Che cosa avremmo dovuto aspettarci col senno di poi?

Aperto da iano, 13 Febbraio 2024, 12:39:47 PM

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Ipazia

Si vive benissimo anche dopo aver scoperto (disincanto) che Babbo Natale (incanto) non esiste e sono i genitori (realtà) a mettere i regali sotto l'albero.

Non necessariamente si passa da un incantesimo all'altro. Esiste pure la realtà,  infinitamente più ricca e seducente di tutti gli incantesimi: nuda Veritas.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 17:32:04 PMla mia considerazione era: per giungere a cosa? Se non serve a nulla, perché la decostruzione non può che richiamarne altra in un processo "a ritroso", che alla fine deve fissare punti che possono essere indimostrabili [...]?
Evito metafore in modo da scongiurare che risultino fuorvianti, ma tengo la parola «decostruzione» perché (qui scopro le carte) fa anche riferimento ad una corrente post-fenomenologica (v. Derrida ed altri). Chiedi: «[decostruire] per giungere a cosa?». La domanda è traducibile più semplicemente in «a che serve un'analisi critica?». Un'analisi critica può poi comportarne un'altra, e così via; allora perché farla? Questione che mi sembra strettamente imparentata con «perché riflettere sulla realtà?».
La risposta, per me, è piuttosto "contestuale": siamo nella sezione tematiche filosofiche.

iano

#92
Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 18:36:23 PMEvito metafore in modo da scongiurare che risultino fuorvianti, ma tengo la parola «decostruzione» perché (qui scopro le carte) fa anche riferimento ad una corrente post-fenomenologica (v. Derrida ed altri). Chiedi: «[decostruire] per giungere a cosa?». La domanda è traducibile più semplicemente in «a che serve un'analisi critica?». Un'analisi critica può poi comportarne un'altra, e così via; allora perché farla? Questione che mi sembra strettamente imparentata con «perché riflettere sulla realtà?».
La risposta, per me, è piuttosto "contestuale": siamo nella sezione tematiche filosofiche.
Credo finora si sia inteso criticare per costruire una alternativa a ciò che si è criticato, mentre una decostruzione vale solo  percorrere una costruzione in senso inverso, per imparare a costruire se non la stessa cosa qualcosa di sostanzialmente simile, se si ritiene ciò possa servire, usando la consapevolezza acquisita.
Ma questo è in effetti ciò che abbiamo fatto e senza avere  neanche tanta consapevolezza di starlo facendo.
Intendo dire che è l'aver costruito mondi virtuali a suggerirci che anche il nostro potesse esserlo, per cui non possiamo neanche distinguere fra loro questi mondi di fatto discriminando la loro virtualità.
Fatti e conoscenza si rincorrono nascendo gli uni dagli altri e viceversa.
il nostro senso di realtà, cioè la realtà come in modo diretto sembra apparirci, deriva in effetti da una semplificazione necessaria, ma sempre meno necessaria e sempre meno giustificabile.
Però si può intendere il tutto invece come una complicazione non necessaria e sopratutto non desiderabile, come se noi potessimo avere il controllo completo della nostra evoluzione, fino a poterla arrestare.
Si potrebbe davvero arrestare il progresso tecnologico anche se tutti fossimo d'accordo a farlo?
Non credo, anche perchè se potessimo farlo lo avremmo già fatto.
Il paradosso è invece che se potessimo tornare indietro, abolendo tutte le tecnologie che ormai sono divenute parte integrante di noi, nessuno sarebbe d'accordo a farlo , mentre invece a suo suo tempo se fosse stato possibile farlo le avremmo bloccate.
Fermarsi si, ma tronare indietro mai, come se ci fosse un punto preciso in cui doversi fermare, e questo punto guarda caso coincide sempre col tempo che viviamo.
Significa maledire oggi ciò a cui, col senno di poi, non siamo disposti a rinunciare.
Significa avere problemi ad accettarsi.

Diversamente la critica, non avendo mai arrestato il corso degli eventi, diventa un freno a quel corso non necessariamente in senso negativo, se l'accelerazione degli eventi non sia cosa in se  positiva.
La critica quindi al minimo, come pratica di adattamento al nuovo, e come espressione dell'inevitabile disagio che l'adattamento comporta.
Un disagio che ci porta a dire, bene andare avanti, ma anche no, che è quello che diciamo sempre, in ogni tempo, col senno di poi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Citazione di: Ipazia il 23 Febbraio 2024, 18:18:03 PMSi vive benissimo anche dopo aver scoperto (disincanto) che Babbo Natale (incanto) non esiste e sono i genitori (realtà) a mettere i regali sotto l'albero.

Non necessariamente si passa da un incantesimo all'altro. Esiste pure la realtà,  infinitamente più ricca e seducente di tutti gli incantesimi: nuda Veritas.

Non so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità ,  poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da  illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#94
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 19:34:20 PMNon so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità ,  poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da  illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Il punto è che i bambini credono perchè hanno la capacità di farlo, e  questa capacità non si perde crescendo come ci piace credere, e inoltre  secondo me è una capacità vitale.
Se ciò che ci appare come realtà fosse ciò che è, e già cosi fosse ricca di meraviglie, come dice Ipazia, rimane il fatto che noi la consideriamo credibile non perchè  non potrebbe apparirci diversamente pena la perdita di credibilità, ma perchè siamo capaci di credere ad ogni diversa realtà che ci appaia come tale.
La realtà come ci appare da adulti è il nostro babbo natale.
La differenza è che gli adulti...si illudono da professionisti.
Quella di non illudersi è propriamente l'illusione che ci fà apparire la realtà per quel che è.
Ma una realtà che ci appaia per quel che è presuppone una realtà che risponda alle nostre sollecitazioni senza restarne alterata.
Questa influenza in effetti può trascurarsi nel macroscopico, ma nel microscopico la presunta realtà ne viene ribaltata. Questo significa che la nostra sollecitazione muta la realtà che non potrà perciò davvero apparirci per quel che è. Micro e macro sono cosi di fatto due mondi a parte, che servono a negare questa verità, mentre la realtà è una sola, e l'unica spiegazione logica è che  non è nessuno di quei due mondi.
Questo noi lo sappiamo bene, ma preferiamo rimandare la questione a una riunificazione di quei diversi mondi che non sappiamo se mai avverrà, in quanto in se non è una necessità. Così il mondo, comunque ci appaia,  è una illusione che siamo capaci di difendere contro ogni evidenza logica, perchè istintivamente ad essa leghiamo la nostra esistenza, perchè la stessa immagine che abbiamo di noi, in quanto scambiata e confusa con quel che noi siamo, è da difendere ad ogni costo.
Se così stanno le cose, quella di babbo natale è una questione parecchio seria, su cui c'è poco da scherzare. :)) , anche se una bella risata non guasta mai.
E' una questione da considerare importante perchè se vogliamo vederci per quel che siamo non c'è niente di meglio che osservarci nella nostra fase più autentica, quella in cui non abbiamo ancora eretto tutte le nostre difese.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 19:34:20 PMNon so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità ,  poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da  illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Rimane la realtà.  L'illusione più solida di tutte. Attiva piuttosto che passiva. Creativa piuttosto che consumista. Quando la messa in scena natalizia venne meno trovai tutto molto più semplice: da bambina.

Anche oggi trovo deprimente doversi mascherare per divertirsi, quando la realtà ci offre infinite possibilità di svago, stupore e gioia. Andandosela a prendere dove ancora non sia totalmente corrotta.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

#96
Prenderò uno dei punti cardini del postmodernismo, ovviamente scegliendolo in base a ciò che è pertinente alla discussione in corso .

Che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X)  che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia postmoderna fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) .
E se la conoscienza è costruzione allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. Esattamente per come avviene nella matematica in cui conoscere che 7+5 fa 12 equivale a costruire l addizione 7+5=12 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile  equivale essenzialmente al costruibile. A questo punto, con una piena realizzazione della fallacia dell essere/sapere si conclude che ; quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo. è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant. Vorrei far notare che l argomento non è del tutto privo di forza anche se confonde l'ontologia con l'epistemologia. Le due cose non si equivalgono , cioè io posso anche sapere che una tale chiave mi apre la porta di casa ma se non ce l ho in tasca  o la perdo non mi permetterà mai di aprirla.

da un punto di vista realista il fatto che ci siano montagne alte 4000 metri sulla luna non dipende dai nostri schemi concettuali (esse erano lì molto tempo prima che l'umo comparve sulla terra)
da un punto di vista ermeneutico o kantiano questa assunzione non è propio esatta. Davvero potremmo dire che ci sono montangne sulla luna se non possediamo i concetti o le parole montagne, luna , altezza , metri/kilometri come unità di misura?  è da questa intuizione che, secondo me, nasce l'idea di costruzionismo nella conoscenza utilizzata (male) dal postmodernismo. Così anche l'esistenza di montagne alte più di 4000 metri sulla luna dipende dai nostri schemi concettuali (o dal nostro linguaggio) . La mia obiezione è semplice e breve; "non mi serve un concetto per scivolare su una lastra di ghiaccio". Ovviamente rimane valido l'assunto di kant secondo cui "le intuizioni senza concetto sono cieche" poichè sarebbe difficile agire sensatamente nella ricerca scientifica o nell interazione sociale se non si è muniti di concetti. Anche se kant intendeva che fossero necessari concetti per avere una qualsiasi esperienza.
Da questo punto che ho preso in considerazione è curioso il paradosso di come il postmodernismo volesse sancire la fine delle grandi ideologie o dei "grandi racconti" ovvero illuminismo , idealismo, Marxismo perchè logori ma che poi si riduce ad una estremizzazione , in questa particolare fallacia di essere/sapere, di un illuminismo kantiano radicale.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 11:34:50 AMMi pare inevitabile: la critica del reale è tale solo alla luce di un'ideale (per dirla in rima). Il punto nevralgico è di contestualizzare tale ideale: si critica il reale alla luce di un ideale assoluto, di una Verità, etc. o perlopiù all'ombra di desideri, interessi, ideologie, etc.? Una volta chiarita questa impostazione, le critiche non sono affatto inibite o appiattite in un grigio "una vale l'altra", proprio come rilevare la compresenza problematica di orizzonti etici differenti non significa che scelgo di seguirne uno, ma in fondo potrei anche seguirne un altro con la stessa "spontaneità" (non siamo "tabule rase" o AI). Si tratta di capire su cosa è basata una determinata posizione filosofica e poi magari (non è obbligatorio) decostruirla, che non significa affatto banalizzarla, così come smontare un giocattolo non significa renderlo uguale agli altri, anzi aiuta a capire quali sono le sue differenze strutturali, anche le più nascoste.
Facendo un esempio concreto: se ho un approccio pessimista, che mi porta a fare determinate critiche della realtà che mi circonda, posso comunque indagare perché ho un approccio pessimista. Da non confondere con quale è la mia lettura pessimista del mondo: non è l'assenza di giustizia o di bellezza in terra a rendermi pessimista, ciò è solo come il mio pessimismo, una volta "applicato", mi fa giudicare la realtà, non è il fondamento del mio pessimismo (ovviamente uso la prima persona solo a scopo esemplificativo). La risposta al perché è su un altro livello fenomenologico, "prima" dell'applicazione del pessimismo.Più che dal disincanto, il pessimismo è causato dalla frustrazione del capire l'inattuabilità di un ideale; il disincanto di per sé porta un'attitudine più pragmatica e non ha una "emotività negativa" essendo una forma di "comprensione positiva", una "chiarificazione" (se lo si percepisce come turbamento è solo perché c'è ancora della residua frustrazione del fallimento).
Qui mi sembra ci sia un fraintendimento di fondo: il pensiero postmoderno è essenzialmente critica, anzi quasi non ha senso se non letto come critica al pensiero moderno, metafisico, etc. non ha per oggetto «qualche porcheria pop», almeno se si va al sodo della sua teoretica, spesso di non facile fruizione proprio perché è divergente rispetto alle forme tradizionali, moderne. La mancanza di organicità da "sistemone omniesplicativo" è funzionale tanto alla dimensione critica quanto alla (tentata) aderenza alla suddetta impermanenza, fluidità, etc.
Sebbene attecchisca comunque in forme più o meno consapevoli (spesso anche fra i suoi ignari detrattori), la resistenza che si fa a "digerirlo" è sintomatica di quanto il disincanto non sia esperienza agevole e, visto dall'esterno, può sembrare davvero "la notte in cui tutte le vacche sono nere" (tuttavia, se non si ha paura del buio, si può verificare che non tutte le vacche sono ugualmente nere).Questa, ad esempio, è una proposta squisitamente postmoderna.
Il postmoderno non è un neo-pragmatismo che deriva da un disincanto.
Ma una espunzione del soggetto.
Il post-moderno non parla del problema del soggetto nella modalità del carcere e del manicomio.
Ma della macchina che li precede. Ossia la macchina del carcere e la macchina del manicomio. Pensa la sovrastruttura, dimenticando la struttura, ossia la lotta di classe.
Nel post moderno marx diventa un filosofo ballerino.
Ovvero si assume di nuovo una ideologia, tipicamente pop, perchè non esiste alcuna macchinazione, ma io direi proprio chiaramente filo-imperialista, come denunciava già Preve.
In poche parole il post-moderno non è nemmeno una ideologia, è un niente.
parla di niente, e crea concetti assurdi fino alla presa per i fondelli di una società liquida...e balle varie.
No direi di tornare ad un sano pragmatismo vetero-marxista.
marx si chiedeva quale è la condizione sanitaria nelle miniere? nei carceri? negli ospedali?
Bè andiamoci pure a vedere Ken Loach.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 24 Febbraio 2024, 01:21:10 AMPrenderò uno dei punti cardini del postmodernismo, ovviamente scegliendolo in base a ciò che è pertinente alla discussione in corso .

Che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X)  che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia postmoderna fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) .
E se la conoscienza è costruzione allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. Esattamente per come avviene nella matematica in cui conoscere che 7+5 fa 12 equivale a costruire l addizione 7+5=12 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile  equivale essenzialmente al costruibile. A questo punto, con una piena realizzazione della fallacia dell essere/sapere si conclude che ; quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo. è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant. Vorrei far notare che l argomento non è del tutto privo di forza anche se confonde l'ontologia con l'epistemologia. Le due cose non si equivalgono , cioè io posso anche sapere che una tale chiave mi apre la porta di casa ma se non ce l ho in tasca  o la perdo non mi permetterà mai di aprirla.

da un punto di vista realista il fatto che ci siano montagne alte 4000 metri sulla luna non dipende dai nostri schemi concettuali (esse erano lì molto tempo prima che l'umo comparve sulla terra)
da un punto di vista ermeneutico o kantiano questa assunzione non è propio esatta. Davvero potremmo dire che ci sono montangne sulla luna se non possediamo i concetti o le parole montagne, luna , altezza , metri/kilometri come unità di misura?  è da questa intuizione che, secondo me, nasce l'idea di costruzionismo nella conoscenza utilizzata (male) dal postmodernismo. Così anche l'esistenza di montagne alte più di 4000 metri sulla luna dipende dai nostri schemi concettuali (o dal nostro linguaggio) . La mia obiezione è semplice e breve; "non mi serve un concetto per scivolare su una lastra di ghiaccio". Ovviamente rimane valido l'assunto di kant secondo cui "le intuizioni senza concetto sono cieche" poichè sarebbe difficile agire sensatamente nella ricerca scientifica o nell interazione sociale se non si è muniti di concetti. Anche se kant intendeva che fossero necessari concetti per avere una qualsiasi esperienza.
Da questo punto che ho preso in considerazione è curioso il paradosso di come il postmodernismo volesse sancire la fine delle grandi ideologie o dei "grandi racconti" ovvero illuminismo , idealismo, Marxismo perchè logori ma che poi si riduce ad una estremizzazione , in questa particolare fallacia di essere/sapere, di un illuminismo kantiano radicale.
bè ma confondere epistemologia con ontologia non mi pare un errore di poco conto.
Veramente gliela fai sfangare a questi radical chic della filosofia?
Più che fargli fare un tour, io li metterei direttamente per una settimana nelle miniere (vediamo se parlano ancora di società liquida  :D ) . anzi andiamoci a vedere un film di VERBIER.
Lì si che si ride in maniera sana!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Pensarbene

Tutti gli adulti  sono stati bambini e restano tali per tutta la vita ma in un modo adulto.
Osservando il comportamento degli adulti, potete notare algoritmi verbali e non verbali tipicamente i o mimeticamente infantili/adolescenziali.
 Nessun essere umano diventa veramente adulto  perchè il diventarlo completamente significa  morte.
Naturalmente nessun essere umano resta totalmente bambino perchè significherebbe follia .
Essere adulti significa vivere qui ed ora in base alle esperienze che si succedono l'una con l'altra senza seguire un copione proprio o altrui.
L'umanità migliore è questa.

 

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 24 Febbraio 2024, 01:55:36 AMbè ma confondere epistemologia con ontologia non mi pare un errore di poco conto.
Veramente gliela fai sfangare a questi radical chic della filosofia?
Più che fargli fare un tour, io li metterei direttamente per una settimana nelle miniere (vediamo se parlano ancora di società liquida  :D ) . anzi andiamoci a vedere un film di VERBIER.
Lì si che si ride in maniera sana!
sono le conclusioni a cui arriva a confondere epistemologia con antologia  ma le premesse erano buone. Il nostro rapporto con il mondo passa necessariamente attraverso gli schemi concettuali.
In un certo senso noi determiniamo il mondo attraverso nomen e res , attraverso i termini che usiamo, le misure che adottiamo (le montagne sulla luna sono alte 4000 metri) attraverso l'esperienza sensibile, ma come diceva kant , l'intuizione (sensibile) senza concetti sono cieche.
Il problema che ci si presenta è del tutto kantiano . Attraverso la mossa di kant che improntò tutta la filosofia successiva.
Qual'è questa mossa?
Se ogni conoscenza ha inizio con l'esperienza, dice kant, ma quest'ultima è strutturalmente incerta come sosteneva Cartesio , sarà necessario fondare l'esperienza attraverso la scienza , trovando delle strutture a priori che ne stabilizzino l'aleatorietà, parola difficile per dire "instabile", incerto" , "insicuro".
Per ottenere questo risultato, è necessario un capovolgimento di prospettiva : partire dai soggetti invece che dagli oggetti e chiedersi ( con quella che è la matrice del costruzionismo utilizzato dal postmoderno) non come siano le cose in se stesse ma come debbano essere fatte per essere conosciute da noi , seguendo il modello dei fisici che interrogano la natura non come degli scolari, ma come dei giudici, cioè avvalendosi di schemi e di teoremi. Quindi Kant adotta un epistemologia a priori ,la matematica, per fondare l ontologia: la possibilità di giudizi sintetici a priori permette di fissare una realtà altrimenti fluida attraverso una conoscenza certa. In tal modo,  però ,la filosofia trascendentale trasferisce il costruzionismo dall ambito della matematica a quello dell ontologia . Le leggi della fisica sono matematica applicata alla realtà e, nell ipotesi di Kant , non rappresentano l'escogitazione di un gruppo di scienziati , ma sono il modo in cui funzionano la nostra mente e i nostri sensi. La nostra conoscenza , a questo punto,  non sarà più minacciata dall inaffidabilità dei sensi e dalla incertezza dell induzione. Bellisimo no? qual'è il problema di questa prospettiva?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

Citazione di: Alberto Knox il 24 Febbraio 2024, 01:21:10 AMPrenderò uno dei punti cardini del postmodernismo, ovviamente scegliendolo in base a ciò che è pertinente alla discussione in corso .

Che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X)  che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia postmoderna fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) .
E se la conoscienza è costruzione allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. Esattamente per come avviene nella matematica in cui conoscere che 7+5 fa 12 equivale a costruire l addizione 7+5=12 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile  equivale essenzialmente al costruibile. A questo punto, con una piena realizzazione della fallacia dell essere/sapere si conclude che ; quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo. è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant. Vorrei far notare che l argomento non è del tutto privo di forza anche se confonde l'ontologia con l'epistemologia. Le due cose non si equivalgono , cioè io posso anche sapere che una tale chiave mi apre la porta di casa ma se non ce l ho in tasca  o la perdo non mi permetterà mai di aprirla.

Puoi fare una descrizione della realtà (ontologia) solo se hai già stabilito cosa possiamo conoscere (gnoseologia), solo se hai già stabilito qual'è lo status del sapere contenuto nella tua descrizione (epistemologia).
Le correnti del postmoderno in generale fanno proprie, in ambito conoscitivo, un atteggiamento che si potrebbe definire (con un po' di parzialità...) come uno scetticismo consapevole degli studi sull'antropocentrismo e sull'etnocentrismo.
Facendo i conti con queste ricerche, ed estendendo in generale al sapere critiche che tradizionalmente sono sempre state indirizzate ai costumi (Montaigne, per esempio), si finisce per concludere in un approccio di "relativismo culturale".
Il quale va letto in questi termini: non io, soggetto, sono la misura di tutte le cose, ma è la mia cultura, la mia civiltà, che parla attraverso di me, in quei concetti che io sento come naturali, evidenti (democrazia, uguaglianza, etc.), ma che al di fuori di essa (della mia civiltà) non lo sono affatto.
Se è così (e basta confrontare l'Occidente con il Giappone, non con tribù esotiche) l'ontologia, per quanto io mi imponga di essere rigoroso, non può che risultare la descrizione della realtà di un soggetto appartenente ad una certa civiltà. Non posso mettere tra parentesi la mia appartenenza culturale, perché essa è troppo profonda, rischio di rimanere senza niente in mano, un soggetto puro talmente puro da essere un niente.
Il postmoderno non è un'opzione che si sceglie liberamente per affinità con la distruzione dei sistemi tradizionali, ma si presenta come una risposta possibile ad argomenti ineludibili (gli argomenti sono ineludibili, la risposta ad essi può essere diversa, naturalmente).

Kant rispondeva alle obiezioni scettiche, da una parte, e agli abusi del razionalismo moderno dall'altra, con la soluzione di un soggettivismo universale (cioè dipendente dalle strutture dell'intelletto umano, che per quanto portino a produrre una conoscenza solo per l'uomo, ineluttabilmente legata alla specie umana, garantisce che questa sia oggettiva per tutti gli uomini, qualunque fosse la cultura di appartenenza).
Ma basta mostrare che le rappresentazioni della realtà, le categorie attraverso cui viene organizzata, hanno avuto una loro storia nella civiltà d'appartenenza, hanno subito metamorfosi, sono state "lavorate" e trasformate dal potere, dalle ideologie, dalle metafisiche, e soprattutto sono inconciliabili, almeno parzialmente, tra di loro, per "confutare" la soluzione di Kant.

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 24 Febbraio 2024, 11:37:37 AMsi finisce per concludere in un approccio di "relativismo culturale"
si finisce col sostenere non che "dio è morto" ma piuttosto nella sentenza  che "non esistono fatti, solo interpretazioni" e che non esiste il mondo ma i mondi. Diversamente dagli scettici antichi , i costruzionisti postmoderni  non mettono in dubbio l'esistenza del mondo ; sostengono che è costruito dagli schemi concettuali , e che dunque è in se stesso amorfo e indeterminato. La mossa sembra molto meno impegnativa rispetto agli scettici antichi, ma, poichè il costruzionista, diversamente dallo scettico , ha identificato l'essere e il sapere, il risultato è altrettanto potente, sebbene con esisti sociologicamente diversi.
Lo scopo dello scettico è quello di denunciare la vanità dei saperi umani. Nel costruzionista la strategia è opposta ed asalta la funzione del conoscitore nella costruzione della realtà.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 24 Febbraio 2024, 11:17:21 AMsono le conclusioni a cui arriva a confondere epistemologia con antologia  ma le premesse erano buone. Il nostro rapporto con il mondo passa necessariamente attraverso gli schemi concettuali.
In un certo senso noi determiniamo il mondo attraverso nomen e res , attraverso i termini che usiamo, le misure che adottiamo (le montagne sulla luna sono alte 4000 metri) attraverso l'esperienza sensibile, ma come diceva kant , l'intuizione (sensibile) senza concetti sono cieche.
Il problema che ci si presenta è del tutto kantiano . Attraverso la mossa di kant che improntò tutta la filosofia successiva.
Qual'è questa mossa?
Se ogni conoscenza ha inizio con l'esperienza, dice kant, ma quest'ultima è strutturalmente incerta come sosteneva Cartesio , sarà necessario fondare l'esperienza attraverso la scienza , trovando delle strutture a priori che ne stabilizzino l'aleatorietà, parola difficile per dire "instabile", incerto" , "insicuro".
Per ottenere questo risultato, è necessario un capovolgimento di prospettiva : partire dai soggetti invece che dagli oggetti e chiedersi ( con quella che è la matrice del costruzionismo utilizzato dal postmoderno) non come siano le cose in se stesse ma come debbano essere fatte per essere conosciute da noi , seguendo il modello dei fisici che interrogano la natura non come degli scolari, ma come dei giudici, cioè avvalendosi di schemi e di teoremi. Quindi Kant adotta un epistemologia a priori ,la matematica, per fondare l ontologia: la possibilità di giudizi sintetici a priori permette di fissare una realtà altrimenti fluida attraverso una conoscenza certa. In tal modo,  però ,la filosofia trascendentale trasferisce il costruzionismo dall ambito della matematica a quello dell ontologia . Le leggi della fisica sono matematica applicata alla realtà e, nell ipotesi di Kant , non rappresentano l'escogitazione di un gruppo di scienziati , ma sono il modo in cui funzionano la nostra mente e i nostri sensi. La nostra conoscenza , a questo punto,  non sarà più minacciata dall inaffidabilità dei sensi e dalla incertezza dell induzione. Bellisimo no? qual'è il problema di questa prospettiva?
Di Kant? non saprei da dove iniziare: che contava i passi come un pazzo.
Che aveva paura di ogni singola malattia.
Che ipotizzava che pace perpetua fosse un attributo del giudizio.
E poi che è sto giudizio?
E che questo giudizio fosse pre-esistente all'uomo. ???
Un pò come la matematica...nel frattempo sono arrivati lobacevsky e company.
Ma no dai esistono solo concetti a posteriori!
E quindi confonderli con l'ontologia...bè un grosso problema.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Un grosso problema che mischia scienza naturale e antropologia nella notte postmoderna in cui tutte le vacche sono nere. Illuminate dal buco nero della retorica ufficiale che modella l'ontologia secondo l'andamento degli indici di borsa. Buco nero che attira a sé tutte le gnoseologie possibili e i loro testimonial umani. E non.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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