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Il linguaggio

Aperto da Jacopus, 07 Aprile 2024, 23:38:12 PM

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Il_Dubbio

Per Jacopus:
Appunto, ma non è quello animale (come voi avete detto). Perchè anch'io potrei comportarmi in un modo istintivo che qualcuno comprende come un linguaggio del corpo. Ma quello, anche se parte da un essere umano, non è utilizzato consapevolmente per comunicare. 
Se dobbiamo circoscrivere il concetto o in significato di linguaggio, dobbiamo escludere le tante forme di "comunicazione" esistenti. Non possiamo buttarle tutte dentro, perchè altrimenti ci vanno dentro (e non si comprende per quale motivo) quelle che voi state escludendo.

Citazione di: daniele22 il 29 Aprile 2024, 08:14:24 AM
Detto diversamente e togliendo dal discorso reazioni chimiche o esplosioni di stelle, tutti sanno a grandi spanne cosa sia una lingua. Molto schematicamente, a mio giudizio vi sarebbero dei passaggi fondamentali per cui una lingua possa costituirsi. Premesso che un segnale non esiste di per se stesso come segnale, ma in virtù del fatto che un individuo lo ritenga tale, perché possa realizzarsi una lingua il primo passo consisterebbe, da parte di una popolazione di individui, nel riconoscerlo come tale (il segnale).

Per cui il prerequisito perchè si possa incominciare a parlare di lingua è che l'individuo ritenga che un segnale (che sta inviando) sia proprio un segnale da mandare ai suoi simili o a chi è in grado di capirlo. Quindi hai bisogno di un soggetto. All'interno di una comunità di individui il segnale è riconosciuto come segnale, e quindi comprende che il soggetto vuole comunicare qualcosa utilizzando un tipo di linguaggio piu o meno complesso (esempio: io non conosco l'alfabeto morse ma quello è un segnale complesso spedito consapevolmente e ricevibile da una comunità dove l'alfabeto morse è riconoscibile come un segnale).
Da qui si dovrebbe partire. Le altre forme, tipo la coda del cane o quella del gatto, che per noi può essere un segnale riconoscibile perchè abbiamo studiato i cani e i gatti, mancano di un soggetto che consapevolmente tenta di spedire un segnale.
Quindi non si può parlare di linguaggio degli animali.

Ipazia

Citazione di: Il_Dubbio il 29 Aprile 2024, 09:56:07 AMLe altre forme, tipo la coda del cane o quella del gatto, che per noi può essere un segnale riconoscibile perchè abbiamo studiato i cani e i gatti, mancano di un soggetto che consapevolmente tenta di spedire un segnale.
Quindi non si può parlare di linguaggio degli animali.

Quando un cane si avvicina ad un altro cane scodinzolando o ringhiando il messaggio che inoltra è chiarissimo per il soggetto canino passivo. Così chiaro che lo capiscono anche gli umani con un minimo di conoscenza del linguaggio canino. Così efficace che perfino gli umani ignoranti qualcosa riescono ad intuire del messaggio inoltrato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Pensarbene

mi sapete dire che significato ha accogliere un capo di stato straniero con tutti gli onori militari e una scenografia solenne?
Come dire: ti accogliamo come ospite ma nel frattempo ti facciamo vedere chi siamo e come siamo bene addestrati....
La stessa cosa fanno i capi di stato quando si incontrano tra di loro oltre al cerimoniale descritto. Sono ben vestiti, si incontrano in ambienti ricchi e comunque significativi.Si stringono la mano calibrando bene la forza,in modo tale che in quella stretta ci sia un insieme di parametri di comunicazione,usano le parole  lo sguardo  la postura del corpo  ecc....
In breve recitano una competizione  subliminale e non subliminale,talvolta una "guerra"   altre volte un "accordo".
I cani quando si avvicinano l'un l' altro e si annusano o si esplorano FANNO LO STESSO e ne traggono conclusioni che poi entreranno a fare parte del loro  bagaglio nel caso in cui il loro rapporto continui o in altri casi.
Dunque che differenza c'è tra il linguaggio umano e quello animale?
La differenza è l'animalità  in gioco e le mediazioni in atto.
Per il resto...

daniele22

Sempre su sollecitazione da parte di Dubbio:
Noi intendiamo "linguaggio" la lingua umana, ma questo nulla toglie al fatto che altre specie comunichino tra loro. Penso che un cane di fronte a un altro cane che inizia a ringhiare realizzi senz'altro un segnale ¿ma il ringhiare di un cane potrebbe essere simulato? Non ne sono certo, ma mi verrebbe da dire di no. Cosa che non si potrebbe dire per uno scimpanzé. Allora direi che il linguaggio dello scimpanzé è prossimo alla lingua umana. ¿Ma lo scimpanzé che riesce a simulare un segnale si rende conto che la sua simulazione corrisponde a un parlare? Sarebbe cioè consapevole di usare una lingua? Non ne sono certo, ma mi verrebbe ancora da dire di no

Il_Dubbio

Citazione di: daniele22 il 01 Maggio 2024, 09:29:47 AM
Sempre su sollecitazione da parte di Dubbio:
Noi intendiamo "linguaggio" la lingua umana, ma questo nulla toglie al fatto che altre specie comunichino tra loro. Penso che un cane di fronte a un altro cane che inizia a ringhiare realizzi senz'altro un segnale ¿ma il ringhiare di un cane potrebbe essere simulato? Non ne sono certo, ma mi verrebbe da dire di no. Cosa che non si potrebbe dire per uno scimpanzé. Allora direi che il linguaggio dello scimpanzé è prossimo alla lingua umana. ¿Ma lo scimpanzé che riesce a simulare un segnale si rende conto che la sua simulazione corrisponde a un parlare? Sarebbe cioè consapevole di usare una lingua? Non ne sono certo, ma mi verrebbe ancora da dire di no

il termine linguaggio, come democraticamente abbiamo discusso qua, non è sinonimo di comunicazione. Quindi non basta che due enti comunichino tra loro per parlare di linguaggio. Certamente c'è il tentativo di comunicare qualcosa, ma non basta. Per parlare di linguaggio avremmo bisogno di un soggetto che consapevolmente stia utilizzando un mezzo di comunicazione. Potrebbe anche essere un segnale di fumo, oppure un fischio o qualsiasi cosa che produca un segnale codificabile da un altro ente destinatario della comunicazione.
In altri termini il linguaggio è un mezzo in mano ad una mente che consapevolmente lo utilizza per comunicare attraverso dei segnali piu o meno complessi. 

daniele22

Citazione di: Il_Dubbio il 01 Maggio 2024, 10:11:56 AMil termine linguaggio, come democraticamente abbiamo discusso qua, non è sinonimo di comunicazione. Quindi non basta che due enti comunichino tra loro per parlare di linguaggio. Certamente c'è il tentativo di comunicare qualcosa, ma non basta. Per parlare di linguaggio avremmo bisogno di un soggetto che consapevolmente stia utilizzando un mezzo di comunicazione. Potrebbe anche essere un segnale di fumo, oppure un fischio o qualsiasi cosa che produca un segnale codificabile da un altro ente destinatario della comunicazione.
In altri termini il linguaggio è un mezzo in mano ad una mente che consapevolmente lo utilizza per comunicare attraverso dei segnali piu o meno complessi.
Tendo a pensare che il linguaggio corrisponda ad una accentuazione del comportamento.
Non ho mai espresso una sinonimia tra linguaggio e comunicazione e sono comunque d'accordo su quello che dici dopo. Per chiarire meglio il mio precedente intervento volevo dire che se si riscontra che uno scimpanzé (non dico necessariamente tutti gli scimpanzé) sia in grado di ingannare per propri scopi un suo simile e se ho parlato di "simulazione" di un messaggio intenderei quindi che la simulazione sarebbe un indizio concreto del fatto che un individuo possa essere consapevole dell'uso che sta facendo del suo messaggio comunicativo, vero o ingannevole che sia; ovvero che un individuo sia consapevole di voler comunicare qualcosa. Senza tale contrasto, dal punto di vista dello studente umano, sarebbe difficile stabilire se un animale sia consapevole di quello che "dice". In sintesi penso infine che la differenza che vi è tra la complessità di linguaggio che pertiene agli scimpanzé e agli umani consista del fatto che loro sarebbero consapevoli dei messaggi che mandano, mentre noi, oltre a questa consapevolezza saremmo pure consapevoli che questi messaggi sono inscritti in un linguaggio; noi cioè sappiamo, conosciamo, di usare una lingua e loro no. Questo, come dici, ci permetterebbe ad esempio di trasformare il nostro sistema alfabetico di 26 caratteri in un sistema binario come l'alfabeto Morse





Jacopus

Citazione di: daniele22 il 02 Maggio 2024, 08:10:49 AMTendo a pensare che il linguaggio corrisponda ad una accentuazione del comportamento.
Non ho mai espresso una sinonimia tra linguaggio e comunicazione e sono comunque d'accordo su quello che dici dopo. Per chiarire meglio il mio precedente intervento volevo dire che se si riscontra che uno scimpanzé (non dico necessariamente tutti gli scimpanzé) sia in grado di ingannare per propri scopi un suo simile e se ho parlato di "simulazione" di un messaggio intenderei quindi che la simulazione sarebbe un indizio concreto del fatto che un individuo possa essere consapevole dell'uso che sta facendo del suo messaggio comunicativo, vero o ingannevole che sia; ovvero che un individuo sia consapevole di voler comunicare qualcosa. Senza tale contrasto, dal punto di vista dello studente umano, sarebbe difficile stabilire se un animale sia consapevole di quello che "dice". In sintesi penso infine che la differenza che vi è tra la complessità di linguaggio che pertiene agli scimpanzé e agli umani consista del fatto che loro sarebbero consapevoli dei messaggi che mandano, mentre noi, oltre a questa consapevolezza saremmo pure consapevoli che questi messaggi sono inscritti in un linguaggio; noi cioè sappiamo, conosciamo, di usare una lingua e loro no. Questo, come dici, ci permetterebbe ad esempio di trasformare il nostro sistema alfabetico di 26 caratteri in un sistema binario come l'alfabeto Morse





Quello che scrivi Daniele mi sembra particolarmente importante. È la nostra capacità riflessiva su noi e sul mondo a renderci differenti (parzialmente) dalle altre specie " ad alto funzionamento" (neologismo). Non escludo che lo stesso linguaggio, giunto a certi livelli di raffinatezza, astrattezza e simbolizzazione possa essere il volano (o uno dei volani) per incrementare quella autiriflessività tipicamente umana.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#112
Citazione di: daniele22 il 02 Maggio 2024, 08:10:49 AMTendo a pensare che il linguaggio corrisponda ad una accentuazione del comportamento.
Non ho mai espresso una sinonimia tra linguaggio e comunicazione e sono comunque d'accordo su quello che dici dopo. Per chiarire meglio il mio precedente intervento volevo dire che se si riscontra che uno scimpanzé (non dico necessariamente tutti gli scimpanzé) sia in grado di ingannare per propri scopi un suo simile e se ho parlato di "simulazione" di un messaggio intenderei quindi che la simulazione sarebbe un indizio concreto del fatto che un individuo possa essere consapevole dell'uso che sta facendo del suo messaggio comunicativo, vero o ingannevole che sia; ovvero che un individuo sia consapevole di voler comunicare qualcosa. Senza tale contrasto, dal punto di vista dello studente umano, sarebbe difficile stabilire se un animale sia consapevole di quello che "dice". In sintesi penso infine che la differenza che vi è tra la complessità di linguaggio che pertiene agli scimpanzé e agli umani consista del fatto che loro sarebbero consapevoli dei messaggi che mandano, mentre noi, oltre a questa consapevolezza saremmo pure consapevoli che questi messaggi sono inscritti in un linguaggio; noi cioè sappiamo, conosciamo, di usare una lingua e loro no. Questo, come dici, ci permetterebbe ad esempio di trasformare il nostro sistema alfabetico di 26 caratteri in un sistema binario come l'alfabeto Morse





Penso che essere coscienti , in sempre maggior grado, di quel che si fa,  cambi il modo di fare, ma non la sostanza, nel senso che la coscienza non è necessaria al fare.
 Il fare viene prima della coscienza, e la coscienza quindi non è necessaria al fare.
Il grado di coscienza usato  quindi comporta un diverso modo di fare che non dovrebbe essere motivo di autoesaltazione, ma dovrebbe valere semplicemente come la nostra carta d'identità in cui è scritto un nome in cui ci riconosciamo.
Quindi certamente comunicare in modo cosciente modifica il modo ci comunicare, e prendendo coscienza che si comunica attraverso un linguaggio, questo può essere relativizzato.
Così io ricordo chiaramente di aver preso coscienza in tenera età che il tavolo e la parola tavolo non erano cose inscindibili, mentre prima pensavo che il tavolo non si potesse chiamare in altro modo, come se il chiamarsi tavolo facesse parte della sua natura.
In questo modo è cambiato il mio modo di intendere la realtà e di conseguenza il mio modo di rapportarmi con essa, cioè il mio fare, e immagino che questo meccanismo possa ancora ripetersi con l'eventuale aumento del grado di coscienza, espellendo dalla natura del tavolo altro ancora oltre al suo nome, e così mi chiedo alla fine cosa resta della natura del tavolo?
La coscienza e il conseguente accumulo di conoscenza sembrano proiettarci quindi paradossalmente fuori dalla natura, perchè questa coscienza in effetti, in qualunque grado usato, rimane cosa naturale.
E' artificiale ciò che io produco se io sono naturale?
Converrebbe allora caratterizzare in diverso modo ciò che io produco per distinguerlo dal resto della natura.
Diversamente al crescere del grado di coscienza, a furia di espellere altro oltre al nome delle cose, l'intera natura apparirà come una costruzione artificiale.
E in effetti io credo che il mondo intero sia una costruzione ''artificiale'', una realtà nominale, attraverso la quale ci interfacciamo con la realtà, un mondo la cui ''artificialità'' è destinata ad aumentare ai nostri occhi al crescere del grado di coscienza.
Come cambierà ancora allora il nostro modo di fare in conseguenza di ciò, o come è già cambiato ?
La presa di coscienza del linguaggio che usiamo per comunicare è un fatto compiuto o un processo ancora in corso?
La seconda che ho detto, secondo me, e questo in effetti è l'oggetto del mio filosofare.
Prenderemo io credo sempre più coscienza dell' ''artificialità'' di ciò che chiamiamo natura, restando la vera natura, la realtà, dietro le quinte, sullo sfondo delle nostre rappresentazioni, e queste rappresentazioni equivalgono al mondo in cui viviamo, che perciò può essere relativizzato.
Il mondo in cui viviamo non è la realtà, ma ai fini del nostro fare la vale, e la coscienza di ciò non potrà che cambiare ancora il nostro fare.
La paura del nichilismo è così passata se morto un mondo se ne fa un altro, con l'accortezza di considerare che ogni mondo per poter funzionare occorre che ci viviamo insieme.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Il linguaggio umano acquista carattere artificiale quando si stabiliscono le convenzioni sui fonemi e, successivamente, grafemi correlati. Probabilmente anche gli animali superiori elaborano fonemi che si trasmettono per via orale, ma in forma legata al decorso naturale del vivere, senza il salto verso artifici che demarcano il confine tra linguaggio naturale e artificiale.

Una volta scoperto il trucco, l'artificiale si evolve motu proprio, passando per la matematica, fino ai linguaggi di programmazione delle macchine.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: Jacopus il 02 Maggio 2024, 22:53:04 PMQuello che scrivi Daniele mi sembra particolarmente importante. È la nostra capacità riflessiva su noi e sul mondo a renderci differenti (parzialmente) dalle altre specie " ad alto funzionamento" (neologismo). Non escludo che lo stesso linguaggio, giunto a certi livelli di raffinatezza, astrattezza e simbolizzazione possa essere il volano (o uno dei volani) per incrementare quella autiriflessività tipicamente umana.
Grazie per l'importanza attribuita al mio dire, ma questa dipende dalle conclusioni che si traggono. Se lo scimpanzé riesce ad ingannare un suo simile vien da dire che è già autoriflessivo abbastanza. Lo mettiamo in galera o ci complimentiamo con lui? In galera non sarò certo io a metterlo. Insisto quindi nel sostenere che quel che presumibilmente noi avremmo di diverso da altri scimmioni, si darebbe solo nel sapere fin da giovani che un giorno dovremo morire e nel conoscere che facciamo uso di una lingua, e "L'arte di ottenere ragione" di Schopenhauer, seppur datato, costituirebbe senz'altro un buon manuale per l'uso che della lingua si voglia fare. Si tratterebbe infine, per quel che ci riguarda e fatta parte l'episteme in uso, di un incremento dei modi dell'inganno. Mi spiace per te che la pensi diversamente, o almeno così mi sembra ... in ogni caso, funzionare bene non è sinonimo di saper comportarsi bene

iano

#115
Citazione di: daniele22 il 07 Maggio 2024, 09:01:43 AM
Mi spiace per te che la pensi diversamente, o almeno così mi sembra ... in ogni caso, funzionare bene non è sinonimo di saper comportarsi bene

Si fa in modo diverso quello che si è sempre fatto, come dicevo nei miei precedenti post, perchè la coscienza e il conseguente linguaggio non portano con se necessariamente un valore.
Se poi vogliamo trattenere ad ogni costo un briciolo di ingiustificato ottimismo, l'inganno è quantomeno un modo non cruento di prevaricare. Inoltre può essere usato anche in chiave difensiva, facendo credere di essere più deboli di quel che si è, per generare l'effetto sorpresa.
Ma, comunque stiano le cose non bisognerebbe mai esimersi dallo sforzo di identificarsi con l'altro, perchè considerarsi alterità può essere autoconsolatorio, ma ci porta fuori strada.
Infine se qualcuno avesse dubbi sulla natura umana, compresa la propria, consiglio il seguente esperimento a scopo conoscitivo.
Quando vi trovate in un contesto nuovo fingetevi un debole. Scoprirete allora quanto siano feroci predatori anche i soggetti più impensabili.
Scoprirete anche rare eccezioni a questa regola, e dietro queste eccezioni scoprirete interessanti storie che sono state capaci di generarle, non essendo eccezioni di natura.
Peccato che quelle storie non siano in se desiderabili, come guerre o storie di resistenza partigiana.
Non c'è un altro modo meno sfigato di innescare queste eccezioni? :)


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#116
Dove sono nella politica di oggi gli equivalenti di un eloquente Pertini figli della guerra e della resistenza?
I politici di oggi non posseggono neanche l'arte dell'inganno ''a fin di bene'', bontà sua, del maestro Andreotti e per questo stanno procedendo a una nuova marcia su Roma sotto gli occhi di tutti.
Di antifascisti ce ne sono tanti a parole, ma esserlo di fatto è un altra cosa, se non c'è l'inerzia di una storia vissuta che ti spinge ancora.
Certo, ci si può immedesimare in quella storia ripercorrendola in modo doloroso, ma chi può convincersi che sia utile, anche in modo così indiretto, rinnovare quel dolore?
Però forse è arrivato per tutti il momento di farlo.
Se non ora quando?
C'è un linguaggio imbalsamato nei libri di storia da resuscitare.
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: iano il 07 Maggio 2024, 09:58:52 AMSi fa in modo diverso quello che si è sempre fatto, come dicevo nei miei precedenti post, perchè la coscienza e il conseguente linguaggio non portano con se necessariamente un valore.
Se poi vogliamo trattenere ad ogni costo un briciolo di ingiustificato ottimismo, l'inganno è quantomeno un modo non cruento di prevaricare. Inoltre può essere usato anche in chiave difensiva, facendo credere di essere più deboli di quel che si è, per generare l'effetto sorpresa.
Ma, comunque stiano le cose non bisognerebbe mai esimersi dallo sforzo di identificarsi con l'altro, perchè considerarsi alterità può essere autoconsolatorio, ma ci porta fuori strada.
Infine se qualcuno avesse dubbi sulla natura umana, compresa la propria, consiglio il seguente esperimento a scopo conoscitivo.
Quando vi trovate in un contesto nuovo fingetevi un debole. Scoprirete allora quanto siano feroci predatori anche i soggetti più impensabili.
Scoprirete anche rare eccezioni a questa regola, e dietro queste eccezioni scoprirete interessanti storie che sono state capaci di generarle, non essendo eccezioni di natura.
Peccato che quelle storie non siano in se desiderabili, come guerre o storie di resistenza partigiana.
Non c'è un altro modo meno sfigato di innescare queste eccezioni? :)



Non capisco proprio il senso del tuo post che nulla c'entra col filo della discussione e che tra l'altro si rivolgeva a Jacopus. In ogni caso, a proposito di monologo che si presenta sotto le mentite spoglie del dialogo penso di avere già dato adeguata risposta ad un analogo tuo intervento, al quale non hai più controbattuto; quello contrassegnato dal mio post numero 477 del 22 marzo scorso sul tema "credete nel libero arbitrio". Lì infatti parlavi negli stessi termini di "sensazione" e del fare che non necessita della conoscenza, o comprensione, o coscienza. Se vuoi puoi rileggerlo con calma e continuare ancora a far girare il tuo disco rotto, ma per certo non ti risponderò più.
Comunque, in merito al tuo intervento contrassegnato 112, a meno che col termine coscienza tu intenda qualcosa che ha a che fare con la morale, che poco c'entrerebbe, quella che dici sarebbe una balordaggine bella e buona. Ciò che si fa prima ancora di sapere contribuirebbe alla conoscenza solo perché si appoggia ad una conoscenza anteriore.
Da ultimo, ingannare le persone richiama il concetto che si ha di giustizia e l'inganno non mi sembra proprio un modo incruento di porsi, anzi, potrebbe avere conseguenze drammatiche ... Ah, scordavo, a suo tempo avevi detto che non ti interessi di politica e si vede dato che giudichi Andreotti un maestro dell'inganno a fin di bene. Saluti

iano

#118
@ Daniele 22.
Un maestro di inganno  a fin di bene secondo ciò che lui considerava essere bene, diverso da come lo considero io.
Cioè gli concedo la condizionale per buona fede.
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daniele22

Citazione di: Ipazia il 03 Maggio 2024, 12:17:02 PMIl linguaggio umano acquista carattere artificiale quando si stabiliscono le convenzioni sui fonemi e, successivamente, grafemi correlati. Probabilmente anche gli animali superiori elaborano fonemi che si trasmettono per via orale, ma in forma legata al decorso naturale del vivere, senza il salto verso artifici che demarcano il confine tra linguaggio naturale e artificiale.

Una volta scoperto il trucco, l'artificiale si evolve motu proprio, passando per la matematica, fino ai linguaggi di programmazione delle macchine.
Secondo me ha senso parlare di artificiale solo tenendo fermo il fatto che non vi sia sostanziale differenza tra naturale e artificiale; intendi con questo che a mio vedere si sarebbe assestata una distorsione (artifici mentali tipici della nostra specie tanto per capirci) in seno a quello che noi usualmente intendiamo come naturale. Se io do quindi un valore di distorsione (distorsione da intendersi cioè come manifestazione possibile nell'ambito del naturale) ad un nostro artificio mentale nel mentre che tu lo vedi come una separazione dal naturale, queste due diverse visioni si concreterebbero in un'altrettanta diversa visione sulla concezione che si abbia del potere e come immediata conseguenza, della giustizia. Queste nostre due diverse visioni comunque (la consapevolezza di cui sono portatrici) convergono nel denunciare entrambe,  seppure con argomenti differenti, il degrado etico/morale della nostra società, e non è poco. Detto questo, e dato che già un paio di volte ti sei richiamata a "2001 odissea nello spazio", ti ricordo, visto pure che in merito al film già espressi un parere negativo sul come fossero andate le cose, ti ricordo appunto che l'illuminazione scimmiesca è giunta dopo lo stupore di fronte al monolite. Se volessimo seguire quindi tale narrazione si dovrebbe meditare sulla sequenza temporale dei fatti.
.
Posso anche essere d'accordo che, nell'ambito ristretto di una lingua ed escludendo il significato di un termine si possa parlare di convenzioni tra fonema e grafema (corrispondenza tra parlato e scritto), ma, scrutando l'arcaico, nell'immanenza del "qui e ora" non vi sarebbe alcuna necessità di una convenzione sul significato, o meglio, sul senso di un significante. Per come la penso, coerentemente con quanto già detto, il senso di un significante (sia esso suono o gesto visibile), e questo valga per un essere umano quanto per una scimmia o altri, si coglierebbe al volo (verrebbe accettato) proprio per la presenza di una indiscussa significatività di un dato evento in un dato gruppo (inconsapevole coscienza di gruppo). Se c'è convenzione si tratterebbe quindi, più che di convenzione, di un semplice atto implicato dal sapere che anche il tuo simile comprende la stessa cosa che tu comprendi. Ma questa situazione è ben distante da altra in cui intervenga una esplicita convenzione tra significante e significato, a mio vedere difficilmente sostenibile.
Per come la penso quindi, la via da seguire per dare una narrazione più credibile (rispetto ad altre) della formazione del nostro linguaggio sarebbe quella in cui si percorre la legge stabilita naturalmente in cui ogni conoscenza si superpone in modo naturale ad altra conoscenza inglobandola, legge che dovrebbe dare conto di come si sia giunti a sapere (conoscere) di disporre di una lingua, e che dovrebbe dare conto pure della naturale distorsione di cui ho parlato nella prima parte dell'intervento sulla concezione del potere con annessa la giustizia. Infine, il punto critico di cui parli, "una volta scoperto il trucco", il quale darebbe il via all'artificiale, corrisponderebbe per me a quando conoscemmo che esisteva l'azione del parlare, sempre in modo naturale. La distorsione accadde successivamente, e non penso sia stata l'idea di Dio a provocarla, certo la consolidò

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