanziamento sociale dei serfi, è uno spettacolo costantemente sotto i nostri occhi.
E non è solo compito di questi nostri pc.









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green demetr

Citazione di: iano il 29 Settembre 2024, 08:29:18 AMLa verità non esiste, ma deve essere esistita, se ne parliamo.
L'amore per la verità non è più sinonimo dell'amore per la conoscenza, essendo venuto a mancare il monopolio dell'evidenza sulla conoscenza.

La conoscenza non dovrebbe essere un monopolio, altrimenti come faremmo a confutare ciò che riteniamo vero?
questo a livello orizzontale, a livello verticale certo che della verità il grande popolo greco si è interrogato.
Ma la colpa di averlo dimenticato di chi è? se non dei serfi?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Eutidemo il 29 Settembre 2024, 12:39:07 PMVi ringrazio per i vostri interessantissimi interventi; i quali, a seconda dei diversi punti di vista, possono considerarsi tutti "veri"!


;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;)
:D ah ah troppo vero!
Un disegno per UNIRLI TUTTI.  ;) (signore degli anelli)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#35
Citazione di: green demetr il 29 Settembre 2024, 22:58:02 PMLa conoscenza non dovrebbe essere un monopolio, altrimenti come faremmo a confutare ciò che riteniamo vero?
questo a livello orizzontale, a livello verticale certo che della verità il grande popolo greco si è interrogato.
Ma la colpa di averlo dimenticato di chi è? se non dei serfi?
Spero tu non mi fraintenda, ma noto che a un certo punto arrivi, avendo ben altro da fare sicuramente, e rileggi tutto l'arretrato non avendo tempo sufficiente per prestare a tutto sufficiente attenzione.
Non sarebbe meglio dedicarti solo ad alcuni post ponendovi la dovuta attenzione?
Mi spiace dirlo, ma ogni volta distorci i miei post.
Nello specifico intendevo monopolio del metodo di indagine, che nell'era pre scientifica è stato un monopolio di fatto.
A cosa ci serve conoscere Platone se ignoriamo ciò che è venuto dopo?
Platone è stato geniale, e lo dico necessariamente nei limiti in cui lo conoscoi, che non è roba da poco, e purtuttavia il mio giudizio positivo su Platone vale più del tuo, perchè io lo dico con quel senno di poi che tu tendi ad ignorare.
La tua conoscenza di Platone dovrebbe ben consentirti di verificare quanto fecondo sia stato il suo pensiero risultando ancora in parte attuale.
Però per accorgertene dovresti vivere almeno con un piede nel presente, se non entrambi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: iano il 29 Settembre 2024, 23:13:04 PMSpero tu non mi fraintenda, ma noto che a un certo punto arrivi, avendo ben altro da fare sicuramente, e rileggi tutto l'arretrato non avendo tempo sufficiente per prestare a tutto sufficiente attenzione.
Non sarebbe meglio dedicarti solo ad alcuni post ponendovi la dovuta attenzione.
Mi spiace dirlo, ma ogni volta distorci i miei post.
Nello specifico intendevo monopolio del metodo di indagine, che nell'era pre scientifica è stato un monopolio di fatto.
A cosa ci serve conoscere Platone se ignoriamo ciò che è venuto dopo?

Tanto fraintenderei comunque, è proprio una questione scientifica, solo il 25% di quello che il parlante vuole comunicare arriva al ricevente.
Io poi sono un asso nel fraintendere  :D

E a che serve conoscere quello che è venuto dopo se non sai cosa c'era prima: magari era pure meglio!  ;)

si sono bello carico, sto rispondendo a tutti...dammi qualche giorno e mi normalizzo.  ;)


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