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Le radici della guerra

Aperto da Jacopus, 22 Giugno 2024, 01:10:43 AM

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Jacopus

"Le radici della guerra sono nel modo di vivere la vita quotidiana, nel modo di impostare lo sviluppo economico, di organizzare la società, di consumare. Se osserviamo in profondità la situazione, vedremo le radici della guerra. Non possiamo limitarci a dare la colpa all'uno o all'altro. Dobbiamo superare la tendenza a schierarci".
Questa frase di Thich Nhat Hanh mi ha colpito per la sua attualità, nonostante sia stata scritta trenta anni fa. Proprio alla vigilia di quella nuova epoca di guerre calde, da cui l'Europa era stata preservata dal 1945.
C'è chi afferma che la guerra è ontologicamente e geneticamente umana. Io credo di no, che sia molto più farina delle strutture sociali e di come esse evolvono, di quali interessi sono portatrici, di cosa sono disposte a mediare.
Senza questa consapevolezza (cioè del fatto che la guerra non è frutto dello scontro buoni/cattivi) vedo un brutto futuro per l'umanità.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Certo che la guerra é geneticamente umana. 
L'uomo é un essere violento e sociale. 
L'essere sociale fa si che si organizzi in comunità nelle quali l'istinto violento é inibito, ma si riattiva quando si percepisce la necessità di difendere la comunità stessa.
L'organizzazione e la cultura sociale, nel tempo, ha comunque inibito fortemente questo istinto violento, e lo ha fatto anche con l'organizzazione economica, che crea relazioni di interesse economico tra le comunità. 
C'é chi ha detto che alle frontiere degli stati, o passano le merci, o passano i soldati, e io credo che anche tu, jacopus, sia d'accordo con me sul fatto che é meglio la prima. 
Purtroppo nel caso della Russia questa strategia non ha funzionato, ma si tratta di un'eccezione, la gran parte del mondo economico é caratterizzata da un insieme di scambi tra paesi in pace tra loro. 
Non condivido l'idea del fatto che non ci sono responsabilità quando questa pace viene rotta, le responsabilità ci sono perché é sempre qualcuno che decide di romperla, la pace. 

iano

#2
Citazione di: anthonyi il 22 Giugno 2024, 05:40:22 AMCerto che la guerra é geneticamente umana.
L'uomo é un essere violento e sociale.
L'essere sociale fa si che si organizzi in comunità nelle quali l'istinto violento é inibito, ma si riattiva quando si percepisce la necessità di difendere la comunità stessa.

La guerra è l'equivalente del conflitto individuale  riferito ai gruppi sociali.
Che esistano conflitti individuali è pacifico, ma come si spiegano a partire da questi i conflitti fra gruppi?
Possiamo dire paradossalmente che se le guerre sono possibili è perchè tutta questa individualità imperante di cui si dice in effetti non c'è, se gli individui riescono ad ''annullarsi'' nei gruppi sociali, trasferendo/delegando in essi/ad essi la loro natura conflittuale, e che in sostanza le guerre siano una conseguenza diretta della nostra natura sociale?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#3
Citazione di: Jacopus il 22 Giugno 2024, 01:10:43 AM"Le radici della guerra sono nel modo di vivere la vita quotidiana, nel modo di impostare lo sviluppo economico, di organizzare la società, di consumare. Se osserviamo in profondità la situazione, vedremo le radici della guerra. Non possiamo limitarci a dare la colpa all'uno o all'altro. Dobbiamo superare la tendenza a schierarci".

Temo che superare la tendenza a schierarsi equivalga a rinunciare alla nostra natura sociale, e mi chiedo quanto questa rinuncia ci permetterebbe di sopravvivere come individui.
La tendenza a schierarci potrebbe essere una necessità, le cui conseguenze potrebbero essere mitigate dal prendere coscienza di questa necessità.
Cioè la necessità di schieraci potrebbe rendere accessoria la motivazione che adduciamo per schierarci con uno piuttosto che con l'altro.
Se ho la necessità di schierarmi, perchè da ciò dipende la mia sopravvivenza come individuo, conta  poco poi con chi mi schiererò, valendo uno schieramento l'altro.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

anthonyi

Citazione di: iano il 22 Giugno 2024, 23:58:52 PMLa guerra è l'equivalente del conflitto individuale  riferito ai gruppi sociali.
Che esistano conflitti individuali è pacifico, ma come si spiegano a partire da questi i conflitti fra gruppi?
Possiamo dire paradossalmente che se le guerre sono possibili è perchè tutta questa individualità imperante di cui si dice in effetti non c'è, se gli individui riescono ad ''annullarsi'' nei gruppi sociali, trasferendo/delegando in essi/ad essi la loro natura conflittuale, e che in sostanza le guerre siano una conseguenza diretta della nostra natura sociale?
Non é un paradosso, iano, é una proprietà comportamentale umana razionale anche dal punto di vista biologico. L'individualismo umano viene limitato quando vi é la percezione di un pericolo per la comunità. Questo spiega anche il comportamento dei tiranni che inventano nemici della patria appositamente per avere un maggiore controllo sul popolo. 

iano

#5
Citazione di: anthonyi il 23 Giugno 2024, 05:28:25 AMQuesto spiega anche il comportamento dei tiranni che inventano nemici della patria appositamente per avere un maggiore controllo sul popolo.
Ma siamo sicuri che questo passaggio sia necessario?
Cioè siamo sicuri che il popolo non sia in grado di inventarsi da solo i propri nemici?
Una volta poi che il popolo si sarà inventato i suoi nemici si troverà sempre il capopopolo pronto a cavalcare l'occasione che gli si presenta.
Non sono i milanisti infatti a inventarsi i nemici interisti e viceversa, in una simulazione di guerra?
Secondo me l'appello di Jacopus lo si può accogliere solo in parte, ma sarebbe già tanto.
Come fare dovremmo scoprirlo qui insieme.
Iniziamo a considerare l'innegabile piacere che si prova a sentirsi parte di un gruppo.
Se è vero che il piacere non è un bene in sè, potremmo provare a razionalizzare la nostra necessità di intrupparci, limitandola così allo stretto necessario, se di una necessità si tratta.
Imparare cioè a rinunciare al piacere che ci dà l'intrupparci.

Credo che ci lasceremmo morire di fame in mancanza del piacere di mangiare, e ci estingueremmo in mancanza del piacere sessuale, ma smetteremmo di intrupparci rinunciando al piacere di farlo?
Potrebbe bastare ciò a limitare il numero delle guerre allo stretto necessario?
Quello che voglio dire è che io come individuo non riesco ad eliminare i miei conflitti individuali, ma posso limitarli individuando quelli che si riducono al puro piacere di essere conflittuale, eliminandoli.
Come si fà ad ottenere la stessa cosa all'interno di un gruppo sociale?

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Von Klausewitz, stratega prussiano, scrisse che la guerra è il proseguimento della politica con altri mezzi. Questa affermazione, storicamente verace, implica una politica classista in cui c'è lo stratega e la carne da cannone.

Rimuovere il coacervo di interessi generati da una divisione sociale classista è una buona ricetta per eliminare il 99% dei conflitti internazionali e facilitare la soluzione dell'1% rimanente, causato da eccesso demografico e penuria di risorse contese.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Approvo l'ultimo post di Ipazia ed aggiungo un flash. In rete girano video dove specie animali molto diverse convivono pacificamente, un po' come nei volantini dei testimoni di Geova. Non c'è guerra fra di loro perché le risorse sono equamente distribuite. Ovvio che la loro situazione è molto diversa dalla nostra. Le giraffe non cercano vestiti griffati o posti da direttore, ma nel discorso (radicale, perché va alla radice) che fa Thich Nhat Hanh, il concetto è lo stesso, e l'opposizione a quel concetto produce, ad esempio, paradossali guerre fra poveri, come fra poveri locali e poveri stranieri, come se essere poveri del luogo fosse una forma di rispettabilità e di innalzamento sociale (e conseguente strategia del potere per distogliere l'attenzione dai veri problemi).
Per inciso, Thich Nhat Hanh fu perseguitato sia dal governo capitalista del Vietnam del Sud che dal governo comunista del Vietnam del Nord. Anche questo aspetto andrebbe valutato rispetto a schierarsi in modo affrettato da una parte o dall'altra. Proprio l'ammonimento che ci fa il monaco.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: iano il 23 Giugno 2024, 08:57:31 AMCredo che ci lasceremmo morire di fame in mancanza del piacere di mangiare, e ci estingueremmo in mancanza del piacere sessuale, ma smetteremmo di intrupparci rinunciando al piacere di farlo?
Potrebbe bastare ciò a limitare il numero delle guerre allo stretto necessario?
Quello che voglio dire è che io come individuo non riesco ad eliminare i miei conflitti individuali, ma posso limitarli individuando quelli che si riducono al puro piacere di essere conflittuale, eliminandoli.
Come si fà ad ottenere la stessa cosa all'interno di un gruppo sociale?


La soluzione é stata trovata da tempo trasformando la guerra in competizione economica. E' il principio che io ho già espresso per il quale alle frontiere passano le merci o i cannoni. Un principio che nega la tesi di questo topic, che vuole sostenere il rapporto tra un dato sistema "capitalistico" e la guerra. 
E' vero l'esatto contrario, l'accumulazione della ricchezza, e lo sviluppo dei commerci, é favorito dalla pace, e favorisce la pace.
I paesi che oggi fanno la guerra sono infatti in gran parte ai margini del commercio internazionale, e lo sono anche per effetto del fatto che hanno deciso di fare la guerra. 

Koba II

È un'illusione pericolosa pensare che la guerra sia il risultato di contrapposizioni tra comunità.
Chiediamoci piuttosto: chi è che decide di iniziare una guerra? La comunità? È l'operaio del Michigan che ha scelto la guerra in Iraq? È il contadino russo che sentiva l'impellente desiderio di invadere l'Ucraina?
No, al giorno d'oggi sono le oligarchie al potere, in Occidente come in Oriente, a decidere, del tutto indipendentemente rispetto a quelli che sono gli interessi generali, anzi spesso in aperta e plateale contrapposizione rispetto agli interessi generali.
Inutile fare analisi antropologiche immaginandoci come se vivessimo in un villaggio di 5.000 anni fa. Non esiste alcuna "natura stabile" dell'essere umano, l'uomo crea istituzioni sociali e cultura e da esse viene modificato, in continuazione.

Una tesi recente, proposta per capire i conflitti che si stanno scatenando come quello tra Usa e Cina, ritenuto da molti come inevitabile (!), è quella che vede nella tendenza del capitalismo all'accentramento della ricchezza in una cerchia sempre più ristretta, che si è accentuata negli ultimi 30 anni, la causa dell'esasperazione delle contrapposizioni.
Così ad un capitalismo sulla difensiva (quello anglo-americano) sotto assedio rispetto a quello di Cina e degli altri paesi creditori, non rimane che sfoderare l'opzione militare.
Così come al capitalismo in ascesa di Cina e company interessa uno scontro per nuovi posizionamenti.
È la loro guerra, non la nostra.
Del resto noi cittadini occidentali abbiamo lasciato che venisse meno l'essenza delle nostre democrazie, non abbiamo mosso un dito, perché l'unica cosa che sembra interessarci sono i diritti civili (quelli politici trasformati in una ritualità opportunamente svuotata dalle oligarchie non ci  inducono allo sdegno: e la lezione della pandemia è proprio questa: accetto che ci siano buffoni al potere, o che ci siano 10 milioni di lavoratori in Italia che guadagno meno di 5 euro all'ora, ma se mi costringete a fare un vaccino cazzo io vi ammazzo tutti! Cioè la lezione della pandemia è la conferma definitiva di un individualismo radicate, totalizzante, addirittura inconscio, al fatto che la dimensione politica si è ridotta alla chiacchiera, alla pura retorica).

Ipazia

Tutto bene eccetto il covax, che rientra nel concetto di guerra mettendo, al posto della carne da cannone, carne da sperimentazione  per profitti biotecnologici.

In questo caso l'individualismo c'entra come i cavoli a merenda, e mi stupisce che chi ha compreso la dinamica capitalistica della guerra economica e militare non veda le analogie con la guerra sanitaria.

Già attivata come progetto assai prima delle vaccinazioni sperimentali coatte direttamente su cavie/consumatori umani, in seguito all'evidenza che il più grosso problema del capitale farmaceutico sono le persone sane. Progetto già denunciato 50 anni fa nel saggio "Malato immaginario, medico per forza".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Citazione di: Ipazia il 23 Giugno 2024, 09:33:26 AMVon Klausewitz, stratega prussiano, scrisse che la guerra è il proseguimento della politica con altri mezzi. Questa affermazione, storicamente verace, implica una politica classista in cui c'è lo stratega e la carne da cannone.

Rimuovere il coacervo di interessi generati da una divisione sociale classista è una buona ricetta per eliminare il 99% dei conflitti internazionali e facilitare la soluzione dell'1% rimanente, causato da eccesso demografico e penuria di risorse contese.
Al contrario ipotizzo che una società aclassista, egualitaria, anarchica sia la migliore condizione per la genesi di conflitti. Le classi, la divisione sociale, la variabilità sono invece un sistema per limitare i conflitti e le guerre intestine.
Infatti i tentativi anarchici, egualitari, comunisti sono tutti sfociati in avventure o stati totalitari.
Gli stati totalitari si basano principalmente sull'uso della forza e della violenza, la guerra interna, condotta con la polizia e l'esercito, contro i "nemici del popolo".
A monte della guerra c'è un banale problema biologico ed economico, che le risorse sono scarse rispetto ai bisogni, da qui originano i conflitti (Malthus, Darwin). Problema che la politica non può risolvere, ma solo limitare.

anthonyi

Citazione di: Koba II il 23 Giugno 2024, 10:22:39 AMÈ un'illusione pericolosa pensare che la guerra sia il risultato di contrapposizioni tra comunità.
Chiediamoci piuttosto: chi è che decide di iniziare una guerra? La comunità? È l'operaio del Michigan che ha scelto la guerra in Iraq? È il contadino russo che sentiva l'impellente desiderio di invadere l'Ucraina?
No, al giorno d'oggi sono le oligarchie al potere, in Occidente come in Oriente, a decidere, del tutto indipendentemente rispetto a quelli che sono gli interessi generali, anzi spesso in aperta e plateale contrapposizione rispetto agli interessi generali.

Il senso di superiorità che hanno i russi rispetto agli ucraini é un qualcosa di abbastanza radicato culturalmente, ed il consenso per l'invasione dell'ucraina c'é in Russia. 
In ogni società ci sono oligarchi, ma c'é comunque una relazione tra oligarchie e popolo per la quale comunque l'oligarchia deve tener conto dello spirito del suo popolo, altrimenti non sarà in grado di fare la guerra, perché la guerra poi la deve fare il popolo. 
Naturalmente le oligarchie contano, ma non hanno un peso assoluto. 
Il tuo riferimento poi agli "interessi generali", poi, complica un po' il ragionamento. 
Che cos'é l'Interesse generale, chi lo conosce? Il popolo? L'oligarchia? 

baylham

Citazione di: Koba II il 23 Giugno 2024, 10:22:39 AMÈ un'illusione pericolosa pensare che la guerra sia il risultato di contrapposizioni tra comunità.
Chiediamoci piuttosto: chi è che decide di iniziare una guerra? La comunità? È l'operaio del Michigan che ha scelto la guerra in Iraq? È il contadino russo che sentiva l'impellente desiderio di invadere l'Ucraina?
No, al giorno d'oggi sono le oligarchie al potere, in Occidente come in Oriente, a decidere, del tutto indipendentemente rispetto a quelli che sono gli interessi generali, anzi spesso in aperta e plateale contrapposizione rispetto agli interessi generali.
Non ho visto la maggioranza degli operai del Michigan o dei contadini russi protestare, scioperare, contestare le scelte dei loro governanti, che, almeno negli Stati Uniti, gli elettori hanno democraticamente scelto.

Gli interessi generali semplicemente non esistono, esistono interessi di parte, relativi. Ragionare in termini di interessi generali promuove semmai il totalitarismo e la guerra.

Koba II

Le risorse utilizzate per difendere la leadership militare Usa nel mondo (e quindi la leadership del suo capitalismo) vengono dai suoi cittadini, non dai suoi capitalisti, i quali in un modo o nell'altro di tasse ne pagano sempre pochissime.
Il che significa che l'operaio del Michigan vede le sue tasse trasformarsi in armi, che servono però a difendere gli interessi economici dell'oligarchia al potere costituita da capitalisti, alti funzionari, lobbisti, etc., non a difendere i suoi di interessi, che molto più prosaicamente sono scuole, ospedali, manutenzione delle strade etc, cioè interessi di tutta la comunità (quindi generali), di tutti coloro che vivono nella comunità e che quindi hanno bisogno di strutture mediche, infrastrutture etc.
Naturalmente la propaganda dirà che tutte quelle risorse servono a proteggerlo, lui povero lavoratore minacciato dall'espansionismo del cattivo di turno.
Per esempio noi cittadini italiani assistiamo impotenti al dirottamento di miliardi di euro nelle spese militari, con una sanità intanto in disfacimento, e questo perché la grande minaccia sarebbe la Russia, che pur non riuscendo ad arrivare a Kiev in più di due anni di guerra, sarebbe però pronta a invadere l'Europa centrale e occidentale.

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