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Il "poligono ciclico"

Aperto da Eutidemo, 12 Giugno 2024, 17:22:20 PM

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Eutidemo

Così come mi ha fatto riflettere una interessantissima considerazione di BOBMAX, in risposta al mio enigma della "recinzione", il "poligono ciclico" è un "poligono" i cui vertici appartengono tutti ad una stessa "circonferenza".
***
Come, ad esempio, nel caso del seguente quadrato:
***
Ora, senza stare a calcolare le relative aree, salta all'occhio che l'area del cerchio che contiene il quadrato è senz'altro più grande dell'area del quadrato in esso contenuto: il che si desume anche in via meramente logica, perchè "il contenente è sempre maggiore del contenuto".
***
Salta anche all'occhio, d'altronde, senza stare a calcolare le relative aree, che la differenza di ampiezza tra l'area del cerchio che contiene un qualsiasi poligono e l'area del poligono in esso contenuto, diminuisce progressivamente con l'aumentare dei lati del poligono stesso.
***
Non saprei dire (senza fare dei calcoli) se la differenza di ampiezza tra l'area del cerchio che contiene il poligono e l'area del poligono in esso contenuto, diminuisca in modo "inversamente proporzionale" all'aumento dei lati del poligono stesso; però non c'è nessun dubbio che, con l'aumentare di tali lati, la differenza tra l'area del cerchio che contiene il poligono e l'area del poligono in esso contenuto diminuisce sicuramente sempre di più, tendendo all'"eguaglianza".
***
A questo punto, mi chiedo se sarebbe possibile definire il "cerchio" come un "poligono con un numero infinito di lati"; però, in tal caso, ogni lato dovrebbe avere una "lunghezza pari a 0" (zero).
***
P.S.
A questo punto, però, se non ricordo male:
- qualsiasi numero moltiplicato per zero, dà come risultato zero;
- qualsiasi numero moltiplicato per infinito, dà come risultato infinito.
***
Ma cosa succede se moltiplichiamo zero (che è un numero) per un numero infinito?
***
Non saprei proprio cosa rispondere!
E voi?
***

iano

#1
Citazione di: Eutidemo il 12 Giugno 2024, 17:22:20 PM
A questo punto, mi chiedo se sarebbe possibile definire il "cerchio" come un "poligono con un numero infinito di lati"; però, in tal caso, ogni lato dovrebbe avere una "lunghezza pari a 0" (zero).

Al posto di questa definizione ''statica'', che comporta le contraddizioni che hai esposto, se ne può dare una ''dinamica'' definendo il cerchio  come un poligono regolare inscritto in un cerchio i cui lati, non sono infiniti, ma tendono ad infinito.
Anche questa è una forzotura però, perchè un poligono, per quanto facciamo aumentare il numero dei suoi lati, non sarà mai un cerchio, mentre è corretto dire che all'aumentare dei lati essi tendono ad infinito.
E' corretto perchè non stiamo dicendo che sono infiniti, ma che tendono ad infinito.
Ma mentre il numero di lati tende ad infinito, a cosa tendono le aree dei poligoni?
Tendono all'area del cerchio, che è un numero che presenta infinite cifre decimali, senza un periodo che si ripeta.
E' in questo modo che usando i concetti matematici di integrale e di processo al limite che è stata calcolata   l'area del cerchio, che non è però un numero razionale, dove un numero razionale è un numero con infinite cifre decimali che presentano sempre un periodo, cioè una sequenza di cifre dopo la virgola che si ripete all'infinito, il che equivale a dire che il famoso problema della quadratura del cerchio non ha trovato soluzione, ed anzi è stato dimostrato che non ce l'ha, cioè è stato dimostrato che non può essere un numero razionale.
Il pigreco che appare nell'area del cerchio è appunto un numero irrazionale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#2
La scoperta dei numeri irrazionali ha destato una grande sorpresa presso l'umanità, e ha dato la stura a una lunga serie di scoperte non meno sorprendenti, tanto che ormai gli addetti ai lavori ci hanno fatto l'abitudine e non la considerano più una cosa sorprendente.
Da un punto di vista filosofico abbiamo un caso molto interessante, laddove una forte aspettativa è stata delusa, e dunque da dove nasceva questa convinzione?

I numeri irrazionali non siamo costretti ad accettarli, però se non li accettiamo, limitandoci a quelli razionali, ammettiamo così che all'area del cerchio non corrisponde alcun numero, che sarebbe cosa non meno strana da accettare.

Ma quella che ho raccontato è volutamente una favola, perchè già l'area di molti poligoni è un numero irrazionale, è storicamente il primo numero irrazionale scoperto è stato radice di due.
Pigreco comunque è ancora più strano di radice di due, e ciò si esprime dicendo che è un numero trascendente, ma questa è un altra storia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Temo di essere troppo ignorante in "matematica" per poter replicare adeguatamente ed in modo appropriato alle tue molto più competenti considerazioni. :-[
***
Tuttavia, almeno sotto il profilo "logico" e "filosofico", a me sembra che:
- un conto sia "tendere all'infinito";
- un altro conto, invece, sia "essere infinito".
Ed infatti "tendere alla pinguedine" è una cosa diversa dall'"essere grassi"!
***
Di conseguenza, secondo me, almeno a livello concettuale il "numero infinito" di lati "virtualmente" esiste; e non è la stessa cosa di un "numero di lati che tende all'infinito".
Concetto, quest'ultimo, alquanto ambiguo, perchè anch'io "tenderei" ad andare a letto con Belén Rodríguez; però, chi ci va a letto sul serio, non sono io, bensì Angelo Edoardo Galvani (beato lui).
***
Ciò premesso, un "poligono dai lati infiniti" dovrebbe logicamente corrispondere anche ad un "poligono dagli angoli infiniti", i quali dovrebbero essere tutti "piatti" (180%); per cui un "poligono dai lati infiniti" dovrebbe corrispondere ad una "retta", cioè ad un un "cerchio dal raggio infinito".
***
Ma una retta non potrebbe anche considerarsi uno dei lati di un quadrato (o di un qualsiasi altro poligono) dall'area infinita?
Ed infatti, visto che "infinito x infinito = infinito", moltiplicando un lato infinito per un altro lato infinito, dovremmo ottenere un'area infinita.
***
Per cui, almeno ragionando così, "all'infinito", tutte le figure geometriche diventano UNA STESSA  COSA.
***
Ma è evidente che è la mia ignoranza in matematica a farmi farneticare in questo modo; ed anche se mi spiegassero matematicamente in che cosa consiste il mio errore, non sarei in grado di comprenderlo, perchè ignoro il necessario "linguaggio". :-[
***
Un cordiale saluto! :)
***

iano

#4
Citazione di: Eutidemo il 13 Giugno 2024, 06:32:06 AM
Di conseguenza, secondo me, almeno a livello concettuale il "numero infinito" di lati "virtualmente" esiste; e non è la stessa cosa di un "numero di lati che tende all'infinito".

Sicuramente non è la stessa cosa affermare oppure no l'attualità dell'infinito, perchè cambia molto dal punto di vista filosofico, ma dal punto di vista della matematica cosa cambia?
Secondo me nulla, nella misura in cui la matematica non è filosofia.
Il problema cioè è puramente filosofico e riguarda i matematici nella misura in cui fanno filosofia.
Più esattamente il problema sarebbe ''In che misura i matematici nello svolgere il loro lavoro sono liberi di non fare filosofia?'' , oppure, ''Si può capire la matematica senza fare filosofia?'', oppure ancora ''Nella misura in cui la matematica è un linguaggio, stiamo facendo matematica pura se nel farla non riusciamo ad evitare di aiutarci con linguaggi ad essa alternativi, come è ad esempio la lingua italiana?

La nostra filosofia influenza il nostro fare, e in particolare influenza il nostro nostro modo di fare matematica, al punto che al ''limite'' potrebbe bloccare il lavoro matematico stesso.
Di questi blocchi in effetti è punteggiata la storia della matematica.
L'unico modo di superare questi blocchi è cambiare punto di vista filosofico, ed in questo modo che filosofia e matematica, crescono insieme.
Avendo io in tal modo cambiato punto di vista filosofico, i problemi posti dall'infinito alla matematica, e che tu esponi, sono per me superati.
Cosa ben più complicata è riuscire a condividere la nostra filosofia con altri, ma è quello che proviamo a fare in questo forum.
Io non affermo l'attualità dell'infinito, e i problemi che tu poni sono così superati.
All'eventuale attualità dell'infinito sono legati i lavori del matematico George Cantor, che io apprezzo come un vertice a cui è giunto il nostro fare matematica, pur non condividendo con Cantor l'attualità dell'infinito.
Piuttosto il lavoro di Cantor mi aiuta a capire da cosa nasce la nostra idea di infinito, idea potenzialmente indipendente dal nostro fare matematica, e che da questo perciò è sempre possibile svincolare.

Generalizzando ulteriormente la questione potremmo chiederci quali sono i requisiti che deve avere qualcosa perchè noi la possiamo capire.
Non credo che ci sia una risposta a questa domanda perchè la comprensione non è un processo razionale.
Credo si tratti più di un problema di affezione, di riuscire a sentire nostre le cose.

Come ci insegnano i computer  non occorre comprendere la matematica per farla , ma non essendo noi dei computer abbiamo bisogno di comprenderla per farla. Questo però è un problema nostro, non della matematica.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Citazione di: iano il 13 Giugno 2024, 10:35:47 AMSicuramente non è la stessa cosa affermare oppure no l'attualità dell'infinito, perchè cambia molto dal punto di vista filosofico, ma dal punto di vista della matematica cosa cambia?
Secondo me nulla, nella misura in cui la matematica non è filosofia.
Il problema cioè è puramente filosofico e riguarda i matematici nella misura in cui fanno filosofia.
Più esattamente il problema sarebbe ''In che misura i matematici nello svolgere il loro lavoro sono liberi di non fare filosofia?'' , oppure, ''Si può capire la matematica senza fare filosofia?'', oppure ancora ''Nella misura in cui la matematica è un linguaggio, stiamo facendo matematica pura se nel farla non riusciamo ad evitare di aiutarci con linguaggi ad essa alternativi, come è ad esempio la lingua italiana?

La nostra filosofia influenza il nostro fare, e in particolare influenza il nostro nostro modo di fare matematica, al punto che al ''limite'' potrebbe bloccare il lavoro matematico stesso.
Di questi blocchi in effetti è punteggiata la storia della matematica.
L'unico modo di superare questi blocchi è cambiare punto di vista filosofico, ed in questo modo che filosofia e matematica, crescono insieme.
Avendo io in tal modo cambiato punto di vista filosofico, i problemi posti dall'infinito alla matematica, e che tu esponi, sono per me superati.
Cosa ben più complicata è riuscire a condividere la nostra filosofia con altri, ma è quello che proviamo a fare in questo forum.
Io non affermo l'attualità dell'infinito, e i problemi che tu poni sono così superati.
All'eventuale attualità dell'infinito sono legati i lavori del matematico George Cantor, che io apprezzo come un vertice a cui è giunto il nostro fare matematica, pur non condividendo con Cantor l'attualità dell'infinito.
Piuttosto il lavoro di Cantor mi aiuta a capire da cosa nasce la nostra idea di infinito, idea potenzialmente indipendente dal nostro fare matematica, e che da questo perciò è sempre possibile svincolare.

Generalizzando ulteriormente la questione potremmo chiederci quali sono i requisiti che deve avere qualcosa perchè noi la possiamo capire.
Non credo che ci sia una risposta a questa domanda perchè la comprensione non è un processo razionale.
Credo si tratti più di un problema di affezione, di riuscire a sentire nostre le cose.

Come ci insegnano i computer  non occorre comprendere la matematica per farla , ma non essendo noi dei computer abbiamo bisogno di comprenderla per farla. Questo però è un problema nostro, non della matematica.
Condivido in pieno il tuo discorso; almeno nei limiti nei quali sono stato in grado di comprenderlo :)

bobmax

Citazione di: Eutidemo il 12 Giugno 2024, 17:22:20 PM
Così come mi ha fatto riflettere una interessantissima considerazione di BOBMAX, in risposta al mio enigma della "recinzione", il "poligono ciclico" è un "poligono" i cui vertici appartengono tutti ad una stessa "circonferenza".
***
Come, ad esempio, nel caso del seguente quadrato:
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Ora, senza stare a calcolare le relative aree, salta all'occhio che l'area del cerchio che contiene il quadrato è senz'altro più grande dell'area del quadrato in esso contenuto: il che si desume anche in via meramente logica, perchè "il contenente è sempre maggiore del contenuto".
***
Salta anche all'occhio, d'altronde, senza stare a calcolare le relative aree, che la differenza di ampiezza tra l'area del cerchio che contiene un qualsiasi poligono e l'area del poligono in esso contenuto, diminuisce progressivamente con l'aumentare dei lati del poligono stesso.
***
Non saprei dire (senza fare dei calcoli) se la differenza di ampiezza tra l'area del cerchio che contiene il poligono e l'area del poligono in esso contenuto, diminuisca in modo "inversamente proporzionale" all'aumento dei lati del poligono stesso; però non c'è nessun dubbio che, con l'aumentare di tali lati, la differenza tra l'area del cerchio che contiene il poligono e l'area del poligono in esso contenuto diminuisce sicuramente sempre di più, tendendo all'"eguaglianza".
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A questo punto, mi chiedo se sarebbe possibile definire il "cerchio" come un "poligono con un numero infinito di lati"; però, in tal caso, ogni lato dovrebbe avere una "lunghezza pari a 0" (zero).
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P.S.
A questo punto, però, se non ricordo male:
- qualsiasi numero moltiplicato per zero, dà come risultato zero;
- qualsiasi numero moltiplicato per infinito, dà come risultato infinito.
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Ma cosa succede se moltiplichiamo zero (che è un numero) per un numero infinito?
***
Non saprei proprio cosa rispondere!
E voi?


Infatti ogni lato del poligono non sarebbe zero, bensì un infinitesimo.

L'infinitesimo non è mai nullo. Non può proprio esserlo, perché se lo fosse non potrebbe essere utilizzato.
Lo si tratta così attraverso il differenziale. Che indica lo scostamento dell'infinitesimo rispetto allo zero.

Lo stesso dicasi reciprocamente per l'infinito. Il quale non esiste mai davvero. Perché anch'esso, se vero, non potrebbe essere utilizzato in alcun modo.

Di modo che l'infinitesimo è "quasi" zero e l'infinito è "quasi" davvero infinito.
In questo modo, con quel "quasi", li possiamo utilizzare. Così infinitesimo per infinito dà un valore finito.

Questa è la matematica e pure la filosofia.
Poi ognuna può andare dove meglio crede, ma le loro basi sono le medesime.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#7
Abbiamo difficoltà a vivere dentro ipotesi di realtà, ma in effetti è ciò che secondo me senza saperlo facciamo.
Abbiamo difficoltà cioè, presa coscienza di quel che facciamo, una volta che lo abbiamo così esternalizzato, a sentirlo ancora come nostro, da poterlo ancora assumere come vero, ma qualunque cosa che pur sentiamo come nostra ha  una sua nascitura, e praticare la matematica e la filosofia in genere può aiutarci a capire da dove nascono le nostre idee.
In tal senso non solo l'infinito non è attuale, ma nulla di ciò che consideriamo reale lo è.
Come dice Ipazia, io sono un filosofo della prassi, cosa che confermo perchè la constato più che averla scelta in modo cosciente.
lo stesso processo di autoesternalizzazione non è una nostra scelta, ma il modo in cui possiamo osservare che procedere la nostra evoluzione, che in tal modo approda a scelte coscienti.
Se io per questo esternalizzare provo piacere, come confermo che sia, tanto che mi sembra di aver scelto perciò di farlo, magari è solo perchè sono una delle soluzioni fra tante possibili che l'evoluzione ha salvato nel suo Cloud .
Questa evoluzione la possiamo osservare in diretta perchè siamo a metà del guado, posto che l'evoluzione su questa direzione tenga la barra dritta, il che non si può mai sapere.
L'infinito, con tutte le altre verità che possediamo, vengono così messe in forse nella loro essenza, ma non perciò nella loro ragione d'essere.
Quella che viviamo in diretta su questo forum è una battaglia prima di tutto interiore, su cui ci fa bene confrontarci.
La posizione che ognuno assume in questa dialettica per quanto mi riguarda dipende dal caso, ma è nostra una volta che l'abbiamo fatta tale.
Io consiglierei perciò di svolgere il proprio ruolo dialettico senza personalizzare, se non fosse che più che possedere idee di quelle idee siamo fatti.
Nel momento in cui riusciamo ad esternalizzarle avviene un salto nella loro storia, per cui abbiamo difficoltà a riconoscerle ancora come nostre, in una relativizzazione di fatto dell'io, che non sembra più fatto di cose possedute in modo esclusivo, ma di relazioni fra cose dove non si capisce più bene dove finiscono le cose e dove iniziano le relazioni, come se, essendo intercambiabili, fossero fatti perciò della stessa sostanza, ed è da questa unicità sostanziale che possiamo indurre l'unicità della realtà.
La realtà, insieme a noi che ne siamo parte, non è ciò che possiamo conoscere, ma ciò che rende possibile la conoscenza, la quale è solo una modalità fra tante di viverla, comprensive della vita ignorante
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Bobmax. :)
Come ho già  scritto a Iano, temo di essere troppo ignorante in "matematica" per poter replicare in modo appropriato alle tue molto più competenti considerazioni; ed anche se tu mi spiegassi matematicamente la "differenza" (o meglio il "differenziale")  tra l'"infinitesimo" e lo "zero", non sarei comunque in grado di comprenderti perchè non capirei il tuo "linguaggio" (a meno che tu non lo traduca il lingua corrente).
Ovviamente per colpa mia, non certo tua!
***
Ed infatti, per me, dire, come tu scrivi, che l'infinitesimo è "quasi" zero, è come dire che una ragazza è "quasi" incinta! ;D
***
Inoltre, se, come tu scrivi, ci fosse davvero uno  scostamento dell'"infinitesimo" rispetto allo "zero", per quanto piccolo tale '"scostamento" fosse, esso dovrebbe essere comunque misurabile; ad esempio, tra 0, e 0,00000001, lo "scostamento" è pari a 0,00000001.
Se, invece, tale "scostamento" non è aritmeticamente misurabile, vuol dire  che tra lo "zero", e l'"infinitesimo" non c'è nessuna "differenza"; visto che lo "scostamento" implica, appunto, una "differenza", e viceversa.
***
Quanto alla circostanza, come tu scrivi, che 'l''infinitesimo" non è mai "nullo", siamo perfettamente d'accordo; ed infatti non può assolutamente esserlo, perché se lo fosse non potrebbe essere utilizzato.
Ma dire che 'l''infinitesimo" equivale allo "zero", non significa affatto affermare che esso sia "nullo"!
***
Ed infatti:
- mentre ciò che è ZERO ha a che fare con dei fatti e designa pur sempre uno stato di cose (per esempio lo stato inerziale dell'inizio che non ha tempo e tuttavia rappresenta la possibilità e anzi la necessità che il tempo esista);
- ciò che è NULLO, invece,  non designa nulla, nè matematicamente, nè geometricamente, e neanche fenomenologicamente.
***
Un cordiale saluto! :)
***

bobmax

Perciò, Eutidemo, tu non sai, però sai!
È inutile che ti spieghi, perché non capiresti comunque, epperò hai già capito!
Siamo alle solite...

Buona continuazione, non capendo ma capendo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Anche in questo caso, in generale, condivido le tue argomentazioni; almeno nei limiti nei quali sono stato in grado di comprenderle.
Ed infatti alcune di esse mi risultano alquanto oscure!
***
Così come, ad esempio, quando tu scrivi: "In tal senso non solo l'infinito non è attuale, ma nulla di ciò che consideriamo reale lo è".
Cioè, se ho ben capito, secondo te, non è "attuale" nè ciò che è "infinito" nè ciò che è "finito"; per quanto quest'ultimo ci risulti "reale" e calcolabile.
***
Forse potrei essere d'accordo con te anche su questo; però dovresti spiegare meglio cosa intendi per:
- "attuale"
- "reale" (che, secondo te, può anche non essere "attuale").
***
Un cordiale saluto! :)
***
 

iano

Citazione di: Eutidemo il 13 Giugno 2024, 16:28:41 PM
per quanto piccolo tale '"scostamento" fosse

Si , da questa frase si capisce che hai capito. :D
Si tratta di uno scostamento piccolo a piacere, o per meglio dire, dato uno scostamento, per quanto piccolo sia, se ne potrà trovare sempre uno più piccolo.
Se ti sembrano discorsi strani è perchè lo sono, però può aiutare a digerirli lo scopo per cui li si fà, che è quello di non lasciare nessuna area orfana della sua misura.
Diversamente dovremmo ammettere che esistano aree finite senza misura, allo stesso modo che non l'hanno le aree infinite, non essendo infinito un numero.
Ma esistono davvero queste aree infinite?
su questo gli scienziati entrano in contraddizione, perchè ne parlano come se esistessero, pur avendo posto a premessa della loro scienza che esiste solo ciò che si può misurare, o esiste in contumacia, in attesa di essere misurato.
Ma farebbero carte false pur di affermare che l'area del cerchio esiste. Bisogna solo trovare il modo di misurarla, allargando eventualmente il concetto di misura.
Accettando queste estensioni si è di fatto superato il dover associare ad ogni area la formula per determinarla, asseconda che si tratti dell'area del cerchio o del quadrato.
Adesso esiste un unico modo per determinarle che fa capo al concetto di integrale, e in fondo ciò ha il suo senso filosofico, in quanto non dovrebbe esistere una area più area di un altra, in dipendenza del fatto che abiti dentro un modesto quadrato, o frequenti circoli elitari.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Citazione di: bobmax il 13 Giugno 2024, 16:41:37 PMPerciò, Eutidemo, tu non sai, però sai!
È inutile che ti spieghi, perché non capiresti comunque, epperò hai già capito!
Siamo alle solite...
Buona continuazione, non capendo ma capendo.
Non so se io debba rallegrami, oppure rattristarmi, di non aver capito che avevo capito! :-[

Eutidemo

Citazione di: iano il 13 Giugno 2024, 18:00:20 PMSi , da questa frase si capisce che hai capito. :D
Si tratta di uno scostamento piccolo a piacere, o per meglio dire, dato uno scostamento, per quanto piccolo sia, se ne potrà trovare sempre uno più piccolo.
Se ti sembrano discorsi strani è perchè lo sono, però può aiutare a digerirli lo scopo per cui li si fà, che è quello di non lasciare nessuna area orfana della sua misura.
Diversamente dovremmo ammettere che esistano aree finite senza misura, allo stesso modo che non l'hanno le aree infinite, non essendo infinito un numero.
Ma esistono davvero queste aree infinite?
su questo gli scienziati entrano in contraddizione, perchè ne parlano come se esistessero, pur avendo posto a premessa della loro scienza che esiste solo ciò che si può misurare, o esiste in contumacia, in attesa di essere misurato.
Ma farebbero carte false pur di affermare che l'area del cerchio esiste. Bisogna solo trovare il modo di misurarla, allargando eventualmente il concetto di misura.
Accettando queste estensioni si è di fatto superato il dover associare ad ogni area la formula per determinarla, asseconda che si tratti dell'area del cerchio o del quadrato.
Adesso esiste un unico modo per determinarle che fa capo al concetto di integrale, e in fondo ciò ha il suo senso filosofico, in quanto non dovrebbe esistere una area più area di un altra, in dipendenza del fatto che abiti dentro un modesto quadrato, o frequenti circoli elitari.
Ti rispondo come ho risposto a Bobmax: non so se io debba rallegrami, oppure rattristarmi, di non aver capito che avevo capito! :-[