Osservazioni dell’addetto militare giapponese in Italia 1940-44

Aperto da Jacopus, 13 Maggio 2024, 00:26:31 AM

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Jacopus

Ho scoperto questo canale molto interessante per chi vuole approfondire la conoscenza della seconda guerra mondiale. Nello specifico, questo intervento riporta le osservazioni dell'addetto militare giapponese a proposito dell'Italia e dell' insuccesso in guerra. L'addetto scrive nel 1944. Ciò che mi ha sorpreso è la persistenza di certi comportamenti ed atteggiamenti tipicamente italiani che l'addetto militare coglie con raffinata abilità, pur essendo solo un semplice tenente di vascello (quindi un ufficiale inferiore). Sono inspiegabili, a suoi occhi, errori strategici fondamentali, la non collaborazione fra marina ed aviazione, la irresponsabilità dei vertici militari e di partito, la corruttela evidente anche ai suoi occhi, la disparità di condizioni di vita fra integrati nel "sistema" e "poveri cristi", l'individualismo messo sempre prima della collettività, come se l'italiano "non comprendesse l'utilità di collaborare nella organizzazione di un grande stato" (sic). Tolta la guerra, sembra il ritratto dell'Italia di oggi.

https://youtube.com/watch?v=Lei2CK-g5PA&si=HfBzJFP5bFJ0fyBf
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Le stesse cose vengono osservate anche durante la prima guerra mondiale, lo spirito italiano é sempre quello, individualista e poco interessato al destino della nazione. Per questo vorrei fare un'osservazione nei confronti di chi parla di emanciparsi dal protettorato USA, ma dove andiamo? Con questo spirito saremmo preda di qualunque potenza in circolazione.
Piuttosto accendiamo un cero ai nostri santi protettori, che ci hanno sempre protetto dall'unità d'Italia in poi.
Fu Garibaldi a fare l'Italia con mille scalcinati e male armati guerriglieri? Certo che no! Fu la strategia inglese a fare tutto, compresa la corruzione dei generali del regno borbonico che in questo si rivelarono veramente italiani. 😉

Jacopus

Lo spirito della prima guerra mondiale non era lo stesso della seconda, per diversi ordini di motivi. Bisognava concludere il Risorgimento, non c'era quella retorica di regime tipica del fascismo, che ha esacerbato alcuni caratteri italiani, come quello di credere di essere in grado di raggiungere degli obiettivi ma solo come "proclami", sperando che siano gli altri a fare il lavoro "sporco". Un retaggio antico, anch'esso radicato nel l'influsso della Chiesa cattolica come istituzione, nella storia d'Italia. Nella prima guerra mondiale, l'Italia si risollevò, dopo Caporetto, con le sue sole forze. Le poche divisioni alleate giunte non facevano altro che compensare le forze italiane che furono mandate sul fronte occidentale nei momenti più difficili delle offensive tedesche. Fu un momento importante per la definizione della identità italiana e fu la causa dell'accesso dell'Italia nel club degli Stati più potenti del primo novecento. Quindi direi che il confronto non regge, anche se, ovviamente, certi tratti restano come un basso continuo nella storia dell'Italia. Ma a parte il confronto fra prima e seconda guerra mondiale, si può essere grati agli USA, per averci aiutato ad evitare altre dittature, anche se pensare agli USA come a dei benefattori è ingenuo. Gli USA fanno i loro interessi ed essere piegati ad un dominio esterno, per quanto soft, è una storia che l'Italia conosce dal 400. Pensare ad una Italia che ce la fa da sola è altrettanto ingenuo, nel mondo del XXI secolo. Per questo ritengo che l'unica soluzione sia una Europa occidentale integrata politicamente, salvaguardando comunque l'alleanza con gli USA, ma ad un livello di parità e non di subordinazione. Ma per fare questo bisognerebbe ricostituire la mentalità dell'italiano medio. Ritornano le parole di Massimo d'Azeglio: "abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

La retorica é caratteristica italiana, la logica gattopardesca dell'adattarsi alle situazioni  cercando di trarne il massimo profitto. In questo il fascismo non rappresenta una particolare distinzione rispetto al resto della storia d'italia, sempre al traino rispetto a strategie altrui. Naturalmente poi ci sono slanci emotivi che producono riscatti, accadde dopo Caporetto, ma anche nella seconda guerra mondiale, con la resistenza, con Grandi che riesce a far dimettere Mussolini, con i nostri soldati che preferiscono i lager alla collaborazione con i tedeschi, con la liberazione di Napoli, unica grande città che in tutta la guerra si é liberata dai nazisti con una ribellione popolare. 

InVerno

Citazione di: anthonyi il 13 Maggio 2024, 07:40:17 AMFu Garibaldi a fare l'Italia con mille scalcinati e male armati guerriglieri? Certo che no! Fu la strategia inglese a fare tutto, compresa la corruzione dei generali del regno borbonico che in questo si rivelarono veramente italiani. 😉
Fu Garibaldi (e altri) a dare una genesi e una storia al popolo italiano, insozzata poi parzialmente dal fascismo, e lasciati in uno stato di perenne orfanitá narrativa, alcuni direbbero nichilismo. Le persone si innamorano delle nazioni se queste vivono con loro nei principi e nelle storie, la rivoluzione francese e il periodo napoleonico sono altra minestra. L' Europa sogna un Garibaldi di cui parlare, la fonderebbe seduta stante, peraltro saprai che Garibaldi diede lezioni di civiltà e liberalismo a Lincoln , perciò gli americani stiano calmini calmini a ripensare lo schiavismo a casa loro..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Garibaldi era uomo di grande valore, ma non possiamo negare il ruolo determinante avuto da tutta una serie di manovre occulte nel determinare l'unità d'Italia, occulte proprio perché era utile costruire una certa mitologia del risorgimento. 
La tua diversione sugli americani, poi, proprio non l'ho capita, non mi pare abbiano nulla a che fare con il nostro risorgimento, e neanche sapevo che Garibaldi si era incontrato con Lincoln. 

InVerno

https://www.letteraturapertutti.it/racconto-di-storia/57/giuseppe-garibaldi-a-capo-dell-esercito-nordista

Ma non ha realmente importanza la Storia, io parlo delle storie e dei personaggi che creano un popolo, miti che costruiscono coesione sociale, che oggi mancano sia in Italia che in Europa.

Io comunque prenderei con le pinze il report giapponese, certo loro erano molto più bravi a "collaborare", la storia e l'insularità li ha aiutati, ma anche tante letture di nazismo tedesco. Il totalitarismo è un sogno di perfezione sociale che vede a tutto il disordine una piaga da sanare, noi non siamo stati capaci, ed è meglio così.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: InVerno il 13 Maggio 2024, 17:44:20 PMIo comunque prenderei con le pinze il report giapponese, certo loro erano molto più bravi a "collaborare", la storia e l'insularità li ha aiutati, ma anche tante letture di nazismo tedesco. Il totalitarismo è un sogno di perfezione sociale che vede a tutto il disordine una piaga da sanare, noi non siamo stati capaci, ed è meglio così.

Direi che condivido, é importante però sottolineare che quel sogno non é un qualcosa che possa realizzarsi nei tempi di durata di quelle dittature. Il mito di superiorità tedesco evolve per circa un secolo, quello giapponese ha origini secolari e di natura "religiosa". 
Noi italiani, invece, siamo tradizionalmente di tutta un'altra pasta, il nazionalismo del fascismo, ci stava appiccicato addosso in maniera artificiosa. Ed é probabilmente per questo che noi italiani il fascismo lo abbiamo superato molto meno di come giapponesi e tedeschi hanno superato il loro nazionalismo.
Loro hanno avuto bisogno di fare una traversata nel deserto, noi no, perché ci siamo convinti che, in fondo, era una cosa farsesca e quindi non così grave. 

Jacopus

C'è del vero in quello che dici Inverno. Infatti ogni totalitarismo è diverso perché diversi sono i popoli che lo applicano. Ma quello che mi sembra interessante nel resoconto dell'ufficiale giapponese può essere riassunto in alcuni punti che interessano solo parzialmente il discorso sul totalitarismo e molto più alcuni tratti tipici della cosiddetta "italianità".

1) Una scarsa capacità di coordinare le azioni e di avere una visione strategica efficace. Avvenne in campo militare allora ma avviene tuttora nei più diversi campi.

2) Una distorta visione della propria forza e dei propri limiti, come se tutto sia una commedia dell'arte, fondata sulla capacità di "rappresentare" una realtà che non è. Non è un caso che un numero impressionante di italoamericani lavori per Hollywood.

3) Una rigidità di fondo (questa simile a quella dei tedeschi ma assente nei giapponesi) per cui dagli errori si tende a non apprendere perché si ritiene la propria visione come l'unica vera, nonostante le controprove fattuali (e qui ci si può facilmente ricollegare al punto 2).

4) Una visione dei rapporti sociali (compresi quelli militari) in termini individualisti o al massimo familistici.

5) impressionante anche il livello di comprensione della realtà italiana del '40 da parte di un ufficiale inferiore, prova di un sistema scolastico (giapponese) molto efficiente. Il livello scolastico è fondamentale sulle capacità di una nazione sia in guerra che in pace.

6) Una segnalazione ripetuta nel testo, di continua deresponsabilizzazione dei vertici ma anche dei singoli, mentre popoli più collettivi sono in grado di riconoscersi colpevoli collettivamente (il fascismo fu un fenomeno collettivo e sarebbe stato giusto sentirsi tutti un po' colpevoli di quanto accaduto).

Con le suddette premesse andiamo bene come artigiani, come albergatori, come artisti, come geni ma anche in questo caso solo fino ad un certo punto. Inoltre pagando un prezzo salato in termini di inaffidabilità. L'uomo ha avuto successo come specie proprio perché estremamente collaborativo. In termini di competizione fra società, indipendentemente dalla guerra, avrà sempre più successo una società collaborativa e interconnessa.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Citazione di: Jacopus il 13 Maggio 2024, 19:54:09 PM4) Una visione dei rapporti sociali (compresi quelli militari) in termini individualisti o al massimo familistici.
Prendo particolare cruccio con questo paragrafo avendo studiato i sistemi familiari, tutti siamo in qualche modo "familistici". Quelli italiani prima della famiglia nucleare erano molto diversificati e regionali, fratturati come la nazione. I giapponesi pur essendo politicamente fratturati tanto quanto noi (con lo Shogun a fare da arbitro/papa) avevano un modello famigliare unico che condividevano in Asia solo coi coreani , ma è presente altrove tra sassoni, irlandesi, scozzesi,scandinavi, ebrei e altri. L'eredità familiare viene concentrata sul primogenito e per i successivi si apre carriera religiosa o militare, perciò c'è una forte convergenza tra queste due sfere. La propensione al nazionalismo e al totalitarismo deriva dalla convergenza del mondo militare con quello religioso, si ottengo popoli estremamente combattivi. Il mondo tedesco e quello giapponese parlavano una lingua simile, i generali giapponesi in Manciuria erano affascinati dagli sviluppi totalitaristici tedeschi, iniziarono la seconda guerra mondiale con il parare contrario del parlamento giapponese, la società civile giapponese era liberale per il contesto asiatico, ma il bubbone presto arrivò a Tokyo contaminando la società promettendo il ritorno dei monaci guerrieri.
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Jacopus

Sul familismo, se è vero che per certi versi è presente in tutte le società, in Italia ha assunto una fisionomia propria, al punto di essere definita in uno studio famoso degli anni '50, "familismo amorale" (Banfield). Un tale familismo amorale tende a svilupparsi dove le tutele e i sostegni sovrafamiliari (istituzioni, enti benefici, regolamenti, tutto ciò che va sotto il nome di welfare) sono carenti, o dove le istituzioni sono inerti se non prevaricatrici (come spesso in tutta Italia, con punte preoccupanti al sud). In contesti del genere, tutto ciò che è pubblico è una "wasted land" ed ognuno tende a chiudersi nel suo guscio individuale e familiare, aggravando in un circolo vizioso la situazione dettata dal familismo amorale. In una società premoderna, questo sistema può anche essere valido, perché non è attraversato dagli input anomici e generalizzanti della modernità.

E qui il discorso si fa interessante. Perché questa situazione potrebbe collegarsi ad un elemento che accomuna i tre Stati dell'Asse. Tutti e tre si sono unificati nel tardo ottocento, dopo una storia di rivalità fra piccoli Stati feudali. Già questa circostanza potrebbe farci domandare se c'è un nesso fra totalitarismo e questo ritardo nell'unificazione. É come se i paesi di più antica unificazione o che comunque non hanno conosciuto questa secolare conflittualità interna, avessero gli anticorpi alla genesi di Stati totalitari, mentre gli Stati frammentati, ad un certo punto abbiano creduto in una specie di Super-Stato per esorcizzare quel rischio di frammentazione che proveniva dalla loro storia.
Ma qui emerge la differenza fra il senso della collettività che invece ci separa irrimediabilmente rispetto a Germania e Giappone. Magari anche con i vantaggi possibili, poiché grazie a questo "scetticismo" genetico degli italiani, il nostro totalitarismo non ha manifestato quei tratti così radicali del totalitarismo nazista. Resta però intatto il problema che, nella quotidianità, l'individualismo italico, il familismo italico si traduce in un enorme peso che paghiamo tutti in termini di povertà economica e disorganizzazione. Non a caso noi italiani andiamo fortissimo nelle situazioni di emergenza, dove emergono le capacità individuali e lo spirito collettivo viene rinsaldato, mentre nella "all-days-life", veniamo riassorbiti da questa visione individualista che alla fine si rovescia inevitabilmente e in mille modi diversi, anche contro quegli stessi individui che la promuovono e difendono.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Mi rimane indigesto il concetto di familismo italiano perché almeno fino a inizio '900 erano presenti quattro sistemi familiari che normalmente danno esiti diversi. Per esempio nell'italia appenninica era molto diffusa la forma comunitaria dove è comune che le donne gestiscano il patrimonio, ed e' comune che i figli non lascino la famiglia per rimanere all'interno della comunità, che pare a me sia l'origine dello stereotipo del "mammone" , ma già nel nord est questa formula cessa per le influenze germaniche, diverso ancora è il nord ovest e il sud..

Non ho letto familismo amorale, ma declinandolo alle mie conoscenze direi che è quello che ad esempio ci accomuna fortemente ai russi. Se si intende la morale come il dominio dei rapporti estesi (nazione, religione etc) e l'etica come il dominio dei rapporti ristretti ( famiglia, lavoro etc) gli italiani, come i russi, hanno uno scarsissimo senso morale ma un fortissimo senso etico, tipico delle società comunitarie dove la comunità supera il peso di qualsiasi altro gruppo. Perciò preferirei una formula non dispregiativa parlando di "familismo etico".

C'è un altra questione che riguarda le famiglie autoritarie, concentrando l'eredità sul primogenito diventa di cruciale importanza la certezza della paternitá, e questo origina culti di purezza della genealogia, dello "spirito" e dello sperma .. in Italia questa roba è abbastanza aliena, in Giappone e Germania...i giapponesi sono fortemente razzisti anche oggi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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