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Esiste la verità?

Aperto da Eutidemo, 28 Settembre 2024, 12:28:31 PM

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Eutidemo

Ciao Iano. :)
Quella che tu citi è una "domanda", e non un'"affermazione": e cioè  "Esistono affermazioni di carattere universale, ad esclusione di quelle matematiche (o comunque vere a priori), che possano ritenersi sicuramente vere, nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate?"
***
E' la risposta che di solito si dà a tale domanda (anche da parte mia), che risulta "autorefutativa" per gli esposti motivi: "Non esistono affermazioni di carattere universale, ad esclusione di quelle matematiche (o comunque vere a priori), che possano ritenersi sicuramente vere, nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate!".
***
Anche io, come te, credo che di affermazioni "verificabili" non ne esistano, esistendo solo affermazioni "falsificabili" o "non falsificabili" (o meglio "finora non falsificate"), le prime delle quali attengono alla "fisica", e le seconde alla "metafisica"; tuttavia resta che l'affermazione di cui sopra, almeno sotto il profilo "formale", resta risulta senz'altro "autorefutativa" .
***
Comunque la circostanza che l'unica verità possibile rimane quella "matematica", è già considerata nella domanda e nella risposta "autorefutativa", le quali, espressamente, escludono le "verità matematiche" (o comunque vere a priori).
***
Quanto a "disabimbiguizzare"  l'utilizzo del termine ''universale'' al posto di ''verità'', si tratta di due "lessemi" che non sono affatto "alternativi", bensì grammaticalmente "collegati", in quanto:
- ''verità'' è il sostantivo;
- ''universale'' è il suo predicato aggettivale.
***
Quanto alle leggi della fisica;
- sono sicuramente "universali" (come la legge di gravitazione);
- però, la circostanza che, fino ad oggi, risultino senz'altro "verificate", non significa che continueranno ad esserlo necessariamente anche in futuro.
***
Un cordiale saluto! :)
***

Eutidemo

Ciao Green Demetr. :)
Sono pienamente d'accordo con te!
Ed infatti, dal punto di vista "formale", esistono senz'altro affermazioni di carattere universale  (a prescindere di quelle matematiche o di tale tipo analogico), che possono ritenersi sicuramente vere, anche nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate!
***
Resta però da vedere :
- quali sarebbero tali affermazioni;
- se tutto il ragionamento di cui al mio topic iniziale, non comporti un indebito passaggio dal piano meramente "semantico" e "formale" a quello "ontologico" (come io sono propenso a credere)
***
Tuttavia non ritengo affatto questi rompicapo "ridicoli", quando gli Stati stanno cedendo il passo alle norme che di fatto permettono ai privati non eletti di decidere il brutto e cattivo tempo in base ai loro profitti e non in base alla Nostra (del popolo) Storia.
***
Ed infatti:
- un conto è la "filosofia";
- un altro conto è la "politica".
Da me trattata nei seguenti LINK:
***
.
***
Un cordiale saluto! :)
***

Eutidemo

#17
A tutti gli intervenuti! :)
In realtà molte ambiguità sono dovute alla confusione tra il "concetto" e l'"oggetto", in quanto:
- un conto è la "rossità";
- un altro conto è l'oggetto "rosso".
***
Ed invero, solo il secondo esiste "concretamente", e, appunto, "oggettivamente", e noi lo definiamo "rosso" non perchè sia tale "in se stesso", ma solo perchè corrisponde al nostro concetto astratto di "rossità";  però la "rossità", in quanto tale, non esiste da nessuna parte, se non come una nostra mera "modalità di classificazione mentale", in base ai dati "raggruppati" che ci pervengono dai sensi, , osservando determinati oggetti che hanno in comune un colore che ai nostri occhi risulta uguale, e che noi denominiamo in un certo modo, cioè "rosso".
I test comportamentali dimostrano, invece, che, ai cani manca la capacità di vedere la gamma di colori compresa tra il "verde" e il "rosso", in quanto essi possono identificare soltanto le sfumature di "giallo" e di "blu": in pratica, questo significa che il cane percepisce il mondo in "giallo", "blu" e "grigio".
Per loro, quindi,  la "rossità", non solo non esiste da nessuna parte, ma non esiste neanche come "modalità di classificazione mentale" del colore di un oggetto; ammesso che potessero esprimercelo a parole. 
***
Allo stesso modo:
- un conto è la "vita";
- un altro conto è "un essere vivo".
Solo il secondo esiste "concretamente", e, appunto, "oggettivamente", e noi lo definiamo "vivo" solo perchè è nato, si nutre, cresce, si riproduce (e poi muore); il che corrisponde al nostro concetto astratto di "vita".
Però la "vita", in quanto tale, non esiste da nessuna parte, se non come una nostra mera "modalità di classificazione mentale", in base ai dati "raggruppati" che ci pervengono dai sensi, osservando determinati esseri che hanno i caratteri comuni sopra indicati.
***
Per concludere, alla stregua di quanto sopra:
- un conto è la "verità";
- un altro conto, invece, è una "affermazione vera".
Solo la seconda esiste "concretamente", e, appunto, "oggettivamente", e noi lo definiamo "vera" solo perchè corrisponde al nostro concetto astratto di "verità";  però la "verità", in quanto tale, non esiste da nessuna parte, se non come una nostra mera "modalità di classificazione mentale" della nostra sperimentazione della realtà.
Ad esempio, diciamo che:
- è "vero" che il "fuoco scotta", perchè ci siamo bruciati una mano sulla fiamma di una candela;
- è "falso" che il "ghiaccio  scotta", perchè non ci siamo mai bruciati una mano sul ghiaccio (a meno, ovviamente, che non si tratti di "ghiaccio secco", che, alla pressione atmosferica, ha una temperatura di –78°C, e quindi provoca ustioni e congelamento delle zone cutanee che ne venissero a contatto).
***
Quanto alle "verità metafisiche", in realtà, si tratta semplicemente di mere  "credenze"; cioè di cose che a ciascuno di noi (me compreso) piace credere che possano "vere, pur non avendone alcuna prova.
E che non sapremo mai se siano tali, se non (forse) dopo che saremo morti.
***
Un cordiale saluto a tutti gli intervenuti! :)
***

bobmax

Basterebbe rivolgere questa domanda "Esiste la verità?" a qualcuno che sia fattivo, concreto, generoso nelle sue scelte, e vederne l'immancabile stupore per questa assurdità.

Perché chiedersi se esiste la verità, esprime, forse nel modo più evidente, la dimenticanza dell'Essere.
Una dimenticanza che, come sempre accade, è accompagnata dalla non consapevolezza di cosa sia la logica e pure da fraintendimenti semantici.

Se si fosse infatti consapevoli che ogni nostro pensare determinato necessita il rispetto della logica, per avere un qualsivoglia significato, e che la logica si fonda sulla verità, certamente non vi sarebbe alcun dubbio sulla sua esistenza.
Cioè la domanda sulla sua eventuale esistenza dovrebbe morire nel momento in cui si cercasse di formularla.

Questo nell'ambito della esistenza, dove la verità è l'accordo tra ciò che c'è.

Ma se, come probabile, si confonde l'esistere con l'Essere, allora la domanda chiede addirittura se la Verità è!
E qui siamo in pieno sonno della ragione.
Perché l'Essere è Esser Vero.
Verità = Essere
Basterebbe rifletterci un attimo.

Per cui chiedersi se la Verità è, equivale a domandarsi se l'Essere è...

Verità: Negazione della negazione
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Visechi

"A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi, mi spinge l'estro. O dei, se vostre sono queste metamorfosi, ispirate il mio disegno..."

"Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa."

La letteratura classica e la Bibbia, fonte di infinite riflessioni.

Si tratta di due brani che, per certi versi, si pongono più o meno sullo stesso piano narrativo. Il primo è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, che tratta del mutar di forme della realtà, la quale, esposta al divenire, è sempre diversa da sé stessa. Essendo esposta all'incuria del tempo, che ne modifica forma e sostanza, si offre ai nostri sensi come un mutante che non si concede facilmente alla nostra capacità di comprensione. La realtà è più di quanto riusciamo a percepire.

Il secondo, celeberrimo, è il dialogo fra Gesù e Pilato, narrato nel 4 Vangelo, quello di Giovanni, al Capitolo 18,38, e verte intorno alla Verità.
In definitiva Pilato considerò Gesù un esaltato. I due concetti di verità non coincidevano. Presumibile che ciascuno facesse riferimento ad una propria verità, cui conformare la propria esistenza. Gesù a quella disvelata, sempre presente che abbisogna solo di essere liberata dal velo di maya (per dirla all'orientale). Cioè una verità ultima, non storica né culturale, non esposta al vento del divenire, che trova il proprio fondamento in sé stessa. Aletheia, è il termine greco che identifica questo tipo di verità. Cioè, appunto, disvelamento. Gesù, infatti, si presenta come la Rivelazione. Termine alquanto ambiguo o polisemantico, perché se da una parte può essere assunto nella sua accezione di "Manifestazione di fatti riservati o comunque nascosti, difficilmente attingibili e disponibili", dall'altra può anche benissimo essere interpretato come riposizione del velo per celare al mondo fatti già manifesti. Pilato, viceversa, alludeva alla veritas latina. Di ben altra natura e che s'intride di ben diverso significato. Una verità che si costruisce nel tempo storico, esposta com'è al divenire della storia e plasmata dal mutare della cultura del tempo ed è certificata dall'autorità, nel suo caso quella romana. Sempre diversa e, quindi, mai perfettamente vera. Un perenne mutar di forme, come cantato dal poeta Ovidio.
Due mondi non colloquianti, dunque. Un diverso metro per misurare il medesimo oggetto. Ovvio che i due protagonisti dell'episodio non potevano avere alcuna possibilità di entrare in contatto e comprendersi. Tant'è vero che Pilato, rivolgendosi ai giudei, pronunciò una sentenza lapidaria di assoluzione.

Quale caratteristiche dovrebbe avere un'entità o un dato reale per poter essere definito 'vero'? Credo che la prima caratteristica, essenziale e non eludibile, sia di poter reperire il proprio fondamento in sé stesso, ovvero non aver alcuna necessità, per dimostrarsi come autenticamente vero, di attingere dall'esterno alcuna ulteriore informazione che ne attesti la consistenza e sussistenza. Per quanto attiene alle entità fisiche, le qualità costitutive, quali colore, calore, consistenza, forma etc..., sono quelle e non altre: una pietra avrà quel suo calore, colore e consistenza, una sua determinata forma e non un'altra. Il dato fisico è percepibile attraverso i sensi e misurabile con l'ausilio di strumentazione adeguata. Sarà dunque vero in ogni tempo e latitudine e per ciascun osservatore esterno, e non soggetto ad alcuna diversa interpretazione.

Ma questo convenire umano, perché tale è, sulle caratteristiche fisiche dell'oggetto è poi sufficiente a stabilire una volta per tutte e per sempre la sua veridicità?

Fino a non troppi anni fa era vero e comunemente ritenuto tale che la luce, quanto di più comune e di più presente alle nostre esperienze sensoriali, avesse esclusivamente carattere ondulatorio. I nostri sensi e la strumentazione convergevano nell'attestare questa verità, questo dato di fatto incontrovertibile... pareva allora. La predisposizione di nuovi dispositivi atti ad effettuare sempre più sofisticate misurazioni ed indagini ha mostrato che il dato vero era in effetti parzialmente vero, quindi falso. La verità è o non è, come una donna incinta non può mai essere parzialmente incinta: lo è o non lo è. Così funziona per la verità. La luce mostra caratteristiche ondulatorie e corpuscolari allo stesso tempo. Ma questo si è scoperto dopo, abbastanza di recente. Fu una scoperta che stupì non poco l'intero mondo accademico di allora.

Che significa questo? Che la verità, per il caso di specie, è transeunte, si è modificata in dipendenza di accidenti che intervengono nel tempo. Quindi, quella verità, è anch'essa soggetta al divenire. Oggi abbiamo un dato scientificamente attestato, ma nulla toglie che un domani potremmo averne un altro totalmente diverso. Fra l'altro, la falsificabilità è proprio una delle caratteristiche della scienza (Popper docet... se non erro). Chi può affermare con certezza indefettibile che quella della natura corpuscolare/ondulatoria sia la verità ultima riguardo alla luce. Ovvero che sia la verità oggettiva?

Questo è solo un esempio fra i tanti altri possibili. Capisco pure che ai fini della nostra permanenza in vita, la verità della composizione della luce poco rileva. Ma se spostiamo l'attenzione dal dato fenomenico inerente alle entità fisiche ad altri aspetti della realtà cogente, tipo la personalità, la coscienza, il funzionamento del cervello, ci troveremmo di fronte a non poche altre complicazioni che ben impattano sull'esistenza di ciascuno di noi.

Non voglio dilungarmi oltre, ma solo un dato: ciò che non ricade oggi e mai ricadrà entro la sfera di percezione di un essere vivente che abbia la coscienza di prendere atto del fenomeno, è evento vero, reale, accaduto oppure no? Chi è idoneo a riempire di verità il dato reale, se non l'uomo, cioè noi stessi. E se così è, e così è! La verità non è mai oggettiva, essendo anch'essa un evento che si manifesta esclusivamente in funzione della relazione che s'instaura con chi ha coscienza per veritare l'evento stesso. Ciò che non penetra le nostre capacità sensoriali, se non produce effetti che possano essere misurati, di fatto non accade, quindi non è vero... eppure è accaduto. La misura è la cifra stessa del reale.

La verità, qualora ne esistesse una oggettiva, della cosa in sé, non essendo esperibile e fruibile dall'uomo, è come non data. All'uomo ed alle nostre esperienze è offerta la sola possibilità di confrontarci ed esperire solo il verosimile.

Ma la verità esiste? Sì, credo che esista un dato certo della realtà, ma son pure convinto che l'uomo non possa conoscerla interamente.
La verità è un tutt'uno, non può essere concepita per sue frazioni (come una donna incinta non può mai essere parzialmente incinta), per cui non potendola conoscere interamente, in definitiva, non la conosce affatto (una donna parzialmente incinta non è incinta), dovendosi accontentare, appunto, di sue frazioni che l'approssimano al vero. Il verosimile, considerando di questo il livello più elevato possibile di verosimiglianza, è in effetti il punto in cui l'uomo maggiormente si approssima alla verità, senza però coglierla interamente. Io dico che questa è anche una gran fortuna, poiché conoscere tutto equivale alla stasi, perché oltre non ci sarebbe più nulla da indagare e sapere. L'uomo è un esploratore, spinto com'è dal suo inesauribile desiderio di varcare la soglia del già noto, di scrutare oltre la siepe e il monte Tabor – un po' come l'Infinito di Leopardi -. E' il mito di Ulisse che si rifrange, perpetuandosi, in ciascuno di noi (chi più chi meno). E' la nostra libertà, in definitiva.

Phil

Recupero le domande, per moltiplicarle:
Citazione di: Visechi il 28 Settembre 2024, 21:37:01 PMQuale caratteristiche dovrebbe avere un'entità o un dato reale per poter essere definito 'vero'?
Ciò che rende vero un dato è anche ciò che rende vera un'entità? Un dato può essere falso («l'Italia ha una superficie di 10 km quadrati»), ma una «entità falsa» che significa? Topolino è un'entità vera o falsa?

Citazione di: Visechi il 28 Settembre 2024, 21:37:01 PMMa questo convenire umano, perché tale è, sulle caratteristiche fisiche dell'oggetto è poi sufficiente a stabilire una volta per tutte e per sempre la sua veridicità?
La veri-dicità è proprietà del discorso sull'oggetto o dell'oggetto del discorso? Se Topolino è una "entità falsa", lo è perché per "entità vera" intendiamo ciò che esiste fuori dai fumetti (che pure, mi pare, esistono)?

Citazione di: Visechi il 28 Settembre 2024, 21:37:01 PMChi può affermare con certezza indefettibile che quella della natura corpuscolare/ondulatoria sia la verità ultima riguardo alla luce. Ovvero che sia la verità oggettiva?
Per "verità oggettiva" intendi "descrizione vera"? Se la verità è questione di descrizione o di discorso, che nulla cambiano all'oggettività dell'oggetto (la luce continua a esser tale a prescindere da cosa l'uomo sa e dice di lei), ha senso parlare di "entità vere o false"?

Citazione di: Visechi il 28 Settembre 2024, 21:37:01 PMciò che non ricade oggi e mai ricadrà entro la sfera di percezione di un essere vivente che abbia la coscienza di prendere atto del fenomeno, è evento vero, reale, accaduto oppure no?
Può esserci un "evento falso", oppure può essere vero o falso solo il discorso che racconta l'evento, poiché l'evento, in quanto tale, o accade o non accade ("non accadere" che è poi un accadere "nel" discorso falso)?

Citazione di: Visechi il 28 Settembre 2024, 21:37:01 PMMa la verità esiste?
Al netto delle doverose distinzioni fra «vero», «verità», «Verità», etc. (che, proprio come Topolino, esistono di certo, anzi, veramente in una determinata narrazione), se esiste la falsità, almeno concettualmente e discorsivamente, può non esistere la verità? La verità e la falsità sono "cose", enti, entità? La loro esistenza nel discorso, non è opportuno distinguerla adeguatamente dall'esistenza dell'oggetto e dall'accadere dell'evento (v. ontologia) che vengono detti, più o meno verosimilmente, dal discorso stesso?

Jacopus

Ancora carne al fuoco. La dicotomia vero/falso è tipicamente da emisfero sinistro che classifica e giudica e per giudicare e classificare ha bisogno di distinzioni chiare e nette. La vita invece si muove spesso in un sentiero di mezzo, nel quale verità e falsità si mescolano continuamente.
Nel campo delle scienze dure è più facile utilizzare il metodo vero/falso, perchè ciò che è misurabile e sperimentabilmente ripetibile è "sufficientemente" vero, ma nel campo dell'etica umana, nel campo della cultura post-geroglifica, la verità si scompone e ricompone come in un quadro astratto.

Il problema non è da poco, perchè affermare che la verità è sottile e soggetta a malfunzionamenti conduce alla perdita di senso. Abbiamo ovviato al problema per secoli attraverso la religione che offriva una verità preconfezionata. Poi ci abbiamo provato con ideologie che tuttora sono l'unico sostituto sul mercato delle religioni. Non essendo però fondate su qualcosa di "sacro", sono costruite sulle sabbie mobili.

A me sembra che per ottenere una sorta di equivalenza armonica, l'unica verità riconoscibile, nel mondo etico, sia quella del denaro, anch'essa misurabile e adatta a conformare azioni sociali ripetibili, una volta che gli agenti siano stati convinti che quello è l'unico modello di verità.

Penso pertanto che non sia vero che vi sia una crisi di senso, perchè non vi è più un condiviso senso della verità. Il condiviso senso della verità sta nel denaro e forse ancora più all'interno di questa macchina di cui siamo ingranaggi, sta nella tecnica come necessità di funzionamento del sistema.

Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Se avessi chiesto a mio suocero (seconda elementare) se esiste la verità, mi avrebbe guardato storto, lo stesso sarebbe capitato con mio padre (quinta elementare). Erano tra quelli che hanno costruito il mondo di cui ora godiamo il benessere. Non loro lo hanno goduto, ma noi.

Giganti, sulle cui spalle fatico a salire.
Cosa direbbero ora, con questo vuoto mentale dilagante?
Non possedevano neppure loro la Verità, ovviamente, ma si sono dati da fare, con sacrificio e generosità!

In nome di che cosa?

Della Verità!

E ora questi giganti che risultati vedrebbero delle loro fatiche?
A questo porta la istruzione di cui loro non hanno potuto usufruire?

Sonno della ragione. I mostri già si intravedono.
La Verità è inflessibile verso chi la dimentica.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#23
Citazione di: Phil il 28 Settembre 2024, 14:11:05 PMCredo troverai interessante la "teoria dei tipi" di Russell; mentre per chi volesse contestualizzare meglio il discorso della D'Agostini, questo è l'articolo di riferimento.
A quanto pare il termine ''autorefutativo'' non abbonda nei vocabolari.
Però mi pare equivalga ad una contraddizione, laddove si nega contemporaneamente ciò che si afferma, a meno che non gli diamo una contestualizzazione storica, per cui neghiamo oggi ciò che ieri affermavamo, negando oggi la verità che ieri affermavamo.
La vera storia però secondo me non inizia con l'affermazione della verità.
L'affermazione della verità sembra a me essere il passaggio attraverso il quale si arriverà a negarla.
Non occorre infatti affermare ciò che è evidente, se non per venire in soccorso a un evidenza a rischio di relativizzazione.
La stessa terminologia discorsiva usata in logica, se è vero questo allora è vero quello, sembra voler venire in soccorso a una verità in pericolo, laddove sarebbe sufficiente dire che questo implica quello, proprio come a ribadire che ci troviamo di fronte a un passaggio storico, laddove pur essendo mutato il comune sentire, si continua ad usare un vecchio linguaggio per motivi affettivi, seppur non più adatto ad esprimerlo.
Vista la questione in questa prospettiva storica, non potendosi negare la verità di cui contemporaneamente si parla, resta solo da indagare come nasce il concetto di verità, che ha iniziato ad essere messo in dubbio proprio nel momento in cui si è sentita la necessità di affermarla, come a voler trattenere qualcosa che sembrava iniziare a sfuggirci.

Ad esempio quando sant'Agostino afferma di sapere bene cosa è il tempo, ma di non saperlo dire, perchè mai sente l'esigenza di doverlo dire, se trasformando una evidenza in una affermazione, la si pone perciò a rischio di successiva negazione?
Nessuno può negare l'evidenza finché rimane soltanto tale, senza trasformarsi in altro che si possa invece poi negare.

L'evidenza, che si prende ad esempio di verità, quando la si vuol difendere dagli attacchi relativistici, senza però riuscire andare oltre l'esempio, nasce certamente da un esigenza vitale, se quando viene smascherata come illusione, essa pur permane.
A questa esigenza dunque la verità è legata a doppio filo, e inizia a vacillare quando questa esigenza inizia a venir meno, essendo un derivato dell'evidenza.

Il linguaggio, con la presa di coscienza della realtà che comporta, in quanto veicolo di conoscenza, si pone in antitesi all'evidenza, entrandovi in concorrenza, essendo l'evidenza una forma alternativa, non detta, di conoscenza.
La verità sembra essere più un anello di congiunzione fra questi due tipi di conoscenza.
Partendo dall'evidenza, passando per la verità come sua affermazione, si giunge a negarla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#24
La verità non esiste, ma deve essere esistita, se ne parliamo.
L'amore per la verità non è più sinonimo dell'amore per la conoscenza, essendo venuto a mancare il monopolio dell'evidenza sulla conoscenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

Citazione di: Eutidemo il 28 Settembre 2024, 12:28:31 PM
Più esattamente e correttamente la questione che si pone è: "Esistono affermazioni di carattere universale, ad esclusione di quelle matematiche (o comunque vere a priori), che possano ritenersi sicuramente vere, nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate?"
***
Di primo acchito, verebbe senz'altro da rispondere di NO!
***
Cioè, esplicitando il "no", di primo acchito, verrebbe da rispondere:  "Non esistono affermazioni di carattere universale, ad esclusione di quelle matematiche (o comunque vere a priori), che possano ritenersi sicuramente vere, nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate!".
***
Però, a ben vedere, anche la formulazione di cui sopra costituisce una "affermazione di carattere universale", la quale:
- o è "falsa", e quindi esistono affermazioni di carattere universale, che possono ritenersi "sicuramente vere", anche nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate;
- oppure è "vera", ed allora è comunque "autorefutativa", poichè, essendo anch'essa una affermazione di carattere universale che non può essere verificata, ne consegue che non può considerarsi una "affermazione sicuramente vera".
***
Avrete sicuramente notato che tale ragionamento assomiglia molto al cosiddetto "paradosso del mentitore"; ma, in realtà, è logicamente differente.
Ed infatti, come giustamente osserva F. D'Agostini, essa: "...assomiglia al 'paradosso del mentitore', ossia all' 'io mento', o a "questa proposizione è falsa", ma con un tipo di generalizzazione che muta sensibilmente i termini della questione. Ed infatti , mentre "questa proposizione è falsa",  se è falso è vero e se è vero è falso, la negazione della verità se è vera è falsa, e se è falsa è semplicemente falsa. Così si dice che il "paradosso del mentitore" è paradossale, ossia genera la ricorrenza di "è vero" e "non è vero", mentre la negazione della verità è semplicemente 'autorefutativa': cioè ammette indirettamente di essere falsa." (F. D'Agostini, "Aut Aut" 2001, pag. 185).
***
Ne consegue, pertanto, che, almeno dal punto di vista "formale", esistono affermazioni di carattere universale  (a prescindere di quelle matematiche o di tale tipo analogico), che possono ritenersi sicuramente vere, anche nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate!
***
Resta però da vedere :
- quali sarebbero tali affermazioni;
- se tutto il ragionamento di cui sopra, non comporti un indebito passaggio dal piano meramente "semantico" e "formale" a quello "ontologico" (come io sono propenso a credere)
***



Eutidemo, ti stai chiedendo se esistono giudizi sintetici a priori ??? .

Se hai tempo, leggi il libretto di quel tranquillo professore prussiano che se lo e' chiesto prima di te.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Eutidemo

Vi ringrazio per i vostri interessantissimi interventi; i quali, a seconda dei diversi punti di vista, possono considerarsi tutti "veri"!


;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;) ;)

green demetr

Citazione di: iano il 28 Settembre 2024, 17:12:49 PMCome dire che pur di affermare l'universalità si e disposti a creare un universo parallelo e da ciò induco solo una umana esigenza ineludibile di volerla affermare ad ogni costo.


L'iperuranio è ciò che emerge dall'interazione umana.
E' una forma di realtà, indagabile scientificamente.
Leggere Platone etc..
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 28 Settembre 2024, 17:19:31 PMLa realtà emerge secondo come la indaghi.
Comprensibilmente abbiamo confuso l'unico modo in cui emergeva con l'unica realtà.
Però non essendo più unico questo modo non possiamo portare avanti questa confusione, parlando ancora della matita come di una cosa in se, seppur verificabile ciò sia, ma solo tenendo fermo il modo di verificare, non essendo univoco.
Il problema in effetti non è tenere ferma la percezione naturale, non potendola invece spegnere, mentre quella scientifica possiamo invece attivarla e spegnere a piacere, pigiando il tasto I/O, tasto che la nostra percezione naturale appunto non ha.
Nel bene e nel male la percezione naturale andrà sempre a interferire, del che ben inteso non mi lamento, cantando, pur non credente, il cantico di San Francesco, in ogni giorno più o meno santo che viene.
Solo è che di questa interferenza ci tocca da adesso in poi non perder più coscienza.

Certamente l'indagine scientifica oggi è consapevole di dover utilizzare diversi metodi di indagine, ma la sua metodologia di conferma, deve essere la stessa.
Altrimenti arriveremmo al paradosso, tanto in voga nel pensiero contemporaneo.
Per questo posso parlare di contesto, cosa che a parte il suo fondatore, Peirce, l'intera scienza pragmatica-formale, si è dimenticata e poi persa in una tazzina di tè.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Eutidemo il 28 Settembre 2024, 17:32:48 PM
Ciao Green Demetr. :)
Sono pienamente d'accordo con te!
Ed infatti, dal punto di vista "formale", esistono senz'altro affermazioni di carattere universale  (a prescindere di quelle matematiche o di tale tipo analogico), che possono ritenersi sicuramente vere, anche nel caso in cui le stesse non possano essere in alcun modo verificate!
***
Resta però da vedere :
- quali sarebbero tali affermazioni;
- se tutto il ragionamento di cui al mio topic iniziale, non comporti un indebito passaggio dal piano meramente "semantico" e "formale" a quello "ontologico" (come io sono propenso a credere)
***
Tuttavia non ritengo affatto questi rompicapo "ridicoli", quando gli Stati stanno cedendo il passo alle norme che di fatto permettono ai privati non eletti di decidere il brutto e cattivo tempo in base ai loro profitti e non in base alla Nostra (del popolo) Storia.
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Ed infatti:
- un conto è la "filosofia";
- un altro conto è la "politica".
Da me trattata nei seguenti LINK:
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Un cordiale saluto! :)
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Si li ho letti i 3d del ddl. Come al solito interessantissimi, anzi ti dobbiamo come forum un favore che fai un lavoro cosi certosino e prezioso per noi.
Si ma infatti concordiamo, non sono ridicoli allorquando dal formale passiamo all'ontologico, dico che sono, almeno per me, noiosi, quelli che trattano di "solo" problemi formali legati alle frasi.
ciao  ;)






Vai avanti tu che mi vien da ridere

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