L' assurda negazione della Verità

Aperto da bobmax, 22 Febbraio 2024, 13:05:08 PM

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bobmax

La negazione della Verità è il pensiero che rinnega se stesso.
Cioè rinnega ciò che lo fonda.

Pensare è infatti un atto di fede, fede nella Verità. Senza questa fede è impossibile pensare.
Perché il pensiero necessita di contare sul proprio fondamento per poter realizzarsi. 
E il fondamento è la Verità.

Quindi la negazione della Verità è un non pensiero.
Diciamo pure, è il non pensiero per antonomasia.

Per rendersene conto, sarebbe sufficiente fermarsi a considerare quanta "verità" vi sia nella propria stessa negazione.

Non è una questione di contraddizione. Perché la contraddizione è comunque all'interno della Verità (potrebbe essere altrimenti?)
Siamo ben più in profondità.

Siamo all'essere o non essere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#106
Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 11:54:53 AMmi rendo conto che dire leggi fisiche non coerenti con i fatti è una contrddizione logica. Ma possiamo immaginre un mondo totalmente caotico tale da non permettere la nascita della vita per come la intendiamo. Un tale mondo sarebbe caotico ma non per questo non coerente in se stesso .
Il caos in fisica è trattato dentro al determinismo, quindi non è lo stesso caos della filosofia.
I mondi che si interfacciano fra noi e la realtà sono coerenti, o coerenti fino a prova contraria, a partire dal mondo descritto dalla geometria euclidea, che è la ''sostanza'' di cui sono fatte le nostre percezioni.
Per prudenza ci dovremmo fermare qua.
Indurre da ciò che la realtà sia coerente è una ragionevole illazione.
E' una ipotesi ragionevole, ma che temo abbia il difetto di non poter mai essere confutata, se dominare l'apparente caos è cosa che si è dimostrata fattibile.
E' metafisica pura con la quale alcuni di noi devono imparare a convivere, obtorto collo, e altri capire che essa non avrà mai l'esclusiva.
Le geometrie sono come gli occhiali.
Attraverso essi vedi solo quello che ti fanno vedere.
La novità è che siamo riusciti a costruire nuovi tipi di occhiali, oltre quelli con cui nasciamo e che corrispondono alla geometria euclidea.
Cambi gli occhiali e un nuovo mondo appare.
Un altra novità è che sarà impossibile assimilare questi nuovi mondi alla realtà, come abbiamo fatto, e ancora riusciamo a fare, quando apriamo gli occhi.
Questo equivale a dire che non riusciamo a ''comprendere'' questi nuovi mondi.
Ma i fisici, con il loro pragmatismo, seppur non meno increduli di noi nel considerare i nuovi mondi, ci dimostrano fattivamente che si può vivere in questi nuovi mondi pur senza comprenderli.
le leggi fisiche sono strumenti, e in quanto tali stanno fuori di noi, non compresi.
Esse si applicano ad oggetti la cui oggettività però inizia a vacillare.
Che oggetto è infatti quello di cui non si riesce a stabilire il confine, essendo stato finora il confine parte integrante della loro definizione, non che, non a caso, oggetto delle geometrie?
Abbiamo diviso la realtà unica in molteplici oggetti, ma il confine di questi oggetti si è dimostrato teorico, per cui la presunta realtà di questi oggetti diventa sempre più astratta.
Sembra quasi che la realtà abbia orrore del molteplice che ci concede solo come illusione.
Questa illusione è ciò che abbiamo  e il compito del filosofo sarebbe secondo me quello di rivalutarla, mentre finora la abbiamo opposta alla realtà, la quale però ci siamo solo illusi di avere un rapporto diretto, e questa è l'unica illusione da riconsiderare in senso negativo, se non altro perchè se non ci aiuta a comprendere ci aiuta però a convivere con le nostre nuove teorie fisiche, laddove la vecchia comprensione che ne avevamo era comunque una convivenza, laddove una fisica non esplicitata che stava e continua a stare dietro alle nostre sensazioni occupava insieme all'uomo lo stesso luogo.
Oggi siamo più dei separati in casa, che non riescono comprendersi, ma in qualche modo dobbiamo adattarci a convivere.

Infine, questa realtà sarà davvero coerente?
La coerenza è una relazione fra molteplicità.
Ammettere che la realtà sia coerente equivale a dire che è molteplice.
Noi, nel nostro rapporto indiretto con la realtà, abbiamo a che fare col molteplice, ma siccome di queste molteplicità si è rivelato fittizio il confine, ad usum geometriae, sembrano allora molteplicità che sembrano sovrapporsi, più che opporsi, come a volersi riprendere quell'unità dalle quali le abbiamo sequestrate.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: bobmax il 29 Febbraio 2024, 14:03:43 PMLa negazione della Verità è il pensiero che rinnega se stesso.
Cioè rinnega ciò che lo fonda.

Pensare è infatti un atto di fede, fede nella Verità. Senza questa fede è impossibile pensare.
Perché il pensiero necessita di contare sul proprio fondamento per poter realizzarsi. 
E il fondamento è la Verità.
Ma non c'è nessuna negazione della Verità nel mio pensiero . La Verità di cui parli è un verità spirituale, che andrebbe discussa in sede spirituale. Certo si può parlare di spiritualità in termini filosofici, io lo faccio sempre quando scrivo di spiritualità. Ma per quanto riguarda la metafisica in un pensiero filosofico esso si scontra con la critica alla metafisica che anch'essa fondata sulla filosofia , la tua impostazione non è più coerente della critica. La critica che io ti avevo posto e ti pongo di nuovo è quella di kant. La sua critica alla metafisica è che il ragionamento , il pensiero come lo chiami tu, si può applicare soltanto al regno dell esperienza , al mondo fenomenico effettivamente osservabile . Non si ha motivo di supporre che possa essere applicato a qualche ipotetico regno che stia al di là del mondo dei fenomeni reali. In altre parole , si può applicare il ragionamento alle cose come le vediamo, ma questo non ci dice nulla sulle "cose in sè" . La tua verità è una verità a cui non ci si arriva col pensiero . Ma dal momento che lo metti in dialettica succede qualcosa di analogo di quando si dice la parola "silenzio" distruggendolo di fatto non appena lo si pronuncia.
In altre parole, ogni tentativo di teorizzare la Verità dietro gli oggetti dell esperienza è destinato al fallimento Per la stessa natura di quella Verità.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

Della verità come adequatio ne abbiamo parlato fin troppo.
Vediamo ora la nozione di verità di Heidegger come aletheia.
Per H. la verità è dis-velamento dell'ente, è l'uscire fuori dell'ente dall'oscurità.
Già la fenomenologia di Husserl insisteva sull'imparare a vedere, sulla necessità di mettere tra parentesi i propri interessi, la propria soggettività particolare, storica, in modo da potersi porre di fronte alla cosa senza pregiudizi.
Per H. bisogna lasciare all'ente la libertà di manifestarsi per quello che è.
Sembra ci sia una doppia libertà: la scelta del soggetto di rinunciare a dominare la cosa che si ha davanti; la libertà originaria dell'apertura che rende possibile il disvelamento dell'ente.
Ma nel disvelamento dell'ente particolare c'è sempre un velamento della totalità dell'ente.
Questo fatto, che la manifestazione dell'ente presuppone anche l'indietreggiare dell'essere, H. lo definisce proprio "il mistero".
Il mistero è insomma questo velamento dell'essere che tuttavia è ciò che rende possibile il disvelamento dell'ente singolo.
Per questi motivi la vicenda della conoscenza umana è un errare necessario, è la vicenda storica della sua attenzione sull'ente singolo senza poter mai coglierne la totalità.

Ipazia

Caro iano, a sgravarci dal catastrofismo scettico ci viene in soccorso Hegel:

"Il reale è razionale..."

La cosa non è così in-mediata (in ciò hai ragione), ma la mediazione ragionevole è un razionale incardinato sul reale, al netto del trionfalismo hegeliano: "...il razionale è reale", rivelatosi fallace.

Concordo con bobmax che il pensiero tenda per sua natura alla verità. Da che consegue che chi vuole dominare il mondo con la menzogna debba per prima cosa impedire ai dominati di pensare. Pensiero unico per tutti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#110
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 14:41:15 PMCaro iano, a sgravarci dal catastrofismo scettico ci viene in soccorso Hegel:

"Il reale è razionale..."

L'unica evidenza che abbiamo è che è razionalizzabile, e io sospetto che questa razionalità non sia disgiunta dalla sua oggettivazione.
Non c'è relazione in mancanza di cose da relazionare, ma non possiamo dimostrare che la realtà sia fatta di cose coerentemente relazionate,  come i mondi che si pongono fra noi e la realtà, a meno di non assimilare la realtà a quei mondi.
E infatti, finché il mondo appariva unico, lo abbiamo fatto.
Quindi la vera questione diventa se questi diversi  mondi potranno ridursi di nuovo ad uno, ma non c'è in ciò una necessità che non sia metafisica.siamo liberi di crederlo, ma la mia impressione è che il crederlo non ci aiuti, almeno nell'immediato.
Non solo, ma credo che la riattuazione della suddetta assimilazione, se come sospetto richiede tempi evolutivi, non sarà più la stessa cosa.
Saremo in ogni caso condannati a non comprendere più quel mondo che apparentemente ci comprende.
Non capisco, ma mi adeguo, dovrebbe essere la nuova parola d'ordine, con comprensibili e scontate rivolte antinichilistiche.
Quello della verità è un miracolo che si è realizzato, ma non è più replicabile.
Era il miracolo in cui aprendo gli occhi ci appariva la realtà.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

#111
Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 14:35:06 PMDella verità come adequatio ne abbiamo parlato fin troppo.
Vediamo ora la nozione di verità di Heidegger come aletheia.
Per H. la verità è dis-velamento dell'ente, è l'uscire fuori dell'ente dall'oscurità.
Già la fenomenologia di Husserl insisteva sull'imparare a vedere, sulla necessità di mettere tra parentesi i propri interessi, la propria soggettività particolare, storica, in modo da potersi porre di fronte alla cosa senza pregiudizi.
Per H. bisogna lasciare all'ente la libertà di manifestarsi per quello che è.
Sembra ci sia una doppia libertà: la scelta del soggetto di rinunciare a dominare la cosa che si ha davanti; la libertà originaria dell'apertura che rende possibile il disvelamento dell'ente.
Ma nel disvelamento dell'ente particolare c'è sempre un velamento della totalità dell'ente.
Questo fatto, che la manifestazione dell'ente presuppone anche l'indietreggiare dell'essere, H. lo definisce proprio "il mistero".
Il mistero è insomma questo velamento dell'essere che tuttavia è ciò che rende possibile il disvelamento dell'ente singolo.
Per questi motivi la vicenda della conoscenza umana è un errare necessario, è la vicenda storica della sua attenzione sull'ente singolo senza poter mai coglierne la totalità.

Mi fa piacere che anche Heidegger intenda la verità come aletheia, disvelamento. Ma il paludamento metafisico di questo linguaggio finisce col rendere oscura una spiegazione semplice.

Inoltre, la generalizzazione squisitamente metafisica di ta panta in ente genera una cortina fumogena ancora più densa. Che si addensa autoreferenzialmente nella "totalità dell'ente".

E' banale osservare che il soggetto deve ritrarsi il più possibile rispetto all'oggetto (di conoscenza) per poterlo cogliere nella sua natura più naturale e verità più veritiera.

La "totalità dell'ente" è un altro totem (Freud mica ci sbagliava troppo) da demolire se non vogliamo inchiodarci in un dubitare infinito fine a se stesso. Dell'ente colgo ciò che mi serve e non mi trastullo in pensieri che oltrapassano il dicibile sinnig, sensato.

L'acqua del marinaio non è quella del chimico e neppure quella dell'assetato (tanti mondi..riducibili ad uno). Ma come ente nel suo insieme non tende tranelli metafisici. Basta imparare a nuotare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 14:41:15 PMConcordo con bobmax che il pensiero tenda per sua natura alla verità.
il pensiero tende alla verità ma la Verità di cui parla non ci si arriva col pensiero . Perlomeno queste sono le sue parole. Ovviamente ora non mi affronta perchè sono un confusionario . pazienza
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 14:35:06 PMGià la fenomenologia di Husserl insisteva sull'imparare a vedere, sulla necessità di mettere tra parentesi i propri interessi, la propria soggettività particolare, storica, in modo da potersi porre di fronte alla cosa senza pregiudizi.
Per H. bisogna lasciare all'ente la libertà di manifestarsi per quello che è.
Sembra ci sia una doppia libertà: la scelta del soggetto di rinunciare a dominare la cosa che si ha davanti; la libertà originaria dell'apertura che rende possibile il disvelamento dell'ente.
Ma nel disvelamento dell'ente particolare c'è sempre un velamento della totalità dell'ente.
Per me la fenomenologia husserliana è il valico del versante metafisico, o se preferisci il canto del cigno, struggente ed esiziale; oltre tale passaggio si odono, di metafisico, perlopiù solo rimasticazioni poetanti (Heidegger, Severino, etc.) ed edonismi teistici (neotomismi e dintorni), entrambi privi di quell'ingegnato rigore logico con cui la metafisica classica cercava almeno di non perdere l'aggancio con il mondo (come dimostra, appunto, il suo apice metodologico, ossia Husserl).
Dopo lo scollinamento di quel valico, "in relativa discesa", sono arrivate le velleità neopositiviste, la critica alle ideologie, l'ermeneutica, il postmoderno, le neuroscienze, etc. Alla profezia/condanna che sembra muovere l'errare, si oppone la prassi dell'interazione "categoriale" con il mondo; la prima attende e si attorciglia su se stessa, la seconda si adopera e si dissemina.

Koba II

Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 15:23:14 PME' banale osservare che il soggetto deve ritrarsi il più possibile rispetto all'oggetto (di conoscenza) per poterlo cogliere nella sua natura più naturale e verità più veritiera.


Non è affatto banale quando si cerca di mettere tra parentesi sia l'atteggiamento naturale, il senso comune, che le ontologie inconsapevoli che ci vengono da stratificazioni del passato.
L'epochè fenomenologica non è affatto una banalità.

Ipazia

Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 15:41:05 PMNon è affatto banale quando si cerca di mettere tra parentesi sia l'atteggiamento naturale, il senso comune, che le ontologie inconsapevoli che ci vengono da stratificazioni del passato.
L'epochè fenomenologica non è affatto una banalità.
Non è banale l'attuazione dell'epochè, la strategia ermeneutica per interrogare l'oggetto, ma il principio ormai ha il peso filosofico di un luogo comune. Alla fine, caro Koba, se si vuole la verità sempre nell'adaequatio bisogna cascare, e laddove non vi siano elementi probatori sufficienti una sana epochè, in attesa di elementi migliori.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 15:27:49 PMil pensiero tende alla verità ma la Verità di cui parla non ci si arriva col pensiero . Perlomeno queste sono le sue parole. Ovviamente ora non mi affronta perchè sono un confusionario . pazienza
Per quanto si stiracchi la verità, sempre verità resta, comunque ci si arrivi; e le riflessioni su di essa possono essere condivisibili per quanto differenti siano le vie preferite per conquistarla.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Koba II

Citazione di: Phil il 29 Febbraio 2024, 15:34:37 PMPer me la fenomenologia husserliana è il valico del versante metafisico, o se preferisci il canto del cigno, struggente ed esiziale; oltre tale passaggio si odono, di metafisico, perlopiù solo rimasticazioni poetanti (Heidegger, Severino, etc.) ed edonismi teistici (neotomismi e dintorni), entrambi privi di quell'ingegnato rigore logico con cui la metafisica classica cercava almeno di non perdere l'aggancio con il mondo (come dimostra, appunto, il suo apice metodologico, ossia Husserl).
Dopo lo scollinamento di quel valico, "in relativa discesa", sono arrivate le velleità neopositiviste, la critica alle ideologie, l'ermeneutica, il postmoderno, le neuroscienze, etc. Alla profezia/condanna che sembra muovere l'errare, si oppone la prassi dell'interazione "categoriale" con il mondo; la prima attende e si attorciglia su se stessa, la seconda si adopera e si dissemina.
Probabilmente 15 anni fa ti avrei risposto: sono d'accordo!
Ma da qualche mese con la filosofia ho ricominciato da capo... onestamente non so che direzione prenderò.

bobmax

Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 14:27:56 PMMa non c'è nessuna negazione della Verità nel mio pensiero . La Verità di cui parli è un verità spirituale, che andrebbe discussa in sede spirituale. Certo si può parlare di spiritualità in termini filosofici, io lo faccio sempre quando scrivo di spiritualità. Ma per quanto riguarda la metafisica in un pensiero filosofico esso si scontra con la critica alla metafisica che anch'essa fondata sulla filosofia , la tua impostazione non è più coerente della critica. La critica che io ti avevo posto e ti pongo di nuovo è quella di kant. La sua critica alla metafisica è che il ragionamento , il pensiero come lo chiami tu, si può applicare soltanto al regno dell esperienza , al mondo fenomenico effettivamente osservabile . Non si ha motivo di supporre che possa essere applicato a qualche ipotetico regno che stia al di là del mondo dei fenomeni reali. In altre parole , si può applicare il ragionamento alle cose come le vediamo, ma questo non ci dice nulla sulle "cose in sè" . La tua verità è una verità a cui non ci si arriva col pensiero . Ma dal momento che lo metti in dialettica succede qualcosa di analogo di quando si dice la parola "silenzio" distruggendolo di fatto non appena lo si pronuncia.
In altre parole, ogni tentativo di teorizzare la Verità dietro gli oggetti dell esperienza è destinato al fallimento Per la stessa natura di quella Verità.

Lo so che tu non neghi la Verità.
Lo leggo nella tua passione.

La confusione non è un male in sé. La confusione è il mio stato naturale.
E non la reputo un difetto, anzi è ciò che apre il mio futuro.
È preziosa la confusione.
Tuttavia lo è soltanto se non ci si lascia sopraffare.
Se la passione, l'emozione, sono troppo violente, la confusione prende il sopravvento su di me.
E mi rimane solo una possibilità: affrontarla, contando ancor più sulla mia fede nella Verità.

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La differenza tra filosofico e spirituale è in realtà evanescente.
Riguarda più che altro l'angolazione con cui si inizia a ragionare. Cioè se si mette a fuoco inizialmente la Fede oppure la Verità.
Ma poi il discorso che si sviluppa è inevitabilmente sia filosofico sia spirituale.
Perché la filosofia è metafisica.
Oppure... non è.

La filosofia si occupa di ciò che non c'è. E lo stesso fa la ricerca spirituale.
La filosofia pone l'enfasi sulla Verità, la spiritualità sulla Fede. Ma entrambe si fondano sulla fede nella Verità!

Kant ha fatto di tutto per evitare di tirar in ballo la Trascendenza.
Perché voleva ad ogni costo mantenere salda la propria fede nella Verità.
Tuttavia non ha fatto, seppur indirettamente, che parlare di Dio.

In che modo?
Mostrando in tutti i modi possibili il limite insuperabile, dove il pensiero si infrange nella ricerca della Verità.

Quindi certamente il naufragio è inevitabile nel provare a parlare della Verità.
Ma ciò che conta è proprio il naufragio!

Invece, chi nega la Verità cosa cerca di fare in sostanza?
Non vuole naufragare.

Perché la Verità implica dolore e disperazione.
Per quel che mi riguarda, il prezzo della Verità è l'inferno.

E allora cosa sto facendo, scrivendo qui?

Invito ad andare all'inferno!

Solo lì, che io sappia, Dio è certo.



Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 16:07:52 PMMa da qualche mese con la filosofia ho ricominciato da capo... onestamente non so che direzione prenderò.
Che si tratti di una "seconda navigazione" o di una "via lunga" (tanto per citare i due "versanti", prima e dopo Husserl), mi permetto di consigliarti di sconfinare anche oltre oceano, verso gli analitici d'America, e lungo la muraglia cinese, fino al Giappone (anche se giudicando dal tuo nome, forse un salto ce l'hai già fatto); due rotte che ho trovato molti stimolanti, perché "diversamente altre" rispetto all'alveo europeo in cui siamo culturalmente immersi.

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