L' assurda negazione della Verità

Aperto da bobmax, 22 Febbraio 2024, 13:05:08 PM

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Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 13:52:09 PMRealtà e leggi fisiche stanno su due differenti piani del reale.
Questa piccola frase nasconde lo scisma manifestatosi nella comunità scientifica e filosofia della scienza perchè apre il problema della trascendenza , ovvero, se le leggi trascendono o meno il mondo fisico. Non so se si è capito, la mia indagine filosofica verte maggiormente sul piano di realtà delle leggi della fisica in questa discussione , ma se vogliamo stabilire cosa è reale bisogna affrontare la questione (sì ancora una volta) . Considera lo status  delle leggi della fisica, esse devono essere considerate come scoperte riguardo alla realtà o semplicemente come ingeniose invenzioni degli scienziati utili a descrivere le regolarità osservate? ho già detto che le regolarità sono qualcosa di oggettivo e di reale e non un invenzione. Dunque, le leggi di gravità di Newton è una propietà del mondo reale che venne scoperta da Newton, oppure è un invenzione di Newton nel tentativo di descrivere le regolarità osservative? in altre parole, Newton portò alla luce qualcosa di oggettivo riguardo al mondo, o si limitò a inventare un modello matematico di una porzione di realtà che , di fatto, risulta utile nel descriverla? Il linguaggio usato per discutere le leggi di Newton riflette una forte inclinazione verso la prima posizione. I fisici parlano di pianeti che "obbediscono" alle leggi di Newton, come se un pianeta fosse per natura un entità ribelle pronta a trasgredire e se la svignerebbe in preda ad un furore anarchico per lo spazio se non fosse "soggetta" alle leggi. Ciò da l'impressione che le leggi siano "la fuori" da qualche parte in agguato e pronte a intervenire sui pianeti sempre e ovunque. Il ricorrere abitualmente a questa descrizione porta alla conseguenza di attribuire alle leggi uno status indipendente, in tal caso , le leggi vengono dette trascendenti. Ma questo atteggiamento è davvero giustificato? in che modo si può stabilire l esistenza separata , trascendente delle leggi? dato che le leggi si manifestano soltanto attraverso i sistemi fisici, nel modo cioè in cui tali sistemi si comportano. Noi non potremo mai guardare "dietro" la materia del cosmo per osservare le leggi in quanto tali. Ma se non abbiamo mai occasione di conoscere le leggi salvo che attraverso la loro manifestazione nei fenomeni fisici , che diritto abbiamo di attribuire loro un esistenza indipendente? Un analogia utile in questo contesto è quella di ricorrere a concetti di hardware e software nell informatica. Le leggi della fisica corrispondono al software, mentre gli stati fisici sono l hardware (Così estendiamo un pò l uso della parola hard, poichè nella definizione di universo sono compresi i nebulosi campi quantistici e persino lo stesso spazio-tempo) . Il problema precedente può dunque essere esposto in questi termini; c'è un software cosmico, un programma per un universo, dotato di esistenza indipendente e che incorpora tutte le leggi necessarie? questo software può esistere senza l hardware? Tutte le leggi fondamentali note hanno una forma matematica. Capire perchè le cose stanno così è una questione importante e sottile che non può essere banalizzata e che richiede, invece, un indagine sulla natura della matematica.
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 13:52:09 PMLe leggi fisiche sono prodotti dell'episteme umana che inseriscono in uno schema logico ciò che accade.
prodotti dell episteme umana destinate a riflette propietà oggettive del mondo reale e non solo per avere uno schema logico utile a descriverlo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 09:49:08 AMEsattamente: gaia scienza, coi piedi saldamente a terra e la mente modicamente alata.

Ti sbagli perchè l'uomo ha sempre una metafisica.
L'importante è che essa sia radicata nella storia, e in ricerca della verità o moralità che dir si voglia.
Vale a dire che la verità è la moralità.
Purtroppo oggi confondiamo la moralità con l'etica, e l'etica con l'ontologia, con gli orrifici paesaggi della prigionia delle neuroscienze e del diritto.
Il delitto è sempre presunto.
I vero delitto è sempre negato.
Come se un fatto possa essere raccontato in altra maniera, come nel caso della russia e di israele.
Il patriottismo scambiato per offensivismo.
E l'antipatriottismo scambiato per beneficenza e altruismo.
Il delirio del nostro tempo ha molte facce, e molti zelanti intellettuali al suo servizio.
La filosofia si deve irrobustire, e farsi un pò più coraggiosa direi.
Non certo nel nostro tempo.
Non sono un illuso.
C'è un bel libretto di Agamben, Crimen appunto.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

@knox

Ancora e sempre adaequatio.

Perché la sensorialità segue leggi logaritmiche ?

PERCHÉ È COSÌ !

Noi possiamo solo inventare le funzioni logaritmiche che ci permettono di fare calcoli per non diventare sordi, ciechi, spompati.

Senza invereconde sublimazioni trascendenti per aver fatto ciò,  inventando architetti e disegnatori immaginari.

Trascendiamo la nuda terra solo di quel poco che ci permette di costruire un aeroplano, ma ciò non significa che ci siano cresciute le ali.

La natura segue il suo corso indipendentemente da noi e la causa finale sta scritta solo nella nostra logica. È già tanto se riusciamo a scoprire la causa efficiente più prossima, e quella che l'ha generata, per costruire un'etica/morale a misura d'uomo.

Se questo è un uomo ?

(A Gaza: no. Indipendentemente dai torti ricevuti e dalla storia).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

#123
È curioso notare, come spesso chi nega la Verità abbia tuttavia molte certezze.
Cioè per costoro la Verità non è, epperò... sono pure convinti di conoscere non poche verità, che considerano assolutamente Vere!

Vivono cioè nella certezza di aver compreso, se non tutto, almeno una buona parte di cosa sia la realtà.
Perciò per loro la Verità non è, però ne conoscono una parte...
Una conoscenza, che permette loro di negare la Verità assoluta!
Impressionante.

Consola la considerazione che costoro in definitiva si piccano soltanto di conoscere, perché in realtà posseggono solo conoscenze abborracciate.
Un sapere che deriva più che altro da un sentito dire, dalla lettura di un bigino, piuttosto che veramente vissuto. E perciò sofferto sulla propria pelle.

Perché se lo avessero davvero sofferto, non si azzarderebbero a trattare quel poco che conoscono come sapere assolutamente certo.

Tipico esempio è la matematica.
A cui spesso si appella una pletora di negatori della Verità.
Perché pur non eccellendovi, danno per scontato che là, nella matematica, vi sia Verità.

Quindi chi nega la Verità, in effetti vi crede eccome!
E persino la conosce! Una parte...
Perciò nega la Verità non perché non sia, visto che un po' la conosce, ma perché è brutta!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Koba II

Citazione di: green demetr il 01 Marzo 2024, 06:08:54 AMTi sbagli perchè l'uomo ha sempre una metafisica.
L'importante è che essa sia radicata nella storia, e in ricerca della verità o moralità che dir si voglia.
Vale a dire che la verità è la moralità.

Il succedersi delle metafisiche nella storia non toglie che ciascuna poi cerchi di sottrarsi al tempo. Non è questo ciò che le accomuna: rivelare il fondamento delle cose? Il fondamento che non passa. Che sia il mondo delle essenze eterne o Dio.

Ora, se tu intendi invitare ad essere liberi di pensare senza la paura ossessiva di uno sconfinamento in ambito metafisico, sono d'accordo.

Ma credo si debba partire da come stiamo vivendo nel nostro tempo.
In sintesi direi che la nostra vita può essere espressa così: liberi di soffocare. Liberi di soffocare nel lavoro, nell'iper-consumo, nell'intrattenimento continuo. Nessuno ci costringe a niente. Eppure siamo tutti instradati in questo soffocante flusso di produzione, consumo, comunicazione.

Detto questo, la domanda riguarda il rapporto tra il presente e la metafisica.
Anche senza farne la questione essenziale della filosofia, è probabilmente corretto interpretare l'organizzazione asfissiante della società come derivata dalla metafisica (o da un certo tipo di razionalità applicata ad una visione della realtà, questa sì metafisica, come insieme di cose da dominare, manipolare etc.). Le cose sono manipolabili perché non hanno un valore intrinseco. Perché il loro fondamento è altrove (in Dio etc.).
Insomma dobbiamo porci di fronte a questo scenario senza però sentirci costretti a percorrere per forza degli specifici itinerari (quelli espressamente non metafisici, per esempio, e quindi considerati al passo coi tempi...).
In questo cammino ognuno di noi è solo.

"In primo luogo devo indicare quali sono i compiti generali, che debbo risolvere per me, se voglio potermi chiamare filosofo. Anzitutto una critica della ragione: una critica della ragione logica e della ragione pratica, della ragione valutante. Senza chiarire a me stesso, almeno nelle linee generali, il senso, l'essenza, i metodi e i principali punti di vista di una critica della ragione, senza aver meditato, progettato, definito e fondato un disegno generale, non posso vivere in modo vero e autentico. I tormenti della mancanza di chiarezza, dell'oscillare del dubbio, li ho goduti a sufficienza. Io devo giungere a una solidità interiore... Soltanto una cosa mi preoccupa: debbo raggiungere la chiarezza, altrimenti non posso vivere, non posso sopportare la vita se non credo che ce la faccio, che davvero posso guardare alla terra promessa, di persona e con lo sguardo limpido".
[da una pagina del diario di Husserl che risale al 1906]

Phil

Il passo che hai citato secondo me ben spiega quello che intendevo nel definire Husserl il "valico" del/dal pensiero metafisico: trattandosi di una pagina di diario, emerge limpidamente l'impasse esistenziale, l'affanno di una mente affamata di metodo e di chiarezza quando è spinta dalla «preoccupazione» della «terra promessa» (gnoseologica), ma tuttavia non ne scorge il sentiero. Cerca solidità interiore, sguardo limpido e chiarezza definitiva poiché, da ultimo metafisico, ha "fede" (direbbe Duc) che tale chiarezza definitiva sia trovabile (fatale apriorismo); tuttavia noi già sappiamo, essendo posteri, come andrà a finire. E proprio per questo Husserl è il padre di tutti i post-metafisici: è colui che ha terminato la mappatura del monte Olimpo per lasciar concludere agli altri che "lì" (nell'intenzionalità, nell'appercezione, nella noesi, nella sintesi passiva, etc.), di "dèi chiari e distinti" dell'oggettività assoluta, non se ne vedono.
Per riprendere l'immagine husserliana dell'epochè: una (debole) chiarezza c'è solo dentro le parentesi dell'epochè; "là fuori" si intravvedono perlopiù aporie e indecidibilità (che invece dentro quelle parentesi, fra "giochi linguistici", convenzioni, etc. sono facilmente ostracizzate e magari anche banalizzate).

iano

#126
La verità non si può negare.
Questa è una definizione di verità o è una sua proprietà? Oltre ad essere il tema disatteso di questa discussione.
Se è una definizione , già in quanto tale non si può negare, ma accettare oppure no.
Non mi è chiaro quanti di voi l'accettino, e quanti la rigettino, perchè sento fare molte dotte disquisizioni filosofiche che però non valgono un si oppure un no.
Rimane inoltre aperto il mio quesito se , ancora per definizione, o di fatto, cioè nella prassi, usiate il suo contrario come valido, e cioè che ciò che non si può negare è vero.
Questa seconda definizione renderebbe conto del perchè di verità si parli, perchè parliamo di ciò che ci unisce, mentre la prima definizione rende conto del perchè non se ne dovrebbe parlare, ammettendosi una ricerca solitaria, quanto incomunicabile.
Andando a fare una statistica sul forum, riguardo ancora a una definizione di verità, si scopre che la verità è amore, che la verità è nulla, e alfine sembra non ci sia cosa che non lo sia, ma sarebbe già tanto capire perchè ne parliamo, ed è quello che ho provato a fare.

Infine, la verità non si può negare, ma se questa non la sua definizione, e in sua eventuale mancanza, non si sà allora cos'è che non si può negare.
Se una definizione si può accettare o rifiutare, una sua mancanza è proprio ciò che non si può negare.
Se la verità non è questa mancata definizione, allora c'è qualcosa d'altro che ne condivide quella che, al minimo, è una sua proprietà, e che giustifica perchè di verità si parli.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: Koba II il 01 Marzo 2024, 10:42:54 AMIl succedersi delle metafisiche nella storia non toglie che ciascuna poi cerchi di sottrarsi al tempo. Non è questo ciò che le accomuna: rivelare il fondamento delle cose? Il fondamento che non passa. Che sia il mondo delle essenze eterne o Dio.

Non è tanto il non passare a caratterizzare il fondamento...
Perché l'eternità non è la durata indefinita di ciò che non passa mai.
L'eternità è invece rintracciabile nell'istante che racchiude ogni esistenza possibile.

Cioè il fondamento è ciò che dona valore all'esistenza... annullandola nella sua effettività.
È quindi superamento del divenire, che ne è la condizione necessaria.

Difatti il Fondamento è prima di tutto il "tuo" fondamento!
E tu vai in cerca di qualcosa che duri o non piuttosto di ciò che vale davvero?
È la durata che conta? O non è invece altro?

Esistere indefinitamente?
Non è questo il massimo orrore?

Ma per grazia di Dio nulla dura.

Niente può essere fondato sulla esistenza. Perché la verità nella esistenza è inevitabilmente relativa, proprio per la separazione, temporale e spaziale, che permette la stessa esistenza.

Di modo che niente può essere davvero raggiunto stabilmente. Neppure l'agognata chiarezza del buon Husserl.
Se non nell'istante, in cui decidi chi essere per l'eternità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMPerché la sensorialità segue leggi logaritmiche ?
cosa c'entrano i sensi con la matematica?
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMPERCHÉ È COSÌ !
Il "perchè è così e basta" non è mai stata una risposta soddisfacente , specialmente in filosofia. Ci deve essere una ragione se le cose sono così.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMNoi possiamo solo inventare le funzioni logaritmiche che ci permettono di fare calcoli per non diventare sordi, ciechi, spompati.
Mi sfugge il senso per cui ti debba allacciare alle funzioni esponenziali. Ad ogni modo non solo la inventiamo , ma nel panorama mentale matematico facciamo anche scoperte, come ad esempio la scoperta dei numeri primi.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMSenza invereconde sublimazioni trascendenti per aver fatto ciò,  inventando architetti e disegnatori immaginari.
ma io non ho parlato e non intendo invereconde sublimazioni trascendentali ne inventare architetti e disegnatori immaginari
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMTrascendiamo la nuda terra solo di quel poco che ci permette di costruire un aeroplano, ma ciò non significa che ci siano cresciute le ali.
questa non è una buona metafora , non trascendiamo alcunchè prendendo un aereo e lo abbiamo costruito usando la tecnica e la scienza, non la trescendenza.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMLa natura segue il suo corso indipendentemente da noi e la causa finale sta scritta solo nella nostra logica. È già tanto se riusciamo a scoprire la causa efficiente più prossima, e quella che l'ha generata, per costruire un'etica/morale a misura d'uomo.
Adesso mi tiri fuori anche Aristotele? ce la metti propio tutta per non affrontare il problema. Ma va bene , come non detto. :)
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: iano il 01 Marzo 2024, 13:57:00 PMLa verità non si può negare.
Questa è una definizione di verità o è una sua proprietà? Oltre ad essere il tema disatteso di questa discussione.
Hai ragione e mi scuso degli off-topic filosofici; a mia difesa posso solo ricordare il post n.84 della discussione in cui avevo detto, fra l'altro, che secondo me: «In realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del discorso sulla realtà, non una categoria della realtà».
Alcuni dei post seguenti, quelli che non si pongono il problema di "cosa" la verità sia, ma solo di come "assegnarla" (adequatio e dintorni), quelli che identificano la verità con x o y, quelli che (eventualmente) la negano, etc. mi pare non facciano altro che confermare che, appunto, la verità è categoria del discorso (che non significa ovviamente poterle dare assegnazioni "a piacere", totalmente avulse da un contesto semantico che non stiamo certo inventando oggi). Sempre se si tiene ben ferma la distinzione fra esistere ed essere-vero (fra ontologia e linguistica, fra percezione e categorizzazione, etc.).

Ipazia

La verità sarà pure una categoria del discorso (logos) ma ha un rapporto funzionale con la realtà, indipendente dalla sua causalità ed essenza (pre-giudizi metafisici) per cui si può dire, rispettando le regole del discorso, se quello è un gatto o un cane e a dirci la verità non è solo la consuetudine morfologica, ma pure il non consuetudinario DNA.

Finchè si resta nei ta panta, delimitando rigorosamente il loro campo di esistenza logico e ontologico, è possibile formulare proposizioni che dicono la verità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

#131
Citazione di: Koba II il 01 Marzo 2024, 10:42:54 AMIl succedersi delle metafisiche nella storia non toglie che ciascuna poi cerchi di sottrarsi al tempo. Non è questo ciò che le accomuna: rivelare il fondamento delle cose? Il fondamento che non passa. Che sia il mondo delle essenze eterne o Dio.

Ora, se tu intendi invitare ad essere liberi di pensare senza la paura ossessiva di uno sconfinamento in ambito metafisico, sono d'accordo.

Ma credo si debba partire da come stiamo vivendo nel nostro tempo.
In sintesi direi che la nostra vita può essere espressa così: liberi di soffocare. Liberi di soffocare nel lavoro, nell'iper-consumo, nell'intrattenimento continuo. Nessuno ci costringe a niente. Eppure siamo tutti instradati in questo soffocante flusso di produzione, consumo, comunicazione.

Detto questo, la domanda riguarda il rapporto tra il presente e la metafisica.
Anche senza farne la questione essenziale della filosofia, è probabilmente corretto interpretare l'organizzazione asfissiante della società come derivata dalla metafisica (o da un certo tipo di razionalità applicata ad una visione della realtà, questa sì metafisica, come insieme di cose da dominare, manipolare etc.). Le cose sono manipolabili perché non hanno un valore intrinseco. Perché il loro fondamento è altrove (in Dio etc.).
Insomma dobbiamo porci di fronte a questo scenario senza però sentirci costretti a percorrere per forza degli specifici itinerari (quelli espressamente non metafisici, per esempio, e quindi considerati al passo coi tempi...).
In questo cammino ognuno di noi è solo.

"In primo luogo devo indicare quali sono i compiti generali, che debbo risolvere per me, se voglio potermi chiamare filosofo. Anzitutto una critica della ragione: una critica della ragione logica e della ragione pratica, della ragione valutante. Senza chiarire a me stesso, almeno nelle linee generali, il senso, l'essenza, i metodi e i principali punti di vista di una critica della ragione, senza aver meditato, progettato, definito e fondato un disegno generale, non posso vivere in modo vero e autentico. I tormenti della mancanza di chiarezza, dell'oscillare del dubbio, li ho goduti a sufficienza. Io devo giungere a una solidità interiore... Soltanto una cosa mi preoccupa: debbo raggiungere la chiarezza, altrimenti non posso vivere, non posso sopportare la vita se non credo che ce la faccio, che davvero posso guardare alla terra promessa, di persona e con lo sguardo limpido".
[da una pagina del diario di Husserl che risale al 1906]
Ti rimando ancora una volta alla discussione su Hegel, per quanto riguarda il problema tra il presente e la metafisica intesa come grund, come fondamento.
Non si tratta come vorrebbe Husserl di vederci chiaro, perchè Husserl prende il soggetto kantiano-hegeliano e lo trasforma in un oggetto (di sintesi passive).
E dove starebbe la volontà?
Il mio maestro in una lezione che mi ha lasciato basito, mi ha fatto capire che il concetto di volontà, non va dato per scontato, come faccio io, poichè è stato forgiato dalla filosofia.
D'altronde se noi ragioniamo sul video di Gadamer dove parla della fede, oppure aprendo il discorso sulla meta-noia cristiana, non si parla forse di volontà di fede? Non di mera fede. Vedi che comincio a capire. Vannini di questo sembra non parlare.
La volontà è ciò che distingue la ricerca morale, costantemente distrutta dal presente che si fa in un attimo passato.
In Hegel questa volontà nel primo capitolo non viene affrontata.
Ma non è ovvio, partendo proprio da un libro liceale, che Hegel questa volontà la porti dentro lo spirito?
Appunto la morale secondo Hegel nasce e spira dal grund, dal fondamento, dall'originario.
Essa viene intuita, o meglio come dice Hegel, direttamente conosciuta da quell'io che noi siamo.
E che però, ed è qui che la filosofia nasce, si conosce solo in quanto soggetto, e giammai come io.
Il soggetto che io NON sono, si esplica dalla mia volontà di sottrarmi al tempo.
Se intuisco bene, Hegel però si ferma lì. Ovvero egli attende la fine del tempo.(la civetta, e la talpa, la critica al sottosuolo di questa sottrazione temporale che diventa umanità, ossia moralità, vedi che ne so la carta dei diritti dell'uomo, dove il corpo è detto sacro.
E pensiamo al male, al diabolus, al sofista, che invece quel corpo lo vuole martoriare.(non sono cose astratte).
Il terrore nasce dalla paura.
Quale è la paura della filosofia? Conoscere la volontà del DIO.
E rieccoci a Nietzche e Platone.
Questa è la metafisica del grund.

Il grund non è ciò che rimane del tempo, è il suo esatto opposto, è il tempo.
Il pulsare della vita, che destinalmente deve morire.
Ma il Dio vuole la vita nonostante la morte.

Intendo questa metafisica che in questo tempo diventa una paura generalizzata come sintomo, e come farmaco un evasione infinita.
E come psicofarmaco una inibizione chimica dei fattori chimici che vengono innestati dal questo soffio vitale.
Che in questo tempo (della civiltà occidentale) si chiama depressione.
E che nello stesso tempo (nella civiltà orienteale) si chiama ossessione.
Entrambi con i loro meccanismi identici. La coazione a ripetere.
Stavo giusto meditando su uno degli aforismi di Adorno, sommo libro i minima moralia, sta sorpassando ogni mia attesa (di solito molto molto bassa sui libri).
Chi sembra star ragionando con te sulle vie di liberazione, è in realtà il nemico ultimo anche nei momenti liberi che l'intellettuale dissidente si è ritagliato.
L'oriente cerca di uscire dalla sua coazione a ripetere, per poter essere lui e non più l'occidente a martoriare i corpi.
Tutto ciò è iscritto nella storia.
Come possiamo pensare ad una metafisica che rimane?
Non esiste a mio parere.
Non tanto perchè Dio non esiste, ma proprio perchè noi non potremo mai sapere cosa o chi è Dio.
Rimane però ciò che conosciamo a contatto con esso.
Ossia la vita, la vitalità, da non confondere con l'evasione, che è il suo esatto opposto.
E la vita non va automatizzata, resa macchina, controllata.
Di nuovo siamo a Platone, Kafka, Dostoevsky.
Per non parlare della dinamite alla macchina, alla macchinazione delle altre metafisiche.
Qunate metafisiche esistono?
Per Nietzche sono infinite.
E pure per il mio maestro.
Patafisica.

Tutto questo per dire che non esiste un vedere chiaro, husserl era un pazzo, un maniaco dell'ordine, e dell'ordinazione, come kant.

Io credo che invece di quella particolare metafiscia che mi interessa, ossia quella del grund, del fondamento, "rimanga" quello che dice Hegel.
Ossia il problema del soggetto.
Ma non che esista una soluzione.
Il resto è il problema infinito, o meglio fino alla fine della storia, del soggetto.
Noi possiamo veramente uscire dalla storia?
Certo con la volontà, con la meta-noia.
Il soggetto che guarda se stesso, e il famoso angelo di benjamin che guarda sempre rivolto al passato.
Il terzo occhio di sini, la critica in una sola parola.
Noi siamo su questo mondo per criticare.
Ma dove falliamo?
Ce lo dice Platone nel Cratilo o Kafka nel suo irresistibile precipitare degli eventi nel processo.
Si chiama la paura della morte.
Thanatos.
E il suo infame contraltare: i discorsi di morte.
Siamo pieni di discorsi di morte, anche quando evadiamo nella fantasia.
Su questo sto meditando.
E sai, a un certo punto, basta cazzate, mi sto veramente impegnando.
Grazie al cielo la PROSA di Adorno, di Leopardi, di Platone, è quel feticcio, di cui parlava Montale, ciò che mi salva, ciò che salva.
Già la forma e il testo. E pensare che è il titolo dell'antologia migliore di italiano che c'è in giro da tanto tempo (in attesa che arrivino quelle di comparatistica) quella del Ceserani.
Vecchi ricordi, vecchie poesie, vecchi cari amici, i libri.
Ma questo tu già lo sai.
Ciauz!  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#132
Citazione di: Phil il 01 Marzo 2024, 15:13:56 PMHai ragione e mi scuso degli off-topic filosofici; a mia difesa posso solo ricordare il post n.84 della discussione in cui avevo detto, fra l'altro, che secondo me: «In realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del discorso sulla realtà, non una categoria della realtà».
E' vero, tu una risposta l'hai data, e mi pare equivalga a dire che la verità può essere negata, se si può negare qualunque discorso sulla realtà.
La mia impressione è che chiunque dia una sua definizione di verità, da essa discenderà che può essere negata.
Di fatto quindi astenersi dal darne una definizione,  equivale a una verità che non può essere negata, a meno che questa non sia la definizione, l'unica definizione di verità che, facendo eccezione la rende innegabile.

Io comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
perchè non esplicite, finché non riesce ad esplicitarle e quindi a negarle, e sono quelle verità che ci danno l'illusione, vitale, che sia reale ciò che ci appare.
Noi possiamo anche sgamare l'illusione, ma finché la verità che la produce rimane innegabile, l'illusione rimane.
E rimane per nostra fortuna aggiungo, svolgendo una funzione vitale.
E' infatti questa illusione di realtà, non univoca, ma neanche gratuita, che non ci fà cadere nei burroni, come paventava il buon vecchio Viator. :)
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano


Io comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
------------------------------
preciso,  fondano il discorso come evidenze, ma agendo in modo implicito, è perciò innegabili.
Il risultato è che quando apri gli occhi non puoi negare ciò che vedi, ed è su ciò che vedi che si fonda il discorso sulla realtà.
Il discorso scientifico , fornisce una sua versione di mondo, diversa,  ancora non gratuita, ma priva di evidenze, o meglio ciò che è da considerare l'equivalente dell'evidenza si stabilisce attraverso un metodo condiviso.
In tutte queste diverse descrizioni più o meno esplicite cè comunque una irrinunciabile  condivisione, che in caso sta a monte (evidenza) e nell'altro è da ricavare con metodo a posteriori.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 01 Marzo 2024, 18:05:01 PMIn tutte queste diverse descrizioni più o meno esplicite cè comunque una irrinunciabile  condivisione, che in caso sta a monte (evidenza) e nell'altro è da ricavare con metodo a posteriori.
in tutte queste diverse descrizioni io denoto che le verità non stanno tutte sullo stesso piano. Diversi tipi di verità .
Personalmente protendo su due tipi . Di cui ho già espresso molte volte l'enunciato formulato dal fisico Neils Bhor, il fisico Danese affermava l'esistenza di grandi verità esprimibili in asserzioni il cui contrario possiede un identico valore di verità. L'esistenza di due versioni, alternative e opposte, di un'unica verità conduce al concetto di complementarità: si può scegliere l'una o l'altra delle due versioni. La scelta è dettata dalle circostanze. Ad esempio in certi momenti si può dire tirando un sospiro ; "la vita è dolorosa" e in altri momenti affermare che la vita è meravigliosa. Scegliere una o l altra ipotesi non è un difetto di verità , in quanto possono essere entrambe vere a seconda delle circostanze. Questo tipo di verità viene definito "verità profonde".
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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