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Essere ed esistere

Aperto da Jacopus, 29 Giugno 2024, 15:23:12 PM

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iano

#105
Citazione di: Donalduck il 06 Luglio 2024, 19:15:09 PMUna sinfonia di Beethoven, fino a prova contraria, non può essere generata da algoritmi psudocasuali.
Concordo, ma allo stesso tempo credo sia una semplificazione attribuire la sinfonia a Bethoven, come è una semplificazione attribuire la relatività ad Einstein, perchè significa ignorare le storie della musica e della scienza che vi stanno dietro.
Quindi ''vero'' che la sinfonia sia di Bethowen, ma solo nella misura in cui disconosciamo, o invece conosciamo, ma volutamente ignoriamo, La storia della musica.

La semplificazione in se non è un errore, ma una necessità descrittiva della realtà.
Il rischio è però poi credere che di quelle semplificazioni sia fatta la realtà.
Cioè il rischio è di confondere la descrizione della realtà con la realtà.
Caso e necessità di Monod a suo tempo l'ho letto, ma non è rimasto niente nella mia memoria, se non il fatto che lo trovai poco interessante.
In particolare non ricordo in che termini Monod parla di ''caso'', se intende che esista davvero il puro caso, oppure no.
Sarebbe bello se tu ci dessi una rinfrescata in una discussione a parte.

La mia personale posizione è che non siamo in grado di descrivere la realtà se non usando i concetti di caso e di determinismo, ma che questo non implica necessariamente che essi siano caratteristiche della realtà.
Allo stesso tempo non credo che caso e necessità siano concetti arbitrari, ma che noi li traiamo dal nostro rapporto con la realtà, e che questi concetti perciò possano evolversi insieme a noi.
Quindi, applicando il concetto di determinismo, a me pare che si possa chiamare in ''causa'' il caso o una sua simulazione senza che cambi nulla.
Le simulazioni del caso sappiamo bene cosa sono, o dovremmo saperlo, dato che siamo noi a metterle in atto.
Siamo noi infatti i costruttori di dadi.
Ciò ha la non banale conseguenza che siamo in grado di simulare l'evoluzione, se possiamo simulare il caso, e possiamo farlo all'interno di un processo ben determinato.
Lo facevamo quando come allevatori selezionavamo gli animali domestici, lo facciamo adesso sempre meglio, grazie a una descrizione sempre migliore del processo.
La conoscenza nasce dal fare e poi ne diventa causa?
Quale intelligenza potevano mettere in campo gli allevatori nell'applicare il progetto evolutivo se neanche lo conoscevano.
D'altronde non è cha la conoscenza proceda per illuminazioni, ma si tratta di una storia continua, che per esigenze narrativa viene raccontata come fatta di illuminazioni e di intelligenti e geniali trovate, come calassero dallo spirito santo.
Sarebbe quindi un errore ignorare col senno di poi quanto Darwin debba agli allevatori, e a tutti gli altri umani, perchè la storia della scienza è la storia del fare umano, raccontata coi limiti in cui, conoscendola,
riusciamo a farlo.

Ad Einstein che dice  ''Dio non gioca a dadi'', oggi potremmo provare a rispondere ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Concordo con bobmax che il caso non esiste. Una volta lanciati i dadi, dal big bang ad oggi, i dadi si fermano secondo precise leggi fisiche legate all'impulso da essi ricevuto. Solo che tra fantamiliardi di cause, trovare quella che disintegra l'auto su cui sto viaggiando è praticamente impossibile, per cui non resta che chiamare questo calcolo impossibile: "caso".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

Citazione di: iano il 07 Luglio 2024, 09:22:37 AMIn particolare non ricordo in che termini Monod parla di ''caso'', se intende che esista davvero il puro caso, oppure no.
Sostanzialmente mi pare che intenda la stessa cosa che intendo io. Fa l'esempio di un medico chiamato per una urgenza che cammina per strada e a uno stagnino anche lui chiamato per un lavoro in una terrazza sfugge il martello e finisce in testa al medico uccidendolo. Tra la catena causale del medico e quella dello stagnino non c'è relazione quindi l'evento è casuale. Io facevo l'esempio degli amici che si incontrano al supermercato, piuttosto simile.

Ovviamente presupponendo che effettivamente questa relazione non ci sia, osservo io. Perché potrebbe essere anche che lo stagnino fosse pagato per uccidere il medico, magari dalla stessa persona che lo ha chiamato per un'urgenza. Questo non sarebbe deducibile dai meri fatti osservati, ma potrebbe emergere da successive indagini. Per dire che di qualunque cosa in generale non possiamo avere la certezza della sua casualità. E comunque la casualità è sempre relativa al contesto, non può essere assoluta (come del resto qualunque altra cosa). Ed esistono anche diversi gradi di casualità, perché l'obiettivo di un'azione intenzionale può essere più o meno preciso. Meno è preciso, più il risultato, pur orientato, ha delle caratteristiche o degli aspetti lascati al caso, ossia non precisamente programmati.

Piuttosto non mi è chiaro cosa di preciso intenda TU quando dici che non esiste il caso puro ma solo lo pseudocaso, visto che non hai definito né l'uno né l'altro.

Comunque sia in questo contesto quello conta è la presenza o meno di un progetto o di un'intenzione che guida le azioni verso l'evento: se c'è intenzionalità (da parte di almeno un soggetto capace di azione volontaria) non c'è caso, e viceversa. Nell'esempio sopra, se allo stagnino il martello è sfuggito effettivamente di mano l'evento è casuale, se invece lo stagnino l'ha fatto cadere apposta con l'intento di uccidere il medico, ovviamente è intenzionale, anche se i fatti conosciuti non ce lo rivelano.
Ovviamente il problema è stabilire se l'intenzionalità c'è o non c'è, e, come dicevo, non possiamo mai esserne sicuri. Una mancanza di informazioni può indirci a credere casuale ciò che non lo è.
E se non abbiamo dati verificabili e ragionamenti coerenti e convincenti a conferma di una delle due possibilità, dovremmo giudicare in base ai segni, agli indizi e alla somiglianza o analogia con fatti che già conosciamo e sappiamo interpretare, senza la pretesa di arrivare a conclusioni certe.

iano

#108
Citazione di: Donalduck il 08 Luglio 2024, 01:40:19 AMPiuttosto non mi è chiaro cosa di preciso intenda TU quando dici che non esiste il caso puro ma solo lo pseudocaso, visto che non hai definito né l'uno né l'altro.


Il caso di cui parli tu e Monod è mancanza di intenzionalità, e contempla perciò diversi gradi, essendo graduabile l'intenzionalità.
Tutto ciò che non intenzionale è casuale.
Parlavamo dunque di due ''casi'' diversi.
Io intendo casuale ciò che non è soggetto alla catena di causa ed effetti, e perciò indeterminabile, e pseudocasuale ciò che pur essendo soggetto alla catena di cause ed effetti, come ad esempio il lancio di un dado, risulta imprevedibile di fatto.

Io non credo che il caso o pseudocaso che si ipotizza intervenga nella teoria dell'evoluzione sia ''mancanza di intenzionalità'', ma una impossibilità di determinazione per  principio, o in subordine di fatto.
Qui caso e determinismo si escludono a vicenda in modo netto, senza che si contemplino  gradi intermedi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Le "fatalità" casuali non esistono, si insegna nei corsi di prevenzione. I cantieri devono avere opere provvisionali tali da evitare che i martelli cadano in testa ai passanti e l'astronomia moderna è in grado di prevedere (la scienza !) Ia traiettoria dei corpi celesti, che possono fare danni, meglio dei satanisti.

Demistificare i concetti di caso e necessità alla luce di quello che veniamo sapendo è il miglior servizio che la filosofia può rendere alla conoscenza rendendola epistéme.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Donalduck il 03 Luglio 2024, 16:54:12 PMNon penso nessuna delle due cose, ma metto il mondo fisico e quello psichico sullo stesso piano (non nel senso di piano ontologico, ma di capacità causativa e "grado di realtà").
Il termine epifenomeno lo potrei usare per definire i fenomeni che sono effetti collaterali di altri fenomeni che stanno su un altro piano o semplici mezzi per ottenere risultati concepiti su un altro piano e realizzati sempre su quell'altro piano. Ma la sua attribuzione riguarderebbe i singoli fenomeni contingenti e non sarebbe definita dai piani a cui appartengono i fenomeni in questione.
Ad esempio se mi cade accidentalmente un vaso in testa (piano fisico) il dolore che sento (piano psichico) si può considerare un epifenomeno del fenomeno fisico dal quale è causato. Se invece quel vaso mi è stato buttato addosso di proposito da qualcuno per farmi male è il fenomeno fisico della caduta del vaso ad essere un epifenomeno. Potrei anche dire che c'è un piano del significato che assume il ruolo principale, ma ogni piano (in linea di principio e fino a prova contraria) può assumerne il ruolo di volta in volta.
Il fatto che definisca "reale" il piano fisico e solo quello è piuttosto eloquente.

Tutti questi discorsi resterebbero solo oziose disquisizioni puramente astratte e teoriche se non avessero dei risvolti pratici, anche di un certo rilievo.
Ma questi risvolti credo proprio che ci siano.

Ad esempio se qualcuno mi dicesse di aver visto il fantasma di suo nonno defunto e di averci parlato, non saprei a priori a quale piano ontologico assegnare questo fatto. Di certo non salterei subito alla conclusione che si tratta di una illusione o di una menzogna o del risultato di qualche malattia psichica, ma considererei anche la possibilità che i fantasmi esistano realmente, anche se nella mia esperienza non c'è niente che mi induca a crederlo. So che ci sono esperienze psichiche inspiegate e di origine sconosciuta, non ho pregiudizi sulla possibile esistenza di altri mondi non fisici (anzi ho la certezza che ne esiste almeno uno, quello che chiamo genericamente psichico, che percepisco con altrettanta evidenza di quello fisico), quindi ascolterei con rispetto quello che mi viene raccontato e sospendere il giudizio, non avendo mezzi per accertarne la natura.

Immagino che la tua interpretazione di un simile fatto e la conseguente reazione sarebbero differenti.

Il piano psicologico l'ho definito "astratto" ed è il "modo" reale con cui l'umano autocosciente prende coscienza della realtà.  Ma per quanto il modo sia reale non diventerà mai un ente, ma resterà una modalità. 

Volendo entificare tutte le modalità, la specificazione del loro "modo di essere" è fondamentale per evitare fumosità e confusioni logiche.

Il problema del disegno intelligente, rispetto al modello evolutivo impersonale, è la pressione etica che schiaccerebbe l'eventuale disegnatore (poco) intelligente. Al punto che scommettere sulla sua inesistenza è il miglior favore che gli si possa fare.



pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#111
Citazione di: Donalduck il 06 Luglio 2024, 17:28:33 PMCerto, è vero, ma quello che affermo è che entrambe, la teoria evoluzionistica e l'ipotesi, che si cerca di trasformare in teoria, della generazione spontanea della vita dalla materia organica inerte, hanno la stessa matrice ideologica, che è quella riassunta dal "postulato di oggettività" di Monod da cui deriva la convinzione che siano le uniche ipotesi o teorie possibili. E il punto debole, e insieme il motore propulsore, è lo stesso per entrambe le teorie (chiamiamole così): l'idea che la materia possa auto-organizzarsi in maniera altamente complessa e finalizzata, fino a dar origine a fenomeni come la coscienza degli esseri viventi, senza nessun'altra risorsa che le forze scoperte e formalizzate dalla scienza fisica. E che questa non sia soltanto un'ipotesi, ma l'unica possibilità, in ossequio al postulato di oggettività, per cui è solo questione di tempo e prima o poi si riuscirà a dimostrare l'origine "spontanea" della vita, mentre quella dell'evoluzione sarebbe già ampiamente dimostrata.
Chiarito che so bene che origine della vita e evoluzionismo sono cose diverse, preciso che la mia allusione al "brodo primordiale", una teoria che oggi è stata, si dice, superata, ma che ancora viene spesso citata, era generica, la mia critica non è rivolta contro una o l'altra teoria sull'origine della vita, ma sulla fede che prima o poi si dimostrerà che l'origine "spontanea" (ossia guidata solo dalle forze conosciute dalla fisica) verrà dimostrata perché è l'unica plausibile, altrimenti si cade nel dominio del "soprannaturale", idea che considero una sciocchezza, dal momento che qualunque cosa possa esistere non può che essere naturale. Ovviamente è possibile che nuove scoperte inducano a cambiare idea su cosa sia "naturale". Ma più ancora che su questa antiscientifica fede, la critica è rivolta all'aperta e violenta ostilità di parte del mondo scientifico nei confronti di teorie che non accettino la filosofia (perché di filosofia si tratta e non di scienza) del postulato di oggettività.
Vedo che fai molta fatica a capire quale siano i punti della teoria darwiniana che considero inattendibili. Non è un problema tuo, l'ho sempre riscontrato tutte le volte che ne ho discusso, credo che faccia parte della temperie scientifica che circonda questo tema. C'è questa tendenza irragionevole a ragionare su evoluzione si, evoluzione no, esattamente come per i vaccini: hai obiezioni di qualche tipo su qualche vaccino o sull'opportunità di fare quanti più vaccini possibile al maggior numero di persone possibile? Sei un "no-vax" che nega l'utilità dei vaccini tout-court. Il "vantaggio" di queste rozze semplificazioni è evidente: eviti di discutere i dettagli (che sono la cosa essenziale) e rigetti in partenza qualunque critica bollandola come "antiscientifica".

O forse detto che nego l'evoluzione? O che nego la cosa del tutto ovvia che se ci sono individui più adatti all'ambiente avranno maggiori possibilità di sopravvivere e di trasmettere i loro geni e quindi le loro "vantaggiose" caratteristiche fino a caratterizzare interi gruppi, più o meno numerosi, di individui? Ho forse negato le somiglianze genetiche e morfologiche che fanno pensare a una comune origine della vita? No, non l'ho fatto, ma tu me lo attribuisci lo stesso senza riflettere. Una distrazione, o piuttosto una compulsione, significativa e "ambientale", comune al tenore generale di questo tipo di discussioni.

Non nego affatto che il meccanismo delle mutazioni genetiche all'interno della stessa specie dia luogo a fenomeni di adattamento come quello che menzioni, e neppure che tale meccanismo possa dar luogo a mutamenti che portano a specie molto simili ma non identiche (come possono essere cavalli e zebre) o a razze differenti entro la stessa specie. E certamente il meccanismo in questione influisce sull'evoluzione. Ma da questo a considerarlo il motore dell'evoluzione ce ne passa.

Come ho inutilmente ripetuto più e più volte, quello che metto fortemente in dubbio è:
  • Il carattere casuale delle mutazioni, che sarebbero degli errori di duplicazione. Ipotesi arbitraria e non provata. Anche qui, non sto dicendo che non sono possibili errori di duplicazione che in quanto tali possiamo considerare casuali. Le malformazioni genetiche sono un buon motivo per pensarlo. Ma gli errori, come anche aspetti lasciati al caso sono caratteristiche di tutte le azioni finalistiche che conosciamo. Resta il fatto che sono elementi non certo essenziali, "epifenomeni", per usare un termine caro ai riduzionisti. A me sembra assai più ragionevole pensare che le mutazioni siano finalizzate ma soggette a errori e che magari alcune mutazioni siano lasciate, anche volutamente, al caso (tutte cose riscontrabili nelle opere umane finalizzate), ma che i processi evolutivi nel loro insieme siano l'esecuzione di un programma ben preciso. Del resto il DNA ha tutta l'aria di essere un supporto fisico di un programma (che può essere pensato come appartenente a un programma più vasto) del tutto simile a quelli che fanno funzionare un computer.
  • Che senza un intervento intelligente sia possibile formare sistemi altamente organizzati e così perfettamente coordinati e funzionanti come quelli degli esseri viventi o come i congegni costruiti dall'uomo. Questa mi sembra un'idea completamente campata in aria. Non dico che sia impossibile in assoluto (me lo impedisce la mia natura di agnostico radicale), ma non è certo un'ipotesi probabile, non essendo sostenuta né dall'esperienza né da processi razionali coerenti.



Come tutti i sostenitori del disegno intelligente hai le idee confuse...

Il tuo ragionamento si basa sulla fallacia dell'uomo di paglia; nel senso che la scienza non sostiene affatto che non esista in assoluto un sovrannaturale naturale, (esclude semmai solo il sovrannaturale "teistico", o "puro", come ipotesi di lavoro, fatto salvo comunque il diritto di ogni singolo scienziato di credere in un dio); sostiene solo che in mancanza di tale evidenza, di un sovrannaturale naturale, dobbiamo lavorare con le evidenze che abbiamo. Adeguandoci all'ipotesi di un molto piu' modesto:

sovranaturale/naturale.

In mancanza di meglio.

In altre parole, uno scieziato non puo' smettere, di lavorare, qui e ora, imputando le cause del reale alle leggi fisiche conosciute, solo perche' in futuro (forse) se ne scopriranno delle altre.
Ecco gia' spiegato perche' la teoria dell'evoluzione va tanto per la maggiore, senza implicare corruzioni e complotti: perche' essa e' quella che piu' si adatta alle evidenze che abbiamo, senza implicare spiegazioni non-evidenti  :D .

Come ad esempio fanno i sostenitori del disegno intelligente.

Antiscientifico e' inventarsi una legge fisica sconosciuta per spiegare quello che gia' si spiega abbastanza bene con quelle conosciute. Antiscientifico... e ridondante... sono due termini che vanno quasi sempre a braccetto. Se vuoi essere scienziato, non devi inventarti ad ogni angolo l'ignoto, per quello che si spiega (gia') abbastanza bene anche solo col noto.

Poi veniamo al tuo secondo grande errore: non aver compreso come funziona il meccanismo delle mutazioni "casuali" e inputare questa tua (personale) incomprensione a un difetto della teoria.

Le mutazioni "effettive" che in qualche punto dello spazio o del tempo avvengono, sono molte (ma molte!) di piu' di quelle "osservabili", cioe' di quelle che persistono, e perdurano, nello spazio e nel tempo, e giungono fino ai nostri occhi e alla nostra possibilita' di osservazione, perche' dalla natura "selezionate".

Per arrivare a, mettiamo, dieci mutazioni adattive, (che allungano il collo della giraffa, e le permettono cosi' di raggiungere bene le foglie) ci vogliono, mettiamo dieci milioni di mutazioni non adattive (che allungano i peli, i denti, colorano di verde gli occhi, fanno venire il tumore alla sfortunata giraffa che ne e' portatrice eccetera). Tu, a posteriori, vedi le dieci mutazioni adattive. Cioe' vedi le giraffe col collo lungo. Non vedi, le dieci milioni di mutazioni inutili, i cui singoli animali portatori hanno avuto svantaggi, o condizioni neutre, di non/vantaggio. Non le vedi, perche' esse, sono perdurate nel tempo e atrraverso il tempo troppo poco, e tu, che sei un osservatore a posteriori, che giunge milioni di anni dopo tali mutazioni, non hai potuto vederle.

Le giraffe coi denti lunghi, coi peli lunghi, con gli occhi verdi e con la predisposizione al tumore, sono tutte morte (prima di riuscire a riprodursi in buon numero) lungo la strada. L'intelligenza, e il finalismo, derivano da un insieme molto piu' grande di sussulti caotoci, non intelligenti e non finalistici. L'ordine, puo' ben derivare dal caos, se il caos, rispetto all'ordine, e' immansamente piu' vario, immensamente piu' numeroso, immensamente piu' grande. 

Vincolati come siamo al punto di vista, derivato, e infinitesimale, dell'ordine, il caos, e' per noi molto difficile da vedere, soprattutto retrospettivamente, ma cio' non vuol dire che esso non ci sia, che non produca effetti.

E, come terzo punto, naturalmente, bisogna affrontare il tema del nichilismo.

Quelli che oggi, nel 2024, ancora, si oppongono alla teoria dell'evoluzione naturale, consciamente o inconsciamente, lo fanno perche' non sopportano, e non digeriscono, il nichilismo che c'e' alla base di questa teoria. Siamo soli, al mondo, e senza nessuno scopo (predefinito) se non eventualmente quelli che abbiamo la forza di darci da noi stessi (volonta' di potenza). Viviamo per niente e soffriamo, per niente. La situazione, e' addirittuara comica, perche' si accusa l'evoluzione di essere non-finalistica.

Non finalistica??? Ma davvero???

Falso naturalmente: un finalismo alla base c'e', dell'evoluzione stessa, grosso come una casa, ed e' quello dei geni, portati dai viventi, di sopravvivere a tutti i costi. In un certi senso, l'evoluzione in se', e' molto piu' finalistica, del piu' finalistico, dei disegni "intelligenti" (illusori).

Solo che noi, in quanto uomini portatori di illusioni, non vogliamo sopravvivere, ma vogliamo vivere, e intendo con cio'  vivere "bene", entro certi canoni etici, eudaimonistici ed estetici. Vogliamo la vita buona, bella e piacevole; e odiamo l'evoluzione come pensiero e come concetto, perche' essa non e' come noi, e' portatrice di un finalismo che valorizza la sopravvivenza "bruta" , e "qualsiasi", e non la "nobile" (eticizzata e metafisicizzata) vita.
E la calunniamo addirittura, questa benedetta evoluzione, dicendo che essa non ha alcun finalismo (ce l'ha, invece, solo che e' un finalismo che non ci piace); e dopo averla calunniata, ci inventiamo un finalismo migliore, quello del (presunto) disegno intelligente.

Quando basterebbe accettare che la natura ci mette la "sopravvivenza", e la "vita", in quanto significazione della sopravvivenza, dobbiamo mettercela noi. E le due cose, non sono certo in contrasto.

La vita, la vita impulsiva e vegetativa del nostro corpo intendo, e' gia' di per se' disposta, a soffrire per vivere. Se noi (invece) non lo siamo, il problema e' nostro. Adattarci, e' la prossima tappa, dell'evoluzione. Che puo' ben prevedere la nostra, umana e antropide, scomparsa, in quanto variazione inutile.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

Cos'è il "disegno intelligente" se non un escamotage per spiegare l'esistenza attraverso qualcosa di altrettanto esistente?
È cioè un tentativo, tra i tanti, di supporre una ulteriore esistenza che spieghi questo nostro esistere.

Senza però considerare che sia il "disegno" sia la "intelligenza" sono caratteristici di questa esistenza!
E perciò il supporli altrove, non fa che riproporre il problema dell'esistere in un'altra dimensione, senza però risolverlo.
Una non soluzione, non dissimile dagli dei dell'Olimpo.

Non sarebbe meglio evitare di supporre fantomatiche esistenze, e iniziare ad affrontare l'Essere?
Senza pensarlo né intelligente, né progettista, ma semplicemente Nulla?

Un Nulla che, per essere il Bene,  necessita di me.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

La risposta di Niko è quantomai completa. Aggiungo solo che l'evoluzione (Darwin avrebbe preferito chiamarla trasmutazione proprio per non darle quella idea di direzione verso una sorta di "progresso biologico"), non si fonda sulla perfezione. Noi non siamo perfetti. I nostri muscoli sono rachitici rispetto a quelli di altre specie, non sappiamo correre a 100 km all'ora, di notte vediamo malissimo. Le nostre femmine hanno, in natura, un tasso altissimo di morte per parto, a causa del bacino stretto. La natura va avanti per tentativi e compromessi, senza poter stravolgere tutto. Non si può passare, in biologia evoluzionistica, dalla ritrattistica al espressionismo. I nostri corpi tramandano una storia organica antica e prima che i mammiferi trovino un metodo più ingegnoso per portare avanti la gravidanza e quindi la specie, potrebbero passare milioni di anni. Pensare ad homo sapiens come a un miracolo di perfezione, che rimanda ad una "intelligenza esterna" è errato. E comunque, come ha fatto notare Niko, nella scienza funziona ancora il rasoio di Occam. Non dobbiamo certo pensare ad un complotto se una teoria spiega bene certe cose e dice di non poter rispondere a certe domande. L'evoluzionismo spiega bene la storia delle specie sul pianeta terra, da 3.4 miliardi di anni fa ad oggi e ci dice fondamentalmente, che siamo tutti collegati, collegati perfino, oltre che alle altre specie viventi, anche al clima e alla composizione geologica della terra. Non spiega come sia iniziata la vita. Il vero grande mistero è questo. Anche perché la vita, da quel che ne sappiamo, ha da subito usato il sistema a dna-rna, il quale non è così rudimentale, anzi è di una complessità notevole. Come abbia fatto a svilupparsi dal nulla è davvero ancora un grande mistero. Ma una volta messo in pratica, il dna-rna ha fatto il suo sporco lavoro, che continua a fare tuttora. Tanto per dirne una: una parte del nostro dna proviene dai virus ed è solo grazie ad un virus che le femmine di homo sapiens hanno la placenta. Senza quel virus, al massimo saremmo come gli ornitorinchi o le echidne, che pur essendo mammiferi, depongono le uova.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Pio

Io sono come San Tommaso: se non vedrò con i miei occhi lo scimmione trasformarsi in uomo, se non toccherò con le mie mani la coda e il pelo caduti, non crederò. E siccome ci vorrebbero milioni di anni di vita per poterlo vedere, morirò senza credere. Come colui che dice " mostratemi Dio e crederò' " così io dico : "Mostratemi l'anello mancante e crederò'" . Altrimenti sono solo teorie, ipotesi di lavoro, ossa vecchie di incerta attribuzione. Tra 200 anni potrebbe essere una teoria di cui burlarsi e pertanto, nel dubbio, non crederò.  :))
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

Citazione di: Pio il 09 Luglio 2024, 08:48:45 AM"Mostratemi l'anello mancante e crederò'"
Wikipedia dice:
''La locuzione "anello mancante" (in inglese missing link) nacque nel corso del dibattito evoluzionistico del XIX secolo per indicare la mancanza di rinvenimenti fossili che completassero le linee evolutive delle forme viventi. Nella moderna teoria evolutiva neodarwiniana tale espressione e il relativo concetto hanno, però, completamente perso il loro valore scientifico. Sopravvive ancor oggi, invece, nel dibattito parascientifico (soprattutto nelle critiche antievoluzionistiche) e, come locuzione, nella cultura popolare.''

A quanto pare l'anello mancante hanno smesso di cercarlo, e io ancora devo capire cosa cercassero.
Che cosa è questo anello mancante secondo te?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Citazione di: iano il 09 Luglio 2024, 09:37:01 AMWikipedia dice:
''La locuzione "anello mancante" (in inglese missing link) nacque nel corso del dibattito evoluzionistico del XIX secolo per indicare la mancanza di rinvenimenti fossili che completassero le linee evolutive delle forme viventi. Nella moderna teoria evolutiva neodarwiniana tale espressione e il relativo concetto hanno, però, completamente perso il loro valore scientifico. Sopravvive ancor oggi, invece, nel dibattito parascientifico (soprattutto nelle critiche antievoluzionistiche) e, come locuzione, nella cultura popolare.''

A quanto pare l'anello mancante hanno smesso di cercarlo, e io ancora devo capire cosa cercassero.
Che cosa è questo anello mancante secondo te?
Penso che cercassero la forma intermedia, semplificando , tra lo scimmione progenitore e  l'uomo ( nei vari tipi di homo). Non si è mai trovato. 
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#117
Citazione di: Pio il 09 Luglio 2024, 09:47:56 AMPenso che cercassero la forma intermedia, semplificando , tra lo scimmione progenitore e  l'uomo ( nei vari tipi di homo). Non si è mai trovato.
Però mi pare di capire che per te abbia ancora un senso cercarlo, e che anzi sia una questione dirimente per te.
Oggi parlano di cespuglio invece che di albero, ma anche qui non capisco cosa cambi passando dall'albero al cespuglio.
O meglio mi contraddico, lo capisco, significa che non discendiamo dagli scimmioni con una passaggio intermedio che è l'anello che non si trova, essendo l'umanità ''cugina'' degli scimmioni.
A quanto pare le teoria dell'evoluzione si evolve, come succede a qualunque branca della scienza, e forse non capisco del tutto la necessità di questi passaggi evolutivi perchè sono andato ancora oltre questa in questa evoluzione.
Infatti secondo me per poter parlare di questa catena evolutiva, anello dopo anello, bisognerebbe prima dimostrare che le specie esistano davvero, e che non nascano cioè da una convenzione che facciamo in modo più o meno consapevole.
Se ciò non si riesce a dimostrare, e se le specie nascono dunque da una convenzione, convenzionali saranno anche i passaggi da una specie all'atra, e a me pare appunto che le cose stiano cosi, e se stanno così, essendo che le convenzioni le facciamo noi, non abbiamo poi bisogno di dimostrarle.
Al massimo, e su richiesta, dovremo giustificare il senso delle convenzioni che facciamo.
Il senso è che, partendo dal fatto che sono gli individui ad evolversi, da ciò segue che si evolveranno parimenti gruppi di individui convenzionalmente raggruppati secondo precise caratteristiche.
Ma se partiamo dall'assunto che tutti gli individui sono diversi fra loro, come facciamo a dimostrare che essi si evolvono, se la loro differenza di questa evoluzione non sarà prova, essendo essi diversi appunto fra loro per definizione?
Se però consideriamo gruppi di individui che rispondano  ad arbitri, ma ben precisati criteri di appartenenza al gruppo, vedremo che le caratteristiche che individuano questi gruppi nel tempo si evolveranno.
Le specie sono cioè un epifenomeno degli individui di cui possiamo dimostrare l'evoluzione, dimostrando così indirettamente che gli individui si ''evolvono''.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#118
Se noi siamo convinti che le specie esistano di per sè, in modo indipendente dagli individui, non essendo di questi un epifenomeno, ci illudiamo solo di aver superato il problema delle razze umane, avendo dimostrato che non esistono.
Per risolvere il problema in modo definitivo occorre un ulteriore passaggio, dimostrare che non esistono le specie, e che in generale non esistono tutte quelle categorie ''con  cui classifichiamo'' tutti gli esseri viventi, se non in modo convenzionale, essendo appunto noi ad attuare queste classificazioni, al fine di ''dominare conoscitivamente'' la complessità degli individui.
Le specie cioè sono semplificazioni che ci permettono di descrivere gli esseri viventi, evitandoci di doverli descrivere uno per uno.
Ma come avviene per ogni descrizione della realtà, e nella misura in cui non abbiamo coscienza delle semplificazione che facciamo, succede di poter confondere la realtà con le sue descrizioni, come se queste descrizioni fossero assolute , come se non fossimo noi a farle, ma che invece a noi si presentassero come evidenti realtà, per quanto lacunose, e che noi resti in prima persona solo il compito di colmare queste lacune.

Se le specie invece nascono da una convenzione, apparirà allora quanto questa convenzione si sia dimostrata utile e significativa , se attraverso l'evoluzione di queste specie convenzionali, possiamo indirettamente dimostrare che gli individui si evolvano, cosa che per via diretta è impossibile da dimostrare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

#119
Se gli individui si evolvono, il "disegno intelligente" può aver creato esseri viventi con la capacità di adattarsi all'ambiente ed evolvere, cambiando continuamente. Poi noi ci costruiremo sopra una divisione convenzionale in specie per utilità. In teoria l'evoluzionismo non è negazione di un possibile disegno intelligente. Le due cose possono coesistere tranquillamente. L' ha già teorizzato Teilhard de Chardin se non sbaglio. L'apparente casualità delle mutazioni può anche essere un modello interpretativo che ci facciamo. Faccio un es: un pasticcere sta preparando una torta. Noi entriamo nel laboratorio quando ha già iniziato il lavoro da un bel pezzo. Non conosciamo nulla di dolci. Non sappiamo che torta intende fare, né l'esito finale ( buona, non buona, schifosa, immangiabile,ecc.). Il procedimento non potrà che apparirci strano, apparentemente casuale appunto, senza senso. L'interpretazione è dovuta al fatto che non conosciamo inizio, metodo è risultato.
Una cosa che deduciamo è che il pasticcere usa metodi ruvidi (per noi non piacevoli).
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

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